BIOMETRIA

Enciclopedia Italiana (1930)

BIOMETRIA (dal gr. βίος "vita" e μέτρον "misura")

Marcello BOLDRINI

È parola generica, con cui si designa l'esposizione sistematica delle indagini quantitative intorno ai fenomeni della vita. Essa è talora adoperata nel senso dell'altra, di significato particolare, biometrica, o scienza che studia statisticamente i problemi dell'ereditarietà e dell'evoluzione delle specie e degl'individui.

La biometria sorge, insieme con molte discipline naturalistiche, nel secolo XVII, dal fervore di studî suscitato dai grandi teorici dell'induzione e dal programma, tenacemente asserito e perseguito anzitutto da Galileo, di misurare tutto il misurabile e rendere misurabile quello che non si può immediatamente misurare. Pare tuttavia che se ne possano rintracciare due sorgenti abbastanza distinte. L'una consiste nell'introduzione del criterio misuratorio nello studio del singolo organismo, e, sotto il nome di medicina statica, si inizia nel 1614 con le celebri ricerche sui fenomeni del ricambio, di Santorio Santoro da Capodistria, collega a Padova di Galileo (1561-1636); l'altra pone l'esigenza del tutto nuova d'indagare collettivamente i fenomeni biologici delle popolazioni umane, con metodo enumeratorio, e, iniziata nel 1662 dal capitano londinese G. Graunt (1620-1674) prende, indi a poco, il nome di aritmetica politica, dalla quale si svolgerà la moderna demografia.

Gli studî di biometria si svilupparono con notevole rigoglio specialmente in Inghilterra, dove anche Santoro ebbe illustri seguaci. Essi trovarono, quivi, un terreno assai favorevole, e, fra la metà del sec. XVIII e il principio del XIX, tali studî dilagarono nel continente, concretandosi in alcune opere diventate famose.

Ma il grande fiorire della biologia quantitativa comincia nel sec. XIX, in seguito ai progressi della teoria delle probabilità, da cui ebbe grande impulso la tecnica statistica, e per l'esigenza di controllare e approfondire le vedute dei maggiori naturalisti intorno alle forme, alle origini e alla trasformazione delle specie.

Per cinquant'anni, fra il 1825 e il 1874, la storia della statistica e della demografia è dominata dall'alta figura del belga Lamberto Adolfo Giacomo Quételet (1796-1874), al quale è dovuta anche la prima trattazione sistematica di antropologia quantitativa (v. antropometria); e, oltre che del suo, gli studî biometrici, si adornano, nella seconda metà dell'Ottocento, dei nomi dell'inglese Francesco Galton (1822-1911) e dell'austriaco Giovanni (in religione Gregorio) Mendel (1822-1884). Il Galton è, anzi, da considerarsi come il vero iniziatore della scienza biometrica propriamente detta e il capostipite di una schiera di studiosi accresciutasi ancora dopo di lui per merito del professore Carlo Pearson (nato nel 1875), principale fondatore e tuttora direttore della rivista inglese Biometrika (1901). Fra i continuatori dell'indirizzo iniziato dal Galton e coloro che, a partire dal 1900, hanno ripreso le ricerche e le ipotesi di Mendel, si accesa e mantenuta lungamente desta una disputa, di cui sono stati principali campioni il Pearson e W. F. R. Weldon, da una parte, e G. Bateson, dall'altra, disputa feconda d'importanti risultati scientifici. Solo da poco si è cominciato a fare qualche tentativo di sintesi dei due indirizzi.

Fondo comune delle indagini di biometria è il metodo statistico. Si parte dal presupposto che lo studio del gruppo, più e meglio di quello del semplice individuo, permetta di conoscere le uniformità secondo cui si svolgono i fenomeni vitali, e d'indagarne i reciproci nessi e le cause.

