CAMPANILE

Enciclopedia Italiana (1930)

CAMPANILE. (fr. clocher; sp. campanario; ted. glockenturm; ingl. bell-tower)

Guido Zucchini

Il campanile inteso come costruzione elevata per diffondere il più lontano possibile il suono delle campane (vera chiesa delle campane, come lo chiama Giovanni di Garlande nel suo Dizionario, 1245), per chiamare i fedeli a raccolta, per commentare quasi i riti, per indicare da lungi il luogo di Dio, è opera essenzialmente italica e non anteriore al sec. IX. Col corso dei secoli diventa l'espressione del fervore religioso e mistico simbolo, secondo Sicardo Cremonese (Mitrale, sec. XII), del sacerdote, che sveglia col suono delle campane le coscienze dei cristiani (v. campana).

Vano sembra ricercare se esso ebbe origine dalle torri romane che spesso fiancheggiavano le opere militari e le porte delle città (mura di Torino, torre di S. Secondo ad Asti, ecc.) o dai fari, tra i quali famoso quello costruito nell'isola di Faro da Tolomeo Filadelfo o, cosa più probabile, dalle stesse torri che, nei primi secoli dopo il riconoscimento della religione cristiana fatto da Costantino (Editto di Milano, 313 d. C.), sorsero sulle facciate delle chiese o compenetrate al loro corpo, quali organi di difesa e nel contempo atte, mediante piccole scale circolari, a render praticabili le parti superiori delle nuove costruzioni. Esempi di torri scalarie nella facciata di edifici erano dati dalle terme romane d'Agrippa, di Severo, di Tito.

In S. Maria Maggiore il mosaico dell'arco trionfale (sec. V) mostra alcune chiese con torri cilindriche: nella porta di S. Sabina (prima metà del sec. V) è rappresentata una chiesa di Gerusalemme con due torri nella facciata, sul tipo delle chiese siriache di Turmānīn e di Qalb-Lūzah. La nota e controversa iscrizione di San Martino a Tours (470) ricorda una torre vicino alla facciata della chiesa: nel sec. V le chiese della Gallia avevano torri di legno poste sul presbiterio, origine forse del più tardo tiburio delle chiese cisterciensi. Le torri scalarie di San Vitale di Ravenna sono del sec. VI come quella della chiesa ottagonale di Vīrānshahr (Siria) simile alla contemporanea S. Lorenzo di Milano.

Lo schema costruttivo dei campanili assomigliò in principio a quello delle torri, componendosi, come in queste, di grossi muri, che nell'elevarsi a mano a mano si assottigliavano: ma si differenziò totalmente nella struttura esterna e adottò tre principali forme planimetriche: circolare, quadrata e poligonale. Più antica la prima; più comune la seconda; a diverso numero di lati la terza, dall'ottagono, usato assai spesso, al più raro dodecagono (Ss. Severo e Martirio a Orvieto).

La povera e bassa copertura a tetto dei primi campanili a poco a poco, specialmente nel Settentrione dell'Europa, crebbe di pendenza fino a diventare una vera guglia, che a sua volta si arricchì sempre maggiormente di pinnacoli e controguglie, di foglie rampanti, di timpani traforati, di sculture zoomorfe fino a diventare nei secoli XIII e XIV una delle espressioni più significative delle chiese gotiche, l'emblema delle chiese municipali, parte integrante dei panorami delle città e simbolo tangibile del loro sviluppo e della loro religiosità.

Un'altra forma di terminazione fu adoprata per alcuni campanili specialmente del sec. XIII, quella merlata, come nelle cattedrali di Lucca e di Pistoia, testimone evidente dell'influsso dell'architettura militare e del feudalismo medievale.

Oltre la comune forma a torre fu usata per chiese di non grande importanza quella a vela, composta di due pilastri più alti del tetto della chiesa, collegati con un arco e ricoperti da tetto a due displuvî: entro l'arco erano sospese le campane. Numerosi esempi di questa modesta forma di campanile sono rimasti in alcune chiesette toscane dei secoli XIII e XIV e, maggiormente ricchi, in alcune francesi.

