BULGARIA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1992)

BULGARIA

V. Pencev

Stato dell'Europa sudorientale, posto tra il basso corso del Danubio e la penisola greca, sulle sponde del mar Nero. La B. medievale comprendeva le regioni settentrionali e centrali dei Balcani, corrispondenti al territorio occupato in precedenza dalle prov. illiriche dell'Impero romano: Mesia Inferiore e Superiore, Dacia Mediterranea e Ripense, Tracia e parte della Prevalitania, Dardania, Macedonia Prima e Seconda, Epiro, Tessaglia, Rodope ed Emimonto. Occupata dai Traci già intorno al sec. 12° a.C., la regione, grazie ai vivaci scambi commerciali con le colonie greche del mar Nero e dell'Egeo, risentì sensibilmente delle influenze culturali elleniche. Passata, dopo varie vicende, nei territori dell'Impero romano, vide la fondazione di numerose nuove città, mentre quelle già esistenti furono ampliate e promosse a municipia. La popolazione tracia, fiaccata e decimata dalle campagne militari, dalle epidemie, dal commercio degli schiavi e dal reclutamento nell'esercito, fu soggetta a una forte ellenizzazione e latinizzazione. Ciononostante, essa riuscì a mantenere una propria identità fino all'epoca altomedievale, rappresentando pur sempre la principale componente etnica della regione fino al tardo sec. 6°, all'epoca delle grandi migrazioni slave.Mentre le grandi città dell'area centrale e meridionale della penisola balcanica sopravvissero alle distruzioni dell'età delle Migrazioni (secc. 4°-7°), i centri posti nelle regioni settentrionali furono ben diversamente colpiti. Tuttavia, grazie anche ai continui interventi di restauro, anche in essi sopravvissero, fin nel pieno Medioevo - accanto a gran parte delle strutture difensive e fortificate - numerosi edifici monumentali di età imperiale (per es. le terme di Odessós, od. Varna, e la rotonda di Serdica, od. Sofia), sia pure spesso mutando la loro funzione originaria. La maggior parte di queste città - così come l'intera regione balcanica - si trovava politicamente sottomessa all'Impero romano d'Oriente, mentre dal punto di vista dell'amministrazione religiosa dipendeva da Roma, attraverso l'esarcato dell'Illirico orientale. Per questa via riuscirono a mantenere una certa autonomia, all'interno della regione di confine, tra le sfere di influenza romana e costantinopolitana, rimanendo per es. al di fuori dalla lotta iconoclasta.Tra le chiese dei secc. 4°-7°, predominano le basiliche ipostile di tipo ellenistico con copertura a tetto (Hissar, Buchovo, Varna, Kjustendil, Jatrus, Novae, Jambol, Pleven), ma si annoverano anche basiliche con coperture a volta (Pirdop, Varna, Belovo), nonché costruzioni a pianta centrale (Peruštica). Spesso gli edifici erano corredati da mosaici pavimentali (Sofia, Stara Zagora, Hissar, Varna) e da affreschi di tradizione classica (Sofia, Zar Krum, Peruštica). Per quanto riguarda la decorazione architettonica, accanto ai materiali di spoglio provenienti da edifici antichi (Tărnovo, Gorni Marjan, Varna, Hissar), furono impiegati anche manufatti prodotti da botteghe locali (Ljutibord, Ossenovo, Obzor) o importati da Costantinopoli (Hissar).

