Biologia

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

biologia

Pietro Omodeo

La scienza dei viventi

La biologia è la scienza che si occupa dei viventi, delle loro parti, della loro storia, del modo in cui essi interagiscono con quanto li circonda. Un grande biologo, Erwin Chargaff, ha parlato del "vasto oceano della biologia". In effetti il campo della biologia è vastissimo, poiché tratta delle piante, degli animali e dei microrganismi. Fino a oggi sono state descritte più di due milioni di specie che, anche se imparentate, presentano una sorprendente varietà di strutture e di comportamenti.

Una scienza rinascimentale

Durante il Cinquecento la politica di espansione e di conquista attuata dalla Spagna e dal Portogallo nel continente americano aveva portato in Europa oro e argento, ma anche notizie e prodotti riguardanti le piante, gli animali e gli uomini che popolavano quelle terre. Da pochi decenni avevano ripreso a circolare le grandi opere mediche e naturalistiche dell'antichità ed erano state tradotte e divulgate le opere maggiori della cultura islamica. Di conseguenza molti studiosi europei produssero splendidi lavori descrittivi su piante e animali e sull'uomo stesso. Furono definiti metodi di lavoro più esatti e nuovi principi teorici. Il medico svizzero Paracelso, per esempio, aveva enunciato un principio importante: tutti i viventi sono costituiti da materiali chimici e questi materiali sono sottoposti a continue trasformazioni; le malattie hanno origine da errori che si verificano nel corso di questi processi.

Verso la fine del secolo nasce la fisiologia, la scienza che si occupa del modo in cui funzionano gli organi che l'anatomia fa conoscere. Si ricominciò anche a studiare lo sviluppo del pulcino dentro l'uovo e la trasformazione degli embrioni nell'utero materno. Per merito di studiosi come Ulisse Aldrovandi, patrizio bolognese e ricercatore infaticabile, e Fabrizio d'Acquapendente, professore a Padova, nacque l'embriologia, o piuttosto rinacque, poiché di questi temi si era occupato duemila anni prima Aristotele.

Si affermano i metodi sperimentali

All'inizio del Seicento il medico inglese William Harvey dimostrava che negli animali il cuore funziona come una pompa che imprime al sangue un movimento circolatorio. Per documentare la sua tesi, Harvey aveva misurato la capacità dei ventricoli del cuore e la frequenza del battito cardiaco. Cartesio, fisico, matematico e filosofo al tempo stesso, seppe cogliere l'importanza del metodo utilizzato: affermò quindi che struttura e funzionamento degli organismi viventi corrispondono a quelli di una macchina e che pertanto vanno studiati con i metodi della meccanica.

Francesco Redi, Marcello Malpighi e Alfonso Borelli, tre soci dell'Accademia del Cimento (fondata nel 1657 a Firenze), progettando osservazioni ed esperimenti decisivi e usando microscopi, termometri, barometri e pompe per produrre il vuoto, riuscirono a ottenere risultati molto importanti. Redi dimostrò che era errata l'antica credenza che molti animali (topi, insetti, rane e altri ancora) nascono da materiali in decomposizione e da ammassi di rifiuti, e sostenne che essi derivano da uova deposte da femmine della loro specie. Malpighi, servendosi del microscopio composto da più lenti, seppe descrivere alcune minute strutture dell'anatomia umana (per esempio i globuli rossi) e di quella degli insetti, riuscendo a dimostrare inoltre che tutti i viventi crescono, si rinnovano e si riproducono grazie al continuo flusso di nutrimento.

L'olandese Antony van Leeuwenhoek, servendosi del microscopio 'semplice', descrisse piccolissimi organismi che nuotano nelle acque stagnanti e vide per primo i batteri, divenendo il fondatore della microbiologia. Un altro olandese, Jan Swammerdam, usando la medesima apparecchiatura, ottenne risultati altrettanto straordinari nello studio dell'anatomia degli insetti.

La biologia diventa sistematica

Nei primi decenni del Settecento la ricerca biologica è sempre più produttiva. Gli entomologi descrivono nuove specie di insetti che provetti incisori illustrano fedelmente. Nel frattempo i geologi approfondiscono lo studio dei fossili e descrivono specie animali e vegetali scomparse da tempi antichissimi, evento che non tutti ritenevano ammissibile. Il lunghissimo inventario di piante e animali, i molti fenomeni di cui si veniva a conoscenza e la tecnologia sempre più varia e complessa reclamavano una più completa sistemazione. Di conseguenza gli anni tra il 1750 e il 1775 furono fertilissimi di 'sistemi' di ogni genere.

