BONIFACIO II, marchese di Monferrato

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BONIFACIO II, marchese di Monferrato

Axel Goria

Unico figlio maschio del marchese Guglielmo VI e di Berta di Clavesana, nacque probabilmente verso la fine del 1201 o al principio del 1202. L'11 ott. 1223, su invito del vescovo di Modena, legato papale, giurò nel monastero di Fruttuaria che si sarebbe adoperato perché il padre entro un anno dalla ventura festa di S. Giovanni Battista partisse alla volta dell'Oriente con cinquanta cavalieri bene armati. Mentre il messo imperiale Bertoldo di Castagnole governava il Moriferrato, che nel marzo del 1224 il marchese Guglielmo aveva dato in pegno a Federico II per un prestito di 9.000 marchi d'argento, lo stesso B. fece parte della piccola spedizione, imbarcatasi, dopo qualche mese di forzato soggiorno nell'Italia meridionale a causa di una malattia di Guglielmo, nella primavera del 1225.

Morto Guglielmo il 17 sett. 1225 in Tessaglia, B. con i pochi superstiti prese la via del ritorno e, probabilmente nella primavera del 1226, assunse il governo del marchesato. Il 28 agosto dello stesso anno strinse a Vignolo un patto di fraterna amicizia con il cugino Manfredo III di Saluzzo; ciascuno dei due contraenti s'impegnava a lasciare, in caso di morte senza eredi diretti, tutti i propri beni all'altro. Poco buone erano le relazioni di B. con l'imperatore; egli non era in grado di saldare il debito contratto dal padre e, forse, da parte imperiale s'era fatta qualche difficoltà alla sua assunzione al potere. Verso la fine dell'estate o all'inizio dell'autunno, B. aderì alla rinnovata lega lombarda; infatti un suo rappresentante partecipò all'assemblea tenuta il 21 novembre in Bologna dai delegati dei Comuni membri di essa. Quando, in principio del 1227, la mediazione di papa Onorio III portò ad una temporanea riconciliazione tra l'imperatore e la lega, Federico II, pur comprendendo il marchese nel generale perdono, si riservò nei suoi confronti ogni diritto derivantegli dal debito contratto da Guglielmo e dal conseguente pignoramento. Si spiega quindi come B., stringendo il 19 apr. 1227 un'alleanza con Asti contro Alessandria, abbia escluso di poter muover guerra agli Alessandrini nel caso della presenza dell'imperatore o di un suo legato in Lombardia, a meno ch'egli si fosse rappacificato con lui.

Un tentativo di mediazione del Comune di Milano tra quelli di Asti e di Genova, da una parte, e quelli di Alessandria, Tortona e Alba, dall'altra, rese inoperante, per tutto il 1227 e i primi mesi del 1228, l'alleanza astigiano-monferrina, che, a richiesta degli Astigiani, era stata confermata dal marchese il 21 maggio 1227.

Nel frattempo B. il 18 genn. 1228 negoziò in Avigliana con il conte Tommaso I di Savoia il proprio matrimonio con Margherita, figlia del primogenito del conte, ma le nozze furono differite a causa dell'età infantile della sposa. Poco dopo B. regolò la sua posizione feudale nei riguardi dei vescovi di Torino e di Ivrea per le terre che da loro riconosceva, prestando loro l'omaggio e ricevendo l'investitura rispettivamente il 26 gennaio e il 19 marzo 1228.

