CALCOLOSI

Enciclopedia Italiana (1930)

CALCOLOSI (dal latino calcúlus "sassolino") o litiasi (dal greco λίϑος "pietra")

Mario DONATI
Giovanni Battista LASIO
Gustavo LUSENA
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È il complesso dei fenomeni anatomopatologici e clinici dovuti al formarsi di concrezioni nell'interno dell'organismo, generalmente lungo le vie di eliminazione dei secreti e degli escreti, per la deposizione (molto spesso attorno a un corpo estraneo) di sostanze che normalmente si trovano disciolte nei liquidi suddetti. Le condizioni chimiche, fisiche e fisico-chimiche che intervengono nel processo sono diverse e non tutte completamente note. Daremo un cenno delle calcolosi più importanti.

Calcolosi biliare. - È la forma più frequente e forse più importante in patologia umana.

Era già nota nei Mammiferi, specialmente nel bue; Vesalio la descrisse nel cadavere umano; Morgagni, Hoffmann, Boerhaave ne precisarono lo studio anatomopatologico e clinico. L'analisi chimica dei calcoli segnò un notevole progresso con la scoperta della colesterina fatta da Chevreul. Bouchard stabilì la dottrina umorale del processo litogeno sul rallentamento della nutrizione; Naunyn oppose la teoria infettiva del catarro litogeno; fra le due concezioni patogenetiche tuttora si discute. Notevole progresso in questo campo hanno realizzato il sondaggio duodenale (Einhorn, 1910) e la colecistografia (Graham e Lolle, 1924).

I calcoli si formano nelle vie biliari, il più spesso nella cistifellea, in seguito a un'alterata composizione della bile dovuta a una flogosi della mucosa, oppure a ricamtip abnorme della colesterina. I calcoli unici che si trovano talvolta nella cistifellea, di solito voluminosi, a struttura raggiata, derivano da quest'ultima causa e sono composti quasi esclusivamente da colesterina. I calcoli di origine infiammatoria sono invece di regola molto numerosi, faccettati, a strati concentrici, composti di colesterinato e di bilirubinato di calce. Le concrezioni possono essere così minute da giustificare il nome di sabbia o di fango biliare.

Nella maggior parte dei casi i calcoli nella cistifellea sono ignorati perché non producono molestie di sorta, o solo disturbi gastrici di varia entità. Quando il calcolo tende a migrare attraverso le vie biliari insorge la colica biliare con un dolore di solito molto intenso che s'inizia all'epigastrio e si diffonde alla zona sopraombelicale e anche a tutto l'addome, spesso posteriormente verso l'alto, fra le due scapole, oppure alla spalla destra. Accompagna il dolore spesso il vomito, la febbre di solito modica, una stipsi ostinata e più raramente anche itterizia per la tumefazione della mucosa del coledoco in seguito a una reazione catarrale infettiva secondaria alla colica e indipendente da qualsiasi migrazione, o al passaggio del calcolo, o all'incunearsi del calcolo lungo il coledoco o nella papilla del Vater. La colica biliare può durare più ore, anche qualche giorno, per cessare rapidamente, come s'era iniziata. Altre volte permane più o meno a lungo una sorda dolenzia della regione.

La colica biliare può aversi indipendentemente dai calcoli, per attacchi di colecistite, in rari casi per espulsione di vescicole d'echinococco.

