BIOINGEGNERIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

BIOINGEGNERIA

Emanuele Biondi

(App. IV, I, p. 286)

Una definizione della b., fra le tante possibili ed equivalenti, è la seguente: la b. è la disciplina che utilizza le metodologie e le tecnologie proprie dell'ingegneria al fine di comprendere, determinare e tentare di risolvere problematiche d'interesse medico-biologico, mediante una stretta collaborazione degli specialisti dei vari settori: ingegneri, medici e biologi.

Con questa definizione si vuole sottolineare che il bioingegnere deve fornire la sua collaborazione a partire dalla fase d'impostazione del problema medico-biologico; ciò comporta che il bioingegnere deve acquisire conoscenze approfondite di biologia, di anatomia, di fisiologia e di patologia, eventualmente limitandosi a settori molto ristretti inerenti il suo specifico campo d'interesse. D'ora in poi si parlerà esclusivamente di alcuni problemi d'interesse medico, che costituiscono l'oggetto prevalente della b., almeno fino a oggi.

A scopo esemplificativo, si possono citare le seguenti finalità della b.: a) miglioramento delle conoscenze inerenti il funzionamento dei sistemi biologici, sia nello stato ''normale'' che in patologia, soprattutto mediante l'individuazione e l'impiego di opportuni modelli matematici, al fine di arrivare a una medicina sempre più quantitativa; b) determinazione e sviluppo di nuove metodologie diagnostiche, terapeutiche o riabilitative; c) determinazione e sviluppo di nuovi apparati diagnostici, terapeutici o riabilitativi; d) determinazione di nuovi organi artificiali, dispositivi di supporto a funzioni alterate, ausili per disabili e dispositivi protesici; e) individuazione, nell'ambito dell'organizzazione dell'assistenza sanitaria, di strutture e servizi che pongono problemi tecnologici.

È importante sottolineare, ed è ormai largamente riconosciuto, che l'inserimento di bioingegneri in determinate strutture sanitarie permette di raggiungere i due seguenti obiettivi: miglioramento delle prestazioni sanitarie, in quanto le metodologie e le tecnologie sono adoperate ''al meglio'' per i singoli pazienti; diminuzione dei costi di gestione delle strutture sanitarie, in quanto una migliore scelta delle apparecchiature, unita a un loro migliore utilizzo, consente di evitare il cosiddetto ''consumismo tecnologico'' nella Sanità.

Gli incoraggianti successi della b. verificatisi negli ultimi dieci anni sono dovuti a diversi fattori, fra loro strettamente connessi: a) progresso delle tecnologie (miniaturizzazione di componenti, soprattutto quelli della microelettronica; nuovi sensori per il rilievo e la misura di grandezze fisico-chimiche d'interesse biologico; nuovi materiali biocompatibili); b) progresso delle metodologie (modelli matematici utili per la descrizione del funzionamento dei vari sistemi fisiologici; metodi di elaborazione dei segnali provenienti dal paziente, in modo da estrarre dalle misure le informazioni più utili al fine sia di migliorare le conoscenze relative al funzionamento normale, sia di eseguire diagnosi più accurate); c) progresso dei sistemi informatici (simulazione su calcolatore dei modelli; microprocessori inseriti nella strumentazione; gestione automatica dei dati d'interesse clinico; insegnamento di parti della medicina tramite calcolatore); d) progresso dei sistemi di trasmissione delle informazioni (fibre ottiche per endoscopi; telemetria e telemedicina).

Talvolta con diverse denominazioni (quale per es. ingegneria biomedica), la b. ha dato luogo in molti paesi a specifiche lauree, dovendo appunto coprire conoscenze di numerose altre discipline, in campo sia ingegneristico, sia medico. L'esposizione che segue deve essere considerata, pertanto, solo un'esemplificazione sommaria di alcuni suoi argomenti. Inoltre, come molte altre discipline, la b. sta subendo profondi cambiamenti; la presentazione che ne faremo va quindi datata (1989), in quanto sia la scelta degli argomenti, ritenuti attualmente più significativi, sia alcune previsioni potranno risultare non rispondenti alla realtà in un futuro anche abbastanza vicino.

