BRIOSCO, Andrea, detto Andrea Riccio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BRIOSCO, Andrea, detto Andrea Riccio (Rizzo, Crispus)

Deborah Pincus

Generalmente noto come Andrea Riccio, verosimilmente per la sua folta e riccia capigliatura quale la vediamo in medaglie e in varie rappresentazioni che si presumono autografe, si ritiene nato a Trento il 1º apr. 1470 (data che si desume dall'epigrafe; ma v. Pope-Hennessy, 1970) da Ambrogio Briosco, orefice milanese (nei documenti si trovano riferimenti a "M.º Andrea Rizo fio de m.º Ambroso orevese de Milan", Gonzati, I, pp. XCIII ss.).

Il padre risulta aver viaggiato e lavorato in varie parti dell'Italia settentrionale, ma si stabili a Padova nell'ultimo decennio del secolo; nel 1507si dichiara proprietario di bottega, per l'appunto, in quella città (Rigoni, 1938, p. 87).

Padova fu il centro dell'attività artistica del B., svoltasi principalmente nel campo della scultura in bronzo, anche se sconfinante talora nell'architettura e forse nella scultura in terracotta e pietra. Nel 1480 il B. risiedeva a Firenze (Pollard, 1967; vedi anche Pope-Hennessy, 1970); sicure testimonianze del tempo lo situano comunque a Padova nell'ultimo decennio del sec. XV, intento a completare alcune sculture bronzee per la tomba di Pietro Roccabonella, professore di giurisprudenza (morto.nel 1491), nella chiesa di S. Francesco (cfr. Michiel, p. 13, che specifica: "le tre figurette, che son sopra li tre modioni, li quali furono fatti da Andrea Rizzo Padoano"). All'inizio del sec. XVI il B. si era già solidamente affermato come uno dei più importanti artisti attivi a Padova: dal 1500 riceveva importanti commissioni dai sovraintendenti alla Fabbrica della basilica di S. Antonio. In epoca più tarda eseguì due tombe, ciascuna delle quali segna una significativa evoluzione nella concezione del monumento sepolcrale. Gli si attribuisce inoltre la produzione di una grandissima varietà di piccole opere in bronzo - a uso di soprammobili - per lo più vagamente ispirate a temi classici. Nessuna delle sue opere documentate rivela con altrettanta evidenza l'inventiva e il potere di immaginazione dell'artista quanto i migliori tra questi bronzetti, con la sola eccezione di certe porzioni del candelabro del Santo, ed è quindi probabile che in questo genere il suo talento si manifestasse più compiutamente.

La carriera del B. fornisce, tra l'altro, un'importante testimonianza delle relazioni, intercorrenti tra artisti e umanisti nella Padova del primo Cinquecento. Marcantonio Michiel, fonte importante per l'attività del B., fa frequenti riferimenti alla sua opinione e sembra aver fatto grande affidamento sul suo giudizio artistico. Pomponio Gaurico, che scrisse il De Sculptura durante un soggiorno a Padova tra il 1501-02 e il 1505, aveva evidentemente stretti legami con l'artista, che nel suo trattato qualifica "familiaris meus". Il filosofo ed erudito padovano Giovanni Battista de Leone sostenne assiduamente il B. e, a quanto risulta dai documenti, contribuì efficacemente alla sua affermazione come uno dei principali artisti che operarono nella basilica dedicata al Santo.