Il calcolo migrante per lo più giunge nell'intestino e si elimina con le feci ma può arrestarsi nel dotto cistico, oppure nel coledoco; nel primo caso la cistifellea rimane esclusa e può riempirsi di liquido chiaro, mucoso (idrope), o di pus più o meno fluido (empiema); nel secondo si ha ristagno nelle vie biliari intra- ed extraepatiche; con ittero da ritenzione, aumento di volume globale del fegato che può essere seguito da cirrosi ipertrofica biliare. Quando il calcolo si arresta allo sbocco duodenale del coledoco, nella papilla di Vater, può compromettere anche lo scarico del dotto wirsungiano del pancreas perciò alla ritenzione biliare, associandosi la ritenzione del succo pancreatico, può seguire pancreatite cronica e, in casi rari, il quadro gravissimo della pancreatite acuta. Primitivi o secondarî ai fenomeni di ostruzione possono svolgersi quelli di infezione; la colecistite calcolosa, la colecistite catarrale, l'idrope della cistifellea facilmente assumono decorso cronico; le aderenze infiammatorie pericolecistitiche rimpiccioliscono, deformano, saldano la cistifellea agli organi vicini, specialmente al fegato, al piloro, al duodeno; le deformazioni e lo sviluppo delle masse cicatriziali sono caratteristiche della colecistite scleroatrofica. Processi acuti suppurativi producono l'empiema della cistifellea. Alle diverse forme di colecistite possono associarsi le angiocoliti, o flogosi delle vie biliari. Insorge la cosiddetta febbre biliosettica, spesso ad andamento intermittente o fortemente remittente; possono seguire alterazioni gravi a carico della struttura e della funzione del fegato. La cistifellea distesa dal contenuto può lacerarsi; si ha il coleperitoneo quando il liquido non è infettante, altrimenti si svolge la peritonite biliare. La rottura è rara perché le aderenze infiammatorie fissano la cistifellea agli organi vicini; in queste circostanze il processo suppurativo lasciato a sé si apre con fistole esterne verso la cute, oppure interne nello stomaco e nell'intestino. In questo modo possono essere evacuati dall'intestino anche calcoli voluminosi che non avrebbero potuto sorpassare le vie biliari e in rari casi possono causare occlusione intestinale, il cosiddetto ileo-biliare. Finalmente su pregresse lesioni di origine litiasica possono sorgere neo formazioni cancerose.

Cura. - La colica si attenua con mezzi palliativi (bagno caldo, applicazioni calde, termoforo), o richiede un'iniezione di pantopon, o di morfina o di bellafolina. Negli intervalli fra una colica e l'altra si escludano i grassi e le uova dall'alimentazione; si prescriva il regime ipocolesterinico (carne magra, cereali, verdure, legumi, latte, frutta), frazionando il numero e la quantità dei pasti. Il salicilato di soda e ancora meglio l'urotropina sono buoni antisettici delle vie biliari. Sono stati prescritti come colagoghi l'olio di ulivo, l'acido oleico, i sali biliari, ecc. Può essere molto utile la cura idrominerale eseguita opportunamente (Chianciano, Montecatini, Vichy, Carlsbad). Col sondaggio duodenale si può stabilire il drenaggio delle vie biliari, ottenendo l'espulsione di piccoli calcoli.

È necessaria invece la cura chirurgica nelle calcolosi complicate con colecistiti acute suppurative, ascessi pericolecistitici, perforazioni delle vie biliari, occlusioni del coledoco anche di breve durata, processi infettivi delle vie biliari intraepatiche (angiocoliti diffuse), e infine quando si sospetti la coesistenza di carcinoma. Queste sono indicazioni assolute. Indicazioni relative all'intervento, da applicarsi con criterî diversi secondo i casi e il decorso e, ove possibile, a freddo, sono le colecistiti calcolose croniche nelle quali le coliche recidivanti sono frequenti, intense e ribelli alle cure mediche o si complicano di tanto in tanto con accensioni febbrili, e le pericolecistiti adesive con dolori persistenti, dimagrimento, grave diminuzione della capacità lavorativa. Le condizioni sociali e la possibilità o no di lunghe cure mediche hanno molta importanza nel formulare l'indicazione all'intervento chirurgico.

