BRINDISI

Enciclopedia Italiana (1930)

BRINDISI (A. T., 27-28-29)

C. Co.
Ed. G.
G. Ben.
S. L. So.
C. Co.

Città sul mare Adriatico, fino al 1927 capoluogo di circondario della provincia di Lecce, e dal 1927 capoluogo della nuova provincia di Brindisi.

Brindisi sorge sopra una penisoletta, di cui la parte di nord-est forma la città vecchia con gli avanzi più considerevoli dell'epoca romana e del Medioevo, mentre la parte di sud e di occidente, limitata dai fasci di binarî della stazione ferroviaria, raccoglie i rioni recentemente costruiti e forma la Brindisi nuova. Generalmente le vie di Brindisi sono larghe, alberate, per lo più rettilinee. Lungo la banchina sorgono palazzi e ville ridenti, costruite pur esse negli ultimi decennî. L'aumento considerevole dell'area edificata trova il suo riscontro nel forte aumento della popolazione brindisina. Da poco più di 8500 abitanti nel 1861, Brindisi è salita a circa 16 mila ab. nel 1881, a 23 mila nel 1901, a 33 mila nel 1921; l'ufficio municipale per la statistica demografica la calcolava alla fine del 1927 in oltre 38 mila abitanti. A ciò ha contribuito, non solo l'importanza agricola del retroterra brindisino, che specialmente per la grande produzione di uva, di frutta e di olio ha fatto di Brindisi il suo sbocco per l'esportazione, non solo il carattere industriale che per alcuni prodotti (olio al solfuro, macinazione dei cereali, vinificazione, conserve alimentari, pesca, ecc.) la città ha assunto, ma soprattutto il posto notevole che nell'attività cittadina ha ripreso negli ultimi sessant'anni il suo porto, al quale, fino al 1914, metteva capo la cosiddetta "Valigia delle Indie", col movimento dei viaggiatori e della posta fra l'Inghilterra e le Indie che ora passa per Marsiglia. Il porto di Brindisi continua tuttora ad essere uno dei primi porti dell'Adriatico per il movimento dei passeggieri. Esso è d'altronde un'insenatura naturale delle più sicure e delle più profonde.

Posto ad una delle estremità della linea lungo la quale la penisola salentina si salda al continente (all'altra estremità è Taranto), esso utilizza la sola grande incisione fisicamente portuosa che s'incontri in tutta la costa occidentale adriatica. È formato propriamente di due parti: il porto interno ed il porto esterno. Il porto interno è quello su cui effettivamente si affaccia la città: esso può considerarsi al riparo da tutti i venti e risulta dall'unione di due insenature tortuose - il Seno di Ponente e il Seno di Levante - le quali costituiscono i tratti estremi di due torrentelli, o "canali", alla cui erosione si deve la creazione delle due intaccature che un lento moto di sommersione trasformò in seni di mare. Il Seno di Ponente è l'insenatura maggiore ed è diretta da ovest ad est con una lunghezza di oltre un chilometro; il Seno di Levante è l'insenatura minore (oltre mezzo km.) e si allunga da N. a S.; all'incontro dei due seni si apre il Canale Pigonati, che mette in comunicazione il porto interno con l'esterno. Per la sua scarsa larghezza (100 m.), questa vera e propria bocca del porto di Brindisi, che era già stata chiusa in parte da Cesare nel 48 a. C. al fine d'impedire che ne uscissero le navi di Pompeo, fu quasi completamente ostruita, nel 1449, da G. A. Orsini, principe di Taranto, che vi fece colare a picco alcuni legni carichi di grosse pietre, per evitare che la flotta veneziana si avvicinasse alla città; le opere di sgombro del canale furono iniziate nel 1775, sotto il re Ferdinando IV di Borbone, dall'ing. Pigonati, da cui il canale prese il nome. Il Canale Pigonati è diretto da sud-ovest a nord-est ed è arginato da alte banchine. Il porto esterno ha nel complesso figura circolare, ed è chiuso ad oriente dall'Isola di S. Andrea che prosegue verso sud con un molo, detto del Forte a mare, e dalla nuova diga di costa Morena che si protende per 550 m. in direzione del Forte a mare, lasciando una bocca larga poco meno di 300 m.; l'Isola di S. Andrea è unita al continente con una diga artificiale e forma così un profondo seno detto Bocca di Puglia. Tra l'isola di S. Andrea e il gruppo delle Pedagne, su una delle quali sorge il faro, si apre l'ampio avamporto. Dal 1914 in poi, tanto nel porto interno e nell'esterno quanto nell'avamporto, furono compiuti importanti scavi che portarono in vastissime aree i fondali a 10 m. e più; oggi è pure costruito un gran bacino di carenaggio in fondo al Seno di Ponente.