I modelli matematici in fisiologia e in medicina. − Pur essendo stato fonte di innumerevoli polemiche in passato, sempre più si sta diffondendo il convincimento, anche presso i fisiologi e i clinici, che la medicina potrà ricavare molti vantaggi anche da un'impostazione dei problemi basata su modelli matematici, com'è avvenuto per le applicazioni relative a sistemi fisici. Al giorno d'oggi, è difficile trovare un sistema fisiologico che non abbia dato luogo a studi in termini di modelli, significativi per l'approfondimento del problema fisiologico stesso ma suscettibili anche di applicazioni alla diagnosi e alla terapia. Si tratta, però, di ricerche in pieno svolgimento, dato che in generale non si conoscono ancora modelli sufficientemente accurati e affidabili da potersi utilizzare in ogni tipo di applicazione.

Per quanto concerne le questioni connesse alla diagnosi, si pensa che qualora si arrivi a conoscere, su un livello affidabile, la struttura di un modello matematico del sistema fisiologico oggetto dell'esame clinico, il confronto di dati rilevati sul singolo paziente con quelli ottenuti mediante simulazione del funzionamento del modello sul calcolatore potrà permettere di determinare altri parametri relativi allo stesso paziente, spesso non ottenibili direttamente, se non col ricorso a cruenti procedimenti.

Metodi e apparecchiature per l'elaborazione di segnali biologici. − Uno dei settori della b. in rapido sviluppo è quello riguardante le metodologie e le tecnologie per l'acquisizione, l'elaborazione e la memorizzazione di segnali provenienti dal paziente. In alcuni casi tali segnali variano in funzione del tempo (segnali temporali), in altri dipendono dalle coordinate spaziali che individuano punti o all'interno del corpo o sulla superficie (bioimmagini); in altri ancora si può avere una successione temporale di bioimmagini. Nel seguito faremo riferimento ad apparecchiature di tipo digitale, che sempre più si stanno diffondendo.

Per quanto riguarda l'acquisizione, occorre disporre di specifici sensori atti a misurare i valori di determinate grandezze fisico-chimiche e, alcune volte, a trasmettere questi valori dai punti di misura (spesso interni al corpo) alle apposite apparecchiature esterne. Secondo, poi, il tipo d'informazione richiesta, l'elaborazione può risultare più o meno semplice. Per es., facendo riferimento a misure di grandezze elettriche, nelle più usuali applicazioni (elettrocardiogramma ed elettroencefalogramma), il segnale analogico prelevato dal paziente viene filtrato, campionato, trasdotto in segnale numerico e ancora filtrato. Il segnale così ottenuto in alcuni casi è direttamente sottoposto all'esame del medico; altre volte se ne determinano automaticamente alcuni parametri significativi (ampiezza di determinati massimi o minimi, loro posizione temporale, e così via).

In alcuni casi, sono necessari ulteriori elaborazioni. A titolo esemplificativo, s'illustra brevemente l'elaborazione usualmente eseguita per i potenziali evocati (metodo delle medie). Questi potenziali si ottengono a seguito di opportune stimolazioni dei sistemi sensoriali; sono utilizzati sia per eseguire diagnosi relative ai sistemi stessi, sia per mettere in luce patologie generali del sistema nervoso, quale la sclerosi multipla. I potenziali prodotti dallo stimolo sono di alcuni ordini di grandezza inferiori a quelli dovuti all'attività globale dei neuroni encefalici, attività che produce l'usuale elettroencefalogramma. Pertanto, i potenziali evocati non sono direttamente individuabili, essendo completamente sommersi dal segnale encefalico, che costituisce un rumore. Il metodo della media consiste nell'inviare una sequenza di N stimoli uguali e nel sommare i segnali misurati in corrispondenza a ognuno di tali stimoli. Sotto alcune ipotesi (rumore encefalico stazionario e a valor medio nullo, sistema sensoriale tempo-invariante), all'aumentare del numero N degli stimoli, tale somma tende alla risposta dovuta al solo sistema sensoriale stimolato. Numerose sono le ricerche sia per interpretare in sede clinica i tracciati così ottenuti, sia per cercare di ridurre il numero N di stimoli necessari pe ottenere tracciati significativi. Nel caso di un sistema sensoriale tempo-variante (com'è, per es., in particolar modo il sistema visivo), i risultati di questi studi permettono di osservare come vari nel tempo la risposta al singolo stimolo (v. anche elettroencefalografia, in questa Appendice).