Da varie testimonianze contemporanee si deduce che il B. iniziò la sua attività di scultore - ma non necessariamente l'apprendistato - a Padova nella bottega di Bartolomeo Bellano. Il Gaurico (p. 261) riferisce che egli era detto "discipulus" del Bellano, ma lo stesso Gaurico dà scarso rilievo a questo rapporto. Il Michiel (p. 13) afferma specificatamente che il completamento della tomba Roccabonella fu affidato al B. alla morte del Bellano; è probabile che anche la tomba dei due giuristi Angelo e Paolo De Castro, in S. Maria dei Servi a Padova (compiuta, secondo l'iscrizione, nel 1492), sia il risultato della collaborazione tra il Bellano e il Briosco. Rimane tuttavia insoluto il problema delle origini e dello stile iniziale del B.: un'opinione, sostenuta con vigore dal Planiscig (la cui monografia del 1927 rimane il punto di riferimento per tutti i successivi scritti sull'artista), vede in lui un allievo del Bellano, il cui stile, inizialmente naturalistico, evolve poi gradualmente verso la maniera gravemente classica che distingue tutte le opere documentate. Una nuova interpretazione, che ha avuto echi favorevoli, vedrebbe il primo B. in rapporto con gli aspetti fiorentini dello stile del Bellano piuttosto che con la tendenza più robusta che è la caratteristica determinante di quest'ultimo: in tal modo manifesterebbe nelle sue prime opere un gusto classico che lo distingue dal Bellano (Pignatti).

Gli studiosi hanno ricostruito due gruppi distinti di "opere giovanili", per le quali non esiste alcuna documentazione; esse gli sono attribuite solo sulla base della presunta natura del suo rapporto con il Bellano. Il gruppo del cosiddetto "naturalismo padovano" include pezzi come le superstiti statue in terracotta del disperso Seppellimento in S. Canziano a Padova, la Pietà dell'abbazia di Carrara presso Padova e il busto-ritratto in terracotta dipinta del vescovo Bernardo de' Rossi nel duomo di Treviso. Il gruppo del "classicismo fiorentino" comprende opere, come la Vergine seduta con Bambino (terracotta), in S. Giustina a Padova, e la Vergine con Bambino (marmo) in S. Gaetano a Padova, recentemente scoperta. La questione del primo stile del B. è ulteriormente complicata dall'interferenza con l'attività, tuttora insufficientemente definita, di altri importanti artisti dell'Italia settentrionale: Antonio Rizzo, Antonio Lombardo e, in misura minore, Tullio Lombardo (da notare incidentalmente che il Gaurico narra che il B. da orafo divenne scultore a causa della gotta: "podagrarum beneficio ex aurifice Sculptor" [p. 261]; notizia singolare che non è confermata da nessuna altra fonte).

La prima opera indipendente importante e documentata è di carattere architettonico: il progetto per la cappella dell'arca del Santo eretta nella basilica di S. Antonio sotto la direzione di G. Minelli, nel corso degli anni 1500-21. Il B. fu pagato per il "modello" della cappella il 22 giugno 1500; la sua paternità per il progetto in questione è confermata dal Michiel (p. 9). Il 1º luglio 1506 gli furono ordinati due grandi pannelli in bronzo (cm 85 × 65) per la transenna del presbiterio del Santo - uno con la Storia di Giuditta (siritiene che contenga un autoritratto dell'artista), l'altro con David che porta l'arca dell'Alleanza - che erano finiti il 22 marzo 1507.

I pannelli continuano la serie degli Episodi del Vecchio Testamento, commissionati al Bellano nel 1484: in origine essa era collocata all'esterno del coro (i pannelli del B. si trovavano ai due lati dell'ingresso), ma poi, nel corso della ristrutturazione secentesca, fu incorporata sulle pareti interne del presbiterio. L'abilità nell'adattare motivi classici all'iconografia cristiana coAtraddistingue dagli altri i due bassorilievi del B., e caratterizzerà sempre più la sua produzione successiva.

Fu molto probabilmente con le Storie bibliche del Santo che il B. si affermò come specialista di placche hi bronzo di soggetto narrativo. Gli si attribuiscono, per motivi stilistici, quattro rilievi in bronzo (ciascuno di cm 38,5 × 50,5), con episodi della Leggenda della vera Croce per l'altare della S. Croce in S. Maria dei Servi a Venezia (ora alla Ca' d'Oro).