Georges-Louis Buffon, naturalista di corte di Luigi XV, riassunse il sapere naturalistico sulla falsariga della fisica newtoniana. La sua vasta Storia naturale, scritta con molta eleganza, tratta degli animali e di tante altre cose: dalla genesi del Sistema Solare all'ipotesi che il pianeta Terra fosse molto più antico di quanto avevano proposto gli interpreti della Bibbia. Linneo, svedese, scrisse una vasta opera parallela a quella di Buffon. Nel suo Sistema della natura tentò la classificazione di tutte le piante e gli animali noti al tempo, utilizzando una rigorosa nomenclatura e un'accurata inquadratura gerarchica delle piante e degli animali. È questo forse il contributo più grande dato da Linneo alla biologia. Le regole da lui introdotte sono ancora oggi rispettate dai botanici e dagli zoologi di tutto il mondo.

La fisiologia del Settecento

Un contributo decisivo alla fisiologia venne dallo svizzero Albrecht von Haller, il quale riconobbe che la contrattilità muscolare è, in un certo modo, al servizio della sensibilità e che i nervi costituiscono una rete di collegamento tra gli organi di senso, la muscolatura e il sistema nervoso centrale. Per tutto il 18° secolo continuarono gli studi sulla fisiologia animale e vegetale, ma solo negli ultimi anni ebbe inizio il grande progresso della chimica per merito di provetti ricercatori, tra i quali primeggiano Joseph Priestley e Antoine-Laurent Lavoisier. Grazie al loro lavoro si cominciò a comprendere la base chimica delle funzioni e in particolare della respirazione degli animali, che si equiparò alla combustione ‒ la respirazione, come la combustione, produce infatti calore ‒ anche se non si riuscì ancora a cogliere il rapporto tra il calore e l'energia che viene utilizzata dai viventi per crescere, muoversi e riprodursi. Si cominciò anche a capire le basi chimiche della fotosintesi clorofilliana.

Nel secolo degli illuministi fu anche dibattuta l'origine dell'uomo. Qualcuno suggerì che nel passato non ci fosse stata la mitica età dell'oro, e che l'uomo, nudo e inerme, fosse vissuto al modo degli animali selvaggi con cui doveva competere. Quando poi le navi portarono dall'Asia in Europa i primi orangutan, più di uno studioso propose che questi scimmioni fossero gli antenati della nostra specie, audacia intellettuale che qualcuno pagò con la prigione.

Tutti i viventi hanno una storia

L'idea che tutti i viventi avessero avuto una storia di trasformazioni durante i lunghi tempi geologici ricevette da Jean-Baptiste Lamarck, botanico e zoologo, un interessante sviluppo. A cavallo fra il Settecento e l'Ottocento, Lamarck sostenne che le specie mutano nel tempo e che quelle che il naturalista descrive sono diverse da come sarebbero state descritte in tempi remoti o in un lontanissimo futuro. Lamarck confermò anche l'idea che tutti gli esseri viventi sono tra loro imparentati e che le parentele possono essere rappresentate mediante un albero ricco di ramificazioni, e ipotizzò infine che la trasformazione delle specie fosse ereditaria.

Charles Darwin si pose gli stessi problemi giungendo a conclusioni simili. Seppe però interpretarle grazie a una teoria nuova e geniale. Nella sua opera L'origine delle specie del 1859, Darwin, tenendo conto del fatto che tutte le popolazioni di piante e di animali devono molto spesso fronteggiare situazioni ambientali sfavorevoli, trasse una conclusione apparentemente semplice, vale a dire che in tali circostanze gli individui che meglio riescono a soddisfare i propri bisogni sopravvivono e lasciano molti discendenti, mentre gli altri, meno efficienti, lasciano meno discendenti o nessuno. Di conseguenza la composizione della popolazione cambia ed è come se l'ambiente scegliesse i migliori. Se però l'ambiente continua a cambiare, il processo di selezione riprende anche in direzioni diverse, grazie al fatto che in ogni popolazione di microrganismi, piante e animali esiste una fonte inesauribile di variabilità ereditaria.