Primo regno di Bulgaria

Con la fondazione del regno bulgaro intorno al 679 e il suo riconoscimento da parte di Bisanzio in seguito al trattato di pace del 681, nella penisola balcanica si concluse l'epoca delle grandi Migrazioni, con i mutamenti etnici, sociali e culturali che aveva comportato. Verso gli anni settanta del sec. 7° nella B. danubiana arrivarono i Protobulgari (v.) del gruppo occidentale, una nuova forza destinata a giocare sulla scena politica, fin nel pieno Medioevo, un ruolo importante nello sviluppo del pensiero e della cultura dell'Europa sudorientale. I Protobulgari - così denominati dalla moderna storiografia per distinguerli dagli abitanti, noti come Bulgari, dello stato dell'Europa sudorientale in epoca medievale e moderna - erano composti da stirpi provenienti dall'Asia centrale, originariamente legate tra loro da una coalizione, e appartenevano al gruppo linguistico turco-altaico.Nella loro prima fase (fino all'ultimo terzo del sec. 9°) la cultura e l'arte del primo regno bulgaro rimasero in larga misura nel solco della tradizione della componente etnica protobulgara. Sia gli edifici monumentali della capitale Pliska, sia le opere di toreutica - per es. il tesoro di Nagyszentmiklós (Vienna, Kunsthistorisches Mus.) e il calice di Sibin (Preslav, Arheologitcheski reservat muz.) -, sia la scultura monumentale - per es. il rilievo con il cavaliere di Madara e i frammenti di scultura architettonica di Pliska, Preslav, Stara Zagora e Zar Krum (Sofia, Nat. arheologitcheski muz.; Stara Zagora, Okrajen Istoritcheski muz.) - sono molto vicini dal punto di vista iconografico e stilistico all'arte dell'Asia centrale. Solo con l'ampliamento della nuova capitale, Preslav (fine del sec. 9°), la tradizione classica ebbe il sopravvento, improntando il nuovo stile antichizzante dell'arte monumentale bulgara (ornamentazione e decorazione architettonica del palazzo degli zar e della rotonda). Una caratteristica tipica della regione è costituita dalla ceramica invetriata, che trovò molteplici modalità d'impiego negli edifici di rappresentanza di Preslav, non solo a decorazione delle facciate, ma anche sotto forma di grandi o piccoli pannelli destinati al rivestimento parietale esterno e interno o ai pavimenti. La decorazione figurata spazia da astratti motivi geometrici, risolti spesso in complicate soluzioni a giorno (rosette a Sofia, Nat. arheologitcheski muz.), fino a ornamentazioni fitomorfe fortemente stilizzate e a immagini di santi: icona di S. Teodoro, medaglione con l'effigie di un angelo (Sofia, Nat. arheologitcheski muz.), decorazioni di icone (Preslav, Archeologitcheski reservat muz.). Anche i mosaici parietali della rotonda presentavano tessere in ceramica invetriata, accanto a quelle di vetro. Della decorazione a fresco degli edifici della capitale, di cui si ha notizia attraverso le fonti, non si è conservata alcuna traccia, così come nulla è rimasto delle miniature della scuola di Preslav, la cui esistenza è attestata solo da copie russe del sec. 11° (San Pietroburgo, Saltykov-Sčedrin, Evangeliario di Ostromir).Con la proclamazione del cristianesimo a religione di stato, nell'865 si aprì una fase di intensa attività edilizia su tutto il territorio del primo regno bulgaro. Nell'ultimo terzo del sec. 9° le grandi cattedrali delle sedi metropolitane seguono principalmente lo schema basilicale su pilastri, anche quando si tratta di rimaneggiamenti di edifici preesistenti (chiese dedicate alla Divina Sapienza di Sofia, Nessebar e Ochrida, grande basilica di Butrinto); solo in casi eccezionali si trovano edifici a pianta centrale (rotonda di Preslav, chiesa del monastero di S. Naum sul lago di Ochrida) o policonchi (chiesa di Saranda). A partire dal sec. 10° predominano invece le chiese a cupola e quelle a schema basilicale ridotto (Kastoria, Nessebar, Pliska). Le murature a conci squadrati o a tecnica mista (basilica episcopale di Pliska, chiese di Preslav), tipiche delle regioni settentrionali