Di ogni carattere quantitativo, ossia misurabile o enumerabile (p. es. la lunghezza dei semi, il numero dei petali, il volume della scatola cranica, ecc.) relativo ad un gruppo d'individui, può interessare conoscere quale sia l'intensità normale, prodotta dalle cause fondamentali e costanti da cui il carattere dipende, a prescindere dall'azione di numerose cause secondarie o accidentali e sapere se essa differisca dalla corrispondente intensità di altri gruppi. Inoltre, può occorrere di ricercare come differiscano fra loro, per ciascun carattere, i singoli individui di un gruppo, e di confrontare le modalità delle differenze in più gruppi. Da ultimo, può darsi la necessità di sapere se esistano mutue relazioni fra le intensità di due caratteri (o più), coesistenti in ciascun individuo di un gruppo, e fra le intensità dello stesso carattere o di due caratteri in coppie di individui connessi e appartenenti a due gruppi, quali ne siano le modalità e, eventualmente, le cause.

Per rispondere a queste esigenze, la metodologia statistica ha elaborato tre teorie fondamentali che sono la teoria delle medie e, in particolare, della media aritmetica subiettiva tipica che è anche chiamata media senz'altro, e le teorie della variabilità e della correlazione.

È opportuno illustrare con un esempio quel che si è detto. Per una popolazione P composta di 173 semi di grano, sono stati misurati due caratteri e, precisamente, il peso di ciascun seme in mg. e il suo contenuto percentuale di azoto. Il risultato delle misure è stato compendiato nella tabella seguente.

Nella tabella, la prima colonna (intensità dei pesi) e l'ultima (frequenze) formano una seriazione la quale indica come si ripartisca la popolazione totale fra le varie categorie di peso; analogamente, la prima riga (intensità dei contenuti di azoto) e l'ultima (frequenze) indicano come la popolazione totale stessa si ripartisca fra le varie categorie di contenuto di azoto. Ad es., le frequenze dell'ultima colonna, 1,21, 79,..., dicono quanti semi, sulla popolazione totale di 173, avevano pesi contenuti fra mg. 2,5 sotto e mg. 2,5 sopra i valori 42,5, 47,5, 52,5.., indicati nella prima colonna; e le frequenze dell'ultima riga 9, 83, 67,.... dicono quanti semi, sulla stessa popolazione di 173, avevano un contenuto percentuale di azoto compreso fra 0,1% sotto e 0,1% sopra i valori 1,2, 1,4, 1,6,..., indicati nella prima riga.

Si vede subito, guardando la seriazione dei pesi oppure quella dei contenuti di azoto, che le frequenze sono minime in corrispondenza alle intensità dei due caratteri rispettivamente minime e massime, e aumentano man mano che si procede verso le intensità intermedie dei caratteri stessi. Sorge, da questo fatto, l'idea, suffragata da tutta una costruzione teorica, che, proprio in corrispondenza delle intensità intermedie, quelle cioè che sono proporzionalmente più rappresentate in seno alla popolazione, si debba ricercare l'intensità normale dei due caratteri, peso e contenuto in azoto.

Vediamo come si possa eseguire la ricerca. In pratica, il contenuto normale di azoto si farà coincidere con la quantità media aritmetica ponderata di azoto contenuta nei semi costituenti la popolazione, e il peso normale s'identificherà col peso medio ponderato di questi. Per calcolare, nel modo più semplice, anche se non è il più spiccio, il peso medio dei semi, si moltiplicheranno, coppia per coppia, tutte le intensità della prima colonna della tabella per le frequenza dell'ultima e si dividerà il totale dei prodotti per l'ammontare della popolazione. Analogamente si calcolerà la media dei contenuti in azoto. Alle medie si sogliono porre accanto certi valori, preceduti dal segno ± che indicano i rispettivi errori medi ossia i limiti teorici della loro attendibilità. La media si indica, di solito, col simbolo M. Ecco in pratica le operazioni da fare.

Peso medio:

Contenuto medio di azoto:

Il calcolo necessario per misurare la variabilità è pur esso semplice. Se tutti i semi avessero lo stesso peso o lo stesso contenuto in azoto il peso di ciascuno sarebbe 54,44 mmgr. e il contenuto in azoto sarebbe 1,502%. Come variano i singoli semi da tali valori? Le differenze fra le intensità dei pesi (contenute nella prima colonna della tabella) e il peso medio sono le singole manifestazioni della variabilità. Analogamente si dica per il contenuto in azoto. Si tratta di passare dalle differenze singole a una loro espressione sintetica.