Alla cistifellea il chirurgo giunge con una incisione laparotomica che può essere varia: verticale (Mayo Robson, Donati), obliqua (Kocher, Körte, Sprengel, Kehr, Kausch), angolare (Czerny, Mayo Robson, Langenbuch, Rio Branco, Kehr), a S (Bevan), ecc. Una volta scoperta la colecisti, i calcoli possono essere tolti con incisione della cistifellea, estrazione del calcolo con adatte pinze, sutura e riposizione della cistifellea in cavità (cistotomia ideale o colecistendisi di Loreta, 1875; metodo quasi del tutto abbandonato per il pericolo di recidiva); oppure formando in uno o in due tempi una fistola biliare esterna temporanea con la fissazione della cistifellea aperta alla parete addominale (colecistotomia, J. L. Petit, 1743; Sims, 1878, in gran voga fino al 1910 1915, ora riservata a casi particolarmente infetti e urgenti o difficili per aderenze); oppure con l'asportazione della cistifellea calcolosa (colecistectomia). È questo il metodo di scelta. Attuata per la prima volta con successo dal Langenbuch (1882), si può eseguire procedendo dal fondo verso il collo (metodo classico), o dal collo verso il fondo, metodo ora preferito da molti (colecistectomia retrograda, W. Mayo, Gosset, Hofmeister); la colecistectomia deve essere fatta, preferibilmente, sottosierosa (Couvoisier, 1886).

Se i calcoli sono nel coledoco, si estraggono con coledocotomia, secondo la sede dei calcoli, per via sopraduodenale (Langenbuch, 1881), retroduodenale (Langenbuch, Kocher), transduodenale (McBurney, I891, Czerny, Kocher, Carle), transpancreatica (Terrier, 1892, Czerny, Kehr, Tansini, Donati). La coledocotomia può essere conclusa con sutura del coledoco (coledocotomia ideale) o, se la bile è infetta, col drenaggio temporaneo delle vie biliari.

Se i calcoli sono nell'epatico, è necessario fare l'epaticotomia o la coledoepaticotomia, o la cisticoepaticotomia.

Calcolosi intestinale. - I calcoli intestinali, o enteroliti, hanno scarsa importanza in patologia umana; si trovano più spesso nel grosso intestino, nel cieco e nell'appendice. Sono formati per lo più da fosfati terrosi cementati da una trama di sostanza organica, possono raggiungere il volume di una grossa noce; sono di solito lisci, pesanti, a strati concentrici di varia colorazione. Più di rado i calcoli dell'intestino sono costituiti da conglomerati di residui vegetali indigeriti, disposti in larga trama nelle cui maglie si trovano sostanze fecali indurite. I calcoli dell'intestino spesso rappresentano un semplice reperto di autopsia; a torto in passato furono ritenuti causa dell'appendicite (v.).

Con questi calcoli autoctoni non si devono confondere quelli che giungono all'intestino per migrazione delle vie biliari. E non bisogna identificare per calcoli le concrezioni pseudocalcolose di acidi grassi dopo l'ingestione di olio di ulive.

Calcolosi pancreatica. - I calcoli nel pancreas di regola hanno sede nei dotti escretori della ghiandola, sono formati da carbonato e da fosfato di calce e da una trama di tessuto organico; di solito non sono più grandi di un pisello, hanno colore biancastro e consistenza lapidea. La calcolosi pancreatica non è frequente; essa si origina quasi sempre per ristagno del secreto pancreatico e per infezione dei dotti escretori. Impegnato in questi ultimi, il calcolo è causa di una sintomatologia dolorosa che insorge in forma accessuale come per la calcolosi biliare, con la quale quasi sempre clinicamente si confonde, anche per la presenza non infrequente dell'itterizia. La comparsa di una glicosuria, che può protrarsi anche per qualche giorno, durante e dopo la sintomatologia sopra descritta, la presenza di grandi quantità di grasso nelle feci (steatorrea) e di fibre carnee indigerite per mancanza del succo pancreatico nell'intestino, l'assenza degli enzimi digestivi pancreatici nel liquido estratto col sondaggio duodenale, permettono talvolta una differenziazione diagnostica; il reperto radiografico e l'assenza di colesterina nel calcolo emesso aggiungono migliore conferma.

Cura. - Quella sintomatica è come per la colica biliare. Si cerchi di aumentare la secrezione della ghiandola con alimentazione abbondante, spezie piccanti, bevande acidule, ed eventualmente con la pilocarpina; in alcuni casi è necessaria la cura chirurgica.