e centrali dei Balcani, vennero sostituite al Sud da tecniche edilizie di carattere più spiccatamente decorativo (murature cloisonnées o a corsi alternati di pietra e mattoni), che, nel corso del sec. 10°, si diffusero anche nelle zone centrali balcaniche (Bojana, Separeva, Banja).La pittura monumentale delle chiese del tardo sec. 9° e degli inizi del 10° appare legata alla tradizione regionale di ascendenza paleocristiana, che nei Balcani centrali non risentì della lotta iconoclasta (S. Demetrio a Patalenica, le pitture più antiche del S. Leonzio di Vodoča, il primo strato di pitture nel S. Giovanni di Zemen e nei Ss. Anargiri di Kastoria), mantenendo invariati i propri tratti iconografici e stilistici. Accanto alla tradizione locale e agli influssi dell'Oriente cristiano, si possono cogliere anche rapporti con la coeva pittura dell'Italia meridionale, rapporti che sono da far risalire sia agli stretti contatti tra la Chiesa bulgara e Roma nell'ultimo terzo del sec. 9° sia anche all'influenza diretta di botteghe dell'Italia meridionale (S. Stefano e chiesa degli Arcangeli a Kastoria). A partire dall'ultimo terzo del sec. 10° nella pittura monumentale bulgara si colgono rilevanti cambiamenti in campo stilistico; inoltre in una serie di edifici si può riconoscere l'opera di una bottega di pittori attiva tra il 972 e il 996 nelle cattedrali patriarcali di Serdica, Prespa e Ochrida e nella chiesa episcopale di Strumica. In queste opere l'antico ideale di bellezza si tramuta, dando vita a una nuova sintesi di bellezza sensuale e morale. Le proporzioni generali, l'equilibrio della composizione e il movimento armonioso delle figure rispettano regole e canoni propri dell'arte classica. Contemporaneamente tuttavia emergono una rinnovata monumentalità e un'accentuazione dell'espressività che non hanno nulla in comune con l'arte antica: gli occhi, e in particolare le pupille, sono rappresentati in modo sproporzionatamente grande; lo sguardo assume così un potere magico che esercita un eccezionale richiamo sull'osservatore, conferendo all'effetto espressivo un ruolo predominante.

Dominio bizantino (1018-1185)

La caduta del primo regno di B. e la sua annessione all'impero bizantino provocarono un'interruzione nel rapido sviluppo culturale del paese. Sebbene il trattato di pace assicurasse il mantenimento dei diritti acquisiti - il perdurare della dinastia degli zar bulgari e dei signori feudali, nonché l'indipendenza della Chiesa nazionale, sia pure ridotta a semplice diocesi -, questi stessi diritti vennero sospesi solo pochi decenni più tardi, scatenando insurrezioni che devastarono l'intero paese. Ad aggravare il quadro contribuirono in maniera decisiva anche numerose invasioni: già intorno alla metà del sec. 11° i Normanni attaccarono le regioni sudoccidentali dei Balcani, mentre quelle nordoccidentali e nordorientali venivano saccheggiate dai Magiari e dai Cumari. A ciò si aggiunsero le prime crociate, che attraversarono l'intera regione balcanica portando saccheggi e incendi. Gravi epidemie, infine, decimarono la popolazione bulgara già duramente provata da guerre disastrose, rovine ed esodi in massa.In seguito all'annuncio della autonomia della Chiesa bulgara - che si proponeva come continuatrice della diocesi dell'ex esarcato dell'Illirico orientale, indipendente da Costantinopoli - e alla nomina unilaterale del suo patriarca da parte dello zar bulgaro Simeone nel 919, la Chiesa di B. fu dichiarata scismatica. Il patriarcato di Costantinopoli inoltre non riconobbe il trattato di pace del 1018 e lo scisma fu revocato solo dopo la morte dell'ultimo patriarca bulgaro Giovanni, la cui carica dal 1018 tornò a essere quella di semplice arcivescovo. La Chiesa bulgara venne così annessa al patriarcato di Costantinopoli e tutta l'attività svolta da quello bulgaro, autonomo tra il 919 e il 1018, venne dichiarata nulla in senso retroattivo. Ciò non riguardò solo le canonizzazioni e le consacrazioni, comprese quelle