Le scene rappresentano: il Ritrovamento della Croce, la Prova della vera Croce, la Visione di Costantino e la Vittoria di Costantino. L'esecuzione dell'altare era connessa con il dono di un frammento della Vera Croce fatto da Girolamo Donato ai Servi nel 1492, ed è probabile che i rilievi siano stati eseguiti, con la supervisione di Donato, negli anni 1501-09, quando Donato è documentabile a Venezia (Planiscig, 1927, pp. 212 s.). Questa datazione concorderebbe con lo stile, benché siano state proposte altre date (Pope-Hennessy, 1963).

Fu probabilmente in questi primi anni del sec. XVI, forse mentre lavorava ai rilievi per S. Maria dei Servi, che il B. diede avvio alla sua produzione di placchette in bronzo di piccolo formato, di soggetto sia religioso sia mitologico, oggi sparse in musei e collezioni private di tutto il mondo. Ne è un buon esempio per stile e soggetto, vicino ai rilievi dei Servi, la scena del Seppellimento (cm 50 × 70; National Gallery di Washington, collez. Kress, già collez. Dreyfus): l'iscrizione AERDNA (il nome dell'artista all'inverso) compare su un vaso portato da uno degli astanti. Proviene dai Servi, e probabilmente faceva parte della commissione originaria di Donato, lo sportello di tabernacolo in bronzo ora in Ca' d'Oro, databile attorno al i 509-11 e raffigurante l'Apoteosi della Croce, sullo sfondo di un bell'arco trionfale classico.

Se lo sportello del tabernacolo è opera del B. (sono state anche proposte attribuzioni alla cerchia di Donatello e alla scuola di Antonio Lombardo), esso rappresenta un passo avanti verso quell'uso gradevole e sicuro del vocabolario classico che caratterizza la sua successiva opera di grande impegno, il candelabro del Santo. A di dubbia autenticità il rilievo con S. Martino e il povero, alla Ca' d'Oro.Il monumentale candelabro pasquale del Santo - alto m 3,92 senza il piedistallo mannoreo - è l'opusmagnum del Briosco.

L'intero progetto fu diretto da Giovanni Battista de Leone, che già aveva sostenuto il B. per la commissione dei due rilievi del presbiterio; il contratto, che stabiliva un compenso di 600 ducati oro, fu firmato il 21 giugno 1507. Come riferiscono i documenti, il candelabro fu "portato et posto nel suo loco la vigilia de la Epiphania del 1516"; il piedistallo marmoreo, alto m 1,44, eseguito da Francesco di Cola su disegno del B., reca la data 1515. Il candelabro è di forma pressoché piramidale ed è costituito da piccole sezioni che si elevano su una base a tre piani: il primo piano (dal basso) contiene stretti rilievi rettangolari con l'Astrologia, la Musica, la Cosmografia e la Storia; suciascuno degli angoli è collocata una sfinge. La sezione centrale della base è decorata da episodi della vita di Cristo: l'Adorazione dei Magi, il Seppellimento,Cristo nel limbo, il Sacrificio dell'agnello pasquale. Agli angoli, al di sopra degli episodi della vita di Cristo, sporgono satiri incatenati. Lo scomparto superiore della base presenta una figura allegorica per ognuna delle quattro facce: la Prudenza, la Temperanza, la Fortezza e la Giustizia. Centauri e putti siedono tra l'una e l'altra delle zone superiori; teste di montone, ghirlande e altri motivi ornamentali classici fungono da elementi di incorniciatura.

Nello stesso periodo in cui preparava il candelabro del Santo, il B. lavorava anche alla Tomba di Girolamo e Marcantonio Della Torre (due umanisti, padre e figlio, morti rispettivamente nel 1506 e nel 1511) nella sagrestia di S. Fermo Maggiore a Verona.