Quanto al numero dei campanili e alla loro posizione rispetto al corpo della chiesa si può dire che in generale le chiese italiane ne hanno uno solo, a volte isolato e posto di fianco alla facciata, a volte facente parte integrante della chiesa stessa, come in molte costruzioni conventuali. Mentre nelle chiese della Francia, della Germania, e dell'Inghilterra è più comune il sistema di porre una coppia di campanili nella facciata, come erano stati costruiti in S. Giovanni in Laterano.

Anche l'uso di porre i campanili di fianco all'abside trova la sua prima origine nelle torri scalarie poste nell'esergo delle basiliche (Treviri, sec. IV).

Quando, secondo l'uso cisterciense borgognone, il campanile viene costruito sull'incrocio della nave maggiore con i transetti, perde l'aspetto di torre e prende il nome di tiburio (v.): in Italia ne sono esempî caratteristici quelli della chiesa di Fontanella al monte (Bergamo, 1130 circa), dell'abbazia di Chiaravalle (Milano, secolo XII-XIII), di San Andrea di Vercelli (secolo XIII).

I più antichi campanili esistenti in Italia sono quelli di Ravenna (circolari in S. Apollinare Nuovo, in S. Apollinare in Classe, nel Duomo, in S. Maria Maggiore,. ecc.; quadrati in San Giovanni Evangelista e in S. Pier Maggiore ora S. Francesco); già creduti del sec. VI e riconosciuti ora come appartenenti al sec. IX o tutt'al più allo scorcio del sec. VIII.

Il tipo di queste prime torri campanarie ravennati, che prese origine più dalle antiche torri scalarie che dai fari, è assai semplice e rozzo: la muratura è di mattoni sottili, a grossi letti di calce e senza alcun ornamento: solo in quello di S. Francesco (fine del sec. IX) i pilastri angolari, muniti di controlesena, rompono l'uniformità del paramento murario; le finestre, ad arco tondo, in basso monofore, poi bifore e infine trifore nell'alto, senza alcuna decorazione, derivano dagli archetti ravennati che nei più antichi monumenti collegavano tra loro lesene verticali con ritmo assai largo (mausoleo di Galla Placidia, Battistero, ecc.): nelle polifore le colonnette marmoree offrono un largo piano di posa ai grossi muri degli archi mediante un pulvino ad ovolo da cui derivarono i capitelli a gruccia così usati poi nelle finestre dei campanili romani.

Le torri cilindriche di Ravenna non furono molto imitate; la forma quadrata, invece, ebbe largo seguito specialmente in Lombardia. Qui, dove contemporaneamente ad alcuni di Ravenna erano sorti il campanile di S. Satiro (879, data non sicura) e quello detto dei monaci in S. Ambrogio, si perfezionò il tipo del campanile lombardo o, propriamente, romanico, così costituito: pianta quadrata, paramento murario, pilastri angolari di poco aggetto, divisioni orizzontali dei diversi piani costituite da una serie di archetti a pieno centro, finestre in numero progressivo dal basso all'alto, tetto basso a quattro displuvî, oppure (a partire dal sec. XI) guglie piramidali di laterizio.

Abbondano nell'alta Italia campanili di questo tipo usato dal sec. X al XII e diffuso dappertutto per mezzo dei comacini. Tale tipo lombardo fu modificato variamente nelle altre regioni d'Italia, specialmente nel Veneto e nella Romagna, ove per dare maggior slancio si usò talvolta di diminuire di numero o di abolire del tutto le divisioni dei piani, sviluppando per tutta l'altezza del campanile snelle lesene verticali. Tali sono quelli di Torcello e Murano, di S. Zaccaria, S. Samuele, S. Marco (1148) a Venezia, di S. Mercuriale a Forlì e il primo tronco del campanile di S. Pietro (sec. XII) a Bologna.

Pure derivando da quelli lombardi, i campanili pisani e lucchesi, causa anche l'uso del marmo, hanno proprie particolarità più decorative che costruttive (S. Pietro a Grado, secolo XII, S. Frediano, 1147 e S. Martino sec. XIII ambedue merlati, San Michele in foro, ecc.). Unico nel suo genere è il campanile del duomo di Pisa iniziato nel 1173, in cui alla intrinseca bellezza delle aeree loggette marmoree, che lo ricingono con sei anelli, derivate da quelle della facciata della vicina cattedrale e delle quali una prima idea si trova nella cella dei campanili di Ravenna dalle multiple trifore accostate, si è unita la fama della sua straordinaria pendenza accidentale.

