FLEGREI, Campi

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

FLEGREI, Campi

F. Ceci

Territorio vulcanico della Campania settentrionale costiera, attualmente limitato a S dal golfo di Pozzuoli e da Capo Miseno, a Ν dalla piana e dal canale di Quarto; con essi sono in relazione le isole di Ischia, Procida e Vivara, dette flegree.

Con questo nome, di origine greca (φλεγραϊος = ardente), le fonti antiche indicano sia un'area di estensione simile a quella moderna (Strab., V, 4,4; Plin., Nat. hist., III, 61; XVIII, 111), sia, in un'accezione più ampia, il territorio compreso tra il Vesuvio e il Volturno (Diod. Sic., IV, 21,5; V, 71,3; Pol., II, 17; III, 91), equivalente al territorio controllato in età greca da Cuma.

Agli Eubei di Cuma sembrerebbe infatti risalire l'origine del toponimo, già attribuito a Pallene-Phlegra, nella Penisola Calcidica (Strab., X, 1,8). Qui veniva tradizionalmente identificata la pianura dove i Giganti vennero sconfitti e sepolti dalle divinità dell'Olimpo. Il mito, importato dai coloni calcidesi e adattato alla particolare conformazione vulcanica del territorio campano, è ricordato per la prima volta da Pindaro (Pyth., I, 16 ss.). Diodoro narra che i Giganti furono sconfitti e sepolti nella pianura flegrea, poi detta cumana (IV, 15,1; V, 25,5): è pertanto possibile che tanto la collocazione mitologica dell'avvenimento, quanto il toponimo di questa porzione del territorio campano siano da ricondursi a un preciso apporto euboico, determinatosi in età coloniale.

È significativo a questo proposito notare come i ritrovamenti di ossa di grandi animali di età preistorica, avvenuti in età romana, fossero ricondotti popolarmente alla razza dei Giganti e al loro seppellimento sia in Grecia che in Campania (Paus., VIII, 29,1 e 32,5; Suet., Aug., 72).

L'intensa attività vulcanica e sismica ancora in atto nei Campi F. ha cancellato le tracce del Paleolitico, con l'eccezione di un isolato strumento di selce del Paleolitico Medio dall'acropoli di Cuma. Sporadici sono anche i ritrovamenti di età neolitica ed eneolitica nella zona tra Baia e Pozzuoli, mentre più significativi sono i materiali da Bellavista (Monte di Procida, culture di Serra d'Alto e Diana), da Ischia (loc. Cafieri, cultura di Diana), da Fondi di Baia (cultura di Diana), Licola e Monte Sant'Angelo (materiale eneolitico).

La sequenza cronologica dell'Età del Bronzo nei Campi F. ha invece assunto un valore paradigmatico per buona parte dell'Italia centro-meridionale grazie agli scavi degli abitati e alla scoperta dei livelli micenei effettuati nell'isola di Vivara (fasi di Punta di Mezzogiorno e Punta d'Alaca). Dall'insediamento di Punta Mezzogiorno (XVI sec. a.C.) proviene anche il materiale relativo alle prime importazioni micenee (Tardo Elladico I); sempre a Vivara-Punta Capitello è presente la facies appenninica (XIV sec. a.C.) con ceramica micenea coeva, attestata anche a Castiglione d'Ischia.

Le ceramiche egee, documentate dal XVI sec. sino a c.a la seconda metà del XII sec. a.C., attestano la frequenza e la rete di contatti tra navigatori micenei alla ricerca di materie prime - segnatamente metalli - e le popolazioni indigene dell'Italia meridionale.

Per il Bronzo Finale (XII-X sec. a.C.) e la prima Età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.), scarsamente documentata e indagata, si conosce materiale sporadico da Cuma, proveniente sia dall'abitato che da contesti funerari, assegnato alla facies genericamente detta delle «tombe a fossa», nonché oggetti di varia natura di produzione greca e orientale, legati ai rapporti e agli scambi intercorsi tra i navigatori orientali e le popolazioni indigene nel periodo compreso tra la fine del IX sec. e la metà dell'VIII sec. a.C., definito convenzionalmente con il termine di «precolonizzazione».

Intorno al 770 a.C. coloni euboici si stabiliscono sull'acropoli di Pithecusa (v. Ischia), Monte di Vico. L'insediamento, che non ebbe carattere di colonia bensì di una sorta di empòrion, di matrice sicuramente greca ma che accoglieva, paritariamente, anche siriaci, fenici e altri orientali, seppe bene integrarsi, come testimoniato dai corredi funerari, con la popolazione locale.

Il ruolo svolto sia da Pithecusa, con le sue officine di orafi (Strab., V, 247 C), di metallurghi e vasai, sia, poco più tardi, da Cuma nell'ambito generale della trasmissione e diffusione delle conoscenze tecnico-culturali orientali, può essere riassunto nel valore di quella «rivoluzione culturale» che fu l'introduzione e la diffusione dell'alfabeto e della scrittura di matrice euboico-calcidese nell'Italia centro-meridionale.