La tomba è una grande struttura indipendente, composta di due parti: un tavolo poggiante su quattro colonne marmoree elaboratamente scolpite sul quale è collocato un sarcofago rettangolare sorretto agli angoli da sfingi in bronzo. Sui fianchi del sarcofago sono inseriti otto rilievi di bronzo (ognuno di circa cm 37 × 49) che narrano ogni fase del passaggio di Girolamo Della Torre dalla vita terrena all'aldilà (i rilievi originali, trasferiti a Parigi, al Louvre, sono sostituiti da copie). Sulla sommità del sarcofago sono collocate, non visibili dal basso, le maschere funerarie in bronzo dei due defunti. Secondo la fedele riproduzione della tomba che appare nella scena del Commiato (che il Saxl, 1938-39, interpreta come Purificazione), sopra il sarcofago dovrebbero esserci anche sei putti. La paternità del B., attestata da una fonte contemporanea, trova confermanello, stile dei rilievi; l'opera è stata spesso riferita a epoca posteriore al completamento del candelabro del Santo (circa 1516-21), ma è verosimile che il B. abbia lavorato contemporaneamente ai due progetti. Il fatto che gli episodi biografici si riferiscano soltanto a Gerolamo Della Torre lascia supporre che il progetto, il disegno generale e, probabilmente, persino la modellatura dei rilievi furono portati a termine prima della morte di Marcantonio, avvenuta nel 1511. D'altronde è noto che nello stesso periodo il B. fu anche attivo in campo architettonico: preparava un modello (commissionato nel 1516) per la ricostruzione della chiesa di S. Giustina a Padova (Andrea Moroni e Andrea da Valle, che diressero in seguito i lavori, tennero probabilmente conto del progetto del Briosco).

Nella Tomba dell'abate Antonio Trombetta (morto nel 1518)nella basilica del Santo, l'ultima sua commissione documentata (pagamenti registrati negli anni 1521-24;Gonzati, II, pp. VII s.), il B. rielabora il tipo ormai da tempo standardizzato di tomba d'erudito.

Una cornice marmorea sulla parete, scolpita certamente su disegno del B. (Michiel: "El monumento del Trombetta... è invenzione e architettura de Andrea Rizzo", p. 4), racchiude un busto in bronzo del defunto (che i documenti attestano specificatamente essere di mano del B.): il Trombetta non è presentato nella tradizionale posa del maestro in atto di insegnare, ma in un momento di riflessione con un libro in mano. Il viso, fortemente scavato, sembra ricalcare una maschera mortuaria, e tuttavia il ritratto è assai vivo ed è per ciò stesso una commovente evocazione della personalità dell'umanista.

La popolarità di cui il B. godette nella Padova cinquecentesca s'inserisce nel clima di venerazione, diffuso nell'Italia settentrionale, per tutto ciò che arieggiava l'antico nell'accento e nello stile. Il B. si distingue, però, dalla generale corrente classicistica per la libertà e la scioltezza con cui maneggia il vocabolario classico; abbandona l'atteggiamento rigido, archeologico - riscontrabile, per es., negli Episodi della vita di s. Antonio (cappella del Santo) della bottega del Lombardo e di altri - e accosta motivi antichi in combinazioni originali e fantastiche. Le sue origini culturali sono forse da ricercarsi nell'ambiente che produsse il romanzo pseudoantico Hypnerotomachia Poliphili (pubblicato a Venezia, 1499);il Planiscig ha collegato il disegno d'insieme del candelabro del Santo con gli obelischi raffigurati nella Hypnerotomachia (altre corrispondenze in questo senso sono state rilevate da Enking). L'originalità del B. risulta particolarmente evidente nei piccoli bronzi, ove la riconquista di un sapore antico - più precisamente, il robusto classicismo del periodo ellenistico - si traduce in libere e geniali variazioni su temi antichi. La statuetta di bronzo, rimessa in auge a Firenze nel tardo Quattrocento, e già in certa misura popolare, nelle botteghe di Antonio Pollaiolo e del Bellano, deve a lui la sua affermazione come forma d'arte.