Calcolosi prostatica. - La malattia è conosciuta da tempi remoti; fu poi descritta specialmente dal Morgagni.

Nella prostata normale è frequente trovare piccole concrezioni nel fondo degli acini ghiandolari: i cosiddetti corpuscoli amilacei che si colorano in viola con lo ioduro di potassio; la loro formazione è legata alla degenerazione degli epitelî ghiandolari e alla precipitazione di lecitina e materie albuminoidi dello sperma. Queste concrezioni non hanno importanza se non quando diventano il nucleo di calcoli prostatici che possono dar luogo a gravi complicazioni meccaniche e settiche in tutto il sistema urinario. I calcoli possono formarsi secondariamente a processi distruttivi della prostata, quali ascessi, vecchi focolai tubercolari, cisti da ritenzione, ecc., quando nella cavità residuale l'urina possa farvisi strada e dar luogo a una precipitazione dei suoi sali. I calcoli fosfatici hanno di solito volume considerevole; possono oltrepassare il tessuto prostatico e svilupparsi verso l'uretra o verso la vescica. Essi si diagnosticano per mezzo dell'esplorazione digitale dal retto o con quella strumentale dall'uretra, o coi raggi X, specie quando il calcolo piccolo e innicchiato nello spessore della ghiandola sfugga al contatto col dito o con lo strumento.

La cura consiste nell'ablazione chirurgica del calcolo, per lo più per la via perineale.

Calcolosi renale. - Era conosciuta dalla più remota antichità; lo studio metodico si inizia con Civiale e Rayer. I progressi della tecnica operatoria, della cistoscopia e radiodiagnostica, dell'esame funzionale dei reni hanno reso possibile alla chirurgia moderna di intervenire con risultati brillanti in questa affezione che in passato era considerata esclusivamente di competenza medica.

Non è infrequente nel rene la formazione di calcoli che possono essere primitivi, o secondarî ad affezioni settiche delle vie urinarie. Unici o multipli, mono- o bilaterali, risiedono nel bacinetto o nei calici, o più raramente nel parenchima renale; sono fissi o mobili secondo la loro sede, di grandezza, di forma, di volume diverso, specialmente in rapporto alla varia composizione chimica che può essere semplice o mista. Risultano dalla precipitazione di sostanze che si trovano normalmente nell'urina (acido urico, urati, fosfato e ossalato di calcio), o di sostanze abnormi quali la cistina nella cosiddetta amminoaciduria. Sono proprî delle urine acide i calcoli urici ed ossalici (litiasi acida), di quelle alcaline i fosfatici (litiasi alcalina).

Il meccanismo di formazione dei calcoli primitivi è complesso e tuttora molto discusso. La precipitazione delle sostanze può avvenire in alcune urine per concentrazioni uguali o inferiori a quelle di altre urine nelle quali le medesime sostanze sono tenute in soluzione, perciò oltre alla quantità dell'acqua solvente e alle percentuali dei soluti sono in gioco altri fattori che determinano oscillazioni ampie dei limiti di solubilità. E non basta che le sostanze precipitino perché il calcolo si formi; attorno a un nucleo, che può essere anehe organico (detriti cellulari, uova di parassiti, coaguli sanguigni), esse debbono sovrapporsi, stratificarsi, cementarsi; si discute se si debba ammettere nel processo litogeno un fattore infiammatorio (catarro litogeno), o esclusivamente fenomeni fisico-chimici, in particolare di natura colloidale, in rapporto a una speciale diatesi litogena. Per i calcoli secondarî la fermentazione ammoniacale dell'urina infetta trasforma l'urea in carbonato di ammonio e determina la precipitazione del fosfato ammonico-magnesiaco e del carbonato di calcio.