La fondazione di Cuma (ν.) intorno alla metà dell'VIII sec. a.C. a opera di coloni calcidesi, rappresenta il regolare insediarsi di un gruppo con carattere marcatamente aristocratico in una nuova terra e la conseguente sottomissione della popolazione indigena.

La città, mentre decade la funzione di Pithecusa, consolida rapidamente la sua posizione nel golfo, che viene chiamato cumano (Strab., I, 2,12), e intesse una rete di intense relazioni, oltre che con i naviganti orientali, con l'Etruria e Roma.

Gli approdi naturali di Miseno, Pizzofalcone (Napoli) e l'altura dove, nel 530 a.C. sorgerà Dicearchia, vengono integrati in un rapporto di dipendenza da Cuma, la quale controlla così i punti-chiave della costa e i traffici commerciali nel Mediterraneo; stessa funzione di controllo del territorio viene ad assumere la costiera Via Heraclea, di collegamento tra Cuma, Miseno e Dicearchia.

La storia della grecità flegrea si identifica con quella di Cuma sino a quando, costituitasi nel 438 a.C. la nazione campana, la città, con parte del suo territorio, venne conquistata nel 421 a.C. dai Sanniti e oschizzata; nella seconda metà del IV sec., a seguito delle guerre sannitiche, la regione è incorporata nello stato romano.

La fondazione, agli inizi del II sec. a.C., delle prime colonie romane in Campania è legata a una funzione eminentemente militare, alla quale si collega, nel caso di Puteoli, un rapidissimo sviluppo economico e commerciale che ne fece, nel giro di poco tempo, lo scalo marittimo di Roma e la detentrice del monopolio del rifornimento granario dell'Urbe. Puteoli (v. Pozzuoli) diviene il più importante porto commerciale del Mediterraneo occidentale, assumendo l'aspetto e le caratteristiche di una città cosmopolita, quasi una Delus minor (Lucil., 124 Marx); ed è in questa graeca urbs che Petronio ambienta probabilmente il Satyricon. La Via Consularis Campana costituiva - sino alla realizzazione della Via Domitiana (95 d.C.) - il principale asse viario extra-urbano di collegamento tra Puteoli e Capua (Plin., Nat. hist., XVIII, 111). Era costeggiata da complessi funerari monumentali, per lo più colombari, sedi di collegia e tabernae, in parte ancora conservati, i quali forniscono il maggior esempio di strutture funerarie campane di fine età repubblicana-prima età imperiale.

Il sostrato ellenizzante dei Campi F., già fatto proprio dall'aristocrazia osca, viene rivivificato, in alcuni aspetti della vita religiosa e sociale, dall'occupazione romana e dall'interesse di questa a mantenere così una porta aperta sul mondo ellenistico.

Legata dapprima a motivazioni di ordine militare e commerciale, nonché politico - quali quelle che portarono Scipione l'Africano al volontario esilio nella sobria villa di produzione a Liternum - la nascita e lo sviluppo di quella che è stata definita la villa society, rappresenta bene l'antitesi otium-negotium che caratterizzerà la classe dirigente romana e locale, proprietaria delle ville flegree.

Il clima mite, le acque salutari, la vicinanza a Roma e il concentrarsi di abitazioni aristocratiche fanno dei Campi F., tra la fine della repubblica e la prima età imperiale, il principale luogo di villeggiatura e, in alcuni casi, di prudente allontanamento dalla vita politica romana di personaggi politici e della nobiltà. Tra i possidenti ricordiamo Cornelia, Mario, Siila, Crasso, Lucullo, Cesare, Pompeo, Cicerone: molte delle proprietà confluiranno poi, per eredità o per confisca, nel patrimonio imperiale.

Le ville e i palazzi imperiali si dislocano lungo la costa da Miseno a Puteoli e segnatamente a Baia (v.), che pur non avendo autonomia amministrativa - dipendendo da Cuma - diviene il centro di quella pusilla Roma di cui parla Cicerone (Att., V, 2) e paradigmatico diviene il lussuoso stile di vita che si conduce in questo centro di intrighi amorosi e politici, di attività economiche e pubbliche relazioni ad altissimo livello.

La villa-tipo deve essere dunque costruita baiano more, sia in collina che sulla costa (Plin., Ep., IX, 7); è caratterizzata dalla lussuosa parte abitativa con terme private e giardini di stile ellenistico e da una parte produttiva, destinata sia a una sorta di compiaciuta autarchia di sussistenza che a forme di effettiva produzione economica. Le tavolette cerate rinvenute in località Murecine di Pompei, del 61 d.C., riportano, tra gli altri, il nome e i possedimenti di una Domizia che potrebbe identificarsi con Domizia Lepida, zia di Nerone, detentrice di ampi e redditizi praedia nella zona flegrea; per impossessarsene subitamente Nerone ne favorì, affrettandola con il veleno, la morte. Anche Livia possedeva officine di laterizi in Campania; dunque sia membri della famiglia imperiale che altri personaggi della classe dirigente dovevano avere interessi economici in quei luoghi che avevano destinato anche a centri di villeggiatura.