La produzione della bottega del B. fu vasta e ispirò molti imitatori. I getti venivano fatti dal B. stesso, mentre i lavori di bottega e di rifinitura venivano eseguiti da aiuti. Fra tutte, hanno quindi maggior titolo a essere considerate autografe del B. quelle opere di cui si conoscono solo esemplari unici. Tra i pezzi unici importanti sono: il Cavaliere urlante e il gruppo con Satiro e satiressa del Victoria and Albert Museum di Londra; l'Orfeo seduto (interpretato anche come Arione) e il Giovane seduto con la siringa in atteggiamento pensoso, al Louvre; il Giovane che munge una capra del Museo Nazionale di Firenze; il Satiro seduto che beve (Vienna, Kunsthist. Mus.);il Satiro con calamaio e candeliere (collezione Frick, New York). Tali pezzi si distinguono non solo per la qualità della concezione, ma anche per l'estrema cura con cui sono rifinite le superfici; attorno a questo nucleo sono raggruppabili molte variazioni su temi simili, rustico-antichi.

Tra le piccole sculture collegate al B. con minore certezza, dobbiamo considerare due gruppi: uno comprende figure femminili ritratte in un momento di azione rapida e violenta, come la cosiddetta Europa e il toro (Budapest, Museo delle Arti figurative); la Donna in piedi, talora considerata Susanna (collez. Frick, NewYork); la Invidia implorante, in cui si è anche ravvisata una personificazione della Fame (già collez. Wittman, Budapest). L'altro gruppo è stato etichettato come "Armeleutekunst" (J. Schlosser, in Präludien, Berlin 1927, pp. 304-319;cfr. Planiscig, 1927, pp. 98-108anche per la polemica che ne è seguita), e comprende pezzi come il Taglialegna in terracotta (Kunsthistorisches Museum, Vienna); una emaciata Figura femminile seduta (Biblioteca Nazionale, Parigi); e il Pastore in piedi con gli abiti a brandelli (Staatliche Museen, Berlino Est). Le opere di ambedue i gruppi, pur essendo di grande interesse iconografico, hanno pochi punti di contatto con lo stile documentato del Briosco.Tipica del B. fu la funzionalizzazione delle statuette di bronzo: satiri e animali fantastici servono spesso come lumi, portacandele, calamai, caraffe, ecc., rivelando un'inventiva tutta particolare. L'artista cui forse egli si avvicina di più per la libertà con cui tratta motivi classici è Giulio Romano, e non dovremmo escludere, almeno fino a un certo livello, uno scambio reciproco tra i due.

Il B. morì l'8 luglio 1532 (come si legge sulla sua lapide; cfr. Morelli, in Michiel, p. 93; vedi anche i due testamenti [24 giugno 1531 e 8 marzo 1532] in Rigoni, 1938, p. 99).

La sua tomba, collocata sulla facciata di S. Giovanni di Verdara a Padova, comprendeva un grande medaglione di bronzo con il ritratto; quando la chiesa fu sconsacrata alcune parti furono trasferite nella basilica del Santo (la tomba ivi visibile oggi è in parte una ricostruzione ottocentesca). Si conoscono due medaglie ritratti dell'artista (ma v. Planiscig; Hill, 1930), con l'iscrizione OBSTANTE GENIO, un riferimento, forse, alla morte prematura.

Sopravvisse al B. un fratello, Giovanni Battista, orafo (menzionato in un contratto dell'8 apr. 1518 negli archivi del Santo, in relazione con lavori per una croce di argento dorato), che da una fonte contemporanea risulta ancora attivo nel 1534 (v. U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 24).