Ragioni teoriche e pratiche consigliano di servirsi dello scostamento quadratico medio. Tale valore s'indica, di solito, col simbolo σ e si può calcolare nel nostro caso con le operazioni seguenti:

Basta eseguire i semplici calcoli per trovare i due valori di σ2. Estraendo poi la radice quadrata dei valori di σ2p e di σ2a si otterranno senz'altro i valori di σp e di σa cercati. Il calcolo dei quadrati che figurano nelle formule e l'estrazione delle radici quadrate si fanno direttamente, adoperando le tavole dei quadrati (fra le quali, pratiche ed economiche, sono quelle di Barlow, Tables des carrés, cubes, racines carrées, racines cubiques et inverses, Parigi e Liegi 1913). Anche agl'indici di variabilità, così come alle medie, si sogliono aggiungere i rispettivi errori medî.

Si avrà, nel presente caso:

Più difficile è il calcolo della correlazione. Qui se ne illustra praticamente il concetto.

Nel riferito prospetto la popolazione è ripartita in molte caselle. Nella seconda casella della colonna 2 figura il numero 4, e nella sottostante il numero 5. Il numero 4 significa che, nell'intera popolazione, composta di 173 semi, ce n'erano 4 il cui contenuto in azoto (come figura in testa alla colonna) era di 1,2% e il peso (come figura a fianco) era di mg. 47,5. Analogamente, il numero 5 significa che, nell'intera popolazione, 5 semi avevano pure un contenuto di azoto di 1,2%, mentre avevano un peso di mg. 52,5. Cosicché, ciascun numero della casella esprime la frequenza che, nell'intera popolazione, aveva un dato contenuto in azoto e un dato peso.

Ora, si possono dare questi due casi: a) che i semi i quali hanno un dato contenuto di azoto (o un dato peso) si ripartiscano fra le varie intensità di peso (o di contenuto in azoto) così come l'intera popolazione si ripartisce fra le varie intensità di peso (o di contenuto in azoto). Si avrebbe questo caso quando i valori di ciascuna colonna (o di ciascuna riga) fossero proporzionali ai valori dell'ultima colonna (o dell'ultima riga). Così, potrebbe darsi che i valori della terza colonna (1,15,49,...) fossero proporzionali a quelli dell'ultima (1,21,79,...); quelli della quarta riga (5,49,25,...) fossero analogamente proporzionali ai valori dell'ultima riga (9,83,67,...); e che questo avvenisse in tutti i modi possibili, cioè per tutte le colonne e per tutte le righe. In questo caso si direbbe che fra peso e contenuto in azoto non esiste alcuna connessione, o, anche, che i due caratteri sono fra loro indifferenti. In pratica, quando due caratteri sono poco vincolati fra di loro, la tabella presenta le sue caselle quasi tutte occupate da cifre; b) che, al contrario, un dato contenuto di azoto si trovi, di preferenza, nei semi di un certo peso, anziché nei semi di peso diverso, o, viceversa, che un dato peso corrisponda, di preferenza, ai semi che hanno un certo contenuto di azoto piuttosto che agli altri. Si direbbe, in questo caso, che i due caratteri sono connessi, oppure non indifferenti fra loro; e la tabella presenta le sue cifre più o meno addensate nelle caselle intorno all'una o all'altra delle due diagonali della tabella stessa. Un criterio grezzo quindi per giudicare se due fenomeni siano più o meno vincolati fra loro può consistere nella ispezione della distribuzione delle cifre della tabella, secondo i due criterî esterni a) e b). Criterî matematici permettono anche di misurare la connessione.

Un indice della connessione fra due caratteri, basato su premesse matematiche razionali, nel caso più semplice e fondamentale, è dato dal coefficiente di correlazione, indicato, di solito, con il simbolo r. Esso può variare fra + 1, 0 e − 1. Il suo valore sarà zero o sensibilmente prossimo a zero in caso di correlazione nulla (caso a) o molto bassa; e sarà pari o sensibilmente prossimo all'unità nel caso di correlazione perfetta o elevata. I segni + e − indicano se a crescenti intensità dell'un carattere tendano ad accoppiarsi crescenti o decrescenti intensità dell'altro.

