Borsa

Enciclopedia delle scienze sociali (1991)

BORSA

Tancredi Bianchi e Heinz-Dieter Assmann

Economia

di Tancredi Bianchi  

Cenni storici

Il mercato delle merci e dei valori, realizzato in forme che prevedono l'incontro delle domande e delle offerte in un dato luogo, è istituto antico. I Romani conobbero i collegia mercatorum, mentre nell'età di mezzo i mercanti e i produttori si incontravano periodicamente alle 'fiere': notissime quelle di Francia, di Germania, delle Fiandre, oltre a quelle italiane. Le fiere davano luogo a scambi di merci importantissimi per l'epoca e le strutture finanziarie si adeguarono all'esigenza di agevolare quei negozi: nacquero allora le società in accomandita e le associazioni in partecipazione, e come strumento di pagamento e di finanziamento dei commerci si affermò la 'lettera di cambio'. Ci si avvide ben presto che la discontinuità degli incontri fra mercanti non era conveniente né vantaggiosa, per cui i mercati si organizzarono in guisa di incontri più stabili e continui almeno fra gli operatori per conto, che in termini moderni possiamo qualificare come mediatori e commissionari. Mercanti e banchieri, in altre parole, avvertirono il bisogno di uno scambio di informazioni, notizie e proposte d'affari in via continuativa e non solo in occasione di una fiera: questi incontri permanenti in determinati luoghi sono all'origine delle borse.Secondo una tradizione consolidata il termine 'borsa' nasce a Bruges, città delle Fiandre sede di fiere importanti. In occasione delle fiere mercanti e banchieri erano soliti incontrarsi in un albergo o in una bottega del caffè. A Bruges il punto di ritrovo era il palazzo di una famiglia di banchieri (che all'epoca erano quasi sempre mercanti-banchieri): i Van der Burse. Il frontespizio di quell'edificio era ornato da uno stemma del casato dei proprietari sul quale erano scolpite tre borse. Vuoi dal cognome dei proprietari, vuoi dalle tre borse dello stemma, entrò nell'uso denominare borsa il punto di incontro dei mercanti banchieri, sia in Europa sia in America. Il commercio era allora più commercio di valute che di valori mobiliari, ed è ovvio che tali mercati, riconosciuti dagli operatori come ufficiali e significativi per essi medesimi, dovevano darsi delle norme, relativamente stabili, di svolgimento. Ciò portò a selezionare il numero degli operatori ammessi e a individuare nel numerus clausus di mediatori e commissionari, nella loro responsabilità per conto dei propri clienti, oltre che nella tipicizzazione dei contratti, le fondamenta dell'ordinamento. Nel frattempo si diffuse il contratto su beni futuri (produzioni venture o merci di futura importazione) e dunque anche su crediti e valori monetari futuri. Nelle borse si cominciò a negoziare, in altre parole, a termine, e assunse ancor più importanza il numerus clausus degli intermediari.

La prima borsa europea pare sia stata costituita nel 1487 ad Anversa, città che nei commerci si era sostituita, per volume di traffici, a Bruges. Seguirono Amsterdam, Lione, Tolosa, Bordeaux, Marsiglia, Lilla, e poi Londra e via via altre città.La negoziazione sistematica di titoli di credito, nell'ampia accezione di securities, si sviluppò con la circolazione del debito pubblico, il che sollecitò i vari Stati a codificare o a riconoscere ufficialmente le regole del mercato di cui si tratta. Siamo alla 'borsa del re'. L'affermarsi poi della società anonima e, successivamente, della società per azioni determinò l'accresciuta importanza delle borse valori.

I pericoli dei trasporti, per via terra e per via mare, e la difficoltà di avere informazioni rendevano alto il rischio degli scambi a termine e su beni futuri, e pertanto il mercato a termine di borsa si affermò con componenti fortemente speculative, talvolta di scommessa. Per questi motivi le borse, che pure hanno grandemente favorito i commerci e i finanziamenti delle imprese e degli Stati, non evitarono crisi e gravi instabilità, quasi sempre imputate a 'bolle speculative'. Né a evitare tali pericoli bastarono ordinamenti assicuranti condizioni di monopolio a intermediari ufficialmente riconosciuti: tipicamente, per le borse valori, gli agenti di cambio. L'intermediario è la fonte della raccolta e della trasmissione delle informazioni, ma non l'interprete puntuale delle medesime. Gli errori speculativi riguardano previsioni di produzioni, di consumi, di prezzi, di valori delle monete. L'eccesso delle 'bolle speculative' è in ordine sia all'economia così detta reale, sia all'instabilità dei sistemi monetari.Nonostante le ricorrenti crisi di borsa (celeberrimo il crash del 1929 negli Stati Uniti), è opinione ferma e convinta che la funzione delle borse sia insostituibile nei sistemi economici che poggiano sull'economia di mercato. Le borse valori conservano dunque una funzione di 'motore' dell'economia mondiale, funzione ancor più rilevante oggigiorno per la rapidità con cui possono, telematicamente, essere trasmesse, elaborate e interpretate le informazioni.

Le borse presuppongono mercati vasti, dunque internazionali, ossia possibilità di liberi movimenti di uomini, merci e capitali. Esse corrispondono all'antica aspirazione dell'uomo a operare in pace, secondo ordinamenti stabili e non difformi, in un contesto di monete a valore non fluttuante o quasi.

Borsa valori e mercato mobiliare: generalità

Si dicono borse i mercati ordinati secondo stabili disposizioni formali. Le borse dei valori mobiliari, - in breve, borse valori - sono i mercati ufficiali e regolamentati ove si scambiano titoli di credito emessi dallo Stato, da altri enti pubblici e dalle imprese. Tali titoli di credito, qualificati come valori mobiliari, sono espressivi di obbligazioni per debiti di varia scadenza, in prevalenza media e lunga (e sono denominati appunto obbligazioni pubbliche o private secondo l'emittente), ovvero di partecipazioni a titolo di capitale proprio, ossia di rischio, in imprese, e sono allora denominati azioni. La tecnica finanziaria ha poi creato titoli di credito intermedi, che possono alla fine tramutarsi o in obbligazioni o in azioni.I valori mobiliari sono emessi in contropartita di mezzi monetari. La soluzione alternativa per procurarsi quei mezzi è il diritto di poter disporre di linee di credito negoziate con intermediari creditizi, tipicamente banche.

L'emissione di valori mobiliari deve essere prontamente seguita dal classamento dei medesimi nei portafogli di aziende capaci di risparmi monetari, che sono in netta prevalenza aziende di consumo, ma anche imprese. L'emissione e il classamento costituiscono le due facce della medaglia del mercato primario dei valori mobiliari. L'ente emittente dei titoli deve godere di credibilità economica e di notorietà; tali requisiti possono essere rafforzati dal fatto che un terzo ente, a sua volta di notevole credibilità e di grande notorietà - nel mondo moderno una merchant o una investment bank -, studi e proponga al mercato l'emissione, offrendo per la medesima una indiretta malleveria.

La stabilità di classamento dei valori mobiliari è tanto più probabile, come ognuno intende, quanto più breve è la durata dei titoli medesimi, mentre, allungandosi i tempi di vita o addirittura divenendo essi imprecisati e teoricamente senza confini - come per il debito pubblico consolidato o per i valori di partecipazione a titolo di capitale in imprese -, cresce la probabilità che i valori rifluiscano dal classamento. Quest'ultima circostanza non deve essere tale da incidere né sulle gestioni monetaria e finanziaria né su quella economica dell'emittente i valori stessi, che altrimenti vedrebbe, con nocumento, turbata la propria programmazione operativa.L'emittente di valori mobiliari ha quindi, per via diretta e mediata, due problemi di mercato. Il primo, come si è detto, è di mercato primario, ossia che i titoli siano sottoscritti e classati al tempo dell'emissione, o anche che taluno 'parcheggi' i titoli stessi in attesa di un definitivo classamento; il secondo problema è di mercato secondario, vale a dire di agevole scambio, contro mezzi di pagamento, di titoli non classati o rifluiti dal classamento. Le borse valori sono appunto l'espressione più altamente organizzata dei mercati secondari dei valori mobiliari.

La borsa valori è pertanto anche il mercato di circolazione della ricchezza rappresentata dai valori mobiliari. La ricchezza, com'è noto, pertiene tutta, alla fine, alle aziende di consumo, ossia, in ultima analisi, alle famiglie e allo Stato. Le persone giuridiche, come le società commerciali, sono solo uno schermo: la catena proprietaria, se si bada bene, conduce alle famiglie o allo Stato, o anche a enti come fondazioni e associazioni che hanno avuto in dote risparmi di famiglie. Tutti questi enti possono essere compresi nella categoria delle aziende di consumo.

Le considerazioni precedenti chiariscono come il mercato primario dei valori mobiliari sia determinato dalla propensione delle aziende di consumo a immettere nei loro portafogli titoli di nuova emissione. L'organizzazione del mercato può essere assai articolata, ma la sua dimensione è fissata, alla fine, dalle scelte delle aziende di consumo. Se tali opzioni non si concretano come propensione a immettere nei portafogli attività finanziarie rappresentate da valori mobiliari, la finanza dello Stato, se il bilancio pubblico è in disavanzo, e quella delle imprese poggeranno sulla moneta e sul credito di intermediari bancari o parabancari. Sono noti gli effetti propagatori delle grandezze monetarie e creditizie, teorizzati come moltiplicatori della moneta e del credito.In conclusione, i mercati mobiliari sono caratterizzati dallo scambio di titoli (securities nella dizione inglese) contro mezzi di pagamento: nella misura in cui i valori mobiliari sono stabilmente classati presso le aziende di consumo, il sistema economico palesa condizioni utili per la stabilità monetaria. Il buon funzionamento dei mercati mobiliari è, pertanto, antecedente e insieme conseguente alla stabilità monetaria.

Le funzioni economico-tecniche dei mercati mobiliari

Le considerazioni svolte nel capitolo precedente consentono di precisare quali siano le funzioni economico-tecniche dei mercati mobiliari.Giova anzitutto richiamare un punto: requisito essenziale per definire tale un mercato è che esso sia caratterizzato da un complesso relativamente continuo di scambi, conclusi a condizioni simili o grandemente simili. Sui mercati mobiliari organizzati, di fatto le negoziazioni si concludono secondo condizioni tipiche prefissate (contratti tipo).

La prima funzione economico-tecnica di un mercato mobiliare è quella della liquidità. Si consideri il caso dei titoli azionari. L'azione rappresenta una quota del capitale sociale di una data impresa. Ci si può chiedere: per quanto tempo quei capitali debbono essere concessi nella disponibilità dell'emittente? Di norma fino al termine della vita dell'impresa, ossia anche per decenni. Pertanto, l'investimento in capitali d'impresa potrebbe risultare fortemente immobilizzato, se non sussistesse la possibilità di trasferire agevolmente, contro mezzi monetari, dei titoli rappresentativi dell'investimento medesimo. Tale trasferibilità è assicurata dai mercati mobiliari secondari; si determina così uno svincolo fra la gestione finanziaria delle imprese emittenti azioni e quella delle aziende in possesso di quei valori.

Ciò avviene anche nel caso delle obbligazioni. I mercati mobiliari, quindi la sezione più organizzata di essi, la borsa valori, rendono liquido ciò che per sua natura liquido non è.La seconda funzione di questi mercati è quella di un pronto trasferimento della ricchezza mobiliare. Per effetto dell'agevole trasferibilità dei titoli si determina una massa di valori flottante. Possono essere titoli che dall'emissione non sono defluiti al risparmio e quindi vengono offerti sul mercato secondario, ovvero titoli che dal classamento sono rifluiti al mercato.

La terza funzione dei mercati mobiliari è quella di promuovere il pronto incontro fra la domanda e l'offerta di valori mobiliari. L'assicurata trasferibilità dei valori determina la sollecitazione all'investimento mobiliare di tutte le quote di risparmi monetari, anche di quelle minori, e la possibilità di controllare e delimitare nel tempo i rischi dell'investimento, con una benefica ripercussione sulla remunerazione richiesta per il medesimo, che risulterà, ceteris paribus, più contenuta. Ne consegue che il mercato mobiliare secondario è alimentato quasi naturalmente da nuove domande e offerte di titoli. Come sul percorso delle merci dalla produzione al consumo finale l'incontro fra la domanda e l'offerta è agevolato dall'azione del commercio, così anche sui mercati mobiliari gli equilibri fra acquisti e vendite sono facilitati dal commercio di titoli, denominato attività speculativa, la cui principale funzione è il sostegno pro tempore dei titoli flottanti.

La proporzione tra valori flottanti e valori classati non deve per altro essere troppo alta, altrimenti i mercati finanziari si palesano dominati dalla speculazione mobiliare: l'incontro fra la domanda e l'offerta deve avvenire largamente tramite un nuovo classamento di valori. Se ciò avviene si concreta una quarta funzione dei mercati mobiliari: l'adeguamento dei nuovi investimenti all'ammontare del risparmio di nuova formazione.