Raramente i calcoli non producono nel rene danno o sofferenze. I sintomi possono essere di grado molto diverso secondo il numero, il volume, la natura, la sede, la mobilità dei calcoli, lo stato più o meno settico delle vie urinarie, la gravità delle lesioni anatomiche e funzionali indotte sui reni. Spesso l'infermo accusa una dolenzia nella regione costovertebrale corrispondente; la percussione, la palpazione del rene e la pressione contro l'angolo costovertebrale possono suscitare dolore e mettere in rilievo alterazioni patologiche di forma e dì volume; le urine contengono tracce microscopiche, o evidenti a occhio nudo, di sangue; l'ematuria e il dolore aumentano con il cammino. Specialmente i piccoli calcoli migranti (e anche altri corpi, come per esempio parassiti, coaguli sanguigni), incuneandosi nell'imbocco e più oltre nell'uretere, possono dar luogo alla sintomatologia caratteristica della colica renale. Altre volte la colica ha luogo senza che il calcolo migri.

Nella genesi della colica renale sono da considerarsi elementi puramente nervosi di spasmo riflesso ed elementi flogistici e meccanici rappresentati dalla tumefazione della mucosa della pelvi e dell'uretere e dalla eventuale ritenzione dell'urina a monte dell'ostacolo (idronefrosi). Il dolore ha la sua sede principale nella regione del rene e si diffonde in basso nella direzione dell'uretere, essendo avvertito fino sul glande o sui testicoli e anche sul lato interno della coscia dello stesso lato. Spesso durante l'accesso, che lasciato a sé può protrarsi a lungo, c'è anuria completa essendo sospesa in via riflessa la funzione anche del rene sano (riflesso reno-renale); a volte c'è invece pollachiuria (stimolo frequente a urinare con eliminazione scarsissima). L'urina in queste condizioni può essere manifestamente emorragica, oppure la presenza di sangue può essere dimostrata solo con l'esame microscopico del sedimento.

Facilmente si ha, con la colica, nausea, vomito, distensione meteorica dell'addome, febbre nelle forme settiche. Il calcolo è definitivamente espulso dall'uretra, oppure può ricadere nel bacinetto, incunearsi nell'uretere (a destra può simulare l'appendicite) o fermarsi in vescica (v. appresso). L'ostacolo al deflusso urinario può causare distensioni meccaniche in forma di idronefrosi parziali o totali, o dilatazioni cistiche fino al cosiddetto rene policistico litiasico; contemporaneamente nell'altro rene, se sano, si svolgono processi d'ipertrofia compensativa. Nella litiasi infetta i germi (colibacilli, streptococchi, stafilococchi, anaerobî) giunti per via ematogena (discendente), o urinaria (ascendente) possono determinare ptelo-,pio-,perinefrite calcolosa, ascesso o flemmone perinefritico, fino a fatti gravissimi di sepsi generalizzata. Se l'anuria da ostruzione calcolosa è permanente, dopo un periodo più o meno lungo di tolleranza, si svolge il quadro tossico della grande uremia.

Nella diagnosi della colica renale e delle sue applicazioni, oltre all'esame clinico hanno molta importanza quello radiologico (radiografia semplice o stereoscopica, cistopielografia, pneumorene), che può riuscire negativo per i calcoli di acido urico permeabili ai raggi, l'esame cromocistoscopico e il cateterismo ureterale. È necessario avvertire che immagini radiografiche erronee di calcoli possono essere date da ombre extra- o intrarenali di altra origine.