Nel caso del peso dei semi e del loro contenuto in azoto si trova:

il quale valore denota una rilevante correlazione positiva. Come si vede, anche al coefficiente di correlazione è stato aggiunto il suo errore medio.

Quanto ai caratteri qualitativi, dei quali, fra gl'individui di un gruppo, si può constatare la presenza o l'assenza, come il colore (bianco o nero; bianco o non bianco), la forma (rotondo o non rotondo), la normalità (fisiologico, patologico), la provenienza (tipo nordico, tipo mediterraneo), ecc., può occorrere di conoscerne la frequenza, il numero e le differenze delle modalità, l'eventuale relazione fra più caratteri pertinenti a ciascun individuo del gruppo o fra le modalità di uno stesso carattere o di due caratteri in coppie d'individui connessi, appartenenti a due gruppi, sempre allo scopo di ricercare delle regolarità ed eventualmente le cause di esse. A questo proposito, la metodologia statistica ha sviluppato la teoria dei rapporti e, con opportuni criterî, ha esteso ai caratteri qualitativi le teorie della variabilid e della correlazione.

Le questioni anche solo fondamentali della biometria in senso ampio sono straordinariamente numerose: basti accennare a quelle relative all'evoluzione delle specie, che rientrano nel campo della biometrica propriamente detta. Il presupposto fondamentale della teoria darwiniana dell'evoluzione è l'esistenza di differenze nei caratteri degl'individui appartenenti a una data razza o specie. Su tali differenze avrebbe efficacia l'azione selettiva degli agenti distruttivi, e i possessori di certe modalità di uno o più caratteri morirebbero più facilmente o lascerebbero minor numero di discendenti che non altri. I caratteri quantitativi e qualitativi dei viventi sarebbero, inoltre, ereditabili. La biometrica si propone, appunto, di valutare il fondamento e la portata di queste dottrine.

Quanto alla ricerca della selezione naturale e dei suoi effetti, si procede confrontando l'intensità media, la frequenza, la variabilità e la correlazione dei caratteri in certi gruppi opportunamente costituiti da individui assunti come rappresentanti di una specie. Ciò si può fare:

1. Confrontando le intensità medie dei caratteri quantitativi di un gruppo con le corrispondenti intensità negl'individui selezionati dal gruppo.

Così, in un gruppo di soldati italiani di varia età, sottoposti durante la guerra a condizioni di vita uniformi, la statura media generale era stimata in cm. 165,6. Dopo un periodo più o meno lungo di tempo, alcuni soldati rimasero in buona salute, altri ammalarono di varie malattie. La statura media dei sani risultò di cm. 163,7 e quella dei malati di tubercolosi ed altre affezioni polmonari risultò, invece, di cm. 166,7. Sembra si possa parlare, in questo caso, di un'azione selettiva della tubercolosi, rispetto alla statura.

2. Confrontando la frequenza dei caratteri qualitativi di un gruppo con quella degli stessi caratteri negl'individui selezionati dal gruppo.

Così, su 100 maschi di Strasburgo, morti a successive età, si notò la crescente frequenza di occhi chiari e la decrescente frequenza di occhi scuri, che risultano dalle cifre seguenti:

Sembra, dunque, ammesse certe ipotesi, che le cause di morte abbiano esercitato un'azione selettiva rispetto al colore degli occhi.

3. Confrontando la frequenza degl'individui che presentano, per un carattere quantitativo, un certo grado di divergenza dalla sua intensità normale o, sinteticamente, misurando la variabilità del carattere in un gruppo e nei gruppi da esso selezionati.

Così, la variabilità della statura dei morti è relativamente costante rispetto all'età, come risulta dai valori dello scostamento quadratico medio calcolati per un gruppo di cadaveri tedeschi.