Il risparmio è l'unica fonte di finanziamento, a lungo andare, dello sviluppo economico di un paese o della crescita delle aziende di produzione. Transitoriamente si può ricorrere anche al credito monetario, ma se tale forma di finanziamento non è temporanea, lo sviluppo economico genera un parallelo processo inflazionistico, che arresta la crescita e inverte poi il movimento delle quantità economiche. Si riconferma così che il buon funzionamento dei mercati mobiliari costituisce un fattore di stabilità monetaria.I mercati mobiliari, ancorché imperfettamente, con la formazione dei prezzi misurano la profittabilità degli investimenti finanziari del risparmio: si può dunque affermare per essi una quinta funzione, l'indicazione e la selezione degli investimenti più profittevoli. Per i titoli azionari, per esempio, l'andamento degli indici dei corsi e degli indici così detti di capitalizzazione (derivanti dal reinvestimento nello stesso titolo di tutti i proventi retraibili dal medesimo) dà indicazione tollerabilmente approssimata delle variazioni del capitale economico delle singole imprese, il quale, come è noto, è la risultante della capitalizzazione a un certo saggio dei presunti futuri redditi.

Di qui un'altra funzione dei mercati mobiliari: la difesa del risparmio. Coloro che collocano le proprie disponibilità monetarie in titoli operano consapevolmente se: a) conoscono la natura degli affari finanziati mediante l'emissione e il collocamento di quei valori; b) hanno la possibilità di apprezzare lo sviluppo nel tempo delle circostanze economiche connesse con l'attività svolta dall'emittente; c) nel caso di valori a reddito fisso sanno prevedere l'evoluzione futura dei saggi di interesse, a breve, medio e lungo termine. La prima condizione è garantita dall'assicurare ai risparmiatori informazioni adeguate e non distorte, le altre due derivano anche dal funzionamento dei mercati mobiliari.La difesa del risparmio è allora promossa per due vie. In primis, con la continuità di formazione dei prezzi, in secondo luogo mediante la densità delle negoziazioni. La vastità del mercato, che si manifesta attraverso la densità delle contrattazioni, consente inoltre un'altra importante condizione: tutti i prezzi fatti tendono a essere prezzi fattibili. Anche in tempi di instabilità monetaria i mercati mobiliari svolgono un'utile funzione a difesa del risparmio: i corsi dei titoli possono infatti compendiare gli effetti delle alterazioni monetarie sulla dinamica della gestione delle aziende emittenti.

Le condizioni di efficienza dei mercati mobiliari

La prima condizione di efficienza dei mercati mobiliari è che sussista la continuità degli scambi. Le negoziazioni sul mercato secondario risentono delle vicende del mercato primario (per la quota di nuove emissioni non defluita al classamento) e del fatto che non coincidono, nel breve periodo, il volume del risparmio investito in valori mobiliari che intende tornare in forma liquida e il volume del risparmio che si indirizza verso valori già in circolazione. Queste circostanze possono determinare squilibri fra le domande e le offerte di titoli e prezzi che segnino oscillazioni troppo ampie in un senso o nell'altro. Occorre allora l'intervento compensatore della speculazione, ossia di chi fa del commercio dei valori mobiliari l'oggetto della propria attività. Evidentemente, se gli squilibri fra domande e offerte dei risparmiatori non fossero di natura transitoria, la speculazione, anziché attenuarli, finirebbe per accrescerli.Senza speculazione non vi sarebbero titoli non classati, ma il ricambio nelle posizioni di classamento dei valori mobiliari si concreterebbe con spostamenti di corsi, in un senso e nell'altro, anche rilevanti. L'utile funzione della speculazione, però, deve manifestarsi in un contesto in cui non possa esplicarsi il puro gioco speculativo, che faccia leva sulla scarsa informazione e sulle reazioni emotive dei risparmiatori.

Dalla continuità degli scambi deriva una seconda condizione per l'efficienza dei mercati mobiliari, la vastità del mercato, che può essere intesa in due accezioni. I valori mobiliari hanno un vasto mercato se, oltre a essere continuamente scambiati, sono complessivamente negoziati per volumi cospicui, e il mercato è tanto più vasto quanto più i suddetti valori sono oggetto di scambio fra operatori residenti e non residenti, cioè all'interno e all'esterno del paese in cui ha sede l'emittente.

Il fatto che i potenziali acquirenti e venditori di titoli siano residenti in località diverse e in più Stati sarebbe di ostacolo alla continuità e alla densità degli scambi, se non si concretasse una terza condizione di efficienza: la concentrazione degli scambi. Questa condizione non potrebbe sussistere se fosse richiesta la presenza degli operatori, che per la vastità del mercato possono essere geograficamente anche lontani. La sintesi di numerose domande e offerte si deve ottenere con il filtro di un numero non alto di aziende dedite a un'attività di intermediazione. Gli intermediari possono essere mediatori - agenti di cambio o brokers - ovvero commissionari e dealers, in grado di costituirsi anche come contropartita in proprio, svolgendo un'azione integrativa con quella della speculazione. L'elettronica consente di far affluire alle borse gli ordini quasi in tempo reale attraverso gli intermediari, che hanno anche la funzione di superare le condizioni di eterogeneità degli operatori. Un ordine di acquisto, o di vendita, ha la medesima incidenza sul mercato, chiunque lo abbia dato: i mercati mobiliari tendono a svolgersi secondo gli schemi della libera concorrenza.

Alle diverse categorie di intermediari ricorrono aziende di varia specie: risparmiatori alla ricerca di investimenti duraturi e vantaggiosi; risparmiatori che intendono liquidare investimenti precedenti; speculatori; aziende emittenti di valori e aziende operanti in sindacati di collocamento e di garanzia di nuove emissioni; sindacati di garanzia che non hanno completamente classato le emissioni garantite; e così via.

Continuità, densità e concentrazione degli scambi, insieme con la vastità del mercato, impongono una quarta condizione: il ricorso al contratto tipo. I valori mobiliari sono titoli di massa essenzialmente fungibili, ma le condizioni di contratto alle quali possono essere scambiati devono essere prefissate e comuni - salvo, si intende, il prezzo -, se si desidera un mercato vasto, continuo e concentrato.

I contratti tipo sono in numero assai limitato sui mercati mobiliari. Quasi dappertutto ne esistono due specie fondamentali: la prima inerente agli scambi a contanti, nei quali l'esecuzione delle controprestazioni avviene subito o entro un tempo relativamente breve; la seconda riguardante gli scambi a termine, ove gli adempimenti delle parti sono differiti ed effettuati in giorni predeterminati, in sede di liquidazione accentrata di tutti i contratti riferiti a quel termine. I contratti a termine possono essere fermi o a premio. Analoghi a questi ultimi sono gli scambi di options. Le condizioni previste dal contratto tipo non possono essere modificate dagli scambisti. Ai fini della funzionalità dei mercati mobiliari il contratto tipo prevede che le quantità negoziate possano corrispondere solo a una quantità base, denominata 'lotto', o a un multiplo di essa. Esistono, tuttavia, anche intermediari operanti su frazioni del lotto base, dette 'spezzature'.Il riferimento al contratto tipo consente di attribuire un significato semiologico alle serie di prezzi negoziati, ossia al variabile andamento dei corsi dei titoli.

Il regime di circolazione dei valori è un'altra condizione di efficienza dei mercati mobiliari: i valori possono circolare al nome o al portatore e sono trasferibili, nel primo caso, per girata.

Nessun mercato mobiliare potrebbe svolgersi in modo efficiente senza il concretarsi di una sesta condizione: la pubblicità dei prezzi negoziati, dei dati e delle notizie concernenti le aziende che emettono i titoli. La forma di pubblicità dei prezzi più vantaggiosa per l'efficienza dei mercati mobiliari è certo quella ufficiale. Le legislazioni dei diversi paesi contengono norme inerenti alla pubblicazione di listini ufficiali dei corsi dei titoli, almeno per quanto attiene ai valori negoziati nelle sezioni più altamente organizzate dei mercati mobiliari, le borse valori. Nel campo delle obbligazioni il maggior emittente è, dappertutto, lo Stato il quale, essendo l'ente che possiede il diritto di battere moneta, è ritenuto per definizione in grado di rimborsare i propri debiti alla scadenza. La significatività dei prezzi fatti è assai rilevante anche per i titoli azionari, e così pure la copia di notizie e informazioni su di essi, utile per decidere consapevolmente acquisti o vendite. Pur senza dilungarsi sul tema, si deve sottolineare che nessuno può operare razionalmente nel campo delle azioni ignorando i dati fondamentali dell'azienda emittente come, a titolo esemplificativo, il volume delle vendite e l'ammontare dei ricavi; il margine operativo lordo; i valori immobilizzati già totalmente ammortati, ma ancora tecnicamente efficienti; le partecipazioni di controllo in altre imprese e quindi il bilancio consolidato; i volumi e i criteri di valutazione delle scorte di esercizio; il grado di occupazione dei fattori produttivi durevoli; i rischi gravanti sui crediti; le alee di cambio, connesse con la formazione dei costi e dei ricavi; le rettifiche apportate alle valutazioni di bilancio dall'amministrazione finanziaria dello Stato; l'incidenza sui risultati economici delle alterazioni del metro monetario; il confronto comparativo e ponderato degli andamenti dei prezzi-costi e dei prezzi-ricavi; il mutare del grado di competizione di altre imprese; le sollecitazioni a innovazioni di processo e/o di prodotto; la necessità di ingenti spese di ricerca; la spinta a modificazioni operative dimensionali; e così via. Se poi si volesse operare in titoli emessi in moneta estera, occorrerebbe saper prevedere le possibili variazioni di cambio, oltre che di corso dei valori di cui si tratta.

Quali che siano la dovizia delle informazioni e dei dati e la frequenza con cui sono comunicati, difficilmente la massa dei risparmiatori è in grado di trarne giudizi di sintesi non troppo incerti. Nei paesi più organizzati, per garantire efficienza ai mercati mobiliari, operano perciò società di rating che si specializzano nell'esprimere quei giudizi di sintesi, secondo formule che nel mondo anglosassone, nel caso delle obbligazioni, vanno dal 'triplo A' (triple A), che esprime un'opinione di alta affidabilità del titolo, al 'triplo C' (triple C), che indica scarsa affidabilità. I giudizi intermedi indicano prospettive speculative sui valori.

Aspetti economico-tecnici del mercato di borsa

La borsa valori è ordinata, nell'aspetto tecnico, in modo che si concretino tutte le condizioni di efficienza del mercato mobiliare. È infatti distinta da: alta concentrazione degli scambi, attuati con continuità e con riferimento a contratti tipo; pronta rilevazione e controllata pubblicità dei prezzi fatti e dei volumi negoziati; regolamenti e usi atti ad assicurare l'esecuzione delle operazioni nei tempi previsti dalle clausole contrattuali; omogeneità formale degli operatori, per il fatto che tutti gli scambi sono attuati per mezzo di intermediari specializzati. Inoltre, l'organizzazione del mercato consente di rendere spediti e agevoli al massimo, compatibilmente con le leggi vigenti, la circolazione e i trasferimenti dei valori mobiliari, condizione, quest'ultima, necessaria per promuovere la massima vastità del mercato medesimo.

Come si è scritto all'inizio, la borsa valori è un mercato ordinato secondo stabili disposizioni formali. Essa è il mercato ufficiale, regolamentato ma libero, dei titoli, che rappresentano capitali di imprese e crediti a media e lunga scadenza. La frequenza di scambi accentrati dei valori mobiliari, quando in borsa possono agire aziende operanti su piazze nazionali ed estere, rende normale l'attesa di pronti ritrovamenti della contropartita a motivo delle larghe e immediate reazioni di domande e offerte a ogni variazione di prezzo. Di qui l'agevole formulazione dei calcoli di convenienza. Borse valori efficienti promuovono per via mediata la diffusione della ricchezza mobiliare, ed è questa la via più efficace di democratizzazione della ricchezza medesima. Fino a tempi recenti il tipo più frequente di negoziazione era la cosiddetta asta gridata. Gli intermediari addetti alle grida - gli agenti di cambio nel nostro ordinamento - scambiano per conto della clientela gridando intorno ad appositi recinti (corbeilles) i prezzi proposti per gli acquisti e le vendite.

Oggi si tende a superare le aste gridate passando alla contrattazione continua e giovandosi di strumenti elettronici. Attraverso i canali degli intermediari, le proposte di acquisti e di vendite dei titoli sono trasmesse mediante terminali alle borse e si concentrano con fissazione continua di scale di prezzi per date quantità di titoli. Gli ordini possono essere, in prevalenza, o al meglio o a prezzo dato; gli ordini al meglio vanno pareggiati prima di quelli a corso prefissato. L'asta continua non esclude il mercato a termine, ma certo corrisponde meglio al mercato a contanti per il pronto accertamento della responsabilità degli intermediari organizzati. In effetti, è un principio generale garantito che in borsa l'operatore adempiente ha diritto alla controprestazione. Occorre pertanto che gli intermediari, che non sono semplici mediatori, siano controllati e dispongano di risorse proprie proporzionate alle probabilità di inadempienza dei loro clienti. I mezzi propri di tali intermediari, cioè, debbono crescere con l'aumento dell'operatività della clientela, anche perché la tecnica dell'asta continua restringe assai la possibilità che gli ordini si compensino all'interno dell'azienda dell'intermediario: gli ordini vanno trasmessi alla borsa appena giungono dal cliente, soprattutto se possono provenire da ogni parte del mondo.