Il porto di Brindisi ebbe un considerevole movimento di merci soprattutto nel venticinquennio che precedette la guerra mondiale (ebbe il primato fra i porti pugliesi fino al 1904): nel qual periodo la media annua si mantenne, con non forti oscillazioni, intorno a 250 mila tonn.; e superò le 300 mila nel 1892 e poi in tutti gli anni del quadriennio 1910-1913, col massimo nel 1913 (361 mila tonn.). Durante la guerra mondiale, il porto fu utilizzato a scopi esclusivamente militari, e il movimento delle merci raggiunse perfino le 324 mila tonn. nel 1918. Subito dopo la guerra comincia la decadenza del porto di Brindisi, che da un movimento complessivo di 211 mila tonn. nel 1919 passa a uno di 99 mila tonn. nel 1925 e in media a uno di 120 mila tonn. nel triennio 1923-25; nel 1926, sale a 149 mila tonn. Mantiene però sempre il primato fra i porti pugliesi per numero di viaggiatori; nel triennio suddetto fu registrata una media annua di 12.453 passeggieri sbarcati e 12.422 imbarcati. A superare la crisi che il porto di Brindisi oggi attraversa contribuiranno certamente l'elevazione della città a capoluogo di provincia, i varî lavori già avviati di attrezzamento dello scalo a scopi commerciali, e la più intensa produttività agricola che è stata assicurata al retroterra. E la ripresa nel movimento del porto significherà maggiore floridezza in tutta la vita economica della città.

Bibl.: P. Camassa, Guida di Brindisi, Brindisi 1897; C. De Giorgi, Il porto di Brindisi, Roma 1901; id., La genesi naturale del porto di Brindisi, Lecce 1909; A. D'Amore, La valigia delle Indie, Roma 1923.

Monumenti. - Brindisi ancor mantiene palesi i segni dell'antica grandezza. Presso il mare, sopra un'ampia scalea e su alto zoccolo, sorge una delle due colonne romane, che segnavano il termine della Via Appia. Essa raggiunge circa m. 19 di altezza; ha base attica, fusto a rocchi cilindrici lisci di marmo cipollino, ed è coronata da un meraviglioso capitello con Giove, Nettuno, Minerva, Marte e otto tritoni. Dell'altra colonna - che fu donata alla città di Lecce e vi si trova in piazza S. Oronzo - non resta che il basamento. Della piscina costruita parte a mattoni parte ad opus reticulatum rimangono quattro grandi vasche limarie, ed un'altra notevole costruzione idraulica è il serbatoio detto Pozzo Traiano a due camere con pareti pure ad opus reticulatum, da cui si diramano cunicoli con copertura a vòlta. Ruderi delle antiche terme stanno presso la sponda della foce orientale del porto, in località S. Apollinare; elementi erratici classici, forse rocchi di colonne rilavorati, compongono la vasca inferiore polilobata della fontana De-Torres (manomessa a più riprese), che ha tazza marmorea bizantina del sec. XII.

Veramente insigne è il gruppo dei monumenti medievali, sorti nella città dopo il mille. La chiesa di S. Benedetto (1080) ha sul fianco destro un portale romanico circondato da fascia d'intrecci, con singolari sculture. Presso la chiesa, il chiostro ha quadrifore con colonnette dai fusti poligonali e capitelli a stampella. Nella chiesa di S. Lucia, a tre navate con archi ogivali e pilastri quadri, è soprattutto importante la cripta con colonne romaniche e con notevoli pitture murali di stile bizantino. Da un portale scolpito, con protiro su colonne e leoni, s'accede in San Giovanni al Sepolcro, di pianta circolare con giro di colonne che ora sorreggono un tetto in luogo della cupola, crollata; superstiti tracce in alcune zone dei muri interni attestano che la chiesa era in origine tutta affrescata. Alla primitiva costruzione del sec. XIII appartiene la graziosa facciata della chiesa del Cristo, a fasce bianche e grigie orizzontali, frontone con archetti a scalea, rosa con ghiera di ricco intaglio, portale con semplice protiretto sporgente nella lunetta. Con forme più sviluppate e con maggiore ricchezza decorativa questa architettura si ritrova nella chiesa romanico-gotica di S. Maria del Casale, sorta entro il primo quarto del '300 a circa 2 km. dalla città. La originale facciata di materiali a due colori formanti variati disegni geometrici a mosaico in registri sovrapposti a più ordini, ha frontone triangolare con archeggiatura che segue l'inclinazione degli spioventi e dalla quale esili lesene sagomate scendono a dividere la fronte in cinque parti. Al centro, sotto finestra ogivale, si apre il portale protetto da baldacchino cuspidato pensile; con ritmo elegante, sui fianchi e nel transetto, si svolgono cordonature verticali riunite al sommo da archi trilobi. È a croce latina ad unica nave coperta a capriate, vòlte a crociera con costoloni nell'abside, ed ha arco trionfale a sesto acuto; finestre ogivali a sguancio illuminano l'interno adorno di notevoli affreschi bizantineggianti del sec. XIV, opera di un tal Rinaldo da Taranto. Le pitture a colori vividi, uniti, rappresentano varie figure di santi, storie della Vita e della Passione di Cristo, l'Albero della Croce e, contro la parete d'ingresso, la grandiosa composizione del Giudizio Universale, ch'è la parte meglio conservata. Al sec. XIV rimonta anche la chiesa di S. Paolo, che, rimaneggiata in periodo barocco, conserva di originario solo uno dei fianchi.