La cura medica si propone anzittutto la buona diluizione delle urine con introduzione abbondante di liquidi a dosi refratte in misura compatibile con le condizioni del circolo e delle vie digerenti; le acque minerali (Fiuggi, Amerino, S. Pellegrino, Uliveto, Vittel, Contrexéville, Evian, ecc.) esplicanti azione solvente sul calcolo (almeno in vitro) agirebbero diminuendo la produzione e favorendo la soluzione dei colloidi dell'urina, che, secondo Lichtwitz, avrebbero parte molto importante nella formazione dei calcoli. Inoltre le prescrizioni dietetiche tendono a ridurre l'apporto delle sostanze che entrano nella formazione dei calcoli, per quanto le medesime derivino non solo dagli alimenti, ma anche dal ricambio dei tessuti. Così per i calcoli urici si escluderanno i cibi ricchi di nucleine (milza, timo, fegato, caviale, cacciagione); le bevande che aumentano l'acidità urinaria già notevolmente elevata (vino, birra, sidro); le sostanze ricche di acido ossalico (cacao, cioccolato, caffè, tè, ribes, spinaci, acetosella, pomodori, leguminose), che aumentano la quantità dell'acido urico escreto; si concederà invece carne, latte, uova, verdure, frutta, poca carne. La calcolosi ossalica poco si giova della dieta priva di ossalati; l'acido ossalico, più che da quello di origine alimentare, deriva da un particolare disturbo del metabolismo azotato; si somministreranno nella dieta carne, grassi, idrocarbonati. Nella calcolosi fosfatica l'alimentazione deve essere povera di calcio; saranno quindi limitati i vegetali e il latte e consigliato l'uso di bevande acidulate con acido cloridrico e fosforico. Nella terapia medicamentosa giovano l'uricedina, la lisidina, la piperazina, l'urodonal, il licetolo, il benzoato di litina per la calcolosi urica; nelle forme settiche l'urotropina, specialmente per via endovenosa. La colica nefritica cede alle iniezioni di morfina, pantopon, spasmalgina; giovano le applicazioni calde locali o generali (bagno caldo).

La cura chirurgica ha indicazioni di necessità (calcoli incuneati nell'uretere, calcolosi infetta) e indicazioni di opportunità (lunga durata della malattia, gravità ed intensità delle coliche, alterazioni anatomo-funzionali del rene, volume e numero dei calcoli).

Calcoli ureterali bassi, o non troppo voluminosi, possono essere fatti uscire operando col cistoscopio per via endovescico-ureterale, sia con iniezione nell'uretere, a mezzo di catetere ureterale, di olio e novocaina, o di glicerina, così da provocare l'espulsione spontanea di calcoli non troppo voluminosi, sia con la dilatazione progressiva dell'uretere fatta allo stesso scopo, sia con la sezione cruenta, o a mezzo di elettrocoagulazione o di elettrolisi, dell'ostio vescicale dell'uretere per i calcoli quivi incuneati.

Nei calcoli renali, se bilaterali, il compito terapeutico è difficile; per lo più conviene operare prima con metodo conservatore il rene meno ammalato, poi, in un tempo successivo, quello più compromesso, eventualmente con l'asportazione. Se la calcolosi renale è unilaterale, le indicazioni per una terapia conservatrice o no variano a seconda dello stato anatomico del rene, dell'asetticità o meno del suo contenuto, delle condizioni generali del paziente.

I metodi conservatori sono: la pielolitotomia, operazione di scelta, ove possibile, che consiste nell'apertura del bacinetto, di solito con incisione posteriore, dopo avere per lo più esteriorizzato il rene, e nella estrazione del calcolo attraverso di essa, risparmiando completamente il rene, salvo in certi casi di calcoli penetranti o incuneati nella sostanza renale che esigono un prolungamento dell'incisione sul rene (pielonefrolitotomia); e la nefrolitotomia, operazione che ora si usa solo eccezionalmente per calcoli posti nello spessore del parenchima renale, e consiste nell'estrarre i calcoli attraverso un'incisione longitudinale o trasversale della sostanza renale.

Se il calcolo è nella parte alta dell'uretere, può essere fatto risalire verso la pelvi ed estratto per mezzo di una pielotomia inferiore; che se non lo si può smuovere o ha sede più in basso, si dovrà incidere l'uretere in corrispondenza, o poco al di sopra del calcolo. Questa ureterolitotomia viene eseguita volta a volta, secondo la sede del calcolo, con metodo extraperitoneale (ureterotomia lombare con incisione lombo-addominale di Israel; o ureterotomia iliaca con incisione inguinale; o ureterotomia pelvica con incisione inguinale o pararettale; o ureterotomia vaginale o sacrale, che sono eccezionali), oppure per via transperitoneale, o per via combinata, o anche per via transvescicale.