I procedimenti di liquidazione si avvalgono con vantaggio della trasmissione elettronica dei fondi e del giro dei titoli amministrati in monte. Il mercato di borsa, quando l'asta è continua, trova un efficace aiuto nell'azione dei market makers, operatori professionali che al di sotto di certi corsi acquistano titoli e al di sopra li vendono.Il mercato di borsa è libero, ma deve essere controllato con sistemi che garantiscano il puntuale accertamento dei prezzi, la solidità, professionalità e onorabilità degli intermediari e il sistema delle informazioni trasmesse agli operatori, siano essi risparmiatori, investitori istituzionali o altri. Anche poche imperfezioni nelle strutture economico-tecniche della borsa possono risultare di notevole nocumento per l'efficienza del suo funzionamento.

Si insiste parecchio sulla 'trasparenza' del mercato. In Italia tale condizione dovrebbe essere assicurata dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB). Un dato che va 'pesato', e di norma non è adeguatamente considerato, è il mutevole volume degli scambi, che si accresce e si restringe in rapporto, spesso, all'attività speculativa. Il mercato di borsa valori è, infatti, sia un mercato dell'effettivo, ossia di acquisti e di vendite non temporanee di titoli, sia un mercato detto di coperture, vale a dire di negoziazioni che nel breve andare saranno seguite da altre di segno inverso. Questo secondo tipo di scambi si sovrappone al primo e non di rado lo sovrasta, contribuendo quindi alle oscillazioni del volume degli scambi.I sistemi d'asta, gridata o continua, consentono di non 'passare' il nome dell'acquirente o del venditore di titoli. L'omogeneità formale degli operatori, che si raggiunge attraverso il filtro degli intermediari, consente di evitare che qualcuno, palesando la propria posizione di acquirente o di venditore, possa generare reazioni emotive in altri operatori. Tuttavia, è conveniente controllare i possibili mutamenti nei capitali di comando delle imprese. La CONSOB, organo di vigilanza, in Italia, delle borse valori, deve essere informata quando un acquirente superi il possesso del 2% del capitale di una data società. È ovvio che tale informazione giunge talora tardiva, giacché i passaggi di pacchetti significativi avvengono spesso fuori borsa.

Risulta assai efficace la disciplina delle offerte pubbliche di acquisto (OPA) e delle offerte pubbliche di vendita (OPV). Quando un titolo sia oggetto di un'offerta pubblica, la sua quotazione va sospesa per il tempo dell'offerta medesima. Scalate e OPA possono riguardare azioni di società con non consistenti posizioni di controllo giuridico ed economico. Si tratta di operazioni che hanno di norma un carattere più aggressivo che di difesa o di proposta di un mutamento delle politiche di gestione aziendale.

Vogliamo infine brevemente accennare al regime di ammissione dei titoli alla quotazione ufficiale. Se condizioni di efficienza della borsa sono la continuità e la densità degli scambi, giova ammettere alla quotazione ufficiale valori diffusi fra un largo numero di risparmiatori, con riferimento ai quali sia assai probabile la formazione di una massa flottante sostenuta da un'attività speculativa. Sono quotati d'ufficio i titoli dello Stato o garantiti dallo Stato. L'ammissione alla quotazione ufficiale deve poi essere riservata ai valori emessi da aziende amministrate con sani criteri, che diano affidamento di provata capacità economica e di stabilità patrimoniale, altrimenti si esporrebbero gli operatori meno provveduti al gioco di artificiose manovre dei corsi e al rischio di biasimevoli speculazioni.

La formazione dei corsi di borsa. I corsi delle azioni

Chi osserva i listini di borsa nota che ogni giorno i prezzi mutano secondo ragioni percentuali che, rapportate all'anno, possono apparire molto alte e sostanzialmente irragionevoli. Una variazione in aumento dello 0,2% in un giorno, se si ripetesse per i 250 giorni in cui una borsa valori è aperta in un anno, significherebbe un aumento delle quotazioni del 64,79% dopo dodici mesi. È quindi ovvio desumere che i mercati mobiliari, ancorché ordinati, segnano variazioni dei corsi all'insù e all'ingiù, da un giorno all'altro, epperò secondo un trend di medio periodo. L'apparente nervosismo delle quotazioni è la molla per cui il flottante continuamente si forma e si riclassa, altrimenti la speculazione, ossia l'esercizio sistematico del commercio dei titoli, non opererebbe.

Diciamo subito che i prezzi di borsa, in prima approssimazione, riguardano gli scambi su titoli flottanti. Il flottante, nel caso delle azioni, non è alimentato di norma dai gruppi di controllo, i quali negoziano i pacchetti di maggioranza fuori borsa e non sempre con diretto riferimento ai corsi di borsa. Questi gruppi agiscono sul mercato mobiliare ufficiale solo per influire sull'andamento dei prezzi e il più delle volte per mantenerlo entro oscillazioni contenute. Il flottante è dunque alimentato dagli azionisti di minoranza, salvo nell'ipotesi che derivi dal mancato classamento di nuove emissioni.

Fermiamo per ora la nostra attenzione sui valori azionari. L'appetibilità di essi da parte dei risparmiatori e degli investitori istituzionali è sempre connessa con le prospettive economiche dell'azienda emittente, le quali, riguardando il futuro, sono spesso malcerte o note solo per supposizione. Il risparmio le valuta nel medio termine, ma attraverso la lente della speculazione.

L'azione della speculazione nasce sempre da una divergenza di apprezzamento del valore di certi titoli rispetto alla quotazione immediata, spostando la quale il risparmio dovrebbe reagire. Se tale reazione non avviene, la speculazione non può sperare in risultati economici convenienti. Siccome la speculazione opera a breve termine e i risparmiatori e gli investitori istituzionali a medio termine, gli stimoli speculativi producono, secondo i casi, ampliamenti ovvero limitazioni dell'orizzonte economico del risparmio. Solo se le reazioni dei risparmiatori fossero immotivate o eccessive, la speculazione sarebbe dannosa.

Purtuttavia, le borse, come gli altri mercati, non sfuggono ad alterni periodi di euforia e di panico. Tali alternanze sono determinate da qualche rilevante spostamento di una o più quantità economiche, per solito connesso con la congiuntura variabile, ma non di rado con gravi errori di prospettiva, che appaiono solo lontanamente collegati con l'evoluzione dell'economia delle imprese emittenti le azioni. Converrà perciò, per chiarezza, esaminare il comportamento razionale del risparmiatore. Chi compera azioni sa che il frutto retraibile in termini di dividendi non è prefissato nella misura, né ragionevolmente garantito nella continuità. In cambio di questi due elementi di incertezza, e dunque di rischio, il risparmiatore deve cercare nel medio termine un rendimento più alto rispetto a un portatore di obbligazioni. Il risparmiatore, e quindi pure l'investitore istituzionale, desidera un frutto reale e perciò la conservazione del capitale investito. Nel caso del risparmiatore azionista, al frutto reale, che compensi i motivi di incertezza sopra indicati, si aggiunge l'attesa di un guadagno in conto capitale, ossia di un capital gain. In altre parole, sono attesi frutti reali crescenti, i quali giustificano i capital gains attesi.

Nel caso delle obbligazioni il valore di rimborso è noto, come pure quello di sottoscrizione o di acquisto del titolo. Ne consegue che il possibile capital gain è nominalmente determinato e può essere annullato o anche più che vanificato dallo svilimento della moneta. La cedola periodica deve pareggiare l'alea di perdita del potere d'acquisto della moneta e in più assicurare un frutto reale. Nel caso di titoli azionari, invece, il valore futuro è incerto e il titolo non ha scadenza: la proiezione economica temporale del possessore è mutevole da un soggetto all'altro. L'obiettivo è dunque che il frutto periodicamente retraibile sia crescente nel corso del tempo e, in caso di svilimento monetario, sia indicizzato sopra cento. Di qui derivano tre condizioni rilevanti: 1) una politica che dia un monte dividendi crescente in termini reali; 2) la capacità di autofinanziamento e di autoespansione dell'impresa (tenendo in considerazione, ovviamente, l'eventuale perdita di potere d'acquisto della moneta); 3) la possibilità per l'impresa di reperire sul mercato primario nuovi mezzi a titolo di capitale, date le due precedenti condizioni. Non debbono essere di ostacolo né l'impossibilità di dilatare a medio termine il fatturato, né l'incapacità del capitale di comando di partecipare ad aumenti del capitale sociale.

L'esemplificazione precedente palesa l'importanza dei nessi fra il saggio di autofinanziamento dell'impresa e il saggio di capitalizzazione dei singoli. Se permane la redditività dell'azienda, quanto più aumenta il divario fra i due saggi a favore del primo, tanto più si accresce il corso dell'azione rispetto al suo valore nominale. È evidente che, ceteris paribus, il risultato inverso si ottiene se il saggio di variazione del monte dividendi è maggiore di quello di autofinanziamento. Se non che, attenuandosi l'alea di continuità nella distribuzione e nella crescita dei dividendi, si abbassa pure il saggio di capitalizzazione degli investitori. Quest'ultimo aumenta invece allorché gli azionisti possono essere chiamati a frequenti aumenti di capitale a pagamento.I corsi di un'azione aumentano nel medio periodo se il monte dividendi cresce più del numero di azioni in circolazione e, in caso di svilimento monetario, varia con indicizzazione sopra cento, permettendo alle quotazioni di crescere anche in termini reali. Affinché i dividendi crescano in termini reali occorre che il saggio di autofinanziamento e quello di redditività si muovano, nel complesso, almeno alla stessa velocità. Restando fermo il saggio reale di redditività dei mezzi propri, se il saggio reale di crescita dei dividendi è anche lievemente inferiore a quello di autofinanziamento si hanno benefici effetti sul trend del corso dell'azione.

Tutte queste circostanze sono note alla speculazione, ma se non sono correttamente valutate, possono determinare i cosiddetti errori di speculazione, che a loro volta generano oscillazioni dei corsi e crisi tecniche di mercato. È pertanto necessario tenere sotto osservazione le seguenti quantità economiche: la redditività dell'impresa e quindi gli indici ROI (return on investment) e ROE (return on equity); la politica di autofinanziamento e quella dei dividendi; i saggi di interesse che fanno intuire i saggi di capitalizzazione dei risparmiatori e degli investitori istituzionali; le relazioni empiriche fra saggi di rendimento quotati dal mercato (rapporto P/E, price earning), saggi di interesse e capacità di autoespansione dell'impresa (rapporto P/Cf, price cash flow); gli indici di svilimento monetario; le variazioni nel corso dei cambi che mutano le convenienze per gli investitori esteri; e così via. È ovvio, poi, che influiscano pure circostanze di ordine generale, come gli indirizzi di politica economica, di politica monetaria e creditizia e anche di politica fiscale.Benché risparmiatori e investitori istituzionali operino secondo considerazioni di medio/lungo termine, essi possono esprimere previsioni consapevoli valide solo per qualche mese, al massimo un anno. Queste previsioni possono essere via via aggiornate se le imprese che emettono i titoli forniscono almeno trimestralmente i dati sulla loro gestione, come avviene per la stragrande maggioranza delle società negli Stati Uniti.

Le operazioni elementari di borsa

Tutti gli scambi di valori mobiliari che si svolgono sul mercato della borsa, con il concorso di speciali intermediari, si denominano operazioni di borsa. Di fatto, sono conclusi secondo tre tipiche forme contrattuali: a contanti, a termine (fermo o a premio), a riporto. Non tutti gli studiosi concordano sul catalogare i riporti fra le operazioni di borsa; tuttavia, pare preferibile comprendere anche tali contratti in quelle che, nelle loro espressioni più semplici, sono definite operazioni elementari di borsa.Secondo un'accezione diffusa si definiscono 'a contanti' le operazioni che hanno esecuzione immediata o dopo breve differimento. L'esecuzione comporta per il compratore il pagamento del prezzo, per il venditore la consegna dei titoli.Il processo, in atto in tutto il mondo, di smaterializzazione dei valori mobiliari, permette rapidi trasferimenti di denaro e di titoli con ordini elettronici e, quindi, condizioni di efficienza al mercato a contanti. La speculazione, quasi sempre attuata da operatori parzialmente scoperti, dovrà ovviamente operare con il sostegno del credito bancario, negoziato come prestito di denaro o di titoli in via preventiva alla decisione di acquistare o di vendere valori sul mercato.Il mercato a contanti non consente la liquidazione accentrata delle negoziazioni intrecciate, ma ciò non impedisce il suo efficiente funzionamento, se è sostenuto da un'adeguata organizzazione di intermediari creditizi e finanziari.Il mercato a contanti ha una diversa intensità di manifestazione secondo: a) il mutare del tempo di differimento per l'esecuzione degli impegni; b) la possibilità di operare anche a termine; c) il fatto che banche e/o altri intermediari possano agire come market makers, ossia operino in proprio; d) l'importanza degli scambi fuori borsa. Sul suo sviluppo ha rilievo il fatto che gli intermediari creditizi e finanziari, bancari e no, negozino sistematicamente in proprio, secondo un'azione di capital market. Ciò è del tutto evidente per i valori obbligazionari classati dal sistema bancario e controllati dal medesimo e da altri intermediari per quanto attiene al mercato secondario, che è per larga quota mercato fuori borsa, anche se si svolge con riferimento ai prezzi di borsa. Si scambiano fuori borsa a contanti di fatto, anche se talvolta con modi di pagamento concordati fra le parti, pacchi importanti di azioni e qualche volta pacchetti di controllo; a contanti, ancora, si negoziano le spezzature, ossia le frazioni di lotti tipo. Non è comprovata dall'esperienza l'affermazione che i mercati a contanti esprimano quotazioni più stabili: basti osservare l'indice della borsa di New York. Il mercato a contanti è tuttavia più prossimo a quello che per le merci è denominato mercato dell'effettivo e del fisico.