Altre importanti questioni relative ai segnali temporali riguardano la sorveglianza a lunga durata. Con questa dizione s'intende far riferimento ai casi nei quali si ritiene utile osservare l'andamento dei segnali per un lungo periodo di tempo. Esempi tipici sono il monitoraggio continuo dei pazienti ricoverati in unità di cura coronarica e la memorizzazione di una determinata grandezza fisiologica nell'arco di un intero giorno. L'applicazione oggi più diffusa consiste nella registrazione su nastro magnetico dell'elettrocardiogramma; si sta largamente diffondendo anche la strumentazione per monitorare la pressione arteriosa. In tutte queste applicazioni è importante disporre anche di apparecchiature che eseguano automaticamente determinate operazioni: rivelazione di eventi; estrazione di parametri che li caratterizzano; classificazione degli eventi stessi in corrispondenza dei valori estratti; presentazione dei risultati su un display; messa in funzione di dispositivi di allarme (o comunque di segnalazione) nel caso di eventi particolari.

Bioimmagini. − Le apparecchiature che forniscono bioimmagini (v. bioimmagine, in questa Appendice) possono essere classificate secondo vari criteri; quello qui adottato fa riferimento alla proprietà del tessuto biologico che viene misurata.

a) Potere di assorbimento di raggi X: a questa proprietà si ricollegano sia le usuali apparecchiature radiologiche, sia quelle relative alla Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) ad assorbimento, che si basa sulle metodologie generali di elaborazioni tomografiche a ricostruzione di immagini (descritte nel seguito). b) Quantità presente di particolari sostanze radioattive precedentemente iniettate nel paziente: si fondano sul loro rilevamento le apparecchiature scintillografiche e quelle relative alla Tomografia a Emissione di Positroni (TEP). c) Quantità presente di particolari sostanze (per es. idrogeno) che danno luogo al fenomeno della Risonanza Magnetica Nucleare (RMN): le corrispondenti apparecchiature, come quelle del precedente punto, servono a studiare il metabolismo dei sistemi fisiologici e danno luogo, almeno in linea di principio, allo stesso tipo di elaborazione e ricostruzione di immagini valevole per la TAC. d) Impedenza (o, meglio, sue variazioni) relativa alla propagazione di ultrasuoni (apparecchiature ecografiche). e) Capacità di sviluppare calore, correlata alle apparecchiature di tipo termografico. f) Capacità di generare un campo elettrico, con riferimento anche a quanto detto a proposito dei segnali temporali: si ritornerà fra poco su questo argomento a proposito delle mappe elettriche variabili nel tempo.

I sistemi computerizzati a ricostruzione di immagini. − L'idea di base si trova già esposta in un lavoro di J. Radon (1887-1956) del 1917; è stato, però, merito dell'ingegnere inglese G. N. Hounsfield e del fisico americano A. M. Cormack, entrambi premi Nobel per la Medicina nel 1979, aver superato tutte le difficoltà metodologiche e tecnologiche in modo da fornire le prime apparecchiature funzionanti, progenitrici di una lunga serie di altre, diffuse ormai in tutto il mondo, che costituiscono un mezzo insostituibile sia nella diagnostica, sia nella ricerca di base anatomo-fisiologica. Per semplicità di esposizione, faremo direttamente riferimento all'impostazione teorica della TAC.

Si consideri una sezione piana del corpo e ogni suo punto sia riferito a un sistema di assi cartesiani ortogonali X e Y; la capacità di assorbire raggi X, relativa a ciascun punto, sia individuata da una funzione f (X, Y) da determinare. Sullo stesso piano XY sia posta una serie di sorgenti di raggi X, distribuite con continuità lungo un segmento di retta formante un angolo β con l'asse X e sia s la coordinata di un punto generico su tale segmento. Ciascuna sorgente emetta un fascetto di raggi X, di ampiezza infinitesima, in direzione perpendicolare al segmento stesso; al di là del corpo, vi sia una corrispondente serie di sensori di raggi X, distribuiti con continuità su un segmento di retta parallelo a quello dei generatori. L'insieme delle misure effettuate dai sensori in tutte le direzioni (una volta che si faccia variare in tutte le direzioni l'angolo β) è riassumibile in una funzione F(s, β). Senza entrare nei particolari matematici si dimostra facilmente che si può scrivere:

F(s, β) = R{f(X,Y)}

essendo R l'operatore di Radon che permette di passare dalla funzione f(X,Y), caratterizzante il potere di assorbimento di raggi X nel generico punto della sezione considerata del corpo, alla funzione F(s, β) costituita dall'insieme delle misure (v. anche in App. IV, iii, p. 140: radiologia medica: Sorgenti di radiazioni impiegate nella radiodiagnostica medica, e ibid., p. 695: tumore: Diagnostica oncologica).