Fallita la mediazione milanese, B. il 18 ag. 1228 rinnovò con Asti l'alleanza antialessandrina, alleanza cui aderì anche Genova; nell'estate e nell'autunno si adoperò per riconciliare con Asti i marchesi di Saluzzo, di Busca, di Ceva e del Carretto, in modo da formare un solido blocco antialbese e antialessandrino. Negli ultimi mesi si combatté a più riprese nelle valli del Belbo e del Tanaro. La lotta dovette essere favorevole a B. e ai suoi alleati: la notizia di una vittoria milanese avvenuta il 6 maggio presso Vignale, riferita dal cronista quattrocentesco Antonio Astesano, non trova conferma in alcuna fonte sincrona. Risulta invece che solo nella tarda primavera del 1230 un esercito della lega lombarda accorse in aiuto di Alessandria; dopo aver devastato le campagne monferrine, esso pose l'assedio al castello di Mombaruzzo, che s'arrese il 21 giugno, B. dovette allora piegarsi ad accettare i patti imposti dalla lega, e cioè rientrare in essa e rimettersi al suo arbitrato circa le sue vertenze con gli Alessandrini. Ma B. non sopportò a lungo la sottomissione e si strinse più fortemente al conte di Savoia e al marchese di Saluzzo. Nello stesso anno, o, al più tardi, all'inizio della primavera del 1231, aggredì infatti di sorpresa le truppe milanesi che, attraverso il suo territorio, muovevano contro il conte di Savoia e il marchese di Saluzzo, facendo alcuni prigionieri. Pare che, in seguito, abbia partecipato anche alla lotta combattuta nel Cuneese contro l'esercito della lega e che si sia reso corresponsabile dell'uccisione del suo condottiero, il milanese Uberto di Ozino. La vendetta non si fece molto attendere. La stessa capitale del marchesato, Chivasso, fu assediata il 27 maggio 1231 da milizie milanesi e vercellesi: ad onta degli sforzi compiuti dal marchese per soccorrerla, essa fu costretta a capitolare il 15 settembre. Vani furono i tentativi di B., aiutato dai feudatari canavesani, per liberarla dall'occupazione dei collegati; Chivasso fu restituita al marchese solo il 6 maggio 1232, dopo ch'egli si fu accordato con i Milanesi, accettandone tutte le imposizioni, fra cui quella di riconoscere in feudo da loro il marchesato. B. rimase nell'orbita del potente Comune fin dopo la battaglia di Cortenuova, anche se la sua adesione alla politica della lega lombarda appare più passiva che attiva.

Nulla sappiamo circa le vicende della guerra con Alessandria in quegli anni; nei patti che B. stipulò con gli Albesi il 27 febbr. 1233, egli, tra l'altro, promise loro il suo appoggio militare contro gli Astigiani nel caso in cui fossero riusciti a rappacificarlo entro l'aprile con gli Alessandrini, purché questi ultimi accettassero di prestargli il giuramento di fedeltà, come l'avevano prestato a suo padre. Ma non se ne fece nulla. Lo stato di guerra, secondo lo Schiavina (che però scriveva verso la fine del sec. XVI o al principio del XVII), durava ancora negli anni 1235 e 1236. Forse è da collegarsi alla lotta con Alessandria, se pure non è dovuta alla continua indigenza di denaro in cui B. si trovava e che lo costringeva a contrarre debiti con i banchieri ora dell'una ora dell'altra città vicina, la cessione del castello e della villa di Novi, da lui fatta il 2 dic. 1232 al Comune di Tortona per 5.700 lire pavesi. Buone relazioni invece mantenne in quegli anni con Genova e con Torino.

Al principio del novembre del 1235, gravemente ammalato, in un momento in cui, forse, le sue relazioni con Manfredo di Saluzzo non erano ottime, B. fece testamento, lasciando erede universale il nipote Guigonetto, figlio di sua sorella Beatrice e del delfino Andrea, conte d'Albon e di Vienne. Il marchese, tuttavia, guarì e il 9 o il 10 dicembre di quello stesso anno 1235, in Chivasso, celebrò il matrimonio con Margherita di Savoia.

In quell'occasione il conte Amedeo IV pare avesse promesso a B. e all'altro suo genero Manfredo di Saluzzo di lasciare loro in eredità, qualora fosse morto senza eredi maschi, quanto possedeva di qua dalle Alpi, dal Cenisio a Barge. In realtà i rapporti di B. con il suocero, che cercava di barcamenarsi tra i due generi e il fratello Tommaso, al quale aveva in precedenza infeudato i territori promessi a quelli, furono quasi sempre difficili; a un certo momento Margherita, recatasi a visitare il padre, fu impedita di tornare presso il marito. Solo dopo un lodo del marchese di Saluzzo, emesso in Avigliana il 19 marzo 1241, B. poté riavere la moglie, da cui gli nacquero poi Guglielmo e Alasia, entrambi ancora impuberi alla morte del padre.