Si denominano operazioni di borsa 'a termine fermo' gli scambi la cui esecuzione - pagamento del prezzo e consegna dei titoli - si effettua a un tempo prefissato, posteriore a quello della conclusione del contratto. Il tempo di esecuzione è noto a priori ed è comune a tutti gli scambi conclusi con riferimento a un dato termine. All'uopo, le autorità di controllo stabiliscono il calendario di borsa, che suddivide l'anno borsistico, di norma, in dodici periodi mensili indicati con il nome dei mesi di calendario, anche se non coincidono esattamente con essi. I termini sono denominati 'fine gennaio', 'fine febbraio', e così via. Solitamente chi opera a termine fermo negozia per 'fine corrente', ossia con riferimento al mese borsistico in corso.

Le operazioni negoziate con riferimento a un dato termine sono tutte formalmente omogenee per quanto attiene alla scadenza e cioè ai tempi di effettiva esecuzione delle controprestazioni. Negoziando per lotti base o per loro multipli, ogni operazione a termine può trovare compensazione con altra di segno inverso, effettuata per la medesima quantità di titoli, in modo che in sede di liquidazione accentrata verranno riscosse o pagate le sole differenze di prezzo. Il mercato a termine, sul quale la speculazione opera parzialmente scoperta, spesso con convenienza, è quindi per un aspetto un mercato di scoperti, per un altro un mercato di coperture. Quando non si operi sui medesimi titoli anche a contanti, il mercato a termine è insieme un mercato dell'effettivo e di futuri (futures).

Gli ordini in borsa possono essere dati 'al meglio' o 'a prezzo predeterminato' (massimo all'acquisto, minimo alla vendita); altri modi d'ordine ('curando' e 'circa') non hanno ampia applicazione. L'ordine débordant può essere eseguito parzialmente al prezzo dato. La trasmissione degli ordini mediante reti elettroniche determina quasi di necessità che siano scelte le prime due vie sopra indicate.In borsa, come si è già accennato, le operazioni negoziate vanno puntualmente eseguite, tanto che l'ordinamento prevede l'eventuale esecuzione coattiva. A prescindere da quest'ultima, le possibili condizioni per la puntuale osservanza degli impegni sono: a) la capacità effettiva dell'operatore - intesa come disponibilità di denaro e di titoli - di dare esecuzione all'ordine di acquisto o di vendita; b) il fatto che, mediante controoperazioni attuate con riferimento al medesimo termine, il singolo operatore debba solo liquidare una differenza dei prezzi; c) un adeguato sussidio creditizio, di denaro o di titoli.

I mercati monetari sono contraddistinti dalla negoziabilità dei crediti: l'acquirente a termine può negoziare il proprio credito di titoli e il venditore il proprio credito di denaro. Chi cede credito di titoli vorrà in cambio prestito di denaro e chi cede credito di denaro vorrà in controprestazione prestito di titoli. I due tipi di prestito consentono agli operatori parzialmente scoperti di eseguire puntualmente gli impegni a termine. Il credito di titoli o di denaro sul termine ha una funzione di garanzia per il prestito di denaro o di titoli.

L'operazione di prestito si concreta spesso nella forma del contratto di riporto: l'operatore acquirente di titoli trasferisce a un prestatore i titoli stessi in garanzia del denaro occorrente, a completamento delle sue disponibilità, per ritirare i valori di cui si tratta; l'operatore venditore di valori mobiliari presta il denaro che deve ricevere a termine e chiede un sussidio creditizio di titoli da consegnare in borsa. Ovviamente il mutuante di denaro o di titoli è estraneo a quelle operazioni; se queste non si chiudono con la liquidazione differenziale dei prezzi vuol dire che l'operatore non ha visto concretarsi ancora l'attesa variazione dei corsi o che attende il prodursi di altre circostanze, non necessariamente di borsa, per chiudere in effettivo la posizione, mediante il ritiro o la consegna dei titoli negoziati. In ambo i casi l'operatore desidera essere, sul termine successivo, ancora nella medesima posizione, e pertanto il mutuante gli ritrasferirà le garanzie ottenute per il prestito (titoli oppure denaro) con riferimento a tale scadenza.Il contratto che consente i risultati indicati è il riporto, definito dal nostro Codice civile come "il contratto per il quale il riportato trasferisce in proprietà del riportatore titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo; e il riportatore assume l'obbligo di trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo aumentato o diminuito nella misura convenuta".

L'ammontare utile del credito di riporto dipende dal margine di defalco del prestito rispetto al valore della garanzia. I criteri seguiti all'uopo da banche e da altri intermediari dovrebbero essere noti agli operatori o da loro ragionevolmente previsti, al fine di non assumere posizioni di borsa parzialmente scoperte che non potranno essere riportate.Le operazioni a termine possono essere anche negoziate a premio. Con il pagamento del premio si può ottenere un'opzione quanto a: 1) l'esecuzione stessa del contratto; 2) il modo di esecuzione; 3) l'oggetto dello scambio. Nel primo caso si ha il contratto dont. Chi paga il dont, se compratore di titoli, si riserva di ritirarli o no; se venditore, di consegnarli o no. Nel secondo caso rientra il contratto stellage. Chi paga il premio può dichiararsi o compratore o venditore di titoli. Il terzo caso è quello del contratto noch. Chi paga il premio, se compratore, può richiedere il quantitativo di titoli pattuito, ovvero un multiplo: due, tre, quattro volte. Viceversa se venditore.In talune borse estere si negoziano opzioni (options) anche di altro tipo. E si fanno scommesse bear and bull (orso e toro). Il toro indica il rialzo dei corsi; l'orso, viceversa, il ribasso (il toro attacca dal basso in alto e l'orso al contrario). L'operazione può, per esempio, riguardare l'andamento dell'indice dei corsi e collegarsi all'applicazione di un contratto di borsa o al valore di rimborso di un titolo. Supponiamo che una società finanziaria emetta obbligazioni toro/orso per alimentare acquisti di titoli in borsa. Essa potrà pagare un premio di rimborso sulle stesse obbligazioni, ma probabilmente fruirà di un aumento dei corsi dei titoli acquistati, e viceversa. L'obbligazionista corre l'alea della variazione dei corsi azionari, giacché i suoi titoli sono collegati a un'opzione che comporta un'indicizzazione sulla borsa della sorte capitale del titolo.

Prima di chiudere questo capitolo vogliamo accennare all'applicazione dei metodi dell'intelligenza artificiale alla gestione di portafogli di titoli. Le elaborazioni informatiche e cibernetiche determinano sovente scelte uniformi nelle operazioni di acquisto e vendita di titoli, che possono avere conseguenze sui volumi degli scambi e sull'ampiezza delle oscillazioni dei corsi e soprattutto sull'acquisto di opzioni o di premi. Così le operazioni a premio, mentre dovrebbero essere complementari a quelle ferme, per ridurre le alee di queste, divengono autonome e si approssimano per taluni aspetti alle scommesse.

La disciplina dei mercati di borsa

Il mercato di borsa deve essere libero ma regolamentato, come si addice alle vere economie di mercato che non presuppongono una totale libertà di operare, ma la libertà di scegliere nell'ambito di regole note e stabili: le borse quindi, proprio perché sono mercati con ordinamenti stabili, mal si conciliano con le politiche economiche di tipo dirigistico. Nessuno oggi nega più la necessità e i vantaggi dell'intervento dei pubblici poteri nel campo dell'economia, ma vi è disaccordo sui modi di manifestazione di tale intervento.Il controllo sulle borse deve riguardare soprattutto: l'informazione al mercato; la trasparenza del medesimo; la vigilanza prudenziale sugli intermediari; il rigoroso accertamento dei prezzi negoziati; l'accentramento degli scambi, di guisa che per i titoli quotati il mercato fuori borsa non sia più rilevante, ma meno trasparente, di quello di borsa; la disciplina dei contratti e delle offerte pubbliche di acquisto e di vendita; e via numerando.

Le borse hanno vita feconda quando le economie dei vari paesi sono aperte e gli scambi di merci e i movimenti dei capitali sono liberi: in questo caso anche le politiche estere degli Stati sono improntate all'accordo.Negli Stati moderni il risparmio volontario privato finanzia molti investimenti pubblici, ma non deve essere sottratto al compito di alimentare nelle forme più fisiologiche gli investimenti delle imprese private. Nessuna politica per il risparmio è efficace in assenza di un efficiente funzionamento dei mercati mobiliari.Le borse sono forse il più delicato, ma certo anche il più efficace strumento creato dall'economia di scambio. Accrescerne le condizioni di efficienza, con sapienti controlli, è fondamentale per il progresso economico dei popoli, e perciò capirne la funzione moderna, in parte diversa da quella di un tempo, è compito di ogni buon governo, che persegua la crescita economica e civile riducendo i gradi di monopolio, privato e pubblico, delle produzioni di impresa e non finanziando la spesa pubblica con manipolazioni monetarie. (V. anche Banca e sistema bancario; Credito; Finanziari, intermediari; Finanziari, mercati).

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Diritto

di Heinz-Dieter Assmann

1. La funzione del diritto nell'istituzionalizzazione della borsa come organo di mercato

Chi volesse conoscere gli aspetti giuridici della borsa, gettando uno sguardo al panorama delle legislazioni vigenti, si troverebbe di fronte a una grande varietà di modelli per quanto concerne settori e strumenti di intervento, origini e altre caratteristiche della normativa in materia. Chi poi volesse approfondire una tale conoscenza, dovrebbe farlo con la consapevolezza che gli aspetti giuridici della borsa non attengono soltanto alle norme che nei singoli paesi sono dettate in questa materia, ma si estendono fino ad abbracciare un contesto nel quale si collocano molteplici soggetti, istituzionali e non: dalle imprese agli operatori economici in genere, alle autorità con funzioni di controllo. E ciò avuto inoltre riguardo ai rapporti tra questi soggetti; rapporti che possono essere a loro volta osservati dall'angolo visuale del mercato capitalistico, del sistema finanziario, oppure sotto specifici profili, come quello ad esempio concernente il modo in cui le imprese possono approvvigionarsi di materie prime riducendo i rischi connessi con il corso dei cambi.Sembra pertanto opportuno soffermarsi, per cominciare, su alcuni aspetti generali e comuni rinvenibili nelle varie legislazioni nazionali. In proposito il punto di partenza è rappresentato dalla constatazione che lo sviluppo di mercati borsistici precede nei vari paesi l'intervento del legislatore in questa materia. A qualunque epoca e luogo ci si rivolga per guardare agli aspetti giuridici della borsa si può constatare che è in gioco inizialmente l'istituzionalizzazione, ad opera del diritto, di determinati tipi o segmenti di mercati, sia in sé considerati, sia nell'insieme delle loro connessioni con altri mercati e relativi operatori. I dati storici, di cui si dovrà dire meglio più avanti (v. cap. 2), dimostrano che le borse nascono nell'ambito di particolari mercati, sviluppandosi parallelamente a essi, e che solo in un secondo momento esse formano oggetto di una regolamentazione ad opera della legge.In tal senso, la nozione per così dire 'prelegislativa' di borsa che può assumersi è quella che ne mette in risalto, appunto, la natura di organo di mercato, con riferimento essenzialmente ad alcuni elementi definitori, quali: il luogo scelto per le riunioni di borsa; l'orario in cui tali riunioni si tengono; i soggetti (operatori) che sono ammessi a parteciparvi; i beni che vi si scambiano, consistenti all'inizio unicamente in beni fungibili (merci).