Fonti e Bibl.: P. Gauricus, De Sculptura [1504], a cura di A. Chastel e R. Klein, Genève 1969, ad Indicem (Riccio, Andrea); [M. A. Michiel], Notizia d'opere didisegno nella prima metà del sec. XVI…, a cura di I. Morelli, Bassano 1800, p. XVIII e ad Indicem;B. Scardeonii De Antiquitiate Urbis Patavii, Basileae 1560, p. 372; G. Gaye, Carteggio ined., II, Firenze 1840, p. 459; G. Vasari, Le vite, a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 605 n. 1, 607 n. 1 e 2; 111, ibid. 1878, p. 27; A. Portenari, Della felicità di Padova..., Padova 1623, p. 439; G. B. Rossetti, Descriz. delle pitture,soulture e architetture della città di Padova, Padova 1780, p. 182; B. Gonzati, La basilica di S. Antonio.., I, Padova 1852, ad Indicem;II, ibid. 1853, pp. 161 s.; L. Cicognara, Storia della scultura... in Italia..., Prato 1824, IV, pp. 278-303; V, p. 502; E. Molinier, Les bronzes de la Renaissance. Les plaquettes, I, Paris 1886, pp. 156-176; N. Baldoria, A. B. ed A. Leopardi architetti, in Arch. stor. dell'arte, IV (1891), pp. 180 ss.; P. Paoletti, L'archit. e la scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, I, p. 45; II, pp. 146, 148, 263, 269, 270; A. Moschetti, Di alcune terrecotte ignorate di A. B., in Boll. del Museo Civ. di Padova, X (1907), pp. 57-62; W. Bode, Die italienischen Bronzestatuetten der Renaissance, I, Berlin 1907, pp. 23-30, tavv. XXIX-LX; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VI, Milano 1908, pp. 493 s.; W. Bode, Collection of J. Pierpont Morgan…, I, Paris 1910, pp. 9-19, tavv. XXIII-XL; L. Planiscig, Die Estensische Kunstsammlung (Wien,Kunsthistorisches Museum), Wien 1919, pp. 122-124, 128 s., 180 s.; Id., Venezian. Bildhauer der Renaissance, Wien 1921, ad Indicem;L. Coletti, Intorno ad un nuovo ritratto del vescovo Bernardo dei Rossi, in Rass. d'arte, VIII (1921), pp. 407 s.; E. Kris, Der Stil "Rustique", in Jahrbuch der Kunsthistor. Sammlungen, n.s., I (1926), pp. 137-140; L. Planiscig, Andrea Riccio, Wien 1927 (recens. di A. Moschetti, in Boll. del Museo Civico di Padova, n.s., III [1927], pp. 118-158); J. Balogh, Europa auf dem Stier,Bronzegruppe im Museum der bildenden Künste zu Budapest, in Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte, I (1928), pp. 209-218; L. Planiscig, Italien. Renaissance-plastiken aus der Sammlung E. Foulc,Paris, in Pantheon, III (1929), pp. 215, 218; Id., Eine unbekannte Bronzestatuette des Andrea Riccio, in Zeitschrift für bildende Kunst, LXIII (1929-30), pp. 168-172; Id., Piccoli bronzi ital. del Rinascimento, Milano 1930, pp. 14-21 (recens. di M. Weinberger in Zeitschrift für bildende Kunst, LXV [1931-321, Beilage, p. 54); G. F. Hill, A Corpus of Italian Medals of the Renaissance before Cellini, London 1930, I, pp. 137, 140; II, tav. 96; S. Bettini, B. Bellano "ineptus artifex" in Riv. d'arte, XIII (1931), pp. 98-108; Seymour de Ricci, The Gustave Dreyfus Collection, Oxford 1931, Renaissance Bronzes, pp. 2, 16, 18, 20, 22, 56-58, 84-86, 92, 94; Reliefs and Plaquettes, pp. 14, 16 s., 88-125, 159 s., 164-170; L. Planiscig, Per il quarto centen. della morte di Tullio Lombardo e di Andrea Riccio, in Dedalo, XII (1932), pp. 901-924; Id., in