delle chiese, ma coinvolse anche l'intera arte religiosa della B., destinata quindi a scomparire, allo stesso modo dei libri liturgici scritti in lingua bulgara. Centinaia di chiese vennero completamente o almeno parzialmente demolite e in quelle superstiti fu cancellata o ridipinta ogni decorazione pittorica. Solo un ristrettissimo numero di immagini si è conservato al di sotto delle ridipinture del sec. 11°, mentre alcuni esemplari di codici miniati si sono salvati perché custoditi in monasteri fuori dal territorio bulgaro o perché trasportati in Russia, per poi essere copiati, al tempo della cristianizzazione del principato di Kiev. Soltanto in pochi monasteri non si interruppe la tradizione della miniatura bulgara, le cui testimonianze, peraltro assai scarse, appartengono solo ai secc. 12° e 13° (Salterio Radomir e Menaion Dragan nel monastero di Zografo sul monte Athos; Evangeliario di Dobrejso a Sofia, Narodna Bibl. Kiril i Metodi, 17). La tradizione orafa perdurò esclusivamente nelle botteghe di Ochrida: nelle numerose coperte di icone e di evangeliari conservate, appartenenti ai secc. 11°-14°, sono sempre meno numerosi i motivi e i temi ornamentali del repertorio bulgaro, mentre appaiono in ascesa quelli di marca bizantina (Ochrid, galleria delle icone nella Theotókos Períbleptos; Sofia, Nat. arheologitcheski muz.; Belgrado, Narodni Muz.). Insieme con i gioielli della corona e i tesori appartenuti alle chiese e ai sovrani bulgari, anche le sculture decorative di molti edifici religiosi vennero trasportate come bottino di guerra a Bisanzio. Per contro, nel caso di alcune nuove fondazioni (tra cui la chiesa-ossario di Bačkovo), si importarono opere uscite dalle botteghe del Proconneso.

Secondo regno di Bulgaria (1185-1396)

Dopo la repressione di diverse insurrezioni, la sollevazione del 1185 portò alla separazione delle regioni nordorientali della B. dall'impero bizantino. E già pochi anni dopo, il secondo regno di B. controllava gran parte dei territori in precedenza occupati dai Bulgari.I rapporti politici e la ripartizione delle forze in gioco nella penisola balcanica mutarono radicalmente dopo la quarta crociata (1204), quando Costantinopoli e l'impero bizantino vennero occupati dai Latini. Bisanzio cessò così di essere la maggior potenza sulla scena politica dell'Europa sudorientale e, anche dopo la restaurazione dell'impero (1261), questo ruolo passò prima al regno di B. e successivamente a quello di Serbia. In tutta l'Europa sudorientale si assiste a un fenomeno di frazionamento feudale, senza un saldo potere centrale in grado di tenere unite le forze divergenti e di contrastare le minacce provenienti dall'esterno. Fu così possibile ai Tartari devastare nella seconda metà del sec. 13° la penisola balcanica senza incontrare alcun tipo di resistenza, tranne quella dei contadini dell'intero paese. Solo poco tempo dopo, nel corso del sec. 14°, i Turchi ottomani portarono lentamente sotto il proprio controllo l'intera penisola, progressivamente logorata dalle guerre tra feudatari rivali fino alla caduta definitiva, nel 1396, del regno di B., diviso in tre diversi domini.Nel secondo regno bulgaro la vita religiosa e quella politica rimasero disomogenee e piene di contraddizioni. I sovrani bulgari indirizzarono i loro sforzi al consolidamento dell'autonomia della Chiesa nazionale, destreggiandosi tra Roma e Costantinopoli e stringendo un'alleanza con il papato di Roma; quest'ultima durò tuttavia pochi decenni, fino al 1235, quando venne riconosciuta l'autonomia del patriarcato di Tărnovo. Ciononostante, la Chiesa nazionale bulgara riuscì ad avere ragione dei contrasti religiosi solo per breve tempo. Il movimento di riforma dei bogomili raccolse un consenso sempre maggiore, a tal punto che la Chiesa ufficiale ortodossa avvertì nella loro influenza sulla popolazione una grave minaccia per la sua stessa esistenza. Sostenuta dallo Stato, la Chiesa diede avvio alla persecuzione dei bogomili, riuscendo a