Borghesia

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L’insieme degli appartenenti al cosiddetto ceto medio, che vivono del loro reddito o esercitano il commercio, l’industria o una professione libera.

La parola burgenses appare la prima volta in Fiandra nel 1066 e designa gli abitanti del ‘borgo’ nelle rinascenti città. Quando, con l’affermarsi del comune, la civitas si fonde con il borgo, la contrapposizione è tra cittadini (borghesi) e contadini. In Italia, sorge nel 13° sec. una classe di persone che attende al commercio, alle operazioni finanziarie, all’industria; e anche di giuristi, notai, letterati, che dominano la vita intellettuale della città e sono indispensabili al governo. Due sono le sue caratteristiche: il possesso della ricchezza mobiliare e la lotta contro i privilegi di clero e feudalità. Nell’Europa orientale (salvo in Boemia) si parlerà di una b. solo dalla metà del 19° sec.

Rilevante, secondo M. Weber (➔), nella formazione di una mentalità borghese-capitalistica, è l’etica protestante e in particolare il calvinismo che, con l’esortazione perentoria ad agire nel mondo e la dottrina della predestinazione, impegna al dovere di esercitare un lavoro. La b. elabora dunque una serie di valori – impegno mondano, rivalutazione dell’attività economica, separazione della sfera della vita privata – che diventano (dal 18° sec.) elementi di un’autonoma concezione del mondo.

Già nel 16° sec., con lo sviluppo dei grandi Stati moderni, una parte della b. assunse importanti funzioni amministrative. In particolare in Francia, il peso crescente della burocrazia regia e degli uomini di cultura nella vita della nazione fanno sì che la b., sempre più conscia di sé e della sua forza, si ponga, come terzo stato, fuori e poi contro gli altri due (nobiltà e clero), e infine come legittimo rappresentante della Francia nella sua totalità (Rivoluzione francese). Analogo lo sviluppo della b. in altri paesi, maturatosi già prima in Inghilterra, poi nel resto dell’Europa occidentale. Già nel 19° sec. è presente la distinzione tra la b. capitalistica e la classe costituita da artigiani, professionisti, piccoli possidenti, commercianti, che, con caratteristica di ceto medio o Mittelstand, è relativamente aperta verso l’alto e verso il basso e destinata a ricevere l’apporto dei nuovi strati impiegatizi.

Secondo la dottrina marxista, la b. capitalistica, detentrice di privilegi nuovi derivanti dal monopolio dei mezzi di produzione, va combattuta sino all’ascesa al potere del proletariato e alla creazione di una società «senza classi». Per i teorici della moderna società pluralistica invece la b. ha cessato di essere un ceto chiuso: la rivoluzione tecnologica, l’ascesa sociale di un ceto di tecnici e di impiegati, la diffusione nelle società industriali avanzate di forme di azionariato di massa, le hanno dato un aspetto nuovo e dinamico, immune da posizioni di privilegio esclusivo. In questo contesto, invertendo la previsione marxista sulla proletarizzazione nella società a sviluppo capitalistico, è piuttosto la b. nel suo insieme che sembra ridisegnare la stessa struttura della stratificazione di classe nei sistemi a economia terziaria. Pertanto nelle società di capitalismo maturo, secondo P. Sylos Labini, le linee delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito e nelle relative posizioni di status passano all’interno stesso della b., creando altrettanti sottogruppi (b. vera e propria, piccola b. impiegatizia, b. generica).

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