BORGIA, Giovanni, detto l'Infante romano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BORGIA, Giovanni, detto l'Infante romano

Gaspare De Caro

Nacque a Roma nel 1498, in circostanze che rimangono tuttora alquanto misteriose.

Pare accertato che fosse figlio di papa Alessandro VI, come dichiarava una bolla pontificia del 1º sett. 1501, sebbene un'altra bolla papale dello stesso giorno lo dicesse figlio di Cesare Borgia: una contraddizione probabilmente spiegabile con preoccupazioni di opportunità e con il fatto che, verosimilmente, il documento attestante la paternità di Alessandro VI era destinato a rimanere segreto. Comunque, per i contemporanei, era questo uno dei tanti misteriosi eventi di casa Borgia, dei quali si parlava pubblicamente con le illazioni più fantasiose e sconcertanti e di cui anche nei documenti ufficiali si davano le interpretazioni più ambigue e curiose: nei capitoli degli accordi tra il Valentino e i suoi capitani ribelli, del novembre 1502, si fa per esempio cenno al B. quale "fratello, nepote et figliolo de epso ill.mo duca de Romagna" (Sacerdote, p. 474), senza alcuna preoccupazione per la improbabilità di una simile qualificazione. Ancora più impenetrabile è il mistero intorno alla madre del B.: gli stessi documenti pontifici sopra citati lo dicono figlio di una "mulier soluta", forse da identificare in Giulia Farnese; ma non mancarono tra i contemporanei - e tra questi Iacopo Sannazzaro, Francesco Guicciardini e Giovanni Pontano - le voci, peraltro improbabili, che lo volevano figlio incestuoso del papa e di Lucrezia Borgia, o di questa e del duca Valentino.

Il B. appare comunque per la prima volta nelle cronache del pontificato borgiano nel 1501, quando Alessandro VI, nel corso del suo ambizioso programma di unificazione politica dello Stato della Chiesa ai danni della grande feudalità, colse un primo importante successo espropriando dei loro feudi due tra le principali famiglie baronali del Lazio, i Colonna e i Caetani. In questa occasione, con un provvedimento tipico delle inclinazioni del pontificato, che sposava quel programma politico ai suoi grandi sogni dinastici, Alessandro VI preferì attribuire gli stati espropriati ai congiunti, piuttosto che devolverli direttamente al patrimonio della Chiesa: il B. fu pertanto investito del ducato colonnese di Nepi, comprendente, con altri feudi minori, Palestrina, Paliano, Frascati e Anticoli, mentre le terre dei Caetani venivano attribuite a un altro infante di Casa Borgia, il piccolo Rodrigo, figlio di Lucrezia e di Alfonso d'Aragona.

Nuovi ingrandimenti riservava al B., almeno nominalmente, l'impresa di Romagna. Catturato infatti nel 1502 il Signore di Camerino Giulio Cesare Varano, Cesare Borgia si appropriò di quelle terre che papa Alessandro eresse in ducato e attribuì al Borgia. Camerino andò poi perduta durante la rivolta dei condottieri del Valentino, e tornò a insignorirsene Gian Maria Varano; ma già nel dicembre di quello stesso anno 1502 Cesare Borgia ne rientrava in possesso, subito dopo la strage di Senigallia, e il ducato veniva nuovamente attribuito all'"infante romano".

In troppo giovane età per apprezzare il vantaggioso momento della sua famiglia, il B. visse inconsapevolmente anche la sua disgrazia, seguita alla morte di Alessandro VI. Allora, per sfuggire alla minaccia degli Orsini che gravava sui congiunti del papa, nonostante la protezione accordata a Cesare e ai suoi dal nuovo pontefice Pio III, il Valentino si rifugiò in Castel Sant'Angelo, portando con sé, tra gli altri, anche il suo "fratello, nepote et figliolo". Eletto quindi al pontificato Giulio II, il B. fu condotto a Napoli dal suo congiunto, il cardinale Ludovico Borgia, che pose se stesso, l'infante e il piccolo Rodrigo Borgia sotto la protezione del gran capitano, Consalvo di Cordova, ottenendo di rimanere con loro nel Regno sostanzialmente indisturbato anche dopo che Consalvo obbedì all'ingiunzione dei re Cattolici di imprigionare e di inviare in Spagna Cesare Borgia, che pure aveva trovato rifugio a Napoli.