espellerli dal paese. Da quel momento in poi, tuttavia, sorsero numerose altre comunità e sette religiose che portarono a un ulteriore frazionamento dell'unità nazionale. Contemporaneamente anche l'esicasmo - la più significativa dottrina mistica del cristianesimo ortodosso medievale - guadagnò sempre maggior peso, radicandosi fortemente in ambito monastico. Anche gli esicasti, come i bogomili, ebbero il loro centro spirituale da prima entro i confini politici della B., negli eremi sui monti Strandža, e quindi, intorno alla metà del sec. 14°, nel monastero di Kilifarevo, presso Tărnovo, che divenne anche uno dei più importanti centri religiosi della Bulgaria. Nonostante il notevole ruolo ricoperto in campo spirituale e culturale, sia il bogomilismo - che si professava contro le immagini - sia l'esicasmo non ebbero grande influenza sulla produzione artistica. Determinanti da questo punto di vista furono invece il movimento umanistico, che si sviluppò anch'esso nel corso del sec. 13°, e la reazione del clero che gli si oppose. Tale movimento, che emerse soprattutto nel secondo terzo del Duecento, coinvolse non solo gli ambienti culturali legati alla corte degli zar e all'aristocrazia feudale, ma anche quelli espressi dalla nuova classe borghese, che si ricollegarono alla tradizione del periodo di maggiore fioritura della cultura slavo-bulgara o a quella classicheggiante di provenienza bizantina.Nonostante tutti i contrasti e gli ostacoli politici e religiosi, la capitale degli zar, Tărnovo, divenne il centro economico e culturale del secondo regno bulgaro. Nella prima metà del sec. 13°, durante la dominazione latina di Costantinopoli, essa ricoprì un ruolo guida in tutta l'Europa sudorientale, in qualità di massimo centro del cristianesimo ortodosso. Nei numerosi e ricchi monasteri di recente fondazione - posti all'interno della città o nelle sue immediate vicinanze - si concentrava una fervida attività creativa. All'interno dei loro scriptoria furono realizzati manoscritti riccamente miniati. A Tărnovo lavoravano numerose botteghe la cui produzione non era destinata esclusivamente alla corte.Lo spostamento del centro di gravità culturale verso le regioni nordorientali si rifletté negativamente sull'arte dell'area sudoccidentale della Bulgaria. Sebbene la Macedonia facesse nuovamente parte del regno di B. già alla fine del sec. 12° (seguita nel 1230 da Albania, Tessaglia, Epiro e monte Athos), in tutta questa zona gli influssi artistici della capitale si avvertirono in misura limitata e le regioni sudoccidentali rimasero una lontana provincia ai margini del regno. Proprio in quest'area emersero in maniera sempre più sensibile le aspirazioni separatiste e nacquero despotati più o meno indipendenti dal potere centrale bulgaro. Mentre la Macedonia meridionale, posta sotto il governo dell'imperatore bizantino Andronico II (1282-1328), si trovava sempre più aperta alla cultura costantinopolitana, recependo gli influssi del classicismo paleologo, le estreme regioni occidentali rimasero tenacemente ancorate alla tradizione. La corrente arcaizzante che si affermò in quest'area nei secc. 13° e 14°, tesa a conservare le tradizioni artistiche locali risalenti al periodo preiconoclasta, si caratterizza dunque come reazione alle tendenze classiciste dell'arte di Costantinopoli e al tempo stesso come un tentativo di resistenza alla bizantinizzazione della cultura nazionale. In tal modo in questa regione si creò un'enclave 'paleocristiana' destinata a far sentire il suo influsso anche in seguito.L'architettura testimonia in modo evidente il crescente frazionamento feudale che nei primi anni del sec. 13° lascia la sua impronta nell'organizzazione delle città, delle fortificazioni e dei castelli della Bulgaria. In luogo dell'impianto urbanistico di ascendenza antica proprio del primo regno bulgaro - caratterizzato dalla presenza di una rete stradale totalmente pianificata, di un unico centro cittadino, di un articolato sistema di