La definizione di vivente nell'Ottocento

All'inizio dell'Ottocento erano stati perfezionati i microscopi, e ciò rese possibile lo studio delle strutture e degli organismi più minuti. Nel 1828 Mathias J. Schleiden descrisse le cellule vegetali e l'anno dopo Theodor Schwann le cellule animali; verso la metà del secolo, Christian G. Ehrenberg descrisse molti organismi unicellulari, mettendo in evidenza che entro le cellule di alghe unicellulari esistono, oltre al nucleo, anche altre importanti strutture. Erano stati studiati solo pochi casi, mentre le specie conosciute erano moltissime, tuttavia i biologi di quel tempo si sentivano sicuri e non esitarono a generalizzare: tutti i viventi ‒ affermarono ‒ sono costituiti sempre e solo da più cellule o da una sola, e pertanto la cellula è da considerare la più piccola entità dotata di vita, conclusione fondamentale per la biologia.

Sempre in quel tempo, il medico Julius R. von Mayer, riflettendo su una serie di fatti fisici e fisiologici di cui si era occupato, arrivò alla conclusione ‒ oggi nota come primo principio della termodinamica ‒ che l'energia non si crea né si distrugge, pur trasformandosi in tanti modi diversi. La termodinamica ha di fatto rinnovato la fisiologia dandole la chiave per comprendere cosa fa muovere e agire un organismo vivente. Si può anche fare i conti col rendimento, calcolare cioè quanta parte dell'energia viene trasformata in lavoro e quanta viene degradata a calore.

La scoperta dei batteri

L'Ottocento si chiuse con le splendide ricerche del chimico Louis Pasteur sulla fermentazione, fenomeno che sta alla base dell'industria del vino e della birra, nonché sull'attività patogena dei batteri, che in quegli anni vennero riscoperti. Pochi anni dopo, Robert Koch riuscì a identificare gli agenti patogeni del carbonchio, della tubercolosi, del colera e della peste, dando basi scientifiche più solide alla medicina. Insieme ai suoi collaboratori, Pasteur scoprì anche che la vaccinazione promuove in anticipo le difese dell'organismo contro le invasioni di definite specie batteriche; stabilì inoltre che queste difese sono presenti nel siero del sangue degli animali e degli uomini che sono venuti a contatto con quella specie patogena. Pasteur dimostrò, una volta per tutte, che i batteri derivano da batteri preesistenti, e diede precise indicazioni sul modo di evitare la contaminazione di bevande e di cibi conservati in bottiglie o in scatole (l'applicazione di questi criteri sarà denominata, infatti, pastorizzazione).

Il chirurgo Joseph Lister a sua volta prescrisse altre norme sul modo di evitare e di combattere le infezioni batteriche di ferite, comprese quelle chirurgiche.

Il meccanismo dell'ereditarietà

Darwin, sperimentando su piccioni, primule e conigli, aveva chiarito cosa si doveva intendere per ereditarietà biologica. Qualche tempo dopo, l'abate moravo Gregor Mendel, sperimentando su piante di pisello, identificò alcune regole relative alla trasmissione di caratteri ereditari alternativi (come fiori rossi/fiori bianchi) degli organismi superiori. Il breve articolo nel quale Mendel raccontò i risultati ottenuti ebbe grande valore per due motivi: in primo luogo, lasciò intendere che il controllo e la trasmissione dei caratteri propri di ciascun individuo avviene grazie a particelle distinguibili e ben definite, particelle che riceveranno il nome di geni (v. gene e genoma); in secondo luogo, stabilì che i caratteri ereditari vengono trasmessi alla discendenza secondo regole che possono essere espresse con formule matematiche. Quest'ultimo fatto soddisfaceva un antico desiderio di molti biologi di competere con i fisici e i chimici nel formulare chiare e definitive leggi matematiche.

L'articolo di Mendel rimase a lungo sconosciuto finché, all'inizio del Novecento, si incominciò a lavorare attivamente in molti laboratori sull'ereditarietà biologica, dando così vita a una nuova disciplina che ricevette il nome di genetica (v. genetica e malattie genetiche). I risultati più importanti giunsero dalla scuola americana di Thomas H. Morgan che seppe dimostrare che i geni risiedono nei cromosomi, ove sono disposti in fila secondo un ordine fisso. La genetica ha dato anche un potente contributo allo sviluppo dell'evoluzionismo, per cui non è più lecito contestare la tesi che tutti gli organismi viventi sono imparentati e che il costante confronto con un ambiente in perenne trasformazione ne abbia favorito il progresso.

L'autocontrollo dei sistemi viventi

Il fisiologo Claude Bernard, che nella seconda metà dell'Ottocento raggiunse grandi successi con lo studio delle capacità di autoregolazione degli animali superiori, non smise mai di interrogarsi sul modo in cui l'organismo riesce a mantenere costanti le proprie caratteristiche interne.