I metodi demolitori, erroneamente detti da taluno radicali, sono da usarsi, allorché l'altro rene è sano, in casi d'infezioni gravi (pionefrosi), di idronefrosi di alto grado, di calcoli multipli pelvici e intrarenali che hanno ridotto il rene ad una sacca, nei casi infine complicati con tubercolosi o tumore.

Tali metodi consistono nella nefrectomia totale o nella resezione del rene (nefrectomia parziale) e possono essere applicati in certi casi in secondo tempo (nefrectomia secondaria) quando si veda fallire il tentativo di conservare il rene.

Metodo palliativo infine, da usarsi solo in via eccezionale per necessità di conservare il rene sia pure non normalmente funzionante, è la nefrostomia o nefropielostomia, che consiste nell'apertura e drenaggio del rene e della pelvi attraverso l'incisione lombare, dopo estratto il calcolo.

Le diverse operazioni descritte trovano la loro indicazione anche nella cura dell'anuria calcolosa. Coi progressi della tecnica e con la tendenza a porre più esatte e precoci indicazioni all'intervento, così da poter procedere a nefroureterolitiasi asettica, i risultati degl'interventi chirurgici si sono fatti progressivamente migliori, fino a portare la mortalità a 0-1% nelle pielolitotomie asettiche al 5-6%, e anche meno, nelle settiche, al 10-12% nelle operazioni per litiasi infette; ma questi casi sono gravissimi, irreparabili se non s'intervenisse.

Calcolosi salivare. - I calcoli salivari si riscontrano nell'uomo, più di rado in altri Mammiferi (cavallo), il più spesso nella ghiandola sottomascellare o nel suo condotto. Risultano generalmente di un nucleo organico attorno al quale si depositano a strati concentrici il fosfato e il carbonato di calcio. I calcoli duri grigiastri possono raggiungere il volume anche di un nocciolo di dattero e pesare fino a varî grammi. Eccetto i rari casi di estese infiammazioni purulente le quali possono diffondersi ai tessuti perighiandolari e provocare gravi flemmoni, la calcolosi salivare non è una malattia pericolosa; può tuttavia in molti casi divenire molesta per la dolorabilità della ghiandola e del condotto, risentita specialmente durante la masticazione e la deglutizione. Di solito una piccola incisione del condotto verso lo sbocco basta per raggiungere il calcolo e per asportarlo. Talora un grave processo suppurativo della ghiandola sottomascellare e della sottolinguale può giustificare l'estirpazione del calcolo. L'atto chirurgico solo per la parotide presenta serî pericoli per la facile lesione del nervo facciale.

Calcolosi vescicale. - È conosciuta dai tempi remotissimi della civiltà egiziana. Ippocrate, Celso, Paolo d'Egina, Albucasis, Fabrizio di Acquapendente, Avicenna, ne lasciarono buone descrizioni cliniche con indicazioni terapeutiche. È dovuta alla precipitazione in vescica dei sali inorganici dell'urina attorno a un nucleo organico; si hanno così calcoli uratici, fosfatici e ossalici corrispondenti alla varietà costituzionale dei singoli individui (diatesi urica, fosfaturica, ossalurica): tutto ciò è specialmente favorito dal ristagno dell'urina che può avvenire in qualunque tratto del sistema urinario: il bacinetto, un calice, un angolo meno contrattile della vescica urinaria. In quest'ultimo punto può annidarsi un piccolo calcolo proveniente dal rene e accrescersi per successiva precipitazione e cristallizzazione dei sali urici od ossalici attorno al nucleo centrale. Si parla di calcolosi secondaria quando avviene la precipitazione dei fosfati nell'urina alcalina in seguito a processi infettivi nella pelvi renale o più frequentemente nella vescica dei vecchi ritenzionisti (prostatici, vecchi stenotici).