Gli antichi campanili di Roma formano una famiglia a sé. Le lontane origini lombarde s'intravvedono appena, data la maggiore frequenza di vuoti (invece della solita successione dal basso all'alto di monofore bifore, trifore, ecc. vengono ripetute per ogni piano bifore accoppiate o trifore), l'uso costante della policromia e dell'intarsio opera delle maestranze cosmatesche, la mancanza degli archetti nelle cornici di suddivisione dei piani, sostituiti da mensole marmoree. Tipi caratteristici sono quelli (sec. XII) di S. Maria in Trastevere, di S. Maria in Cosmedin (che ispirò quello del duomo di Terracina) dei SS. Giovanni e Paolo, di S. Lorenzo fuori le mura, ecc.

Man mano che ci si allontana dall'Italia settentrionale e si va verso il mezzogiorno si avvertono chiaramente gl'influssi siciliani e musulmani che, uniti a forme locali maturatesi attraverso il ricordo mai sopito dell'architettura classica, producono un' arte del mezzogiorno, cui oramai più non si addice l'epiteto di "normanna". Due particolarità si notano in alcuni campanili del mezzogiorno: l'impostazione su piloni collegati da archi acuti in modo da formare, forse per necessità liturgiche, un passaggio nella base, e i coronamenti o terminazioni non più a tetto basso o a piramide, ma a tamburo ottagonale con torricelle negli angoli derivate dal passaggio del quadrato all'ottagono. Terminazione di carattere orientale, di cui si ha l'accenno forse per la prima volta nel campanile della Martorana a Palermo già costruito nel 1184 e che sarà il motivo predominante dei campanili gotici oltremontani. Così in quelli del duomo di Gaeta (1278), di Amalfi (1276), di Trani (sec. XIII), di Caserta Vecchia (1234).

Molto meno comuni per tutto il periodo romanico sono le forme poligonali: ricordiamo i campanili ottagonali di S. Pietro di Acqui (sec. XI), di S. Antonino di Piacenza (1179), della chiesa di Morimondo (Lombardia, sec. XIII), di S. Nicolò di Pisa pure del secolo XIII; quello dodecagono e grandioso dell'Abbazia dei SS. Severo e Martirio presso Orvieto, del sec. XII, simile alla torre romana di S. Caterina d'Asti.

Come singolarità citiamo il campanile di Castell'Alfero (Alessandria) costruito in sbalzo su mensole; quello di Muceno (Como), a pianta rettangolare; quello dì Montechiaro d'Asti, a muri rastremati; quello a esagono irregolare nella pieve di Borgo S. Lorenzo nel Mugello (1263).

Fuori d'Italia il campanile isolato è una rarità e diventa quasi di regola la coppia di campanili posta nella facciata, quasi per mascherarne il contorno non sempre felice: spesso, posti agli angoli del transetto, i campanili concorrono ad accrescere la grandezza e l'importanza del presbiterio.

Anche in Francia vanno annoverati fra i più antichi campanili quelli circolari a imitazione dei ravennati, la torre Fenestrelle a Uzès, quelli di Echinghen (Pas-de-Calais, sec. XI), di Selonnet (Basses-Alpes), ecc. E già, per l'epoca carolingia, la pianta del l'abbazia di S. Gallo (sec. IX) mostra due torri circolari; così quella di Saint-Riquier.

Il campanile di Saint-Front a Périgueux, che ora si crede del principio del sec. XII, rivela influssi bizantini e ha il coronamento conico su tamburo a colonne: quello di Brantôme (Dordogna) di carattere romanico ha la cima ottagonale. Ambedue ebbero grande influenza sui posteriori campanili francesi: derivati da Saint-Front sono molti del Poitou e del Périgord.

In Gemiania il ricordo delle torri scalarie del palazzo carolingio di Aquisgrana (804) ebbe certamente grande influenza. In generale i campanili romanici tedeschi sono di grandi dimensioni, raramente isolati (duomo di Ratisbona) e spesso quadrati. Circolari, d'origine carolingia, sono nei duomi di Worms, di Magonza (sec. XI), nell'abbazia di Laach (consacrata nel 1156) e nella chiesa di Gernrode (Anhalt). I grandi campanili quadrati del duomo di Spira fondato nel 1030 circa hanno particolarità di dettaglio di carattere lombardo e la caratteristica del frontone triangolare che ne termina ogni faccia: è forse qui l'origine della ghimberga gotica tanto usata in Italia e in Francia.