Pianta quadrilatera con torri cilindriche e quadrate agli angoli, con un lato sul mare e gli altri tre recinti da fossati, ha il castello svevo cui, verso la fine del sec. XV, Ferdinando I D'Aragona aggiunse un antemurale con quattro torri rotonde, ricavando sotterranei nelle antiche fosse. Modifiche e ampliamenti vi operò poi Carlo V, il quale anche munì la città di nuove mura tra cui fu incorporata la Porta Mesagne, coperta da vòlta a botte spezzata e con arco ogivale su ognuna delle due fronti, interessante esempio di arte arabo-sicula del sec. XIII. Un altro fortilizio detto Castel Rosso costruirono sullo scorcio del'400 gli Aragonesi nell'isola di S. Andrea.

Il palazzetto Balsamo, piuttosto greve nella sua massa, ma estremamente pittoresco nei due archi ogivali e nel balcone sporgente e adorno negli archivolti e nei mensoloni di sculture di stile prettamente pugliese, è opera forse del sec. XIV.

Sempre nell'architettura civile il Rinascimento è rappresentato dai palazzi cinquecenteschi De Marzo e Nervegna. Il primo nei due prospetti ad angolo si distingue per caratteristiche logge con balaustre in pietra e per colonne sovrapposte, murate in uno degli spigoli; il secondo ha grandiosa facciata a due ordini con finestre a tabernacolo finemente scolpite, ricchi balconi con originali parapetti a transenne geometriche, elegante porta d'ingresso, dove la riquadratura alla "catalana" s'innalza nel centro a comprendere, sull'arco, l'arme gentilizia sorretta da due angioli in altorilievo.

Al periodo barocco appartengono il palazzo Montenegro, il palazzo del Seminario, la facciata di S. Paolo, la chiesa degli Angioli e il Duomo. (V. tavv. CXCI a CXCIV).

Bibl.: H.W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresda 1860; Ch. Diehl, L'Art bizantin dans l'Italie Méridionale, Parigi 1894; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, II e III, Milano 1902 e 1903; A. Avena, Monumenti dell'Italia meridionale, Roma 1902; E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale, Parigi 1904; P. Camassa, Forum Brundusinum, Brindisi 1911; A. Hseloff, Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, Lipsia 1920; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I: Il Medioevo, Torino 1927; G. Palumbo, Brindisi-Otranto (Le cento città d'Italia illustrate, n. 52), Milano s. a.