L'organizzazione e la diversificazione dei mercati borsistici sono un fenomeno connesso inizialmente con l'attività stessa degli operatori economici, e per quanto esso non si verifichi al di fuori del diritto, tuttavia nemmeno richiede necessariamente, fin dall'inizio, l'intervento della legge. Il principale fattore di promozione del fenomeno può essere visto nell'esigenza di coloro che operano in un determinato settore merceologico di agevolare, da un lato, gli scambi all'interno del settore medesimo e, dall'altro lato, di accrescere la trasparenza del mercato. Per usare una moderna terminologia giuridico-economica, ambedue questi obiettivi possono essere raffigurati come processi tendenti a un abbassamento dei costi operativi o di gestione (v. Schmidt, 1988, pp. 5 ss.). A questo riguardo, il compito del diritto è stato e continua a essere quello di rendere stabili tali processi e obiettivi di carattere economico - consistenti nell'organizzare in forma di mercato l'allocazione di merci - e di istituzionalizzarli alla stregua di obiettivi di carattere giuridico.

Ciò significa, naturalmente, prevedere i particolari rischi connessi alle attività che hanno luogo in seno ai mercati borsistici. Tali rischi possono talvolta risultare da alcune caratteristiche dei beni scambiati e dal fatto che la loro vendita avviene in blocco. Si tratta inoltre di rischi incombenti non solo sugli operatori, ma anche su certi settori del mondo economico e finanziario e più in generale ancora sulla collettività. Il che non può non essere tenuto in conto, allorquando si progetta la regolamentazione di mercati così differenziati e specializzati come sono quelli borsistici. Invero, i primi tentativi di disciplinare i mercati borsistici hanno rappresentato storicamente un modo per rispondere ai gravi scandali verificatisi in determinati settori, che furono causa di danni tanto agli operatori direttamente coinvolti quanto, più in generale, all'economia del paese interessato. Queste crisi toccarono il loro apice non appena i titoli azionari divennero merce di scambio. Ciò accadde all'epoca della formazione delle prime grandi società per azioni, le quali oltre a svolgere funzioni di raccolta del risparmio si ponevano come forza trainante dei processi di industrializzazione nei singoli paesi. Non v'ha dubbio che con l'apparizione dei titoli azionari veniva immesso sul mercato un bene dalle caratteristiche affatto speciali, perennemente negoziabile: un bene che travalicava, per così dire, le originarie caratteristiche della borsa come luogo di contrattazione dei prezzi delle merci (v. Göppert, 1932, pp. 23 ss.).

Ma, quando si guardi alle diverse fasi storiche di evoluzione della normativa sui mercati borsistici, il ruolo del diritto in proposito non appare volto solamente a eliminare possibili fattori di crisi del mercato. Tale normativa, infatti, tende a porsi altresì come strumento volto a introdurre obiettivi non puramente economici nell'allocazione attraverso il meccanismo di domanda e offerta dei beni.È constatazione comune che nei singoli ordinamenti nazionali vi sono diverse concezioni circa le capacità di distribuzione della ricchezza e di autoregolamentazione del mercato, così come diverse sono presso questi ordinamenti le fasi dello sviluppo economico e soprattutto le loro tradizioni giuridiche. Ciò spiega perché ciascun ordinamento si è avvalso di mezzi differenti nel procedere all'istituzionalizzazione del commercio dei beni mediante i mercati borsistici. Oggigiorno, comunque, appare sempre più chiaramente come da parte dei legislatori nazionali si cerchi di superare tali differenze. In questo senso, la legislazione in materia di borsa ha assunto una nuova direzione, entrando in una fase di progressivo avvicinamento tra i vari modelli normativi e di uniformazione. Naturalmente, tra i fattori responsabili di questo mutato orientamento sta in primo piano l'espansione del commercio internazionale, per quanto riguarda sia i beni che vengono scambiati, sia le attività e prassi mercantili relative. La concorrenza internazionale con i suoi ritmi serrati e il diffondersi di nuove tecnologie di trasmissione e di elaborazione dei dati sono altri fattori che hanno potentemente contribuito a far marciare le cose in questa nuova direzione. Inoltre sono da registrare le tendenze politiche verso l'unificazione del diritto apparse in tempi relativamente recenti, che si presentano pressoché inseparabili dai progressi summenzionati. Queste tendenze sono particolarmente evidenti e forti nell'ambito dei paesi membri della Comunità Europea, dove si cerca di creare un unico mercato interno. Ma sono tendenze altresì riscontrabili nel più ampio contesto delle alleanze internazionali sul piano commerciale e della cooperazione economica.

La nozione 'prelegislativa' di borsa sopra richiamata - con riferimento, cioè, alle esperienze che precedono gli interventi dei legislatori nazionali in questa materia - presenta il vantaggio di individuare le aree problematiche con le quali è destinata a confrontarsi ogni disciplina al riguardo. Elementi quali l'orario e il luogo in cui avvengono le contrattazioni paiono aver perduto la loro funzione definitoria, quanto alla delimitazione del mercato borsistico rispetto ad altri tipi di mercato. Ciò, evidentemente, sotto la pressione dei recenti sviluppi tecnologici nel campo dei mezzi di comunicazione e dell'elaborazione dei dati, sviluppi che pongono l'esigenza di corrispondenti mutamenti sul piano della regolamentazione a livello così nazionale come internazionale.

Tra le norme in materia di borsa, quelle risalenti più indietro nel tempo riguardano gli operatori ammessi a partecipare al mercato borsistico e i soggetti incaricati della sua organizzazione e dei relativi controlli (v. cap. 2). Mentre un'altra occasione di intervento della legge sussiste con riferimento all'ambito operativo della borsa, rappresentato sia dai beni oggetto di scambio, sia dai tipi di contrattazioni ammesse. A seconda della specie di beni oggetto di commercio si vennero formando borse merci, borse dove erano trattate le valute straniere, borse valori, a loro volta distinte a seconda della prassi seguita: operazioni per contanti oppure operazioni a termine. Queste ultime a loro volta erano previste in forme generali e speciali.

È di facile constatazione che l'istituzionalizzazione del commercio di beni non presenti sul luogo della contrattazione, mediante figure contrattuali a contenuto più o meno riferito al futuro, poneva una duplice esigenza: quella dell'affidabilità degli operatori di borsa e insieme della stabilità del mercato borsistico. Al fine di soddisfare tali esigenze venne approntato un numero crescente di norme. Si trattava, da un lato, di norme di stampo privatistico riguardanti la condotta degli operatori e, dall'altro, di norme pubblicistiche relative all'organizzazione della borsa e ai controlli su di essa.

Fino ai giorni nostri, comunque, il commercio di vari beni e le prassi corrispondenti seguite nei singoli paesi non sono stati mai disciplinati in maniera uniforme e d'altra parte questo commercio non è mai stato presente su un'unica piazza, né si è mai conformato a un unico modello in tutti i principali paesi. Al contrario, molteplici e diverse sono risultate le misure attraverso cui le autorità pubbliche hanno cercato di influenzare gli enti responsabili dell'organizzazione dei mercati borsistici, man mano che questi venivano istituzionalizzati con l'intervento della legge. In realtà gli sforzi compiuti in tal senso miravano piuttosto a influenzare il mercato stesso nei suoi modi di funzionamento. Ed è questa una delle ragioni per cui, nel trattare qui degli aspetti giuridici della borsa, al di là dei singoli contesti nazionali, ossia in una prospettiva comparatistica, non è possibile dare un'esatta definizione di che cosa sia, in termini generali e astratti, il 'diritto della borsa'. Il forte dinamismo del mondo contemporaneo, che pone ogni giorno nuove esigenze di regolamentazione, appare tanto più evidente con riferimento alle prassi mercantili e soprattutto alla diversificazione dei mercati.

Per quanto concerne il mercato mobiliare, titoli e valori ne costituiscono tuttora il fulcro; il che tra l'altro vale a spiegare perché al centro della presente esposizione è stata posta la borsa valori. Invero, proprio questo istituto rappresenta oggi l'esempio più cospicuo dell'esigenza di estendere l'esame dei relativi aspetti giuridici al di là delle norme sull'organizzazione e sul funzionamento della borsa, spingendo lo sguardo verso le linee di connessione con gli altri mercati, con i soggetti economici e in genere con l'intera economia di un determinato paese. La consapevolezza che la disciplina della borsa debba essere vista come facente parte della normativa del mercato dei capitali (ossia di un settore ben più ampio dell'ordinamento) si va sempre più diffondendo a livello mondiale. Naturalmente, l'internazionalizzazione dei mercati mobiliari pone nuovi compiti e obiettivi alla disciplina della borsa, in risposta alle nuove dimensioni assunte dall'istituto: così, ad esempio, per ciò che riguarda i requisiti di ammissione alla quotazione di azioni di società estere o per l'esecuzione nelle borse nazionali di contrattazioni su titoli che avvengono tra operatori di diverse borse nazionali.

Fino a oggi, comunque, la comparazione giuridica non si è interessata molto allo studio delle discipline della borsa in ambito nazionale, dato che si tratta di un tipo di normativa soggetta di continuo a modifiche e rifacimenti e priva, dal punto di vista sistematico, di una propria autonomia. Anche più carente appare la situazione degli studi di comparazione giuridica per quanto concerne l'incidenza del diritto sulla realtà dei mercati borsistici e il peso che hanno le diverse tradizioni giuridiche nazionali sui modelli di istituzionalizzazione della borsa come mercato. In proposito può essere utile accennare qui di seguito ai primi interventi legislativi in materia di borsa nei vari paesi; beninteso, senza che sia possibile affrontare nel dettaglio l'argomento e le sue implicazioni di ordine più generale.

2. Cenni storici sulle origini della disciplina legislativa della borsa nei vari paesi

Interventi organici da parte del legislatore in materia di borsa non si sono avuti che a partire dalla seconda metà del secolo scorso. È austriaca la prima legge sulla borsa, del 1875, seguita dalla legge tedesca del 1896 e poi, a distanza di tempo, da quella italiana del 1913 e da quella olandese del 1914. Ancora ai nostri giorni, peraltro, numerosi sono gli Stati che si sono astenuti dal disciplinare la materia in forma organica con un'apposita legge sulla borsa, e nei quali la disciplina di questa problematica materia o risulta dettata da leggi settoriali, qua e là integrate da regolamenti relativi a specifiche attività (come nel caso della Francia e del Belgio), o si inquadra nella più ampia normativa riguardante il mercato dei capitali (l'esempio classico è quello degli Stati Uniti d'America).

Va però detto che l'intervento della legge nel campo dei mercati borsistici, sebbene in forme rudimentali, è fatto che risale alle origini stesse dell'istituto e che è poi continuato per tutto l'arco dell'evoluzione di tali mercati. In proposito si possono distinguere tre gruppi di normative che sono storicamente intervenute al fine di caratterizzare la borsa in rapporto ad altri tipi di mercato.

Il primo gruppo è costituito dalle norme relative agli intermediari quali operatori di borsa. All'inizio si ebbero norme dirette ad attribuire determinati privilegi e a definire lo stato giuridico della figura, come dimostrano gli statuti del 1293, 1303 e 1323 della città di Bruges; città alla quale, come è noto, si legano le origini della borsa e del suo nome, derivato dal palazzo della famiglia Van der Burse dove si riunivano i mercanti (prevalentemente veneziani, genovesi e fiorentini) "per regolarvi i conti, e compensare debiti e crediti derivanti da lettere di cambio, affidate loro per la riscossione o per il cambio" (cfr. G. Luzzatto, Storia economica dell'età moderna, vol. II, Padova 1958, p. 20). Successivamente si aggiunsero norme di carattere deontologico, intese cioè a fissare alcuni canoni di condotta degli operatori di borsa (come ad esempio in Inghilterra, con un'ordinanza del 1697, e in Francia con due ordinanze rispettivamente del 1572 e del 1595). Ma tali privilegi si vennero definitivamente affermando nel corso del XVIII secolo, quando sedi di borsa si andarono diffondendo presso un gran numero di località. Anche là dove la partecipazione alle riunioni di borsa non era riservata esclusivamente a determinate figure di operatori, si cercava ugualmente di disciplinare l'attività di intermediazione a mezzo di regole destinate a coloro che la svolgevano: un esempio in tal senso è offerto dal regolamento sui mediatori della borsa di Amburgo del 1653.

Il secondo gruppo di norme attraverso cui si è realizzato storicamente l'intervento dello Stato nella disciplina dei mercati borsistici è rappresentato da quelle misure adottate, per lo più sotto forma di editti statali, allo scopo di reagire contro particolari fenomeni speculativi, verificatisi su tali mercati, che furono causa di gravi crisi nonché di danni sia al pubblico dei risparmiatori, sia in generale all'economia nazionale del paese interessato. Così in Olanda, già nel 1610, a seguito della speculazione sulle azioni della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, si ebbe l'emanazione di un editto che vietava le operazioni di carattere speculativo, con le quali un venditore alienava a termine azioni che non erano ancora in suo possesso, nell'aspettativa di potersele tempestivamente procurare a un corso più favorevole. Così pure in Inghilterra e in Francia, dopo il crollo di due società commerciali provocato dalla febbre della speculazione, si ebbe un drastico intervento del legislatore che proibiva determinati tipi di negoziazioni.