In Inghilterra, dove è evidente l'influenza normanna, accanto ai tiburî che prendono sempre maggiore importanza, si trova un certo numero di campanili romanici circolari (Rushmore, Blundeston, Herringfleet): quello di Little Saxham è merlato. Nel duomo di Exeter (1112) all'estremità dei transetti s'elevano enormi donjons come nella cattedrale di Le Mans.

La Spagna, come l'Italia, predilige il campanile isolato: ha il tipo catalano, derivato direttamente da quello lombardo, quadrato a S. Clemente di Tahull, a S. Miguel de Fluviá, a Urgel, ecc.; ottagonale nella parte superiore a S. Pietro di Gerona. L'altro tipo detto castellano, di dimensioni massiccie, con gli angoli a torrette, con guglia piramidale, ha i suoi campioni nei duomi di Zamora e di Segovia.

Dalla seconda metà del sec. XII a tutto il XIV, cioè per tutta l'epoca in cui fiorì lo stile gotico, si assiste in Italia a un curioso fatto relativo ai campanili. Mentre dalla Francia nuove forme costruttive, perfezionate specialmente dagli ordini monastici sopra antichi schemi creati in Italia, invasero il nostro suolo, concorrendo a formare un'arte gotica italiana, i campanili quasi non sentirono queste nuove correnti e si mantennero fedeli al tipo lombardo, limitandosi ad alleggerirne e a sveltirne le dimensioni, ad arricchirne la decorazione, a seguire nei particolari l'uso dell'arco acuto attenendosi quasi sempre alla guglia quadrata, circolare od ottagonale. Ma il campanile rimane ancora isolato e privo degli acrobatici giochi marmorei di trafori, di trine, di virtuosismi geometrici cari ai campanili d'oltremonte.

Ad Assisi, contemporaneamente al San Francesco inferiore di struttura gotica (1230), veniva costruito il campanile (1239) di pretto carattere lombardo: a Siena il duomo, già iniziato nel 1226, vide a mezzo il secolo compiuto il campanile con la successione romanica di finestre, con la divisione del paramento a strisce orizzontali del tutto contraria al senso ascendentale dello stile gotico. In pieno Trecento a Milano si eleva il campanile di S. Gottardo, di forma ottagonale, magnifica e serena policromia di rossi e di bianchi, derivato direttamente dal tiburio duecentesco dell'abbazia di Chiaravalle. Il quadrato torrazzo di Cremona, con terminazione ottagonale, del sec. XIII, ha la serenità della facciata di un arengo romanico. Il bellissimo campanile di S. Francesco di Bologna, della fine del Trecento, non riesce a spogliarsi del senso orizzontale italico dato dalla divisione in piani, dalle cornici orizzontali che lo recingono, dalla voluta mancanza di guglia.

E certamente contribuì a mantenergli il senso italico quello di Firenze, una delle più fulgide espressioni dell'arte nostra, anch'esso privo di fronzoli nordici, chiuso anch'esso da una linea orizzontale antologia di motivi preziosi d'intarsî marmorei, testimone dell'ininterrotta tradizione romana.

Timido è pure l'accenno al gotico nelle torri ottagonali della Badia fiorentina (1330) e del Santo di Padova.

Con ricchezza di particolari, con accordi che preludevano la Rinascenza, sorsero alcuni campanili delle Puglie sul finire del Trecento: la fastosa guglia di Soleto, il campanile di Corigliano, ecc.; caratteri aragonesi mostra quello di S. Martino in Randazzo e, con più semplice finezza, quello del duomo di Piazza Armerina in Sicilia.

Gli architetti gotici oltremontani ridussero lo schema dei campanili a uno scheletro di leggerissime ossature, piegando il marmo e la pietra come se fossero metalli, lasciando agli scultori il modo di sbrigliare la medievale fantasia nell'arricchirne le membrature con tutti i motivi presi dalla fauna e dalla flora, approfittando dell'allora comune passaggio terminale del quadrato all'ottagono per creare la più fantastica selva di pinnacoli, torricelle, ghimberghe, collegati tra loro con numerosi e audaci archi rampanti.