La calcolosi vescicale può essere unica o multipla: non sono rari i casi di centinaia di calcoli estratti da una stessa vescica: così ancora molto variabile ne è il volume; i calcoli del volume di un arancia, di un cedro, non sono più tanto frequenti per il progresso dei nostri mezzi di diagnosi e di cura. Le sofferenze che derivano dai calcoli vescicali sono intense e si esacerbano con il movimento, sono dovute agli urti contro la mucosa vescicale che, contusa e lacerata dal calcolo, sanguina (ematuria vescicale da movimento); provoca la contrazione del detrusore (minzione frequente e dolorosa), incunea qualche volta il calcolo nel collo vescicale (iscuria da occlusione dell'uretra posteriore), favorisce lo sviluppo dei germi della suppurazione che producono la cistite. Si stabilisce un circolo vizioso: la cistite provoca la precipitazione fosfatica, questa l'accrescimento rapido del calcolo che irrita la vescica con maggiore frequenza e violenza. Le complicazioni settiche, propagandosi verso le vie alte, dànno pielite, pionefrosi, pielonefrite con febbre urinosa e cachessia che può avere esito fatale.

Cura. - La terapia della calcolosi vescicale è antica come la medicina; l'operazione della pietra era praticata dagli Egiziani con una ingegnosità di armamentario e di tecnica che poco hanno da invidiare ai mezzi a disposizione del chirurgo moderno. I pericoli, le sofferenze dell'intervento chirurgico suggerirono la ricerca di medicine, droghe, acque minerali dissolventi i calcoli; le acque minerali possono, in limiti ristretti, impedire che un calcolo si accresca di volume disciogliendo i sali urici o fosfatici od ossalici a mano a mano che vengono eliminati dai reni, ma è meno facile che disciolgano un nucleo di cristallizzazione già formato. Questo deve essere tolto dal chirurgo mediante un intervento cruento (epicistotomia) od incruento (litotrizia). La litotrizia ha riacquistato grande favore associata con la cistoscopia; non è più l'operazione cieca e malsicura del passato, perché ora è possibile, sotto il controllo della vista, frammentare ed evacuare il calcolo nello stesso intervento. I risultati dell'operazione sono garantiti dalla cura sussidiaria delle singole diatesi e delle condizioni predisponenti vescicali: i prostatici calcolosi debbono essere operati di prostatectomia perché possano guarire stabilmente della calcolosi secondaria e un ristretto uretrale avrà una ragione di più per vigilare sul calibro del proprio canale uretrale, perché ogni recidiva di stenosi porterà anche la minaccia di una recidiva più pericolosa della calcolosi vescicale. La persistenza del muco e del pus predispone alla recidiva; a parte quindi le cure locali (lavature, instillazioni vescicali, ecc.) possono essere utilmente impiegate le acque minerali (Fiuggi, S. Pellegrino). Per la terapia medicamentosa e dietetica, vedi sopra: calcolosi renale.

Bibl.: M. Schiavoni, Dei calcoli vescicali e del loro trattamento, Torino 1911; T. H. Kehr, Chirurgie der Gallenwege, Stoccarda 1913; A. Chauffard, Leçons sur la lithiase biliaire, Parigi 1914; M. Donati, Chirurgia dell'addome, Torino 1914; T. Rovsing, Pathogénie des calculs biliaires et indications opératoires, Parigi 1925; I. McLester, Nutrition and diet in health and disease, Filadelfia 1927; H. Hampton, Urinary lithiasis, in W. Osler, Modern medicine, Filadelfia 1927; M. Chiray e J. Pavel, La vésicule biliaire, Parigi 1927; A. Barlocco, Trattato di clinica delle malattie dei reni, Torino 1927; G. Gottstein, Nephrolithiasis, in Handbuch d. Urologie, IV, Berlino 1927; M. Garnier e R. Prieur, Affections des voies biliaires, in G. H. Roger, F. Widal, P. J. Teissier, Nouveau traité de médecine, XVI, Parigi 1928; G. Marion, Traité d'urologie, Parigi 1928; A. Lemierre e Pasteur Vallery-Radot, Lithiase rénale, in Nouveau traité de médecine, XVII, Parigi 1929; A. Galluppi, La diatesi litogena, Bologna 1929; M. De Abeu, Radiographie néphrocholécystique, Parigi 1930. (v. anche fegato; intestino; pancreas; prostata; rene; vescica).

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