canalizzazioni e di strutture fortificate simili a quelle degli accampamenti militari - si sviluppò una tipologia propria della città medievale, disposta con andamento circolare intorno alla cittadella senza un piano preciso, divisa in quartieri e dominata dalla presenza di molte chiese e monasteri. Il numero elevato dei luoghi di culto, spesso non più grandi di una cappella, è peraltro un elemento tipico del panorama dell'Europa orientale in epoca medievale. Le tipologie più diffuse sono quelle delle chiese a navata unica coperta da volta o a pianta cruciforme, con cupola su pennacchi insistenti su quattro archi sorretti da pilastri, sostituiti in alcuni esempi da colonne. Nella tradizione costruttiva bulgara, contrariamente a quanto accade nel mondo bizantino, le chiese mostrano una spiccata tendenza alla caratterizzazione degli esterni. Il repertorio decorativo della muratura a vista si arricchisce con l'impiego di incrostazioni in ceramica invetriata e di decorazioni scolpite sulle facciate, raggiungendo il risultato più alto nei secc. 13° e 14° nelle chiese di Tărnovo e Nessebar. La struttura simmetrica delle facciate è contrassegnata dalla scansione ritmica ottenuta con l'impiego di nicchie, lesene e motivi ad archetti, allo scopo di raggiungere un'armonia complessiva opposta al programmatico verticalismo degli edifici bizantini. Per quanto riguarda le chiese all'interno dei complessi monastici, a partire dal sec. 13° prevale la tipologia a triconco con nartece ampliato in bracci trasversali terminanti in conche semicircolari per i cantori, tipologia che riprende i modelli atoniti.Anche negli interni gli artisti bulgari continuarono a utilizzare il repertorio formale di impronta classicistico-antichizzante, già diffuso nel sec. 10°, riallacciando il legame con la spiritualità antica, interrottosi con il crollo dello stato nazionale e la dominazione bizantina. La decorazione monumentale appare improntata al recupero degli ideali formali ed estetici classici, come testimoniano le pitture murali della chiesa rupestre di S. Giovanni Battista a Ivanovo, databili intorno al 1230-1235 e soprattutto quella che può ritenersi il massimo traguardo di questo recupero, la decorazione parietale della chiesa di Bojana (1259). Qui l'anonimo pittore - pur ispirandosi nelle scelte iconografiche alla tradizione preiconoclasta della B. occidentale, caratterizzata da schemi rigidi e fissi - riuscì tuttavia a elaborare un ricco e articolato repertorio espressivo. Nella sua pittura si coglie una rinnovata attenzione al modello naturale, tendenza di radice spiccatamente umanistica ricollegabile al movimento riformista interno alla Chiesa ortodossa di B., che visse il suo momento di maggior importanza nella seconda metà del sec. 13°, per essere poi definitivamente represso dalla reazione del clero.Lo sviluppo artistico si arrestò completamente in forza delle condizioni sfavorevoli che si verificarono tra la seconda metà del sec. 13° e il principio del successivo all'interno e all'esterno del paese, per riprendere solo negli anni venti del 14° secolo. In questa fase, gli esponenti della corrente arcaizzante della B. sudoccidentale rimasero indifferenti sia all'umanesimo classicista della scuola di Tărnovo sia a quello dell'arte paleologa. Le loro opere esprimono la quintessenza dell'immobilismo e del conservatorismo dell'arte cristiano-ortodossa medievale, come attesta la seconda fase delle pitture della chiesa di S. Giovanni a Zemen.La pittura monumentale, le icone e la miniatura del sec. 14° riflettono il contrastato orizzonte culturale di questo particolare momento storico e la qualità delle opere d'arte è spesso assai discontinua. Accanto a testimonianze di carattere arcaizzante, che sconfinano nella produzione artigianale (Boboševo, Karlukovo, Kalotino), si incontrano opere di grande raffinatezza, uscite dalle botteghe di corte e già esprimenti indirizzi di tipo manieristico (terzo strato degli affreschi nella rotonda di