Dopo la battaglia di Cortenuova, B. s'era accostato all'imperatore, presso il quale lo troviamo a Torino nella seconda metà del febbraio 1238. Nel marzo l'aveva probabilmente accompagnato a Cuneo e ad Alba e quindi, dopo una nuova sosta a Torino al principio d'aprile, l'aveva scortato verso la fine del mese a Pavia e di qui, nel maggio, a Cremona. Nell'ultima decade di maggio e al principio di giugno aveva preso parte a una spedizione che, sotto la guida del marchese Manfredi II Lancia, aveva dato il guasto per diciotto giorni al territorio alessandrino. Nel settembre aveva preso parte all'assedio di Brescia. A premiarlo di questi servizi e per legarlo maggiormente alla propria causa, il 31 ag. 1239 Federico II gli concesse l'investitura dei feudi già tenuti dagli antenati; inoltre rinunziò a ogni diritto sull'eredità di Demetrio, zio di Bonifacio e re nominale di Tessalonica - che prima di morire aveva fatto testamento a suo favore - e a ogni rivendicazione che suo figlio Corrado potesse avanzare sull'eredità del bisnonno Corrado di Monferrato. B. rimase fedele alla causa imperiale fin verso la fine del 1242. Pare anzi che Federico gli abbia concesso a un certo momento il titolo di vicario dell'Impero in Lombardia, giacché in tale veste al principio del maggio 1240 B. ammoni i Saviglianesi a non molestare gli abitanti di Cavallerleone, sudditi del marchese di Saluzzo. Nell'estate del 1241 partecipò a una spedizione dell'esercito imperiale, guidato da Marino da Eboli, contro il territorio genovese.

Verso la fine del 1242, promettendo una forte somma di denaro, i Comuni di Genova, Milano e Piacenza indussero B. e altri marchesi aleramici del Piemonte meridionale a passare al campo guelfo. Nel gennaio 1243 B. e gli altri feudatari giurarono in Genova di fare guerra ai nemici della Chiesa e dei Comuni guelfi. Al principio di marzo, tuttavia, invece di recare, come aveva promesso, aiuto ai Genovesi impegnati contro Savona, B. andò a Milano per abboccarsi con il legato papale Gregorio da Montelongo. Il 15 marzo presenziò in Angera alle trattative tra il legato e i rappresentanti del Comune di Milano da una parte, e gli inviati del Comune di Vercelli dall'altra, per il passaggio di quest'ultimo a parte guelfa; probabilmente per favorire lo sviluppo e la conclusione delle trattative si recò poco dopo a Vercelli, dove era il 26 0 il 27 marzo. La mediazione di B. non era disinteressata; non ci è rimasto il testo dei trattati ch'egli, nel corso del 1243, stipulò con i Comuni di Milano e di Vercelli, ma, dagli accenni che troviamo in atti successivi, si inferisce ch'egli dovette averne in cambio compensi in denaro e, forse, in territori. Con Gregorio da Montelongo, nel giugno 1244, B. andò in aiuto dei Piacentini assediati da re Enzo. Nel luglio si recò a Genova per rendere omaggio a papa Innocenzo IV. Morto a metà dell'ottobre 1244 il marchese Manfredo III di Saluzzo, B. assunse, per desiderio dell'estinto, la tutela dei suoi figli minorenni Tommaso e Alasia. Il 1º novembre in Carmagnola ricevette giuramenti di fedeltà a nome del pupillo; subito dopo si recò a Santo Stefano Belbo per incontrarvi il papa, che poi scortò fino a Sant'Ambrogio in Val di Susa.

