BURUNDI

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

BURUNDI

Lina Maria Calandra
Vincenzo Piglionica

Demografia e geografia economica. Storia

Burundi

Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. – Stato interno dell’Africa orientale. Caratterizzata da una delle densità più alte dell’Africa, la popolazione (8.053.574 ab. al censimento 2008; 10.482.752, secondo una stima UNDESA, United Nations Department of Economic and Social Affairs, del 2014), nell’area urbana della capitale, Bujumbura

(546.752 ab. al censimento del 2008; 707.000, secondo una stima del 2014), raggiunge i 5715 ab./km2, mentre per l’88% vive in aree rurali. Con una speranza di vita alla nascita di 54,1 anni (2013), l’86% dei burundesi è alfabetizzato. Nonostante la crescita del PIL del 4% circa negli ultimi anni, una ritrovata stabilità sociopolitica e il programma di riforme in atto dal 2005, l’economia, legata soprattutto al settore primario (40% del PIL), rimane fragile. Il B., che pure dispone di nichel, coltan, oro, dipende dagli aiuti esterni, risultando tra i tre Paesi più poveri del mondo (PIL pro capite a parità di poteri d’acquisto, PPA, di 912 $ nel 2014; 180° posto in base all’Indice di sviluppo umano).

Indicatori economico-sociali

Storia di Vincenzo Piglionica. – Nel corso del 2005, l’approvazione del nuovo testo costituzionale e lo svolgimento di elezioni multipartitiche rappresentarono due importanti momenti della transizione politica burundese; ma il Paese appariva ancora lontano da una piena stabilizzazione. Alla tradizionale conflittualità interetnica, cui si cercò di porre fine istituzionalizzando il principio di condivisione del potere tra maggioranza Hutu e minoranza Tutsi, si affiancarono nuovi motivi di tensione, connessi alle modalità di gestione del governo da parte del Conseil national pour la défense de la démocratie-Forces de défense de la démocratie (CNDD-FDD). Le frizioni con i partiti del Front pour la démocratie au Burundi (FRODEBU) e dell’Union pour le progrès national (UPRONA), unite alla frattura all’interno dello stesso CNDD-FDD culminata nella rimozione del leader Hussein Radjabu, generarono un’impasse istituzionale che fu superata soltanto nel novembre 2007, grazie a un’intesa con FRODEBU e UPRONA. Problematica si rivelò inoltre l’im plementazione dell’accordo per il cessate il fuoco – raggiunto nel settembre 2006 – tra il governo e i ribelli Hutu delle Forces nationales de libération (Palipehutu-FNL), che deposero ufficialmente le armi e si trasformarono in partito politico solo nell’aprile 2009.

Nonostante le accuse di crescente intolleranza nei confronti delle forze di opposizione, del frequente ricorso alla violenza, di corruzione diffusa e deriva autoritaria, il CNDD-FDD si aggiudicò il 64% dei voti nelle amministrative del maggio 2010. Le opposizioni denunciarono brogli e in segno di protesta boicottarono le successive presidenziali di giugno – nelle quali il presidente uscente e unico candidato Pierre Nkurunziza fu confermato con il 91,6% dei voti – e le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale di luglio in cui, a eccezione dei 3 scranni riservati alla minoranza Twa, si aggiudicarono seggi solo il CNDD-FDD (81), l’UPRONA (17) e il FRODEBU Nyakuri (5), costola del FRODEBU separatasi dal partito. Le consultazioni contestate portarono a una riacutizzazione delle tensioni nel corso del 2011, con episodi di drammatica violenza tra CNDD-FDD e FNL. Nel marzo del 2013, sotto l’egida dell’ONU, governo e forze di opposizione si incontrarono per discutere delle prospettive di mantenimento della pace e per la definizione di un percorso comune verso le elezioni del 2015. Alla vigilia del voto, nel mese di aprile, scoppiarono le proteste contro la candidatura di Nkurunziza a un terzo mandato presidenziale, in violazione del limite di due previsto dalla Costituzione; mentre a maggio, fallì un tentativo di golpe guidato dal generale Godefroid Niyombare. Dopo essersi assicurato un’ampia maggioranza parlamentare nelle elezioni di giugno, Nkurunziza vinse le presidenziali di luglio con oltre il 69% dei voti, in una tornata elettorale boicottata dalle più importanti forze di opposizione e giudicata dagli osservatori della Comunità dell’Africa Orientale (East African Community, EAC) non conforme ai principi e agli standard di libertà e trasparenza.

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