Citiamo i campanili di Chartres (fine sec. XII), di Senlis, di Reims, di Amiens, di Notre-Dame di Laon; di Friburgo, di Ulma, di Colonia, di Ratisbona in Germania; di Salisbury, di Norwich, di Newcastle, di Lincoln in Inghilterra; di Burgos, di Oviedo, di Toledo in Spagna, ecc.

Con la Rinascenza s'inizia un periodo di decadenza per i campanili italiani e, si può dire, anche per quelli esteri. Il grande numero dei campanili medievali ancora esistenti nel sec. XV e quindi la minore necessità di costruirne dei nuovi, l'avversione per tutto ciò che ricordava l'ascendentalismo e le spazialità verticali dei gotici, il ritorno alle trabeazioni e alle ordinanze classiche che vivendo solo di linee e di masse e non di trite decorazíoni floreali produssero la fine delle maestranze di scultori e di scalpellini, una preferenza spiccata per le chiese a pianta centrale e per le cupole, furono i motivi predominanti della noncuranza che i grandi architetti della Rinascenza ebbero verso i campanili. Numerose chiese costruite tra la fine del Quattrocento e il principio del Cinquecento sono addirittura prive di campanili.

Nei pochi eretti in Italia-durante il sec. XV e in quelli del Cinquecento la tecnica dei campanili fa un passo indietro e al mirabile organismo delle aeree membrature gotiche, si sostituisce il romanico predominio del pieno sul vuoto e, mantenendo la divisione del fusto in tronchi, le lesene diventano il motivo predominante delle pareti. Le finestre o a pieno sesto o architravate non hanno grande importanza: la cella campanaria è illuminata da grandi bifore a pieno centro. Tipico è il campanile del convento degli Olivetani di S. Giorgio (1485) a Ferrara, di Biagio Rossetti, con decorazioni di terracotta di grande timidezza, imitato in parte a Bologna dagli stessi monaci in S. Michele in Bosco tra il 1494 e il 1510. Molto più originale, ma forse troppo massiccio, il poderoso campanile del duomo ferrarese che Leon Battista Alberti aveva a mezzo il Quattrocento disegnato. A Pienza il Rossellino, pure perdendosi in una smaniosa ricerca di novità per la chiesa, quanto al campanile si limitò a progettarne ed eseguirne uno ottagonale assai modesto e cuspidato, di lontana derivazione gotica.

Anche in Roma l'ignoto architetto che disegnò quello di S. Spirito in Sassia (1538) non fece altro che tradurre in forme rinascenti il tipo dell'antico campanile romano, e, ancora più tardi, il Guidetti disegnò per S. Caterina dei Funari (1564) uno strano campanile dalla cella sporgente su beccatelli di sapore medievale.

Con grande semplicità e col concetto di dare maggiore importanza alla cella, secondo l'uso medievale, Baccio d'Agnolo architettò i campanili di S. Spirito (1511) e di San Miniato (1524-27) a Firenze: nel primo la finestra a colonne e arco centrale fiancheggiati da spazî architravati deriva dal motivo che l'Alberti, traendolo da edifici romani, ebbe caro e che fu adottato da Giulio Romano nella cima del campanile di S. Benedetto Po e, poi, in molti suoi edifici, dal Palladio.

Forse il più bello dei campanili cinquecenteschi è quello in S. Biagio di Montepulciano di Antonio da Sangallo il vecchio (1518-34), a ordini sovrapposti, con lesene angolari accoppiate a mezze colonne, con slanciato tamburo e guglia ottagonale.

Molte chiese italiane del Cinquecento hanno la facciata fiancheggiata da due campanili. Così per S. Maria di Carignano di Genova l'Alessi nel 1552 disegnò due campanili dalle linee serene e armoniche: a Roma la Trinità dei Monti vide compiute le due slanciate torri nel 1597

A mezzo il Seicento il gemo del Bernini portò un'innovazione al tipo cinquecentesco dei campanili e, quasi ritornando alla logica dello stile gotico, ne ideò due per.S. Pietro di Roma in cui il vuoto predominava sul pieno, adoprando esili fasci di colonne lanciate ad aggrupparsi nell'aria nei modi più impensati. Meraviglioso sfoggio di fantasia mostrano quelli del Rainaldi (rimasti allo stato di progetto) per S. Agnese di Roma, quelli del Borromini per S. Ivo della Sapienza con la lanterna della cupola a spirale ascendente che ricorda costruzioni orientali, per S. Carlo alle Quattro Fontane (1653 circa), per l'oratorio di S. Filippo Neri (1669), tutti a piante curvilinee e misti. linee: originalissimi il campaniletto di S. Andrea delle Fratte (1666) con i piani più alti di forma circolare, geniale ascensione di colonne, cariatidi, obelischi ed emblemi araldici terminali, e quello della chiesa dei Cappuccini la cui pianta è un triangolo curvilineo.