Storia. - Età antica. - Il nome antico di Brindisi era Brundisium, forma originaria del nome Brenda, gr. βρεντήδιον, riferibile forse al messapico Brendon o Brendion ("testa di cervo"), dalla somiglianza caratteristica del sinuoso porto brindisino con le corna di un cervo. Fu fondata, secondo una leggenda, dall'eroe greco Diomede, nel ritorno dalla spedizione di Troia, insieme con altre città del litorale e del territorio circostante. Secondo un'altra leggenda, Brindisi sarebbe stata fondata da Cretesi di Cnosso. Con ogni probabilità Brindisi deve la sua fondazione a popolazioni iapigie di origine illirica. Nei primi tempi della sua storia la città è in lotta con Taranto per ragioni di predominio territoriale. La sua importanza storica s'inizia però con l'occupazione da parte dei Romani nel 266 a. C., allorché questi, dopo la lotta vittoriosa contro Pirro, estesero le loro mire sui territorî oltre Adriatico. Nel 244 Roma vi fonda infatti una colonia latina e fa di Brindisi la naturale base navale per la sua espansione verso oriente e per la repressione dei pirati illirici. Dopo la battaglia di Canne (216 a. C.), Brindisi e Taranto costituiscono i due punti di appoggio dell'estrema resistenza romana alle armi vittoriose di Annibale. Nel sec. II a. C. la città litoranea viene allacciata direttamente con Roma per mezzo della Via Appia, di cui Brindisi rappresenta l'estremo punto di arrivo, come pure della Via Traiana (da Benevento a Brindisi). Elevata al grado di municipium dopo la guerra sociale e iscritta nella tribù Maecia, Brindisi fu dotata della "immunità" da Silla nell'83 (immunità giustificabile solo con l'istituzione di un porto franco). Fu assediata e presa da Cesare nel 49, dopo la caduta di Corfinium. Si chiamò foedus brundisinum la riconciliazione avvenuta a Brindisi nel 40 a. C., per opera di comuni amici, tra Ottaviano e Marco Antonio, in seguito a minacciata rottura del triumvirato da parte del secondo, per avergli Ottaviano assediato in Perugia (bellum perusinum) il fratello Lucio Antonio e la moglie Fulvia. Monetazione modesta, limitata a pezzi di bronzo, per il sec. III e II a. C. Si trova tuttora a Brindisi una delle due colonne terminali della Via Appia ed altri resti archeologici. Raccolta di epigrafi del luogo nel piccolo Museo archeologico.

Brindisi fu patria del poeta tragico Pacuvio; vi morì Virgilio nel 19 a. C. tornando dalla Grecia. Magistrature documentate: i quattuorviri, un aedilis, un curator, decuriones.

Bibl.: A. De Leo, Dell'antichissima città di Brindisi e suo celebre porto, Napoli 1846; H. Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1883, p. 847 segg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, Torino 1907-1923, II, p. 428; J. Beloch, Der Italische Bund, Lipsia 1880, p. 44; K. Lehmann-Hartleben, Die antiken Hafenanlagen, Lipsia 1923, p. 248; Th. Mommsen, Unteritalische Dialekte, 1850, pp. 60, 62 seg.; R. Paribeni, Optimus Princeps, Messina 1926-27, II, p. 123 segg. (per la Via Traiana); Inscr. Gr., XIV, 672-684; Corp. Inscr. Lat., IX, 32-314; Notizie scavi, 1910, p. 145 segg. (monumento onorario); Head, Hist. Num., 2ª ed., Oxford 1911, 51 seg.; R. Garrucci, Monete dell'Italia antica, Roma 1911, p. 121; E. De Ruggiero, Dizionario epigrafico, Roma 1885, s. v. Brundisium; Stoffel, Hist. de Jules César, Parigi 1887, I, p. 26 segg. (per l'assedio di Cesare); A. Fabretti, Glossarium italicum, s. v. Brention.

L'Età medievale e moderna. - Secondo la tradizione, il cristianesimo sarebbe stato introdotto in Brindisi da S. Leucio, nel sec. II. Essa fu sede di vescovo, pare, dipendente dal patriarca di Costantinopoli.

Dopo la caduta dell'Impero, richiamò la cupidigia di tutti i dominatori della nostra penisola; patì sette espugnazioni in poco più di mezzo secolo, fu più volte saccheggiata dai Saraceni, ed in ultimo distrutta dall'imperatore Ludovico II. Perdette anche la sede vescovile, che passò in Oria. Tornata in potere dei Greci, ebbe a patire nuove sciagure per le guerre fra Bizantini e duchi di Benevento. Conquistata dal Guiscardo fu data al fratello Goffredo; riebbe anche allora la sede del vescovado, che poco dopo fu elevato ad arcivescovado. Venuta in mano degli Svevi, Federico II, intuendone l'importanza, la munì di forte rocca, vi stabilì la zecca ed in ultimo la concesse a Manfredi, principe di Taranto.

Succeduti gli Angioini, cominciò un certo risveglio: la città ebbe un arsenale, il porto fu ampliato, ebbe chiese, fortificazioni e varî privilegi; ma a questo periodo di rinascita tenne dietro un altro calamitoso, nell'epoca delle lotte per la successione nel regno.