È assai probabile che egli già allora meditasse di passare di nuovo alla parte imperiale. Infatti, prima ancora della morte di Manfredo di Saluzzo, per mezzo di lui e del senese Aldobrandino Cacciaconte, re Enzo gli aveva fatto balenare, in cambio di una sua defezione, la promessa che l'imperatore avrebbe rinunziato all'esazione del debito contratto da suo padre. Comunque al principio del 1245 B., almeno pubblicamente, era ancora guelfo; il 13 gennaio in Ciriè prestò infatti l'omaggio feudale per le terre che riconosceva dalla Chiesa di Torino al vescovo eletto Giovanni Arborio, designato dal papa ma rifiutato dal clero torinese, e il 22 gennaio fu teste in Pianezza a un suo atto di rivendicazione. Il 22 aprile B. era ad Asti, con Amedeo IV e Tommaso II di Savoia; ne ignoriamo il motivo, ma è probabile che si trattasse di prendere accordi per una politica comune. Ed invero, quando nella seconda metà del luglio Federico II fu a Torino, sia il conte di Savoia sia il marchese di Monferrato si recarono a rendergli omaggio - B. chiese perdono e l'ottenne; ebbe la reinvestitura dei feudi e la remissione del debito. Nell'ottobre raggiunse l'imperatore a Pavia e lo seguì nella vana spedizione contro Milano. Tuttavia la sua disinvoltura nel cambiar parte, se provocava gli amari sarcasmi e le invettive dei guelfi, di cui è rimasta l'eco nei versi provenzali di Lanfranco Cigala, doveva, d'altra parte, suscitare la diffidenza dei ghibellini. Il 14 genn. 1246, nel suo castello di Ciriè, B. dovette promettere a re Enzo che dal 1º febbraio avrebbe dato in consegna al pavese Guido Marracco, in veste di podestà e capitano con amplissimi poteri, ben ventidue suoi castelli, tra cui anche Chivasso, se gli Astigiani, che l'avevano in pegno per un suo debito, avessero acconsentito.

Verso la fine del 1246 B. s'era di nuovo voltato a parte guelfa; nella seconda metà del dicembre a capo di forze milanesi, novaresi e vercellesi entrò in Torino con la complicità di una parte dei cittadini, ma non poté impadronirsi del castello; anzi, il rapido sopraggiungere di milizie ghibelline guidate da Federico, nipote dell'imperatore, lo costrinse ad abbandonare la città. Nell'estate del 1248 la vendetta dell'imperatore si abbatté pesante sulle sue terre attigue a Casale, mentre Pavesi e Alessandrini facevano man bassa su altre parti del suo territorio; quanto ai Comuni guelfi, nonostante le sollecitazioni papali, non gli inviarono gli aiuti promessi. Prima che l'anno fosse finito, mentre Federico II si trovava a Vercelli, la mediazione dei grandi feudatari dell'Italia occidentale rimise B. in grazia dell'imperatore, che gli diede in feudo il castello di Verrua, tolto al vescovo di Vercelli, e gli promise, sembra, altre concessioni, a patto ch'egli inducesse i fuorusciti di Alessandria e di Torino a fare atto di sottomissione.

Anche questa volta, però, si trattò di una conciliazione più fittizia che reale. B. era, verosimilmente, invidioso dell'influenza acquistata presso l'imperatore da Amedeo IV e da Tommaso II di Savoia dopo il matrimonio contratto da Beatrice di Savoia, vedova di Manfredo di Saluzzo; con Manfredi di Svevia; lo preoccupava altresì la decisione presa da Federico di costituire in Piemonte uno Stato per il figlio. Di più, il lodo a lui sfavorevole, che il suocero, nominato arbitro fin dal 22 febbr. 1247 delle sue vertenze con Tommaso di Savoia per l'omaggio feudale dei signori di Piossasco, emise il 14 genn. 1249 in Avigliana, dovette non poco amareggiare e irritare il marchese.

In un giorno imprecisato del gennaio o del febbraio 1249 B. s'incontrò sulla riva della Dora Baltea con Amedeo IV, Gualtieri di Ocra, vescovo eletto di Capua, e Manfredi II Lancia, rappresentanti dell'imperatore, i quali si dissero pronti a mantenergli le promesse fattegli purché i fuorusciti torinesi si sottomettessero all'autorità imperiale entro il 14 marzo. Poiché ciò non poté avvenire, Tommaso II di Savoia ed il vescovo eletto di Capua, in un nuovo colloquio con B. presso Altessano, gli intimarono di dare i castelli di Chivasso, San Raffaele, Lu e Vignale in custodia a Uberto di Moritmellian, che doveva tenerli in nome del conte di Savoia (14 marzo 1249). Il marchese chiese che gli fossero concessi due giorni di tempo per consigliarsi con i fuorusciti torinesi, ciò che gli fu accordato. Non sappiamo che cosa sia poi avvenuto, ma qualche benevolo accenno a B. in documenti papali fa supporre che egli si sia riavvicinato a Innocenzo IV. Quando questi, nel 1251, tornò in Italia e si recò da Genova a Milano, attraversando il Monferrato, fu ospitato da B. nel castello di Pontestura; durante il suo soggiorno, il marchese si rese garante delle promesse fatte da Tommaso II al vescovo di Torino (3 luglio).

