BRUSSA

Enciclopedia Italiana (1930)

BRUSSA (Brūsah, pronunzia popolare Bursa, alla quale corrisponde la moderna grafia nell'alfabeto turco-latino; A. T., 90)

Pietro ROMANELLI
Ettore ROSSI
Carlo MANETTI Jules JEANNIN

Città della Turchia, capoluogo del vilāyet omonimo; secondo il censimento del 1927 il vilayet conta 399.492 ab. (su una sup. di 13.655 kmq.); la città 61.451 ab. In seguito allo scambio delle popolazioni deciso a Losanna nel 1923, i Greci di Brussa emigrarono; al loro posto subentrarono profughi (muhāgir) turchi della Macedonia.

Brussa è costruita sopra un piccolo altipiano, ai piedi del monte Olimpo (Keşişdaǧ). È dominata dalla cittadella. Gl'israeliti sono riuniti in un quartiere, che porta il nome di Balïk-Pazar.

Brussa ha industrie assai notevoli: specialmente la produzione della seta occupa un posto ragguardevole, avendo una tradizione antichissima. Si dice che la sericoltura fosse iniziata sotto l'impero di Giustiniano e si sviluppasse notevolmente anche nei primi tempi della conquista ottomana. Essa era però venuta decadendo con l'invasione delle malattie dei bachi (pebrina, calcino, flaccidezza) e col diffondersi della morìa dei gelsi. Oggi invece, col miglioramento della produzione, con i metodi moderni di tecnica, l'industria ha ripreso il suo primitivo splendore: nel 1920 esistevano nella regione 132 filande casalinghe con una produzione di 40 milioni di franchi oro di seta greggia. A questo lavoro attendevano specialmente le donne greche, poi le armene e solo in piccola parte le turche. Le filande di Brussa formavano due gruppi situati ai due estremi della città: le filande armene e turche a est del quartiere di Sed-Başi, le filande francesi e greche a ovest del quartiere di Kaya-Başi, presso i monumenti sepolcrali della Muradiè.

Brussa è unita al Mare di Marmara da una ferrovia a scartamento ridotto, che la collega (42 km.) a Mudania, piccola borgata di circa 8000 ab.; Mudania si può considerare il porto di Brussa con un commercio attivo di sete, olio di oliva, bozzoli, ecc. Essa occupa il posto dell'antica Myrlea, della quale si trovano ancora ricordi in frammenti di primitive sculture. I crociati la chiamarono Montagnac, donde i Turchi trassero il nome attuale.

Monumenti. - Conserva avanzi delle mura bizantine, ma è notevole specialmente per i monumenti musulmani. Oltre alle fontane e ai bagni di Yeni-Kaplica, costruiti da Rustem Pascià (metà del sec. XVI), vi sono le tombe dei primi sultani e principi ottomani: di 'Osmān e di Orkhān (restaurate dopo il terremoto del 1855) nella città alta; dinnanzi alla Moschea Verde quella di Maometto I in parte rifatta, decorata nell'interno, a maioliche smaltate, e undici altre, all'ombra dei platani, in un giardino di rose, vicino alla moschea di Murād II, tra le quali quella di Mūsā, figlio di Bāyazīd Yldirim, e quella di Mustafà, figlio di Maometto II, sono rivestite di maioliche meravigliose.

Le moschee di Brussa hanno il tipo dell'architettura religiosa ottomana del periodo anatolico, prima che venissero adottate forme nuove, ispirate a S. Sofia. Ūlū Giāmi, la Grande Moschea, iniziata da Murād I, continuata da Bāyazīd, terminata da Maometto I, conserva come le Grandi Moschee di Sivas, di Cesarea e di Conia, la pianta rettangolare a navate parallele delle moschee di Siria e di Egitto. In cinque navate di quattro campate, ha una cupola su ogni campata, salvo nella seconda della navata centrale, rimasta scoperta e con una vasca e uno zampillo d'acqua nel mezzo. La disgraziata decorazione dipinta dell'interno è moderna. Le altre moschee appartengono al tipo anatolico, di cui si trovano esemplari a Nicea, Adrianopoli, Filippopoli, Costantinopoli, Amasia, ma in nessun luogo altrettanto numerosi. In esso la moschea è divisa in due sale di dimensioni quasi uguali, comunicanti per mezzo di un ampio arco, coperte di cupole; ai due lati del corpo anteriore sono varî annessi, coperti di cupole più piccole: l'intero edificio è preceduto da un portico di cinque arcate (v. Jerphanion, Mélanges d'archéologie anatolienne, Beirut 1928, cap. V). Questo tipo noni si trova ancora interamente formato nella moschea di Murād I (1365) a Çekirce, non lontano dall'estremità nord-ovest della città: la sola prima sala vi è a cupole, e un piano sovrapposto agli ambienti laterali, nascondendo la disposizione interna, trasforma l'insieme della costruzione in una massa cubica. Esso appare chiaro invece nelle altre tre moschee: quella di Bāyazīd Yildirim (1400), la Moschea Verde (1420) e quella di Murād II (1447). Ai lati della sala anteriore, due līwān formano una specie di transetto che rende cruciforme la pianta; ma in realtà, quei due annessi, molto bassi, non fanno parte della sala di preghiera, e servono all'insegnamento religioso. Altri ambienti minori sono raggruppati in modo vario intorno a questi elementi essenziali (v. pianta della Moschea Verde; il portico anteriore è scomparso). La più notevole delle tre moschee è la Verde, monumento celebre di architettura ottomana, con magnifica decorazione di maiolica. I minareti, ricoperti di maiolica verde, caddero nel 1855, ma la decorazione interna è intatta, e di incomparabile sontuosità per le maioliche, dove sui toni color turchese, oro, nero, rosso e bianco predomina il verde, e per le pitture della vòlta, rosse, azzurre e oro. La facciata di marmo bianco, accuratamente tagliato, ha un gran portale che risente dell'influenza selgiūqida, e una serie di finestre e di nicchie con ricche cornici scolpite che servirono di modello alla decorazione delle moschee di Costantinopoli.