Anche lo Juvara nella coppia di campanili a Superga (1761) dalle colonne angolari isolate e con la cima tormentata, anche gli ignoti architetti di quelli che, gemelli, ornano le facciate di S. Domenico di Palermo (1726), di S. Francesco di Catania, del duomo di Foggia (1731) ecc., curvano le linee, spezzano i frontoni, accavallano le membrature, onde dare il massimo movimento al fusto architettonico.

In S. Paolo a Londra i campanili della facciata sono ispirati a quelli del Bernini per S. Pietro: mentre dal sec. XVI al sec. XVIII il tipo cinquecentesco italiano viene arricchito e appesantito specialmente in Spagna (Saragozza, Santiago di Compostella) e in Germania (chiesa della Corte a Dresda, dei Teatini a Monaco, della Guarnigione a Potsdam).

Svanite, col gìungere dell'Impero, tutte le fantasie barocche, i campanili vennero eretti seguendo i canoni vignoleschi e palladiani, senza speciali voli di fantasia.

Nel periodo romantico dell'Ottocento s'iniziò (e dura ancora) la costruzione di campanili di stile e, perciò, del mille, romanici, gotici, false esercitazioni di cattivo gusto, ben lontane dal soddisfare lo spirito moderno che s'affretta verso nuove conquiste.

Ispirati liberamente a vecchie forme sono i campanili della chiesa della Sacra Famiglia a Barcellona di A. Gaudi: senza alcun riattacco al passato, specialmente nella tecnica costruttiva, è la moderna chiesa di Raincy (Seine) degli architetti A. e G. Perret, col campanile nel mezzo della facciata, ad esili altissime membrature di cemento armato.

Bibl.: Oltre alle notizie date dalle enciclopedie britannica, spagnola, francese e tedesche, dalle storie dell'arte e dell'architettura del Venturi, Toesca, Melani, Choisy, Viollet-le-Duc, Léon, Michel, Lübke, Cummings, dai manuali di archeologia del Brutails, Cabrol e Leclercq, Enlast, ricordiamo: J. Burckhardt, Die Cultur der Renaissance in Italien, Lipsia 1869 e ediz. successive; G. Nardini, Il Campanile di Santa Maria del Fiore, Firenze 1881; G. Boni, Il muro di fondazione del campanile di S. Marco, Venezia 1885; C. Guasti, La costruzione della chiesa e del campanile di S. Maria del Fiore, Firenze 1887; G. T. Rivoira, Le origini dell'architettura lombarda, Roma 1901; O. Gardella, I campanili di Ravenna, in Rassegna d'arte, Milano 1902; E. Bertaux, l'art dans l'Italie méridionale, parigi 1904; F. Pellati, Le torri dell'alto Monferrato, in Nuova Antologia, Roma 1908; R. De Lasteyrie, L'architecture religieuse en France à l'époque romane, Parigi 1912; G. Giovannoni, Chiesa della seconda metà del Cinquecento in Roma, in L'arte, Roma 1912 e 1913; A. Canestrelli, Campanili medievali nel territorio senese, in Rassegna d'arte senese, Siena 1915; A. Kingsley Porter, Lombard architecture, New-Haven 1917; A. Venturi, Il campanile della cattedrale ferrarese, in L'arte, Roma 1917; G. Zucchini, Disegni d'Antonio di Vincenzo per il campanile di S. Francesco di Bologna, in Architettura e arti decorative, Roma 1922; C. Ricci, L'architettura romanica in Italia, Stoccarda 1925; T.F. Bumpus, The cathedrals and churches of Italy, Londra 1926; A. Serafini, Torri campanarie di Roma e del Lazio nel Medioevo, Roma 1928; G. Galassi, L'architettura protoromanica nell'esarcato, Ravenna 1929; M. Salmi, L'architettura romanica in Toscana, Milano s. a.

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