Sotto certe condizioni non molto restrittive, si dimostra che la relazione precedente può essere invertita, ottenendo così la funzione incognita f dalla funzione nota F. Numerose ricerche riguardano vari metodi e algoritmi che traducono nel discreto l'impostazione teorica ora illustrata nel continuo e che forniscono soluzioni dei relativi problemi algebrici.

Segnali spazio-temporali: mappe elettriche.- Come si deduce da quanto detto a proposito dei segnali temporali, il funzionamento di alcuni sistemi fisiologici dà luogo a potenziali che variano in funzione sia del tempo, sia del punto P nel quale è situato l'elettrodo di misura. Ponendo numerosi elettrodi sulla superficie corporea (per es., torace e dorso per i segnali cardiaci, scalpo per l'elettroencefalogramma o per i potenziali evocati), a un generico istante t è possibile calcolare, mediante metodi d'interpolazione, i valori dei potenziali sull'intera regione di superficie corporea che interessa. La visualizzazione del campo elettrico può avvenire o tracciando le linee equipotenziali, oppure con mappe a ''falsi colori'', ciascun colore corrispondendo a un determinato intervallo di valori dei potenziali. Essendo i generatori del campo elettrico variabili nel tempo, l'intera fenomenologia è riprodotta da una successione di tali figure.

Apparecchiature per lo studio dei movimenti. − A scopo esemplificativo delle possibilità offerte dall'uso combinato di apparecchiature e di metodologie modellistiche, per migliorare le conoscenze di determinati sistemi fisiologici, sia normali sia patologici, si riporta uno schema (fig. 1) che permette lo studio dei movimenti.

I movimenti delle varie parti del corpo sono rilevati mediante una telecamera a, che trasmette direttamente a un calcolatore le posizioni di determinati punti, nei quali sono posti opportuni contrassegni (markers). Trascurando le forze resistenti dovute all'aria, le uniche forze esterne che agiscono sul corpo sono quella di gravità e quelle esercitate dal piano d'appoggio. Queste reazioni possono essere valutate disponendo di un'apposita pedana; per es., basta che in ciascuno dei suoi quattro appoggi siano situati tre sensori piezoelettrici, per ottenere automaticamente le quattro forze Fi (i = 1,2,3,4) e quindi anche la loro risultante. Schematizzando opportunamente il corpo (per es., mediante un insieme di aste rigide fra loro incernierate), si è poi in grado di risalire alla determinazione di grandezze meccaniche interne (b, c, d), difficilmente misurabili direttamente.

Biomateriali. − Con questa dizione s'intende far riferimento ai materiali artificiali preposti alla sostituzione di protesi o di organi artificiali.

Secondo le modalità del loro impiego, se ne possono distinguere quattro tipi: a) materiali che hanno la funzione di sostituire parti di tessuti biologici, senza esercitare particolari funzioni riabilitative o terapeutiche (protesi ortopediche, arterie artificiali, ecc.); b) materiali che sostituiscono in modo passivo una determinata funzione: per es., le membrane degli ossigenatori e delle apparecchiature di dialisi (v. oltre); c) materiali adoperati come sensori per misurare alcune grandezze chimiche o fisiche all'interno del corpo; d) materiali che danno luogo a scambi energetici: per es., materiali radioattivi come eventuale sorgente energetica nel cuore artificiale (v. oltre) oppure particolari polielettroliti reticolati mediante i quali oggi si tenta di realizzare muscoli artificiali, data la loro proprietà di contrarsi una volta eccitati da opportuni segnali elettrici.