Misure di tal genere, tendenti cioè a regolare i meccanismi operativi della borsa, reprimendo e limitando certe specie di contrattazioni a carattere speculativo, si diffusero poi nel corso del XIX secolo.Infine, il terzo gruppo di norme è costituito da quelle concernenti specificamente l'assetto della borsa come istituzione. In proposito c'è da dire che i tentativi di disciplinare la borsa come mercato mediante un'apposita normativa nascevano in risposta a una molteplicità di esigenze e per una varietà di ragioni. Ad esempio, l'istituzione, ad opera dello Stato, della borsa di Parigi nel 1724 e la sua regolamentazione furono senza dubbio conseguenza delle reazioni innescate nel paese dalle gravi crisi finanziarie e dalle febbri speculative degli anni precedenti. Ci vollero però molti anni ancora prima che il controllo e le responsabilità in ordine al funzionamento della borsa passassero nel 1801 saldamente nelle mani della Compagnie des Agents de Change, la corporazione degli agenti di cambio, all'uopo investita del monopolio degli affari di borsa. Anche la borsa di Berlino, inizialmente istituita, con decreto governativo del 1685, quale borsa merci allo scopo di promuovere il commercio, passò successivamente sotto l'amministrazione autonoma degli stessi operatori, ai quali il sovrano aveva concesso (nel 1739) uno speciale privilegio in tal senso. Ma vi sono pure esempi di borse, come quella di Hannover, che, nate in forma autonoma, ossia dall'unione dei mercanti in associazioni con propri statuti, finirono per assumere, a seguito dell'intervento del sovrano, veste di pubbliche istituzioni, benché l'associazione o corporazione dei mercanti continuasse a esserne responsabile. E ancora: la borsa di Vienna deve la sua costituzione alle patenti imperiali concesse nel 1771 da Maria Teresa, che così intendeva perseguire una politica a tutela dei risparmiatori e del credito pubblico nei confronti dei venditori di titoli che fossero inclini a pratiche commerciali scorrette, e intesa altresì a bloccare forme di usura e di monopolio della moneta. Questa borsa rimase sotto il controllo di un'autorità pubblica fino al 1855, allorquando la sua amministrazione fu affidata a un organo semiautonomo, espressione della borsa stessa, ma sotto la sorveglianza di un commissario di borsa governativo.

Durante il XIX secolo i fattori che ebbero a influire sullo sviluppo delle borse e della loro disciplina legale possono essere ridotti schematicamente ai seguenti: a) la rapidità di espansione dei traffici commerciali internazionali aventi per oggetto lo scambio di derrate e altri prodotti di largo consumo; b) la domanda di enormi capitali indotta dalla crescita della produzione industriale e destinata a essere soddisfatta attraverso la costituzione di grandi società per azioni come centri di raccolta del risparmio; c) il cambiamento nelle strategie di politica monetaria a livello dei singoli Stati, espresso soprattutto dal fiorire dell'offerta di titoli del debito pubblico.

La conseguente espansione dei mercati dei valori mobiliari, in rapporto agli obiettivi di crescita delle economie nazionali, dette impulso al fenomeno dello sviluppo istituzionalizzato delle borse. Se è vero infatti che l'amministrazione interna delle borse venne lasciata o affidata in larga misura all'autogoverno delle corporazioni di operatori interessati, tuttavia il quadro generale di riferimento fu opera delle autorità pubbliche, le quali intervennero in vario modo nei singoli paesi. Come pure diverse furono le vie seguite in sede di disciplina del funzionamento delle borse per adeguare le borse stesse ai nuovi compiti che erano chiamate a realizzare nell'ambito delle politiche di crescita economica dei rispettivi paesi.

La borsa di Londra, ad esempio, ebbe origine nel 1762 da un'associazione di intermediari, assumendo la forma di un organismo autonomo, con propri poteri di regolamentazione delle attività che vi si svolgevano, senza nessun controllo da parte delle autorità pubbliche. Ciò nondimeno, essa si venne sviluppando, nella pienezza delle sue funzioni, come istituzione di interesse pubblico: tant'è che, dal primo Deed of settlement del 1802, già nel 1812 ben duecento norme e raccomandazioni erano state compilate in un Rulebook of the House.

In Francia il Code de commerce del 1807 mantenne nelle mani degli operatori la borsa e i mercati borsistici (commercio ufficiale e non ufficiale). In seguito, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, questo codice venne modificato parecchie volte con l'aggiunta di numerose misure intese a disciplinare la borsa. Secondo l'opinione espressa al riguardo da uno studioso tedesco (v. Göppert, 1932, p. 25), in Francia e nei paesi anglosassoni la novità del commercio di massa di merci e titoli venne subito compresa, e ciò portò a un'emancipazione del sistema borsistico rispetto alle sue origini; sicché, in parte per l'iniziativa degli stessi operatori del mercato, in parte per l'intervento pubblico, si venne formando un apparato specifico adeguato alla mutata realtà degli affari e alle esigenze connesse. In Germania, viceversa, questa realtà nuova non portò subito alla creazione di un assetto organizzativo specificamente congegnato alla bisogna. Invero, in questo come in altri paesi, dove ancora alla fine del secolo scorso la borsa continuava a essere governata autonomamente dalle associazioni di operatori ivi addetti, risultò dapprima difficile concepirla alla stregua di un'istituzione pubblica che richiedeva perciò un suo particolare assetto organizzativo. Anche dopo l'entrata in vigore della legge tedesca sulla borsa del 1896 e la decisione del governo prussiano di privare la Corporazione dei mercanti di Berlino dei poteri di esclusiva amministrazione della borsa, continuò serrato il dibattito tra opposte correnti dottrinali, una delle quali sosteneva che la borsa, nonostante la legge medesima, avrebbe conservato il proprio carattere di istituto regolato da norme del diritto comune (privato).

Oggigiorno non sembra possa esservi dubbio, invece, sul fatto che la ricordata legge, la quale costituiva il primo organico intervento del legislatore tedesco ai fini di regolamentazione dell'istituto, aprì la strada verso quello sviluppo in senso pubblicistico della disciplina in materia già verificatosi altrove. Secondo tale sviluppo, la borsa veniva ad assumere natura di pubblica istituzione, retta da norme del diritto pubblico; peraltro ammettendosi, per quanto possibile, che la sua gestione interna fosse regolata su base autonoma. Fino a detta legge in Germania l'intervento del legislatore si era limitato a certe misure contro le attività speculative aventi a oggetto sia titoli pubblici, sia azioni di società private; così come, del resto, era avvenuto in altri paesi.

Lasciando da parte alcuni periodi di instabilità politica e di turbolenza economica di dimensioni più o meno planetarie, lo sviluppo delle borse e della loro disciplina legale nel corso del XX secolo appare caratterizzato da un crescente consolidamento dell'assetto della borsa come istituzione. E ciò nel senso sopra indicato del rilievo pubblicistico assegnato all'istituzione medesima, nonché mediante una sempre più articolata regolamentazione specifica delle operazioni di borsa. Nel complesso aumenta e si rafforza, attraverso il processo di istituzionalizzazione della borsa come mercato delle merci e dei valori mobiliari, la consapevolezza della sua importanza come parte integrante della crescita economica di un paese. Nel corso del XIX secolo gli interventi in materia di disciplina delle borse erano stati improntati all'esigenza di formalizzare le procedure di conclusione degli affari di borsa secondo modalità che fossero efficaci e insieme evitassero per l'economia e il pubblico dei risparmiatori certi rischi derivanti dalle tendenze speculative del mercato borsistico. Ora, nel XX secolo, gli interventi in materia si orientano sempre più in direzione dell'assetto pubblicistico dell'istituto; stante, appunto, la consapevolezza che il funzionamento dei mercati mobiliari rappresenta uno dei principali fattori di sviluppo delle economie nazionali.

Avuto riguardo ai singoli paesi, si osserva peraltro che questa nuova tendenza, bensì dovuta ovunque all'accresciuta importanza delle borse, vi si svolge tuttavia secondo diverse linee, in risposta alle realtà economico-finanziarie locali e alle capacità dei rispettivi mercati interni. Una posizione di leadership è ancor oggi mantenuta, in proposito, dagli Stati Uniti d'America, dove è stato istituito un modello di disciplina che nella sua concezione della rilevanza pubblicistica della borsa si ispira all'esperienza dell'ordinamento inglese. In questo paese (gli Stati Uniti), l'intervento del legislatore, attuatosi con il Securities act del 1933 e il Securities exchange act del 1934, si è proposto come obiettivo di integrare la borsa, il suo assetto e la disciplina del suo funzionamento nell'ambito del più ampio settore normativo e istituzionale concernente il mercato dei capitali. In questo ambito, alla borsa come ad altre istituzioni sono attribuiti importanti ed efficaci poteri di autoregolamentazione, il cui esercizio viene peraltro assoggettato al controllo di un apposito organo pubblico di vigilanza, costituito dalla Securities and Exchange Commission (SEC), e deve comunque conformarsi alle direttive impartite da questo stesso organo in esecuzione delle leggi citate.

Negli anni immediatamente seguenti la fine del secondo conflitto mondiale anche il Giappone, in linea del resto con un processo di estesa americanizzazione delle proprie istituzioni imposto dai vincitori, ha adottato il modello americano di disciplina della borsa, peraltro adattandolo alle proprie tradizioni nazionali. La legge giapponese in materia è del 1947. La maggior parte dei fattori che hanno contribuito, nei vari paesi, a stimolare e influenzare gli interventi relativi alla disciplina della borsa, adattandone meglio l'assetto e il funzionamento, come parte di un disegno più ampio e articolato mirante al governo dell'economia, possono essere qui così riassunti: lo sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione ed elaborazione dei dati; il diffondersi di nuove prassi mercantili e di nuovi tipi di titoli negoziabili; l'emergere di nuovi soggetti emittenti tali titoli, di figure nuove di investitori e di nuovi tipi di investimenti; l'internazionalizzazione del commercio e del mercato dei capitali, a fronte dell'apertura, del potenziamento e dell'allargamento dei mercati nazionali; l'accentuazione dei fenomeni di concorrenzialità a livello sia interno sia internazionale; da ultime, ma non meno importanti, le tendenze della politica economica volte a integrare in un unico mercato interno i mercati nazionali dei paesi membri della Comunità Europea.

Uno degli esempi più recenti di come, sotto la spinta di questi fattori, la disciplina della borsa finisca per legarsi con quella più generale concernente i mercati finanziari è offerto dal Financial service act britannico del 1986. Questo atto legislativo si presenta infatti composto di un insieme di misure che nel loro complesso danno vita, come è stato detto, a una "riforma radicale del diritto in materia di organizzazione dell'impresa privata" (cfr. J. L. Powell, Issues and offers of company securities: the new regimes, London 1988, p.V).

3. La disciplina odierna della borsa valori in una prospettiva sopranazionale

Pur essendovi nei vari paesi una medesima esigenza di intervenire sulla disciplina dei mercati borsistici, tuttavia le legislazioni nazionali differiscono alquanto in questa materia: tra le cause di una tale diversità di indirizzi sono certamente da annoverare le differenze sottostanti di cultura giuridica e quelle relative ai diversi tipi di assetto del sistema finanziario privato nei singoli ordinamenti. Ciò nondimeno è possibile estrapolare, in termini generali, un nucleo comune di aspetti e problematiche alla cui stregua la varietà delle leggi e normative vigenti in materia nei diversi paesi può essere osservata e ridotta entro un certo ordine. L'esposizione che segue cercherà dunque di offrire una panoramica in chiave comparatistica su alcuni dei principali aspetti della materia presa in esame, tralasciando peraltro di considerare quelli, divenuti tipici dell'evoluzione moderna dei mercati borsistici, concernenti il collegamento di tali mercati con altri contesti e segmenti di mercato. Dato poi il rilievo pratico e l'importanza economica assunti dalle borse valori sarà in particolare di questo istituto che ci si occuperà nell'esposizione seguente.

'Comunità finanziaria' e mercato dei capitali

La borsa valori è per definizione il luogo dove si concentrano gli ordini di acquisto e di vendita attraverso la mediazione di soggetti che, nel loro complesso, formano la cosiddetta financial community. Ne deriva quindi che il modo in cui la borsa risulta organizzata risente in qualche misura e sotto vari aspetti del modo in cui è organizzata e opera la comunità finanziaria. Diventa perciò di notevole importanza osservare le caratteristiche strutturali e organizzative in genere del sistema finanziario nei vari paesi. In proposito basti qui ricordare che vi sono paesi, come ad esempio la Germania e la Svizzera, nei quali la posizione assolutamente predominante delle banche e degli istituti di credito fa sì che il sistema finanziario sia organizzato come una struttura unitaria, articolata solo al proprio interno. Diversamente in altri paesi, come ad esempio gli Stati Uniti d'America, il sistema finanziario si presenta articolato in una pluralità di strutture tra loro distinte sotto l'aspetto giuridico-istituzionale.

