CALLINO

Enciclopedia Italiana (1930)

CALLINO (Καλλῖνος)

Vittorio De Falco

Poeta elegiaco greco, di Efeso, vissuto in epoca che si può fissare solo approssimativamente. Strabone (XIV, 647) e Clemente Alessandrino (Strom., I, 398) osservano che, mentre Archiloco parla di Magnesia già distrutta, C., invece, la ricorda in fiore: dunque, fra i due, C. è anteriore. E poiché le altre allusioni storiche che si leggono nei versi del poeta (fr. 3 e 5), non si lasciano determinare con precisione, noi possiamo affermare con sicurezza soltanto che C. visse nella prima metà del sec. VII a. C. Si sono addotti a conferma della sua antichità alcuni elementi mitico-narrativi della sua poesia, che lo riavvicinerebbero a Omero; ma l'argomento è troppo tenue per aver valore. Invece è notevole che egli chiamò talora la sua patria col nome di Σμύρνα e Σμυρναῖοι i suoi concittadini (fr. 2), certo riferendosi all'origine comune delle due città. Gli antichi, ricercando chi fosse l'inventore del pentametro e quindi del distico elegiaco, se C. o Archiloco o anche Mimnermo, propendevano per C., evidentemente perché egli fu il più antico, di cui si avesse notizia, a usare quel metro. Ci restano di lui 4 frammenti veri e proprî; ma tre constano di poche parole, solo uno è di lunghezza apprezzabile (21 versi). In esso C. esorta i giovani concittadini a combattere per arrestare un'invasione nemica, assai probabilmente dei Cimmerî. Si è voluto attribuire tutto il frammento, o almeno i primi 4 versi di esso, a Tirteo, dubitando perfino dell'esistenza di C. Ma la somiglianza con frasi e concetti di Tirteo si può agevolmente spiegare sia per l'identità dell'argomento, sia per la considerazione che Tirteo, proprio come C. non fu un poeta originale ma si rifece assai spesso a Omero.

Il fr. 2 si trovava, secondo Strabone (XIV, 633) che ce l'ha tramandato, ἐν τῷ πρὸς Δία λόγῳ. Si crede perciò che il poeta abbia scritto un carme religioso εἰς o πρὸς Δία, a cui vengono assegnati anche i frammenti 3, 4, 5; ma qualcuno, ritenendo che la parola λόγος non possa designare un carme, interpreta: "in quella parte dell'elegia in cui si rivolge a Zeus" per raccomandargli i suoi concittadini in pericolo. È molto probabile che Strabone citi C. attraverso Demetrio di Scepsi. Secondo Pausania (IX, 9, 5), C., ricordando il poema Tebaide, affermò che Omero ne era l'autore. Degli antichi il solo Proclo (Chrest., 242, 19 W.) dice che egli e Mimnermo eccellono nel metro elegiaco.

Bibl.: Th. Berk, Pöetae lyrici graeci, II, 4ª ed., Lipsia 1914, 3 segg.; v. ora anche E. Diehl, Anthologia lyrica, I, Lipsia 1923, 3 segg. C. è menzionato anche dai grammatici latini (ed. Keil, VI, pp. 107, 376, 607, 639). W. Geiger, in Acta Semin. Erlangen., 1877, p. 79 segg.; H. Flach, Gesch. d. griech. Lyrik, I, Tubinga 1884, p. 167 segg.; Bergk, Gr. Literaturgeschichte, II, Berlino 1883, p. 178 segg.; A. e M. Croiset, Hist. de la litt. gr., II, 2ª ed., Parigi 1898, p. 99 segg.; G. Fraccaroli, I lirici greci. Elegia e Giambo, Torino 1910, p. 33 segg.; Kroll, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., X, col. 1652 seg.; Robert, Oidipus, Berlino 1915, I, p. 182 seg.; II, p. 72, n. 54; C. F. Lehmann-Haupt, in Klio, XVII (1921), p. 113 segg.; J. A. Scott, The Callinus of Pausanias IX, 9, 5, in Classical Philology, 1922, p. 358 segg.; bibl. degli anni 1905-1920, in Jahresber. ü. Fortschr. klass. Alt., CLXXIV, p. 20, CXCI, p. 32.

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