Per rispondere a tale quesito è stato necessario rinnovare in parte le basi teoriche della biologia. Un primo contributo al rinnovamento lo diede il chimico lettone Wilhelm Ostwald, introducendo il concetto di stato stazionario, per cui un sistema ‒ che può essere un fiume o la fiamma della candela o anche una pianta o un animale ‒ mantiene costanti la propria forma e il proprio comportamento grazie al continuo rinnovamento dei materiali che lo costituiscono. La nozione di stato stazionario, però, applicata alla fiamma della candela o al fiume, richiede che tutte le condizioni esterne rimangano stabili (quali l'aria ferma e ricca di ossigeno o uno stoppino di spessore uniforme, per la prima; forma delle sponde, tributi delle piogge, scogli affioranti, per il secondo). Applicato invece a un albero, che con le radici cerca l'acqua e i sali e con le foglie la luce e i gas, oppure a un animale che cerca il cibo e l'acqua, lo stato stazionario richiede autoregolazione delle condizioni interne.

Il problema dell'autocontrollo delle funzioni organiche presso gli organismi più diversi è antico, mentre è recente l'identificazione dei dispositivi che lo consentono. Questa identificazione la dobbiamo al fisiologo americano Walter B. Cannon, che ha creato il concetto di omeostasi. Nel 'cuore' di un dispositivo omeostatico i sensori verificano se il valore della grandezza sotto controllo (temperatura, concentrazione d'ossigeno, ritmo) coincide col valore che in quelle circostanze è desiderabile (per esempio, 37 °C, 80%, 70 pulsazioni/minuto). Se i valori non coincidono, vengono attivati i meccanismi di correzione. Ricerche successive hanno provato che sono sottoposti ad autocontrollo tutti i diversi processi che hanno luogo entro una cellula. Si stima che entro un batterio lungo due millesimi di millimetro e largo mezzo millesimo di millimetro funzionino simultaneamente da 200 a 300 dispositivi omeostatici. Non c'è dubbio che la capacità di autocontrollo sia essenziale per ogni vivente, così come è assodato che la perdita dell'autocontrollo in un qualche settore funzionale produce 'l'impazzimento' di quel settore.

Tutta l'informazione nel genoma

Il patrimonio ereditario di ogni cellula, chiamato anche genoma (v. gene e genoma), può essere inteso come una memoria che eroga l'informazione necessaria alla sintesi dei materiali che servono al funzionamento e alla riproduzione della cellula stessa. La riproduzione, in questo caso, consiste nella divisione della cellula, dopo che il suo genoma si è duplicato, e nella sintesi di quei materiali che scarseggiano o mancano dopo la divisione. Negli organismi pluricellulari il genoma provvede, oltre che alla sintesi dei materiali, anche a dirigere la graduale costruzione dell'organismo: ciascuna cellula dell'embrione riceve il comando di dove e come dividersi, di dove spostarsi al momento giusto e di come dirigere a sua volta il destino di altre cellule. Ciascuna operazione viene sottoposta a continuo controllo per cui, se un comando risulta non eseguito, esso viene ripetuto affinché non si verifichino falle nella struttura dell'organismo in formazione.

Dopo un lungo dibattito tra chi sosteneva l'automatismo dei processi di formazione degli individui e chi pensava a un intervento di entità metafisiche, oggi è chiaro che la realizzazione dell'architettura di un organismo pluricellulare dipende dalla ben ordinata erogazione dell'informazione contenuta nel genoma. Subentrano poi le modifiche indotte dall'interazione con l'ambiente e, per quanto riguarda il comportamento, le modifiche imposte dall'apprendimento.

Il vivente per la biologia contemporanea

Ogni vivente è un organismo cellulare, strutturato fin nei minimi particolari e delimitato da un preciso confine. È percorso da un flusso autoregolato di materiali nutritivi, di energia e di informazione. Quest'ultima proviene o dall'ambiente circostante ‒ dirigendo il comportamento estemporaneo del vivente ‒ oppure dal suo patrimonio ereditario, il genoma, che ne governa la crescita, la riparazione e la riproduzione con mutazioni. Grazie a tali attitudini la sua discendenza si adatta al variare delle condizioni ambientali e può evolvere verso una crescente complessità. La conclusione qui raggiunta si applica, è bene ripeterlo, a tutti i viventi che popolano il nostro pianeta: ai batteri che sono comparsi per primi, ai funghi, ai Protisti, agli animali e alle piante, senza eccezioni.

CATEGORIE