Queste cifre sembrano attestare che non sarebbe assicurata una maggior durata di vita agl'individui medî oppure divergenti dalla media.

4. Confrontando l'intensità della correlazione dei varî caratteri quantitativi nei gruppi che differiscono fra di loro per supposto effetto della selezione, poiché, data la correlazione esistente fra i caratteri individuali, questa si altera quando la selezione naturale elimina preferenzialmente certe modalità di un dato carattere.

Così, dato che la correlazione fra tibia e femore è + 0,8 e pure + 0,8 è la correlazione fra questi due caratteri e la statura, possiamo domandarci come cambierebbe quest'ultimo valore se si riducesse a metà, per il fatto della selezione naturale, la variazione della statura. Si dimostra che la correlazione discenderebbe a + 0,7. In altre parole, se un gruppo umano proveniente da un altro presentasse, rispetto a questo, una riduzione della correlazione fra statura, da un lato, tibia e femore, dall'altro, pari al 12,5%, sarebbe, con ciò, dimostrato che il 1° gruppo si è separato dal 2°, non già per una scelta a caso, ma sotto l'influenza di un processo selettivo che ha ridotto a metà la variazione della statura.

I casi e gli esempî riferiti sono puramente schematici e isolati, ma lasciano intuire che è possibile lo studio quantitativo degli effetti della selezione naturale e del suo modo di agire rispetto ai caratteri di un gruppo. Alla sua azione si sovrapporrà, a seconda dei casi, anche quella della selezione sessuale e della selezione artificiale. Infatti, nel caso in cui fosse dimostrabile e dimostrato che i possessori di certi caratteri hanno maggior probabilità degli altri di aver discendenti, perché più fecondi, o perché la selezione naturale li risparmia a preferenza di altri, che vengono eliminati prima dell'inizio o della fine della fase riproduttiva, e che i caratteri selezionati vengono trasmessi ereditariamente di padre in figlio, sarebbe raggiunta la prova della possibilità della trasformazione dei caratteri nelle successive generazioni, secondo i principî della teoria darwiniana. Resta dunque alla biometrica il compito d'indagare se e come varii la fecondità dei membri di un gruppo, che, come principale problema, si traduce nella ricerca della correlazione tra la fecondità e gli altri caratteri, e se, fino a che punto e secondo quali modalità i caratteri si ereditino.

Oltre poi ai problemi delle specie, la biometria e la biometrica hanno indagato i fenomeni della vita e dell'evoluzione individuale tanto che si può dire ormai che i metodi d'investigazione statistica hanno permeato tutti i rami della biologia, per sostituire, a poco a poco, agli antichi criterî descrittivi e schematizzatori, l'efficacia e la precisione delle cifre.

Bibl.: Tutti i trattati di statistica espongono i metodi adatti alle investigazioni biometriche. Esistono tuttavia trattazioni speciali fra cui ricordiamo: C. B. Davenport, Statistical Methods, New York 1904; J. Salpeter, Einführung in die höhere Mathematik für Naturforscher und Ärzte, Jena 1913; J. Mac Leod, The quantitative Method in Biology, Londra 1919 e, soprattutto, come la più autorevole delle recenti: R. Pearl, Introduction to medical Biometry and Statistics, Philadelphia e Londra 1923. Va ricordato anche l'importante e utile volume di K. Pearson, Tables for Statisticians and Biometricians, Cambridge 1914.

Molti manuali e opere speciali trattano di biometria o sono condotti con metodo biometrico. Si ricordino, oltre la classica opera di F. Galton, Natural Inheritance, Londra 1889; K. Pearson, The Grammar of science, Londra 1900; R. Benini, Principî di demografia, Firenze 1901; W. Johannsen, Elemente der exakten Erblichkeitslehre, Jena 1913; A. Martinet, Éléments de biométrie, Parigi 1901; A. Niceforo, La misura della vita, Torino 1919; M. Boldrini, Biometrica. Problemi della vita delle specie e degli individui, Padova 1927.

TAG

Coefficiente di correlazione

Evoluzione delle specie

Selezione artificiale

Selezione naturale

Media aritmetica