Dei principi economici e di lusso si fa promotore il cavaliere C. Sergio Orata (Val. Max., IX, 1,1; Plin., Nat. hist., IX, 168), impegnato tanto nel perfezionamento del riscaldamento termale delle abitazioni quanto nel lucroso allevamento di pesci e molluschi.

Figure locali come i banchieri e imprenditori Vestorio, Cluvio, Calpurnio confermano, attraverso la rete di rapporti che li legò a influenti personaggi della classe dirigente romana, il peso economico, e in alcuni casi anche politico, che essi ebbero in alami eventi tardo-repubblicani e della prima età imperiale.

Il lago Lucrino, che insieme al lago d'Averno venne utilizzato come base navale nella guerra contro Sesto Pompeo, viene destinato successivamente a base mercantile e all'ostricoltura.

Il porto militare viene attrezzato a Miseno; qui si stabilisce la classis Misenatium a difesa delle coste italiane (Suet., Aug., 49,1) e principale base navale dell'Occidente; contemporaneamente viene dedotta la colonia di Misenum.

Dal punto di vista tecnico l'architettura dei Campi F. presenta caratteri non meno interessanti di quella della capitale: vengono qui sperimentate la pozzolana (pulvis puteolanus) e particolari soluzioni relative agli impianti termali. Sul piano progettuale, in alcuni casi, le ardite realizzazioni flegree sembrerebbero anticipare soluzioni - come nel caso delle tre rotonde termali di Baia o dell'anfiteatro di età repubblicana a Pozzuoli - che troveranno applicazioni nella capitale soltanto in seguito.

Alcuni di questi edifici sono raffigurati in quei souvenir di III-IV sec. d.C. rappresentati dalle otto ampolline vitree con riproduzione schematica di quelli che erano considerati i maggiori monumenti di Pozzuoli e Baia.

Anche il livello della produzione statuaria, in particolare a Baia, rivela la qualità tecnica e artistica raggiunta dalle officine flegree, operanti nel solco della tradizione ellenica e del neoatticismo di età augustea. La scoperta nelle c.d. Terme della Sosandra, a Baia degli accuratissimi cali chi in gesso di statue greche del V e IV sec. a.C., il più recente rinvenimento delle statue di età giulio-claudia nel ninfeo-triclinio sommerso di Punta Epitaffio e la statua equestre in bronzo di Domiziano-Nerva da Miseno mostrano quale e di che qualità fosse il programma ideologico e artistico della committenza imperiale.

Ai Campi F., connessi ai locali caratteri del vulcanismo secondario, sono legati numerosi miti e culti nei quali si sono voluti riconoscere, nelle antiche e moderne interpretazioni, alcuni luoghi dei poemi omerici (sepoltura di Tifeo sotto l'isola di Arimoi-Pithecusa; Nèkyia di Ulisse; Cimmeri nel lago d'Averno) e soprattutto i luoghi e i toponimi della geografia virgiliana.

Dall'età flavia in poi i Campi F. iniziarono a perdere l'attrattiva che ne aveva fatto il centro residenziale aristocratico per eccellenza: questa decadenza, legata a più fattori tra cui il bradisismo e la costruzione dei porti di Ostia e Centumcellae che svilirono progressivamente la funzione di Pozzuoli, fu comunque graduale e ancora Severo Alessandro fa edificare nella residenza imperiale di Baia degli edifici in onore della madre Giulia Mamea; Simmaco vi ebbe delle ville e sotto Costantino si notano a Puteoli i segni di una ripresa economica.

Anche l'origine provinciale dei senatori romani del III sec. d.C., i quali preferirono farsi costruire ville residenziali nei loro luoghi di origine, contribuirà all'abbandono dei Campi F. e al loro trasformarsi in un luogo di solitudine e desolazione. Alla vigilia della discesa dei Goti di Alarico nel V sec., gli unici abitati rimasti in vita sono quelli su altura difesa: Cuma, Miseno, Pizzofalcone; anche Pozzuoli risente fortemente delle guerre gotiche e viene definitivamente abbandonata a favore di Napoli.

Il cristianesimo penetra precocemente nei Campi F.: nel 61-62 d.C. approda a Pozzuoli l'apostolo Paolo, dove lo attendono alcuni compagni di fede (Act. Αρ., 28, 12-14). Tradizioni apocrife e apocalittiche localizzano apparizioni e rivelazioni a Cuma, dove sono attestate catacombe e graffiti cristiani insieme a sepolture nei templi trasformati in chiese. Secondo le tarde tradizioni riportate negli Atti dei Martiri Puteolani e nel Martyrologium Hieronymianum (fine VII sec.) nell'Anfiteatro Maggiore e nella Solfatara di Pozzuoli furono uccisi, nel IV sec. d.C., laici e diaconi dei principali centri flegrei; tra questi si trovava il vescovo Gennaro, le cui reliquie, oggetto di culto, furono poi trasferite a Napoli.

Nel 1993 è stato inaugurato, nel Castello Aragonese di Baia, il Museo dei Campi F., nel quale sono esposte alcune tra le maggiori opere statuarie rinvenute nella regione.

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