Bibl.: H. Saladin, Man. d'art musulman. L'architecture, Parigi 1907; H. Wilde, Brussa: eine Entwicklungstätte türkischer Architektur in Kleinasien unter den ersten Osmanen, in Beiträge zur Bauwissenschaft, XIII, Berlino 1909; H. Glück e E. Diez, Die Kusnt d. Islams, Berlino 1925; G. Migeon, Man. d'art. musulman, 2ª ed., II, Parigi 1927, pp. 218-22.

Storia. - Età classica. - Prusa (Προῦσα, Prusa), città della Bitinia, è di solito indicata dalle fonti con la determinazione ad Olympum per distinguerla da altre città omonime, per quanto nessun'altra di queste avesse in antico la fama di essa. Da un'iscrizione milliaria (Corp. Inscr. Lat., III, 6996) sembra fosse in uso anche la forma Prusais.

La sua fondazione era relativamente recente, risalendo al principio del sec. II a. C., al re Prusia I di Bitinia (Strab., XII, 4) al quale l'ubicazione della città fu molto probabilmente consigliata da Annibale; Plinio anzi (Nat. Hist., V, 43, 148) la dice fondata addirittura da Annibale.

Di essa nel periodo romano sappiamo che fu città libera (Strab., loc. cit.), e che era rinomata per i suoi bagni termali, detti acquae regiae (Athen., II, 43-a). Più volte la nominano Plinio il Giovane nelle sue lettere dalla Bitinia, ricordandone varî edifici (Epist., X, 70; 81), e Dione Crisostomo, che ne era nativo, nelle sue orazioni (passim).

Bibl.: Ernst Meyer, Die Grenzen der hellenistischen Staaten in Kleinasien, Lipsia 1925, pp. 113 segg., 162 seg.

I Selgiūqidi di Conia occuparono Brussa alla fine del sec. Xl e la tennero per poco tempo; durante le Crociate ne tornarono padroni i Bizantini. Nel 1326, Orkhān la conquistò pochi giorni prima della morte del padre, ‛Osmān, che vi fu sepolto, e ne fece la capitale del nascente sultanato ottomano. Quando la capitale fu trasferita ad Adrianopoli (dopo il 1361), Brussa restò sempre la c; ttà più venerata dai Turchi; i sultani vollero esservi trasportati per l'estremo riposo; Mehmed II, il conquistatore di Bisanzio, fu il primo che si fece seppellire nella nuova capitale. La predilezione dei sultani per Brussa contribuì ad arricchirla di opere insigni, che sono tra le più ammirevoli dell'arte ottomana.

La città fiorì specialmente nel sec. XIV; un tale Schiltberger, che vi fu allora prigioniero, racconta che Brussa aveva 200.000 case e 8 ospedali. Il viaggiatore turco EwīliyāCelebi nel 1640-41 vi contava 176 quartieri musulmani, 8 di Armeni, 9 di Greci, 6 di Ebrei, e un ricco mercato con 9000 botteghe. Più sicure notizie ci ha lasciato l'abate Domenico Sestini, che vi andò da Costantinopoli nel 1779. Brussa, egli dice, aveva allora circa 50.000 abitanti, dei quali 2000 Armeni, 2000 Greci, 1500 Ebrei; l'industria della seta vi era ancora fiorente e i dintorni erano ben coltivati, specialmente con piantagioni di gelso.

La sericoltura decaduta all'inizio del sec. XIX fu riattivata dopo che (1845) vi fu introdotta la filatura a vapore.

Verso il 1890 la sua popolazione sommava a 76.303 abitanti, di cui 58.902 musulmani, 5158 greci ortodossi, 7541 armeni ortodossi, 669 armeni cattolici, 234 protestanti, 2548 ebrei, 1251 stranieri. Brussa fu devastata durante l'invasione di Tamerlano verso il 1400 e al tempo della rivolta di Qalenderoghlu nel 1607; gravi danni soffrì nel terremoto del 1855. Fu occupata da; Greci durante l'ultima guerra greco-turca in Anatolia l'8 luglio 1920 e riconquistata dai Turchi l'11 settembre 1922.

Bibl.: D. Sestini, Lettere odeporiche o sia viaggio per la penisola di Cizico, per Brussa e Nicea, Livorno 1785; A. D. Mordtmann, Anatolien (circa 1850), edito a cura di Fr. Babinger, Hannover 1925; Ch. Texier, Asie Mineure, Parigi 1862, pp. 119-130; Heyd, Storia del Commercio del Levante nel Medioevo, traduz. ital., Torino 1913, passim; Cuinet, Turquie d'Asie, IV, pp. 120-130; Sālnāmeh (Annuario ufficiale turco) del 1926-1927, p. 720; R. Hartmann, Im neuen Anatolien, Lipsia 1928, p. 18 segg. La storia turca di Brussa, opera di Isma‛il Belīgh, stampata a Brussa nel 1302 dell'ègira (1886), contiene specialmente biografie; la guida in turco (Mir'āt i Brūsah, di Ḥasan Tā'ib Efendi), Brussa 1323 (1907-1908), è notevole per la storia dei monumenti.

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