U. Thieme-K. Becker, Künstlerlexikon, XXVIII, Leipzig 1934, pp. 259-263 (sub voce Riccio); G. Nicodemi, Bronzi minori del Rinascimento italiano, Milano 1933, pp. 85-106; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 1, Milano 1935, pp. 327-349; E. Rigoni, Testamenti di tre scultori del Cinquecento, in Arch. veneto, XXII(1938), pp. 86-99, passim; F. Saxl, Pagan Sacrifice in the Italian Renaissance, in Journal of the Warburg Institute, II(1938-39), pp. 352-355; R. Enking, Andrea Riccio und seine Quellen, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, LXII (1941), pp. 77-107; L. Planiscig, II Candelabro del Santo. Andrea Riccio, Firenze 1947; T. Pignatti, Gli inizi di Andrea Riccio, in Arte veneta, VII (1953), pp. 25-38; P. Verdier, An unknown Riccio, in Bull. of the Walters Art Gallery, VI (1954), 6, pp. 1-3; W. M. Milliken, The Adoration of the Magi by Riccio, in Bull. of the Cleveland Museum of Art, XLII (1955), pp. 10-12; H. Landais, Les bronzes ital. de la Renaissance, Paris 1958, pp. 42-45, 113, 114; E. Tietze-Conrat, A Bronze Statuette by Andrea Riccio, in Arte veneta, XIII-XIV(1959-60), p. 201; H. R. Weihrauch, Ein unbekanntes Frühwerk von A. Riccio, in Pantheon, XVIII (1960), pp. 222-232; Italian Bronze Statuettes, London 1961 (catalogo della mostra; edizione olandese, Meesters van het brons der Italiaanse Renaissance, Amsterdam 1961-1962, nn. 44-68); Y. Hackenbroch, Bronzes and other Metalwork and Sculptures in the Irwin Untermyer Collection, New York 1962, ad Indicem;Ch. Seymour, An attribution to Riccio…, in Yale Art Gallery Bull., XXVII (1962), pp. 4-16; T. Buddensieg., Die Ziege Amalthea von Riccio und Falconetto, in Jahrb. der Berliner Museen, V (1963), pp. 121-150 (cfr. anche Civiltà mantovana, IV[1969], pp. 129); J. Pope-Hennessy, Italian Bronze Statuettes, in The Burlington Magazine, CV (1963), pp. 1821; Id., Catal. of Italian Sculpture in the Victoria and Albert Museum, London 1964, II, pp. 508-510, 515, 516; Id., La scultura ital. Il Quattrocento, Milano 1964, ad Indicem;Id., Renaissance Bronzes from the Samuel H. Kress Collection (Washington, National Gall., e in altri musei, U.S.A.), London 1965, ad Indicem;F. Cessi, A.B. detto il Riccio Trento 1965; M. G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, Il Riccio, Milano 1966; U. Schlegel, Riccios nackter Mann mit Vase..., in Festschrift U. Middeldorf, Berlin 1968, pp. 350-357; H. R. Weihrauch, Europäische Bronzestatuetten (catal.), Brunswick 1967, pp. 99-112 e ad Indicem;G. Pollard, A document for the career of Riccio, in Mitteil. des Kunsthist. Inst. in Florenz, XIII (1967), p. 193; J. Pope-Hennessy, Two Chimney-pieces from Padua, in Essays on Ital. Sculpture, London 1968, pp. 92-94 (già pubbl. in Arte antica e moderna, 1961, pp. 151-153); F. Cessi, Questioni,integrazioni e proposte su opere in bronzo di autori trentini della Rinascenza, in Studi trentini di scienze stor., XLVIII (1969), pp. 63-72; The Frick Collection. An Illustrated Catalogue, J.Pope-Hennessy-A. F. Radcliffe, III, Italian Sculpture, New York 1970, pp. 72-117.

CATEGORIE
TAG

Victoria and albert museum

Hypnerotomachia poliphili

Marcantonio della torre

Iconografia cristiana

Marcantonio michiel