S. Giorgio a Sofia; torre Chreljo nel monastero di Rila, databile intorno al 1335). Tali caratteri si ritrovano anche nelle miniature della scuola di Tărnovo, che ebbe la sua ultima fioritura intorno alla metà del 14° secolo. Negli scriptoria di corte della capitale vennero realizzati numerosi manoscritti di particolare valore, tre dei quali conservati: la Cronaca del mondo di Costantino Manasse, del 1344-1345 (Roma, BAV, Sl. II); l'Evangeliario dello zar Giovanni Alessandro, del 1356 (Londra, BL, Add. Ms 39627); il Salterio di Tomič, datato intorno al 1360 (Mosca, Gosudarstvennyj Istoritscheskij Muz., M. 2752). Le esigenze dei committenti legati alla corte o all'aristocrazia contribuiscono a trasformare il libro liturgico in un oggetto artistico di pregio, il cui valore rappresentativo è ben sottolineato dalla presenza di numerose immagini degli stessi committenti. Mentre nella B. occidentale l'indirizzo arcaizzante orientò sempre di più la miniatura - con i suoi tipici ornamenti a intreccio e tetramorfi - verso la tradizione locale, la scuola di Tărnovo si servì di modelli tardoantichi e classico-bizantini. Gli influssi bizantini si diffusero in tutti i campi dell'arte e dell'artigianato, integrandosi con le peculiarità della tradizione locale e dando vita a espressioni artistiche di dubbia originalità, che si risolvono spesso in formule convenzionali (icona dell'Odighítria, datata 1342; Sofia, Nat. arheologitcheski muz.).

Dominazione turca

L'occupazione della B. da parte dei Turchi ottomani, completata tra il 1391 e il 1405, comportò cambiamenti radicali dal punto di vista etnico-demografico, politico, culturale e spirituale.Nel corso dei secc. 15° e 16° sorsero alcune centinaia di edifici di culto islamici e numerosi altri di carattere civile legati alla presenza dei nuovi dominatori. Tutte le grandi chiese cristiane conservatesi vennero trasformate in moschee e solo in una seconda fase (a partire dalla fine del sec. 15°) si provvide al restauro delle chiese di alcuni monasteri (Dragalevci, Kremikovci, Ilienci).L'unica grande chiesa monastica fondata ex novo e portata avanti fino al sec. 17° sul territorio bulgaro è il nuovo katholikón di Bačkovo, costruito in parte sopra le fondamenta di un preesistente edificio. I suoi affreschi furono realizzati da una delle botteghe itineranti, attive su tutto il territorio della penisola balcanica, che si inserivano nel solco dell'antica tradizione iconografica, senza elaborare di fatto alcuna innovazione stilistica e tecnica.

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Monetazione

La moneta intesa quale comune mezzo di scambio fece la sua comparsa in B. solo nel periodo della dominazione bizantina (secc. 11°-12°); nel primo regno bulgaro, che fu caratterizzato da un'economia primitiva basata sul baratto, non esisteva infatti un regime monetario propriamente detto. La circolazione monetaria, collegata al sistema economico e commerciale bizantino, si sviluppò rapidamente a partire dalla metà del sec. 11°, per conservarsi anche dopo la fondazione del secondo regno bulgaro, avvenuta nel 1185.Il primo zar bulgaro che coniò monete con il suo nome fu Teodor (Peter) Belgun, uno dei protagonisti della lotta contro l'occupazione bizantina. Si tratta di monete con nucleo di rame e superfici argentate, i cui tondelli ricordano gli scifati bizantini in biglione, che si rifanno anche iconograficamente alle contemporanee emissioni costantinopolitane: sul dritto compare l'immagine di Cristo; sul rovescio quella dello zar in posizione stante - sontuosamente abbigliato e con in mano lo scettro che reca alla sommità la croce patriarcale - accompagnato dalle abbreviazioni dei nomi Teodor e Belgun. Dato che lo zar bulgaro è ritratto con le insegne imperiali, è probabile che queste monete siano state coniate tra il 1190 e il 1191, all'indomani della grande vittoria bulgara sulle truppe dell'imperatore bizantino Isacco II Angelo a Stara Planina (1190).Il secondo sovrano bulgaro