Acquistato il feudo nel 1383 da Raimondo Orsini del Balzo, la città fu soggetta a luttuose guerre, e nel sec. XV un terremoto ne abbatté gli edifici, e seppellì sotto le rovine gli abitanti. Ferrante d'Aragona rifece le mura e le fortificazioni, edificò un potente castello sulle rovine di un antico monastero sorgente sull'isola del porto esterno, concesse privilegi, franchigie e immunità. A tanti privilegi la città rispose con numerose prove di fedeltà agli Aragonesi, e diede ospitalità all'ultimo infelice re Federico III e alla moglie Isabella. Nella divisione del regno pattuita nel 1500 col trattato di Granata, Brindisi toccò agli Spagnoli, i quali dopo la vittoria di Cerignola, posero la città alla dipendenza del preside e della R. Udienza di Lecce: ebbe un corpo di amministrazione municipale, detto Parlamento, e molti magistrati minori.

Nel 1647, quando Napoli insorse con Masaniello, si ribellarono anche i Brindisini. Ne seguì una fiera reazione, alla quale tenne dietro una terribile epidemia che ridusse la città in vero squallore. Nel 1700 cessava il malgoverno spagnolo, e gli si sostituiva quello austriaco, che ben poco fece per rialzare le sorti del Mezzogiorno. Invece Carlo III di Borbone nell'opera di rigenerazione non trascurò Brindisi; diminuirono i tributi, si riordinò l'amministrazione, si prosciugarono terreni, fu diffusa l'istruzione. Nel 1799, la città si diede ai Francesi, ma fu assalita dalle bande dell'avventuriero còrso Boccheciampe che la tiranneggiò per breve tempo.

I Borboni, tornati dopo il dominio francese (1806-1815), cercarono di favorirla per farne un importante centro di commercio; furono spese ingenti somme dal comune e dalla provincia per ripristinare i due porti, bonificare le zone paludose. Il suo nuovo risveglio cominciò dopo il 1860, quando il governo italiano la collegò all'Italia centrale e settentrionale mediante la ferrovia, la dotò di edifici pubblici e di monumenti, ampliò il porto, e durante la guerra mondiale ne fece una piazza militare di prim'ordine.

F. Ascoli, Storia di Brindisi, Rimini 1896.

La provincia di Brindisi. - La provincia di Brindisi, costituita nel 1927 per la massima parte col territorio del vecchio circondario di Brindisi, ha un'estensione di kmq. 1806,52 e comprende 19 comuni, nei quali al 1° dicembre 1921 fu complessivamente censita una popolazione presente di 216.134 ab., con una densità di 120 ab. per kmq. Il terreno, mentre declina quasi dappertutto verso il mare Adriatico, si presenta formato di due parti distinte, e cioè di un tratto della zona delle Murge a nord-ovest e di un tratto della penisola salentina a sud-est; le altitudini maggiori, perciò, sono raggiunte nella frazione Selva di Fasano (comune di Fasano; 404 m.) e nel comune di Cisternino (394 m.), che appartengono alla zona settentrionale murgiana. La fascia costiera adriatica, che è inclusa nella provincia di Brindisi, è caratterizzata dalla grande deficienza di località abitate: lungo tutto il litorale, anzi, non s'incontra che il solo agglomerato di Brindisi. Sulla distribuzione della popolazione influisce, pertanto, soprattutto il rilievo: gli abitati, infatti, o si allineano lungo le pendici delle Murge o si distribuiscono a uguale distanza l'uno dall'altro nella pianura. La differenza di terreno determina fra il nord-ovest e il sud-est della provincia le principali differenze di colture. La grande quantità di terra rossa che è derivata dalla dissoluzione chimica dei calcari, di cui le Murge sono costituite, si è raccolta per effetto del dilavamento sulle falde delle colline e ha fasciato l'altipiano di un terreno agrario fertilissimo, che è stato largamente coltivato a vigneti; risalendo versa la parte più alta delle Murge, il vigneto si alterna col seminativo; discendendo sulla fascia costiera, il vigneto trapassa a uliveto fittissimo; nella zona meridionale pianeggiante queste colture si mescolano e si associano fra loro, frazionandosi in aree piccolissime e formando un paesaggio vegetale prevalentemente arborato e distinto soprattutto da ulivi, viti, mandorli e fichi; sempre nella zona meridionale. in prossimità dei centri abitati l'intensità della coltura si fa massima con i prodotti del giardinaggio e con gli ortalizî, in prossimità dell'Adriatico l'intensità è minima col seminativo o al più col seminativo arborato. Il Brindisino è, pertanto, fra i paesi che hanno in Italia più alta produzione di vino, di olio, di ortaglie (poponi e cocomeri, cipolle ed agli, pomidoro) e di fichi.

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