CADMIO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

CADMIO (VIII, p. 240)

Dante Buttinelli

La particolare natura dei minerali di c., che li porta quasi sempre a ritrovarsi associati in modeste quantità ai minerali di altri metalli, come zinco, piombo e rame, fa sì che risulti assai vantaggioso recuperare il c. dai sottoprodotti dei processi metallurgici di questi ultimi elementi, anche in considerazione della sua tendenza, per le particolari caratteristiche chimico-fisiche, a concentrarsi in detti sottoprodotti. È ben nota, infatti, datando da diversi decenni, la sua estrazione con procedimenti elettrolitici dai cosidetti "cementi", residui cioè dell'operazione di "scadmiatura" effettuata nella purificazione dell'elettrolita zincifero (v. App.1, p. 329). Meno conosciute sono però altre importantissime fonti di recupero del metallo, e le diverse metodologie di estrazione.

Durante l'arrostimento dei minerali solforati misti di piombo e zinco, e in particolare nella preparazione dell'agglomerato "autofondente" (v. piombo in questa App.), il c. tende a passare nei fumi e dall'abbattimento di questi, prima d'inviare il gas all'impianto dell'acido solforico, si ricavano polveri contenenti 5 ÷ 10%, e in qualche caso anche 20%, di c. come ossido. Nella raffinazione termica dello zinco per distillazione frazionata, secondo il processo New Jersey (v. zinco, XXXV, p. 950), i prodotti di testa dell'ultima colonna, detta appunto del cadmio, contengono il metallo in cospicue proporzioni. E ancora, esso è presente in tenori di 3 ÷ 5% nelle "polveri blu", o "tuzie", che si raccolgono nei condensatori dello zinco, e negli annessi impianti di lavaggio del gas delle storte verticali, o di forni similari destinati alla produzione dello zinco.

Da tutti questi sottoprodotti si può estrarre il c. con un procedimento, in alternativa a quello elettrolitico, basato sulla facile riducibilità dell'ossido e sulla discreta volatilità del metallo. Mescolando, infatti, questi residui con polverino di carbone e riscaldando il tutto a 900 °C in forni rotativi, o meglio ancora in storte di refrattario, muniti di opportuni condensatori, si ricava un concentrato di c. più ricco di quello di partenza. Ripetendo più volte l'operazione, si perviene infine a un metallo abbastanza puro, che per semplice rifusione con fondenti basici (per es. soda) adatti a scorificarne le ultime impurezze, raggiunge un titolo sufficiente per la maggior parte degl'impieghi. La depurazione del c. grezzo si può eseguire anche elettroliticamente. Tra i più importanti impieghi va ricordato quello riguardante il rivestimento protettivo di altri metalli, e particolarmente di acciai. La cadmiatura (v. XVI, p. 345), che viene oggi effettuata quasi sempre per elettrodeposizione, possiede rispetto alla zincatura, di cui è però più costosa, il pregio di un aspetto più brillante e duraturo e inoltre di una maggiore resistenza agli agenti atmosferici e agli alcali. In espansione risultano pure i consumi di c. per la preparazione delle leghe antifrizione (v. App. II, 1, p. 205) e delle leghe per saldatura a base di zinco, dove sostituisce il più costoso stagno. Viene inoltre usato in aggiunta (0,5 ÷ 1%) al rame destinato ai cavi elettrici e telefonici e ai metalli preziosi per alcune leghe usate in gioielleria.

La produzione, pertanto, è andata progressivamente aumentando (v. tabella), fino a raggiungere le attuali 17.000 t/anno all'incirca. I paesi più forti produttori di c. risultano essere SUA, Giappone, URSS, Belgio, Germania. La produzione italiana non è molto elevata, circa 500 t/anno, sostanzialmente sufficiente al fabbisogno.

Bibl.: F. G. McCutcheon, J. R. Musgrave, Cadmium, in Rare metals handbook, New York 1961; V. H. Dennis, Metallurgy of the non-ferrous metals, Londra 1961.

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