attestato in emissioni monetali è Ivan Asen II (1218-1241), di cui sono note coniazioni in oro e in rame che si distinguono per il loro stile raffinato ed elegante, confrontabile con quello delle monete bizantine prodotte a Tessalonica all'epoca di Teodoro Comneno (1222-1230). È assai probabile che le monete di Ivan Asen II fossero coniate direttamente a Tessalonica, nonostante presentino iscrizioni in lingua bulgara. Sul dritto compare la figura stante di Cristo, cui si riferisce l'iscrizione con l'epiteto 'zar della gloria'; sul rovescio è lo zar raffigurato insieme a S. Demetrio, forse il protettore della dinastia degli Asen. Queste monete, che vennero emesse per commemorare la grande vittoria dei Bulgari sulle truppe di Teodoro Comneno nella battaglia di Klokotniza (1230), si ritrovano soprattutto in Macedonia ed è quindi probabile che fossero state prodotte per soddisfare le necessità monetarie di questa regione.Del regno dello zar Costantino Asen (1257-1277) si conoscono solo monete di rame, coniate a Tărnovo in sette diversi tipi, che si differenziano per le immagini incise: zar in trono, grande croce greca, troni. A partire da quest'epoca nella monetazione bulgara venne introdotto il tipo recante la figura dello zar a cavallo, che divenne comune nel 14° secolo. Si tratta di pezzi che si distinguono per la loro lavorazione accurata, anche se da un punto di vista figurativo risultano improntati da un certo schematismo.Sotto lo zar Giorgio I Terter (1280-1291) vennero prodotte le prime monete d'argento, che imitano i matapani veneziani, le monete più conosciute fra quelle circolanti in quel periodo in area bulgara. Sull'unico tipo monetale fatto coniare Giorgio I Terter è raffigurato insieme al figlio Teodoro Svetoslav. Nel periodo in cui Teodoro Svetoslav regnò autonomamente (1301-1321), vennero emessi tipi monetali in argento e in rame. Sulle monete d'argento - che da quest'epoca divennero di corso comune - egli è raffigurato isolato, in posizione stante e frontale, con indosso gli abiti da cerimonia; sui tipi di rame compare invece a cavallo.Allo zar Michele III Šišman (1324-1330) vanno ricondotti cinque tipi in argento e quattro in rame. Tra le monete argentee, quattro tipi furono coniati a Vidin, ricco centro di un bacino minerario argentifero; su di esse lo zar compare raffigurato insieme a S. Giorgio o in compagnia della moglie. Il quinto tipo, coniato a Tărnovo, si contraddistingue per la qualità stilistica della raffigurazione (lo zar in vesti di cavaliere) e l'accuratezza della lavorazione.Durante il regno dello zar Ivan Aleksander (1331-1371) furono coniati due tipi di monete in argento e quattordici tipi in rame. Nelle emissioni argentee, prodotte nella zecca di Tărnovo, il sovrano è raffigurato solo o insieme al figlio Michele Asen. Quest'ultima serie fu coniata in numerosissimi esemplari ed ebbe corso per un lungo periodo, come testimonia la sua frequente ricorrenza tra i reperti numismatici della regione bulgara. Le monete di rame - sulle quali lo zar è raffigurato di volta in volta solo o insieme al figlio o alla moglie Teodora - furono emesse anche da altre zecche del paese, quali Cerve e Scumen.Lo zar Ivan Strazimir (1356-1396), che governava la B. nordoccidentale, fece coniare nella zecca della capitale, Vidin, un solo tipo monetale in argento e quattro in rame. Sulle monete argentee, prodotte per un lunghissimo periodo e in grande quantità, il sovrano è rappresentato in posizione stante, solo o insieme alla moglie Anna.Dell'ultimo zar di Tărnovo, Ivan Šišman (1371-1393), sono noti quattro tipi in argento, due in biglione e due in rame, coniati nella zecca di Tărnovo. La presenza di monete di biglione, cui si dovette ricorrere per compensare l'insufficiente produzione di argento, testimonia la crisi economica intervenuta nel regno di Tărnovo alla vigilia dell'occupazione turca della B., avvenuta nell'ultimo decennio del 15° secolo.

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