CALOMELANO

Enciclopedia Italiana (1930)

CALOMELANO (dal gr. καλός "bello" e μέλας "nero" per la colorazione nera che assume con l'ammoniaca)

Alberico BENEDICENTI
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È il protocloruro di mercurio (Hg2Cl2) o cloruro mercuroso. Si trova in natura in cristalli del sistema tetragonale, con abito piramidale, o tabulare, secondo la base {001}. Fu rinvenuto nelle miniere di mercurio di Idria (Carniola), di Almadén (Spagna), di Hořovice (Boemia); associato a cinabro si trova a monte Avala, presso Belgrado. Il calomelano naturale è inteso col sinonimo di mercurio corneo. Il preparato medicinale è una polvere bianca, insolubile in acqua, in alcool e in etere. Fu usato in terapia dall'inizio del sec. XVI con il nome di draco mitigatus, mercurius dulcis, aquila alba, manna metallorum. Fu discusso il suo peso molecolare e, mentre Mitscherlich riteneva che la formula dovesse essere HgCl, Baker (1900), con accurate determinazioni della densità di vapore, stabilì definitivamente la formula HgCl2. Si ottiene per sublimazione riscaldando il miscuglio di quattro parti di sublimato corrosivo e tre parti di mercurio metallico

Si presenta in masse cristalline bianche, lucenti, con struttura raggiata; riscaldando ad alta temperatura, e facendo condensare i vapori di calomelano in appositi recipienti, si ottiene il cosiddetto calomelano a vapore, in finissima polvere cristallina. Si ottiene per precipitazione con processi diversi, per esempio con la riduzione del sublimato corrosivo sciolto in acqua, a 70-80°, per mezzo della anidride solforosa.

Il calomelano precipitato essendo assai finemente suddiviso è più attivo di quello sublimato. Il calomelano deve essere conservato al riparo della luce perché altrimenti lentamente si altera, diviene grigio perché separa mercurio metallico e si trasforma in sublimato corrosivo:

Per questa ragione, e anche secondo i metodi di preparazione, il calomelano può presentare tracce di sublimato corrosivo. Per evitare questo inquinamento, la Farmacopea prescrive che un grammo di calomelano, agitato con due centimetri cubici di acqua, deve dare un filtrato che presenti appena un inalbamento col nitrato di argento e un leggiero imbrunimento con l'idrogeno solforato.

Il calomelano, per la sua insolubilità nell'acqua e la sua scarsa solubilità nei liquidi del canale alimentare, è molto meno tossico del sublimato corrosivo. Nello stomaco passa inalterato; nel tenue è decomposto dal succo pancreatico e dal succo intestinale.

Si era attribuita dal Mialhe e da altri l'azione del cloruro mercuroso alla sua parziale trasformazione nel tubo digerente in sublimato corrosivo per opera del cloruro di sodio e dell'acido cloridrico, ma questo fenomeno non avviene, o se mai, in minime proporzioni. Per trasformare una piccola quantità di calomelano in sublimato corrosivo (bicloruro di mercurio, HgCl2) occorre l'acido cloridrico concentrato, riscaldato alla ebollizione. Le secrezioni alcaline, come la bile e il succo pancreatico, decompongono il calomelano, formando protossido di mercurio che si combina con l'albumina. Le bevande acide passando dallo stomaco nel duodeno provocano con la formazione di secretina (Bayliss e Starling) abbondante secrezione pancreatica, alcalina; il cloruro di sodio scioglie l'albuminato di mercurio rendendolo più attivo.

In terapia il calomelano è usato frequentemente come purgante. La sua azione è blanda, tanto che può prescriversi nelle enteriti. Alcuni individui però si mostrano molto suscettibili a questo farmaco; anche a piccole dosi possono seguire fenomeni tossici, specialmente la stomatite. Per questo i pediatri consigliano, due ore dopo l'ingestione del calomelano, di somministrare un clistere per allontanarlo più rapidamente dall'intestino. La sua azione si manifesta più specialmente sul duodeno e meno sul colon.

Non è colagogo e lo hanno dimostrato le esperienze su cani muniti di fistola biliare permanente: il colore scuro delle feci, dovuto in parte al solfuro di mercurio, l'aveva fatto erroneamente ritenere dotato di questa proprietà.

Dosi opportune manifestano una spiccata azione diuretica (Jendrassik) e sono adoperate per facilitare il riassorbimento di essudati, come, per esempio, nelle idropi da malattie di cuore. Il meccanismo di questa diuresi non è chiaro, benché taluni autori (Fleckseder 1912) abbiano voluto collegarla a un diminuito assorbimento dell'acqua degli alimenti nell'intestino tenue: a quest'acqua passata nel colon, assorbita ed entrata nel sangue sarebbe da attribuirsi la diuresi.

Al calomelano è pure attribuito un energico potere disinfettante intestinale, potere che è provato non solo dalle osservazioni cliniche, ma anche dalle esperienze farmacologiche fatte determinando il solfo coniugato nelle orine prima e dopo la somministrazione di cloruro mercuroso.

Come disinfettante intestinale si somministra per bocca alla dose di gr. 0,05 fino a gr. 0,20; come purgativo si associa alla gialappa, alla scammonea, al rabarbaro e si dà a dosi di 30-50 centigrammi in cartine o sospeso nell'acqua o nel latte. All'esterno si adopera in polvere per insufflazioni nel naso contro l'ozena, nell'orecchio contro l'otorrea, e nell'occhio in caso di congiuntivite e di opacità della cornea. Durante le applicazioni di calomelano sull'occhio bisogna escludere la cura interna di ioduro potassico che eliminandosi con le lagrime forma con il calomelano ioduro mercuroso assai caustico. La stessa controindicazione vale per il calomelano e lo ioduro somministrato per bocca. Il calomelano entra in parecchie pomate usate nelle malattie della pelle e, sospeso nell'olio, è stato proposto dallo Scarenzio per iniezioni intramuscolari nella sifilide. La pomata di Metchnikoff (calomelano gr. 33, lanolina 67, vaselina 10) si dimostrò molto utile nella profilassi della lue, secondo le esperienze di Metchnikoff e di Roux (1906) sulle scimmie antropomorfe.

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