Il 13 dic. 1252, al fine di riacquistare le terre toltegli dagli Alessandrini e da Manfredi II Lancia, B. si adattò a stringere una gravosa alleanza con il Comune di Pavia e con Oberto Pelavicino, al quale riconobbe il diritto di scegliere il podestà non solo per le terre monferrine ma anche per Saluzzo. In compenso l'ostilità del marchese Lancia gli valse la buona grazia del re dei Romani Corrado IV, che acconsentì a concedergli in feudo, il 4 maggio 1253, oltre le terre avite, anche Casale e altri luoghi che erano nelle mani del ribelle Lancia.

B. non ebbe tempo di rallegrarsene. L'11 e il 12 maggio 1253 lo vediamo ancora una volta adempiere in Saluzzo al suo ufficio di tutore del giovinetto Tommaso; il 12 giugno egli fece testamento in Moncalvo, designando un Consiglio di reggenza per il figlio e per il pupillo e raccomandando il primo alla protezione del Comune di Pavia, il secondo a quella di Asti. Lo stesso giorno morì; è insostenibile la tesi esposta da Galeotto Del Carretto e da Benvenuto di San Giorgio che, seguiti da qualche storico moderno, lo vogliono defunto nel 1254. Fu sepolto nel monastero di Lucedio.