È ovvio che la fiducia negli affari di borsa e nella borsa come istituzione dipende in maniera decisiva dall'integrità della comunità degli operatori finanziari: cosa di cui i vari ordinamenti nazionali si fanno carico mediante l'adozione di strumenti e procedure o la costituzione di organismi, pur se diversi da luogo a luogo, aventi in comune lo scopo di assicurare quell'integrità. Tra gli strumenti più diffusi al riguardo si possono ricordare, in aggiunta e, anzi, insieme all'attribuzione di poteri di autoregolamentazione, l'imposizione di requisiti e procedure di ammissione, nonché l'adozione di codici di comportamento.D'altro canto va pure riconosciuto che la borsa è soltanto uno fra i tanti centri di affari presenti sul mercato dei valori mobiliari e dei capitali, a fianco dei quali è chiamata a operare, naturalmente, in condizioni di concorrenza; sicché la legislazione in materia di borsa dovrà tener conto degli aspetti organizzativi dell'istituzione stessa, ma dovrà pure interessarsi di quelli riguardanti in senso lato la capacità della borsa di competere con gli altri centri d'affari.

Organizzazione della borsa

Quasi tutti gli ordinamenti vigenti tracciano una netta linea di demarcazione tra gli aspetti organizzativi del mercato borsistico, considerati prevalentemente nell'ambito di una disciplina pubblicistica o di rilievo pubblico, e gli aspetti operativi, ossia concernenti le operazioni di borsa, che restano invece affidati a una disciplina di diritto privato.L'organizzazione della borsa può essere vista sotto un duplice profilo, esterno e interno. Sotto il profilo esterno hanno rilevanza essenzialmente gli aspetti organizzativi concernenti l'istituzione della borsa, l'autorità responsabile del suo funzionamento e la natura giuridica dell'istituto. Sotto il profilo interno vengono in evidenza i cosiddetti organi di borsa, che possono essere persone fisiche, associazioni (corporazioni) od organismi dotati di personalità giuridica. In rapporto al grado di autonomia della borsa, questi organi assolvono compiti ed esercitano poteri riguardanti l'amministrazione e la regolamentazione interna, inclusi i poteri di polizia e disciplinari nei confronti degli operatori all'interno della borsa. Specie nei paesi dove il mercato dei capitali non è posto sotto il controllo di un'autorità centrale di vigilanza, le corporazioni degli operatori di borsa provvedono direttamente, con loro comitati, alla formazione del listino.

Una distinzione deve essere fatta, altresì, tra organi e operatori di borsa. Questi ultimi sono le persone (fisiche o giuridiche) ammesse, di regola da un organo di borsa a cui sia stata attribuita una competenza in tal senso, a partecipare alle riunioni di borsa per concludervi le contrattazioni. Dagli operatori di borsa veri e propri vanno tenute distinte altre figure di partecipanti alle riunioni, ma in qualità di semplici osservatori (v. anche cap. 4, con riguardo all'ordinamento delle borse valori italiane). Inoltre, nella grande maggioranza delle borse valori (un'eccezione è costituita dal Belgio), gli operatori di borsa sono suddivisi in gruppi o categorie, separate sotto il profilo dei compiti e privilegi riconosciuti ai rispettivi appartenenti. In alcuni paesi, come ad esempio gli Stati Uniti d'America, il numero (massimo) di operatori è fissato in via autoritaria. A quanto consta, soltanto la Svizzera non ha un corpo di operatori ai quali sia concesso in via esclusiva di partecipare alle riunioni di borsa per concludervi affari.

Sotto il profilo organizzativo si possono ricondurre anche gli aspetti concernenti l'articolazione dei particolari tipi di mercato (dei titoli e valori mobiliari, delle merci, delle divise estere), nonché dei particolari tipi di operazioni (o contrattazioni) che possono svolgersi in un determinato luogo. Infine, un aspetto organizzativo di grande momento è rappresentato dalla previsione dei modi e degli organi di vigilanza sulla borsa. Questa vigilanza viene demandata, in alcuni paesi, a un'autorità di governo (come ad esempio nella Germania Federale, dov'è competente al riguardo il governo del Land in cui è situata la borsa); in altri paesi è invece prevista l'attribuzione di poteri di controllo ad appositi organismi pubblici, quali ad esempio: la Commission Bancaire in Belgio; la Commissão de Valores Mobiliarios in Brasile; la Commission des Opérations de Bourse in Francia; la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa in Italia; la Securities and Exchange Commission negli Stati Uniti.

Modi di funzionamento della borsa

Un altro importante campo di disciplina della borsa come istituzione riguarda, naturalmente, il suo funzionamento e le operazioni che vi si svolgono.Il modo di funzionamento della borsa dipende in primo luogo dall'esistenza o meno di mercati aggiuntivi rispetto a quello ufficiale, nei confronti del quale si pongono in rapporto complementare. La borsa di Londra ne offre l'esempio maggiore, ma anche nel resto dei paesi europei è dato riscontrare, sul modello londinese, una tendenza alla divisione in tre tipi o segmenti (ordinati verticalmente) del mercato borsistico. In ciascun segmento la formazione del listino avviene in maniera graduata, come pure graduate sono le garanzie a tutela degli investitori nei vari tipi di mercato. Uno degli ultimi esempi di intervento diretto a riorganizzare in tal guisa il funzionamento della borsa è offerto dalla Börsenzulassungsgesetz (legge tedesca sul listino di borsa) del 16 dicembre 1986.

La tendenza ora descritta alla graduazione del mercato borsistico appare diretta soprattutto a facilitare l'accesso al mercato dei capitali a quelle imprese che o non riescono, a motivo dei costi crescenti, o non sono disposte ad affrontare gli elevati standard delle quotazioni del mercato primario. Dall'articolazione del mercato borsistico in segmenti interni, come pure dal mercato esterno alla borsa dei titoli ivi quotati (che, sebbene sotto diverse condizioni, viene ammesso nei vari paesi) vanno poi tenuti distinti i mercati collaterali ed esterni alla borsa. In questi mercati i costi delle contrattazioni sono più bassi, mentre, d'altro canto, possono essere più alti i margini di rischio (e di guadagno) per gli investitori. Si tratta in sostanza di mercati non disciplinati dalla normativa sulla borsa, ma che richiedono di essere inquadrati ugualmente nella disciplina complessiva inerente alla regolamentazione del mercato mobiliare. Un esempio di mercato siffatto, sviluppatosi a fianco del mercato borsistico e nondimeno organizzato in forme legali e posto sotto il controllo della Securities and Exchange Commission, esiste negli Stati Uniti: si tratta del cosiddetto mercato over the counter, gestito con il sistema elettronico multimediale della National Association of Securities Dealers Automated Quotation System (NASDAQ).Un'area ulteriore d'intervento normativo riguarda l'ammissione dei titoli alla quotazione e le procedure di formazione del listino.

Quanto al primo punto, vale a dire l'ammissione dei titoli alla quotazione come presupposto per la loro negoziabilità, va subito detto che, ove non si tratti naturalmente di titoli ammessi di diritto alla quotazione ufficiale (come possono essere, ad esempio, i titoli garantiti dallo Stato), tale operazione non viene fatta dipendere da un'approfondita indagine al riguardo. Soltanto alcuni requisiti generali devono essere osservati. Essi si riferiscono alla natura del titolo da quotare, ad alcuni principali dati di riferimento della società che emette il titolo (capitale sociale, dati patrimoniali), al grado di diffusione tra il pubblico, alla redditività. Tra i requisiti per l'ammissione alla quotazione è altresì richiesta, nel caso di azioni, la pubblicazione del prospetto economico-finanziario della società emittente, allo scopo di fornire al pubblico informazioni utili ai fini della valutazione del titolo. Generalmente le persone incaricate della compilazione del prospetto sono ritenute responsabili della correttezza e completezza dei suoi contenuti. La società emittente è tenuta inoltre ad aggiornare il prospetto, provvedendo all'uopo a dare continue informazioni. In aggiunta, le quotazioni fissate vengono regolarmente pubblicate a cura della borsa.

Diversa dall'ammissione alla quotazione ufficiale è la formazione del listino secondo le quotazioni dei titoli risultanti dalle negoziazioni. Sono adottati in proposito vari criteri: ad esempio, nel caso di azioni, oltre al capitale sociale, una serie di dati quali il pagamento dei dividendi nell'ultimo esercizio e il numero di azioni trattate. Quanto alle specifiche procedure seguite per la formazione del listino, esse differiscono anche in maniera notevole da piazza a piazza, in considerazione soprattutto dei locali 'usi' di borsa.

È il caso di ricordare che su tutti gli aspetti ora menzionati, relativi cioè sia all'organizzazione che al funzionamento dei mercati borsistici, si è avuta fino a oggi una concentrazione di sforzi da parte degli organi comunitari, tanto della Commissione quanto del Consiglio delle Comunità Europee, allo scopo di uniformare le legislazioni nazionali per ciò che concerne appunto la disciplina in materia. Tra gli atti comunitari all'uopo intervenuti si possono citare i seguenti: la Direttiva 5/3/1979 sui requisiti per l'ammissione dei titoli alla quotazione ufficiale in borsa; la Direttiva 15/2/1982 sull'informazione periodica (semestrale) da pubblicarsi dalle società le cui azioni sono ammesse alla quotazione ufficiale in borsa.

La politica liberalizzatrice diretta a consentire l'ammissione alla quotazione ufficiale di titoli emessi da soggetti ed enti stranieri o internazionali è andata costituendo uno dei pilastri su cui poggia l'internazionalizzazione del mercato dei capitali. Nondimeno, in alcune piazze (specialmente negli Stati Uniti), ancora oggi come in passato viene richiesto che i bilanci consuntivi presentati dai soggetti stranieri emittenti siano redatti in conformità delle disposizioni vigenti in materia nello Stato presso le cui borse avviene la negoziazione dei titoli.

Si è detto in precedenza che i modi in cui sono organizzati sia la comunità finanziaria, sia la borsa - soprattutto nelle sue strutture interne - differiscono notevolmente da paese a paese. Lo stesso può dirsi a proposito della disciplina (privatistica) delle operazioni di borsa. Le procedure e le disposizioni in genere alla cui stregua gli ordini (di acquisto/vendita di determinate quantità di titoli, ad esempio 'al meglio', 'con limite di prezzo', 'curando', o 'circa') dati dalla clientela vengono eseguiti in borsa, possono differire anche in maniera considerevole da paese a paese; così come assai diversa si presenta la tipologia dei rapporti giuridici tra le parti interessate.

Nonostante la varietà dei modelli di disciplina riscontrabili in proposito, si possono tuttavia individuare due categorie principali - comuni alla generalità degli ordinamenti - di operazioni di borsa: a) operazioni in contanti (a pronti), suscettibili di liquidazione immediata (un termine potendo essere, semmai, concesso, ma a fini soltanto di esecuzione del contratto); b) operazioni a termine (bensì articolate in varie figure, tutte peraltro caratterizzate da un'esecuzione differita), nelle quali l'intervallo di tempo tra il contratto e la sua esecuzione è più lungo di quello tecnicamente richiesto per l'esecuzione dell'ordine (di acquisto/vendita).

Molteplici figure particolari di contratti si riconducono alle due categorie suddette, ma va aggiunto che non tutte queste figure sono ammesse allo stesso modo sulle varie piazze. Alcune di tali figure contrattuali esigono una speciale organizzazione della borsa o poggiano su certe caratteristiche del mercato, altre sono ad alto rischio per gli investitori. Nondimeno, sotto la pressione della concorrenza internazionale, si vanno sempre più diffondendo presso le borse di tutto il mondo i contratti a termine. Una menzione a sé merita di essere fatta a proposito di due tipi di contratti di borsa, aventi corso negli Stati Uniti d'America, i quali si pongono per così dire a mezza strada tra le due categorie sopra citate. Si tratta dei contratti detti, rispettivamente, margin trading e short sales. Il primo consiste in un acquisto di titoli su credito dell'intermediario (broker), nel senso che l'investitore provvede a pagare una parte minima (margin) del prezzo, il resto essendo garantito dall'intermediario. Con il secondo contratto l'investitore 'prende a prestito' titoli in vendita presso un intermediario versandogli un minimo a copertura dell'operazione e speculando su un ribasso dei prezzi, così da poter acquistare i titoli a un prezzo più basso.

Problemi di natura più organizzativa che giuridica riguardano poi l'esecuzione dei contratti di borsa, dato che ormai, secondo quanto viene per lo più praticato, ciò avviene mediante procedure di elaborazione elettronica dei dati di specie.Infine, un'area d'intervento sempre più rilevante è data dalle disposizioni che vietano e puniscono le attività di insider trading. Dal punto di vista della disciplina interna dei rapporti tra coloro che partecipano alle contrattazioni di borsa, questo tema può apparire secondario. Esso peraltro tocca da vicino un aspetto di fondamentale importanza delle attività di borsa, e di cui s'è fatto già cenno, consistente nell'integrità dell'intero mercato dei valori mobiliari. Si può osservare che anche in tema di insider trading notevoli sono le differenze esistenti tra le legislazioni nazionali. A livello europeo è stato tuttavia compiuto di recente qualche passo (con la proposta di direttiva del 25 maggio 1987) sulla strada di una uniformazione delle legislazioni dei paesi membri della Comunità Europea.