Morto nel 1511 il cardinale suo protettore, il B. fu chiamato alla corte ferrarese presso Lucrezia e Alfonso d'Este: costui dimostrò così di non prestare orecchio alle voci di una maternità incestuosa della moglie, tanto più che si era invece opposto fermamente ad accordare ospitalità al figlio che ella aveva avuto legittimamente da Alfonso d'Aragona. Alla corte estense il B. raggiunse così, privo ormai di titoli e di mezzi ma non di benevoli protettori, le soglie della virilità: allora Alfonso d'Este lo inviò alla corte francese, caldeggiando per lui una adeguata sistemazione da Francesco I, sempre benevolo verso i desideri dell'alleato ferrarese. Alla corte dei Valois il B. visse oscuramente negli anni che seguirono: poiché i documenti tacciono su di lui, è presumibile che non si mettesse in alcun modo in evidenza, neanche con qualche consistente beneficio da parte di Francesco I. Nel 1518, mentre il B. era alla corte di Francia, Lucrezia Borgia mandò a Napoli un suo agente "per occurrentie et pratiche del fratello signor don Juane" (Ronchini, p. 37), non meglio precisabili.

Ancora in Francia, alla morte di Lucrezia, nel 1519, il B. mandava al duca Alfonso una lettera di condoglianze che si è conservata, nella quale si dichiarava afflittissimo per la notizia, che "nel mondo no podia ser mas dolorosa", che gli era giunta di quell'evento luttuoso. Questa lettera è biograficamente interessante, poiché testimonia che il B., come la stessa Lucrezia, accettava esplicitamente la versione della sua nascita data da Alessandro VI (chiamava infatti Lucrezia "la señora duquessa mi ermana"; Sacerdote, p. 474), e perché documenta la formazione spagnola del B., con l'uso perdurante del castigliano, nonostante la sua educazione svoltasi tutta in Italia e al di fuori della stessa famiglia Borgia.

L'ultima notizia relativa al B. risale al 1530: in quest'anno egli si rivolgeva al suo antico protettore Alfonso I d'Este, scrivendogli dalla corte francese dove ancora viveva, per sollecitarne l'autorevole intervento presso papa Clemente VII, affinché gli fosse restituito il ducato di Camerino. Tali speranze dovevano essere naturalmente deluse, quale che fosse l'effettiva entità dell'intervento del duca Alfonso, del quale peraltro non si ha la minima notizia: il processo di unificazione politica dello Stato ecclesiastico era ormai un fatto compiuto e il secondo papa Medici non intendeva in alcun modo rinnegare una eredità alla quale lo stesso padre del B., sia pure con tutti gli equivoci e le ambiguità delle commistioni dinastiche, aveva dato il più rilevante dei contributi. Non si hanno altre notizie sul B., e se ne ignora anche la data di morte; il Bertelli - ma la notizia è incontrollabile - lo dice morto dopo il 1548.

Fonti e Bibl.: N. Machiavelli, Legazioni e commissarie, a cura di S. Bertelli, Milano 1964, pp. 315, 324, 544, 546, 600, 1681; A. Ronchini, Documenti borgiani dell'Arch. di Stato di Parma, in Atti e mem. delle R. Deputaz. di st. patria per le prov. dell'Emilia, I (1877), p. 37; L. von Pastor, Storia dei papi…, III, Roma 1925, ad Indicem; G. Sacerdote, Cesare Borgia,la sua vita,la sua famiglia,i suoi tempi, Milano 1950, ad Indicem;M. Oliver y Hurtado, D. Rodrigo de Borja (Alejandro VI). Sus hijós i descendientes, in Boletín de la Real Academia de la historia, IX (1886), p. 415; G. Navone, Paliano, in Archivio della R. Società romana di storia patria, XLIII (1920), p. 369.

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