Fonti e Bibl.: Le fonti narrative sincrone più informate sono: Cafari et continuatorum Annales ianuenses, a cura di G. H. Pertz, in Mon. Germ. Hist.,Scriptores, XVIII, Hannoverae 1863, pp. 171, 174, 208-210, 215, 217; Annales Placentini guelfi,ibid., pp. 449-453; Annales Placentini gibellini,ibid., pp. 479, 482, 486 s., 489, 491, 496 s. Dei primi si può vedere anche l'edizione curata da C. Imperiale di Sant'Angelo, III, Roma 1923, Fonti per la storia d'Italia, XIII, pp. 39 s., 49 s., 112, 118, 124, 140-143, 154-156, 160 s.; dei secondi quella curata da O. Holder-Egger, col titolo Iohannis Codagnelli Annales placentini, in Mon. Germ. Hist.,Scriptores Rer. Germ. in usum scholarum, Hannoverae et Lipsiae 1901, pp. 99-109. Scarsa importanza hanno le tarde cronache monferrine di G. Del Carretto, in Hist Patr. Mon.,Scriptores, III, Augustae Taurinorum, 1848, coll. 1148, 1150-53, e di B. di San Giorgio, ibid., coll.1322-1324, e in L. A. Muratori, Rerum Italic. Script., XXIII, Mediolani 1733, coll. 381-389, come pure il De eius vita et fortunae varietate carmen di A. Astesano, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., XIV, 1, a cura di A. Tallone, pp. 73 s., vv. 2245-2284, e gli Annales Alexandrini di G. Schiavina in Hist. Patr. Mon.,Scriptores, IV, Augustae Taurinorum 1863, coll.209-211, 214, 227 s., 229. Per l'invettiva di L. Cigala, cfr. F. A. Ugolini, La poesia provenzale e l'Italia, Modena 1939, pp. 99-102. Per i rapporti di B. con l'Impero e il Papato, cfr. J. L. A. Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi, II, 2, Parisiis 1852, p. 719; III, ibid. 1852, p. 254; IV, 1, ibid. 1854, p. 432; IV, 2, ibid. 1855, p. 705; V, 1, ibid. 1857, pp. 176, 199s., 203, 217 n., 230, 380-382, 386; VI, 1, ibid. 1860, pp. 316, 329 ss.; VI, 2, ibid. 1861, pp. 584, 637, 642, 655, 673, 916, 936; E. Winkelmann, Acta Imperii inedita saeculi XIII, I, Innsbruck 1880, nn. 288, 340-347, 605, 661. 688, 733; II, ibid. 1885, n. 1039; Monumenta Germ. Hist.,Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum romanorum selectae, a cura di G. H. Pertz-C. Rodenberg, I, Berolini 1883, nn. 319 s., 327, 332, 340, 342, 345, 349 s., 424, 531; II, ibid. 1887, n. 593; Les registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, II, Paris 1887, nn. 4173, 5059; Monumenta Germ. Hist.,Legum sectio IV, II, a cura di L. Weiland, Hannoverae 1896, nn. 109 s., 112 s., 177, 182, 208, 246, 252, 328; J. F. Böhmer-J. Ficker, Regesta Imperii, V, Innsbruck 1881-1882 ad Indicem (p. 2220). Si vedano inoltre C. Datta: Storia dei principi di Savoia del ramo d'Acaia, II, Torino 1832, nn. I s., IV; Hist. Patr. Mon.,Chartae, I, Augustae Taurinorum 1836, nn. DCCCLXXXII, DCCCXC, CMXV, CMXXI, CMLV, MXXXVIII; II, ibid. 1853, nn. MDCCCIV, MDCCCXIX s., MDCCCXXIX, MDCCCL, MDCCCLIII, MDCCCLXVI, MDCCCLXXXIII; XIX, Liber Potheris Comunis Civitatis Brixiae, ibid. 1899, n. CXXXVI; Codex astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella e P. Vayra, Roma 1880, II, n. 23; III, nn. 742, 914 s.; U. Chevalier, Regeste Dauphinois, II, Valence 1913, n. 7407. Cfr. anche F. Gabotto, Docc.torinesi per la storia delle relazioni fra Monferrato e Pavia, in Boll. stor. pavese, V (1905), pp. 133-146; I. Soffietti, Ricerche storiche su Verrua Savoia, in Riv. di storia,arte e archeologia per le prov. di Alessandria e Asti, LXXII (1963), pp. 14 s., 50 s. Non esiste una monografia esauriente su Bonifacio II. Per notizie su di lui si vedano V. Mandelli, Il Comune di Vercelli nel Medio Evo, I, Vercelli 1857, pp. 97, 120 s., 124. 139, 143-158, 166, 174, 213, 225 s., 230, 257 s., 251-253, 259-261, 275 s., 278, 291 s., 295, 315 s., 319-321; A. Bozzola, La politica imperiale di Bonifacio II di Monferrato e una pretesa donazione di Federico II, in Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino, XLV (1910), pp. 700-713; G. Marchetti-Longhi, La legazione in Lombardia di Gregorio da Montelongo negli anni 1238-1251, in Arch. della Soc. rom. di storia patria, XXXVI(1913), pp. 641-648; XXXVII (1914), pp. 149, 153, 158, 166-171, 175, 183 s., 188 s., 199, 219, 222; XXXVIII (1915), pp. 291 s., 298, 610, 660; T. Rossi-F. Gabotto, Storia di Torino, I, Torino 1914, pp. 234, 238, 239, 242, 254 s., 257, 259, 262, 265, 268, 272-277, 279 s., 285-289, 295-302; A. Tallone, Tomaso I marchese di Saluzzo (1244-1296), Pinerolo 1916, pp. 52 n. 1, 59-61, 63-70, 75-78, 81-88, 92-107; A. Bozzola, Un capitano di guerra e signore subalpino: Guglielmo VII di Monferrato, in Misc. di storia ital., s. 3, XIX, Torino 1920, pp. 285-296; F. Cognasso, Tommaso I ed Amedeo IV, Torino 1940, II, passim (cfr. ora Id., Il Piemonte nell'età sveva, Torino 1968, pp. 554-578, passim); L.Vergano, B. II di Monferrato e le sue relaz. con Alessandria, in Riv. di storia... per le prov. d'Alessandria e Asti, L (1941), nn. 1-2, pp. 5-33; LI (1942), nn. 1-2, pp. 5-49.

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