BORSA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

BORSA (VII, p. 519; App. I, p. 304)

Francesco Spinedi

La situazione politica che doveva portare alla seconda Guerra mondiale, già nel 1938 aveva influito profondamente sulle attribuzioni e sul funzionamento della borsa valori, come istituzione economica della odierna fase storica. Il mercato dei valori aveva, prima dei grandi conflitti, una funzione precipua nei riguardi del mercato produttivo interno di ogni nazione. Orientava, cioè, le direttive di investimento del risparmio nazionale in cerca di impieghi e agiva su tale orientamento mediante il saggio di rendimento risultante dalle quotazioni dei titoli, comparato con il reddito effettivo oppure sperato.

La estrema sensibilità e la scaltrezza di giudizio di cui gli operatori di quel mercato erano, per forza di tradizione e selezione, dotati, faceva sì che il loro giudizio massimamente prospettico, in ordine alle possibilità di rendimento e di sviluppo dei varî impieghi, fosse una guida, che raramente errava, delle necessità future dell'ordinamento produttivo di ciascun mercato nazionale. A questa funzione, meramente interna e relativa alla dinamica propulsiva di ogni nazione, considerata prevalentemente determinata dalle forze dominanti la situazione specifica di ogni paese, se ne era aggiunta un'altra a carattere internazionale, la quale, subordinata dapprima a quella, tendeva, per le esigenze nuove del mondo economico, a prendere il sopravvento. Infatti con lo sviluppo dei rapporti finanziari internazionali, rappresentati dalla continua e crescente migrazione dei titoli di credito (azioni e obbligazioni) da nazione a nazione, per la necessità di impiegare le eccedenze di disponibilità nei conti economici internazionali dei paesi, aventi una predominanza ognora crescente nei traffici mondiali, si era da tempo manifestata, già prima del 1914, la tendenza ad attribuire a quei titoli di credito una importanza determinante il saldo e quindi l'equilibrio dei conti economici internazionali.

Al pareggio dei conti economici internazionali, realizzato secondo il paradigma classico (fondato sulla esperieriza dei primi decennî del sec. XIX, in base alla sola compravendita per contanti di merci e servizî), si sostituiva lentamente ma decisamente la nuova formazione dell'equilibrio assicurato mediante il ricorso a compravendita di titoli (cioè di beni capitali), rappresentanti investimenti da gran tempo effettuati e che venivano scambiati a fronte di eccedenze di disponibilità create da un intercambio mercantile che non trovava più, in sé stesso, adeguate forze di equilibrazione e di compensazione.

Allo scambio nello spazio (confronto effettuato, con riferimento a un certo momento, nelle quotazioni esistenti per una medesima merce in varî mercati) si aggiungeva, con crescente importanza, lo scambio nel tempo (cioè il confronto fra il reddito atteso e prospettico di varie forme di investimento esistenti nei diversi mercati, rappresentate dalle azioni e obbligazioni). Su questa profonda trasformazione strutturale, già in atto da tempo prima del 1914, nella funzione delle borse, le conseguenze della prima e seconda Guerra mondiale hanno influito con grave incidenza. La rottura insanabile dell'equilibrio storico-politico esistente fra le nazioni, equilibrio a cui il mondo si era abituato e adattato dal 1815 in poi, aveva sottratto all'equilibrio economico (interno in ciascun paese e internazionale nel mercato mondiale) il sostanziale fondamento di fatto su cui poggiava. La cruenta e tragica conflagrazione del 1939, mentre pare aver definitivamente spostato su base intercontinentale i rapporti economico-politici delle nazioni, influisce decisamente sulla funzionalità e l'andamento dei mercati finanziarî nazionali, in varie direttive.

Fra queste sembra preminente l'attività che lo stato, attraverso operazioni di tesoreria, a masse, esercita sugli orientamenti della borsa, sia nei riguardi dei fini interni, sia nei confronti delle finalità internazionali del mercato borsistico. Infatti in ogni paese, anche in quei pochi non coinvolti nel conflitto nonché negli Stati Uniti, le esigenze statali come precettazione privilegiata del risparmio nazionale per esigenze di tesoreria oppure per finalità di pubblico interesse si dimostrano come forze determinanti della funzionalità della borsa. Al criterio economico privato, guidato dal tornaconto valutato secondo le esigenze del singolo, si sostituisce una valutazione politica, la quale inevitabilmente tende a subordinare ogni movimento orientativo della borsa al migliore conseguimento di quelle necessità sociali. Ciò significa che nei riflessi del mercato interno la borsa tende, in ogni paese, a essere dominata dalle direttive statali in ordine agli orientamenti di investimento del nuovo risparmio, quali emergono dalla dinamica dei corsi.

Le tendenze all'intervento dello stato come guida della borsa già manifestatesi da tempo anche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, con le operazioni di "mercato aperto" (compera e vendita di titoli di stato effettuate direttamente dalla tesoreria per finalità di controllo e di dominio del mercato finanziario, anche nei riflessi della dinamica della bilancia dei pagamenti), si sono decisamente rafforzate e, sembra, siano definitivamente acquisite alla nuova tecnica dei mercati finanziarî.

Da questa esigenza, espressione dei tempi, emergono conseguenze di grande rilievo. Nei confronti delle funzioni che la borsa compie con riferimento al mercato interno, si manifesta un effettivo controllo dell'andamento dei corsi dei titoli, il quale, come avviene più o meno efficacemente (a seconda della efficienza dei controlli posti in essere dallo stato) in ogni paese, si inquadra nel complesso intervento statale di determinazione dei prezzi delle merci e dei servizî. Là dove ogni bene è, oppure tende a essere, tariffato, non vi è possibilità logica per un libero mercato dei titoli rappresentativi degli strumenti produttivi di quei medesimi beni. Tutto il mercato del risparmio tende a livellarsi, quindi, intorno al rendimento del risparmio investito in titoli statali, quale è fissato dalla tesoreria con riferimento alle effettive possibilità di ogni paese. È questo aspetto, del tutto nuovo nella ultima tecnica finanziaria postbellica, che consente di prevedere come probabile in avvenire, il rafforzarsi di un sistema di investimenti durevolmente dominato dalle tesorerie, anche nei paesi che intendono, nei più vasti limiti, rispettare la iniziativa e la libera scelta dell'individuo nella gestione del proprio reddito. Esso dovrebbe, inoltre, stroncare alla radice ogni moto largamente speculativo, intesa la accezione come espressione di movimenti di mercato promossi da pochi operatori i quali, basandosi su alcune direttive fissate, cercano di trarne vantaggi particolari e transitorî mediante spostamenti delle quotazioni. Al dinamismo creato dalla iniziativa privata si tende a sostituire un andamento più lento e senza scosse, dominato dalle direttive stabilite dalla tesoreria.

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