Ulteriori settori di rilevanza per il mercato borsistico

In tutti gli ordinamenti si possono osservare numerosi settori che, sebbene non riconducibili in senso stretto alla normativa sull'organizzazione e sul funzionamento della borsa, tuttavia si presentano più o meno collegati all'istituto della borsa come centro d'affari e al corretto andamento delle sue attività.Si può qui ricordare innanzitutto il settore rappresentato dalle regole e dai principî generali del diritto civile e commerciale concernenti le contrattazioni di borsa e le garanzie offerte agli operatori del mercato. Può trattarsi, a seconda degli ordinamenti, di regole e principî di diritto legislativo (come avviene, ad esempio, nei paesi dell'Europa continentale), oppure di regole e principî di diritto giurisprudenziale, opera cioè di giudici (come avviene, invece, in Inghilterra e negli altri paesi di common law). Questa diversità di tecniche di formazione del diritto, insieme con le differenze di ordine contenutistico riguardo agli istituti di diritto privato applicabili alle negoziazioni di borsa, sono tutti elementi e fattori che, contribuendo a formare un clima di fiducia attorno al mercato mobiliare, hanno pure evidentemente un'influenza considerevole sull'istituzionalizzazione della borsa come centro di affari operante nell'ambito di questo stesso mercato. D'altro canto è pur vero che questi fattori possono giocare in funzione di un aggravio di certi costi e quindi avere un'incidenza sulla competitività della borsa in confronto con altri tipi di mercato.

Un altro settore rilevante per il mercato borsistico è rappresentato dalla normativa penale. In molti paesi, infatti, vengono emanate norme penali al fine di assicurare l'ordinato svolgimento delle attività di borsa. E ancora: grande rilievo per il mercato borsistico assume il settore della normativa tributaria dettata all'interno di ciascun ordinamento. E ciò non solo per quanto concerne direttamente i tributi gravanti sugli affari di borsa, ma più in generale con riguardo ai sistemi impositivi adottati nei confronti delle società e degli operatori economici (dato che, ad esempio, molto spesso questi sistemi possono essere tali da spingere le società a preferire forme esterne di finanziamento in luogo dell'autofinanziamento che potrebbe essere realizzato con il ricorso al mercato dei capitali e alla borsa).

In stretto rapporto con la disciplina giuridica delle attività di borsa sono, poi, tutte le norme riguardanti la consegna e il deposito dei titoli. Esse hanno rilevanza da un duplice punto di vista, sia nazionale, sia internazionale, poiché il trasferimento dei titoli può avvenire all'uno e all'altro livello.Infine, un quadro di riferimento generale, tanto per l'organizzazione quanto per il funzionamento della borsa, è rappresentato dall'insieme delle norme e delle prassi che, all'interno di ogni singolo ordinamento, definiscono ed esprimono la disciplina del mercato dei capitali. Ove però si guardi a tale disciplina dall'angolo visuale delle influenze sul movimento dei capitali e sulle connesse istituzioni, di nuovo la constatazione che emerge è che esistono differenze notevoli tra i vari ordinamenti.

4. Cenni sull'ordinamento delle borse valori in Italia

Vi sono, oggigiorno, borse valori istituite in più di cinquanta paesi del mondo. Le normative in materia vigenti nei principali paesi, in parte inserite in una più ampia normativa sui titoli mobiliari, possono essere consultate in varie raccolte (v. Bley, 1977; v. Bloomenthal, 1985; v. Bremer, 1969, pp. 155 ss.; v. Cook, 1964; v. Jura Europae, 1974; v. Obst e Hintner, 1988³⁸, pp. 1054 ss.; v. Robinson, 1980; v. Rosen e Pollack, 1986). Tenuto conto dei limiti e della destinazione della presente esposizione, può essere qui utile concluderla con qualche breve cenno all'organizzazione delle borse valori italiane.Come è stato già ricordato in precedenza (v. cap. 2), in Italia il primo intervento organico in materia si ebbe con la legge del 20 marzo 1913, n. 272, che (unitamente al suo regolamento di attuazione, di cui al regio decreto 4 agosto 1913, n. 1.068) costituisce ancora oggi il testo sul quale si fonda l'ordinamento, a carattere pubblicistico, delle borse valori italiane. Questo ordinamento è stato però profondamente innovato con l'emanazione della legge del 7 giugno 1974, n. 216, la quale, pur mantenendo ferma l'originaria organizzazione pubblicistica della borsa, ha riformato le attribuzioni in materia di controllo e vigilanza sul mercato mobiliare, trasferendole alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), istituita sul modello della Securities and Exchange Commission nordamericana. Altre leggi riguardanti struttura e competenze della CONSOB sono: la legge del 23 marzo 1983, n. 77, e più di recente la legge del 4 giugno 1985, n. 281. L'ordinamento delle borse valori italiane, di cui la più importante per volume d'affari è senza dubbio la borsa di Milano, può essere così descritto schematicamente (più in dettaglio v. Bianchi, 1987; v. Coltro Campi, Borsa valori..., 1988; v. De Marchi, 1982; v. Di Tommasi, 1982):

Ministero del Tesoro

CONSOB

Comitato direttivo degli            Camere di             Deputazione

agenti di cambio                        commercio            di borsa

Agenti di cambio.

Con l'eliminazione, a seguito della legge n. 281 del 1985, dei poteri di controllo in precedenza spettanti al ministro del Tesoro sulla CONSOB, quest'ultima è venuta acquistando, assieme alla personalità giuridica, una sua peculiare posizione autonoma nei confronti dell'autorità di governo. La Commissione, nella persona del suo presidente, è solo tenuta a informare il ministro del Tesoro "sugli atti e sugli eventi di maggior rilievo", mentre il ministro ha facoltà solamente di richiedere alla Commissione notizie e dati (con l'obbligo per la Commissione di trasmetterglieli).

La CONSOB esercita un'ampia gamma di funzioni di controllo e vigilanza, nonché di competenze regolamentari concernenti l'organizzazione e il funzionamento del mercato borsistico e più in generale del mercato mobiliare. È stabilito dalla legge che la Commissione, nell'esercizio della vigilanza sulle borse valori, possa adottare "i provvedimenti necessari per assicurare il regolare andamento degli affari nelle singole borse, sentiti la deputazione di borsa e il comitato direttivo degli agenti di cambio". Questa attribuzione si aggiunge alla previsione di poteri specifici, tra i quali possono ricordarsi quello consistente nello stabilire annualmente il calendario di borsa e quello di disciplinare i requisiti per l'ammissione alla quotazione, i tipi di contratti ammessi, i sistemi di quotazione, le modalità di accertamento dei prezzi e di formazione del listino, le tariffe di mediazione, gli importi minimi negoziabili e così via. Inoltre compete alla Commissione il potere di sospendere la quotazione dei titoli. Alla Commissione compete pure il potere di raccomandare l'apertura o la chiusura in determinati luoghi di borse valori, mentre la decisione finale al riguardo spetta al ministro. Ma l'ampiezza di funzioni e competenze della CONSOB è tale da non poter essere qui esaminata in dettaglio.

Sempre sotto il profilo dell'assetto del sistema borsistico italiano, vanno menzionati poi i cosiddetti organi locali di borsa, e cioè le camere di commercio, la deputazione di borsa e il comitato direttivo degli agenti di cambio.Le camere di commercio sono state private (a favore della CONSOB), dalla già ricordata riforma del 1974, di ogni potere sia in materia di istituzione delle borse, sia in materia di ammissione dei titoli alla quotazione e di revoca della quotazione, nonché - in via generale - di regolamentazione del mercato e delle singole borse. All'ente camerale resta la competenza a provvedere per tutto quanto concerne gli adempimenti organizzativi, consistenti nella messa a disposizione dei locali dove si tengono le riunioni di borsa, come pure del personale addetto, e altri compiti connessi.

La riforma del 1974 ha altresì modificato profondamente struttura e compiti della deputazione di borsa. Secondo la previgente disciplina, la deputazione aveva il compito di sorvegliare l'andamento della borsa e di provvedere alla polizia della borsa. Attualmente la principale competenza di questo organismo collegiale concerne l'amichevole componimento di tutte le controversie insorte in conseguenza di affari conclusi in borsa, al quale la deputazione provvede su concorde richiesta delle parti e sempre che le stesse non chiedano che l'amichevole componimento venga deferito, invece, al comitato direttivo degli agenti di cambio. Altro compito della deputazione è quello di tenere l'albo degli esclusi dalla borsa.

Per quanto riguarda le competenze del comitato direttivo degli agenti di cambio, esse sono attualmente fissate da un atto normativo del 1975 e concernono specificamente l'amministrazione dei fondi individuali (cauzioni) degli agenti di cambio e del fondo comune (a garanzia, oltre alla cauzione, dei creditori dell'agente di cambio divenuto insolvente); la liquidazione delle insolvenze notorie o formalmente accertate prima della chiusura mensile; gli atti e adempimenti relativi al procedimento di liquidazione coattiva dei contratti di borsa; la comunicazione quotidiana delle quotazioni dei consolidati e dei cambi al ministro del Tesoro e alla CONSOB; infine il deposito presso la camera di commercio dei libri degli agenti di cambio cessati.

Organo delle borse valori suole essere altresì denominato, sia pure impropriamente, l'agente di cambio. Gli agenti di cambio occupano in borsa una posizione del tutto particolare, in quanto svolgono, oltre che un'attività economica di intermediazione, numerose altre funzioni riconducibili all'attività istituzionale della borsa (come mercato ufficiale dei valori). Si tratta in complesso di funzioni di rilievo pubblico, per l'esercizio delle quali è attribuita agli agenti di cambio la qualifica di 'pubblico ufficiale', funzioni consistenti, tra l'altro: nella vendita all'incanto dei titoli quotati; nell'esecuzione coattiva delle operazioni di borsa; nell'accertamento del corso dei cambi; nella negoziazione dei valori pubblici 'alle grida' (attività, quest'ultima, a essi riservata, anzi, in via esclusiva o di monopolio); e così via. I compiti e doveri professionali degli agenti di cambio sono per lo più regolati, quanto alle loro modalità di espletamento, da norme deontologiche. Nell'esercizio della loro attività, infine, gli agenti di cambio possono avvalersi di ausiliari, detti procuratori (quando la collaborazione da essi prestata attiene in via generale all'attività di intermediazione) o rappresentanti 'alle grida' (quando la collaborazione ha, invece, a oggetto compiti strettamente attinenti all'attività di negoziazione 'alle grida').

La situazione di monopolio a favore degli agenti di borsa non esclude che altri soggetti possano svolgere attività di intermediazione in affari di borsa, fermo però restando per essi il divieto di accedere direttamente al recinto delle grida. Rientrano in questa categoria di intermediari sia i cosiddetti commissionari di borsa (tanto persone fisiche, quanto persone giuridiche), sia gli istituti di credito (a taluni dei quali è peraltro riservato da leggi speciali un trattamento giuridico particolare). Per quanto concerne questi istituti, c'è da dire che è consentito che un loro rappresentante sia ammesso, come osservatore, al recinto delle grida.

Accanto al mercato ufficiale esiste il cosiddetto mercato ristretto, come segmento ulteriore del mercato mobiliare. Sorto intorno agli anni trenta, poco alla volta esso è venuto acquistando un carattere quasi ufficiale, per essere infine regolamentato con la legge del 23 febbraio 1977, n. 49, e con successive deliberazioni della CONSOB. È stato così previsto che, parallelamente alle borse, siano autorizzati a operare altri mercati ufficiali con un'organizzazione solo in parte diversificata da quella delle prime e sotto il controllo della più volte citata Commissione Nazionale per le Società e la Borsa. Norme particolari sono state dettate per quanto concerne l'ammissione dei titoli (azioni, obbligazioni, obbligazioni convertibili in azioni) alle negoziazioni nel mercato ristretto (detto anche secondario). L'ammissione può avvenire sia su domanda della società emittente, sia d'ufficio (eventualità, quest'ultima, che trova la sua giustificazione nell'esigenza di predisporre un mezzo di controllo in un mercato ufficiale, con precise garanzie a tutela del pubblico dei risparmiatori, per titoli che, pur non essendo quotati in borsa, sono oggetto di frequenti negoziazioni, con ricorrenti tendenze fortemente speculative, senza tuttavia che ricorrano i presupposti di una certa, stabile e larga diffusione che consentirebbe la quotazione d'ufficio in borsa).Si deve infine segnalare l'esistenza di un terzo mercato in cui gli affari sono trattati a mezzo del servizio telefonico, e dove oggetto di negoziazione sono tutte le specie di titoli che non sono quotati in nessuno dei mercati predetti.(V. anche Banca e sistema bancario).

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