Nei riguardi dei tre primi tipi d'impiego (oggi indubbiamente più significativi in quanto già attuati nelle applicazioni), il problema più rilevante è quello della biocompatibilità: è cioè necessario che il materiale artificiale non deteriori i tessuti biologici con cui viene in contatto, e che questi a loro volta non modifichino le proprietà fisico-chimiche dello stesso materiale artificiale. A tale riguardo, le caratteristiche essenziali di un materiale artificiale sono: la stabilità chimica, in quanto eventuali variazioni potrebbero alterare qualche altra proprietà; l'assenza di effetti cancerogeni o comunque tossici; l'assenza di cause che modifichino in modo rilevante le proprietà del sangue; adeguate proprietà meccaniche, nel caso di sollecitazioni non trascurabili; proprietà anticorrosive, a evitare un deterioramento del materiale stesso o la messa in circolazione di prodotti della corrosione nocivi; la possibilità di sterilizzazione senza degradamento.

Protesi per motulesi. − È questo un settore della b. che fin dagli inizi ha destato notevole interesse, dando luogo a innumerevoli tipi di apparecchiature, basate molte volte su principi del tutto diversi; in alcuni casi si sono ottenuti anche brillanti risultati pratici, in altri ci si è trovati di fronte a ostacoli non prevedibili e pertanto i risultati conseguiti sono più modesti. Spesso, poi, intervengono fattori psicologici, per cui i portatori di handicap rifiutano l'uso di determinate protesi, nonostante sia stato accertato che potrebbero trarne qualche giovamento.

Il gran numero di protesi per motulesi è anche dovuto alle notevoli differenze fra le varie menomazioni: presenza o assenza dell'arto; lesione nervosa centrale piuttosto che periferica; lesione riguardante gli arti superiori piuttosto che gli inferiori; lesione nervosa più o meno estesa riguardante una oppure numerose articolazioni. Evidentemente, le soluzioni tecnologiche per i vari casi risultano molto diverse; pertanto, a titolo esemplificativo, illustriamo soltanto due categorie di protesi.

Articolazioni artificiali. − In fig. 2 sono riportate protesi di vario tipo atte a sostituire articolazioni naturali. La sostituzione della testa del femore è quella più diffusa; comunque, ogni tipo di articolazione artificiale è stata ormai studiata e realizzata.

Problemi ingegneristici significativi, che per altro già da tempo hanno trovato soluzioni più che soddisfacenti, sono i seguenti: a) problemi di progettazione meccanica, inerenti la determinazione degli sforzi ai quali i vari punti della protesi sono soggetti; a tal fine si dimostra molto utile l'apparecchiatura per lo studio dei movimenti prima descritta; b) problemi inerenti la biocompatibilità dei materiali; c) problemi inerenti le giunzioni osteo-protesiche, che ancora si presentano come più delicati, dato che micromovimenti relativi fra osso e protesi possono dar luogo a sensazioni dolorose difficilmente sopportabili.

Protesi a comando mioelettrico. − Il principio di funzionamento è il seguente. La messa in azione di un muscolo è accompagnata dalla generazione di un campo elettrico, i cui potenziali possono essere misurati mediante elettrodi collegati in punti della cute abbastanza vicini al muscolo. Una volta che il paziente sia stato allenato a sollecitare alcuni suoi muscoli (per es., quelli che provocano l'alzamento e l'abbassamento di una spalla), i segnali elettrici così generati possono essere utilizzati per comandare il funzionamento di un motore elettrico inserito nella protesi, in modo da ottenere il movimento desiderato dell'arto artificiale. I problemi ingegneristici connessi a questo tipo di protesi si possono considerare risolti, e infatti tali protesi sono molto diffuse. Per es., nel caso di una mano artificiale adibita a esercitare un'azione di presa di un oggetto, si riesce a ottenere che il paziente gradui la forza prodotta dal motore in modo da poter maneggiare, senza pericolo di rottura, anche oggetti delicati, quale un bicchiere di cristallo. Non sussistono difficili problemi ingegneristici da superare per quanto riguarda gli arti superiori anche nel caso di protesi che realizzano più movimenti; il problema maggiore è costituito invece dalla difficoltà che trovano i soggetti a impararne l'uso, dato che devono controllare l'attività di numerosi muscoli diversi da quelli che normalmente presiedono ai movimenti delle articolazioni naturali. Nel caso di arti inferiori, permane invece il problema della sorgente energetica.

Protesi e ausili per portatori di handicap sensoriali. − Ci limiteremo, per motivi di spazio, a due esempi significativi riguardanti rispettivamente non udenti e non vedenti.

Nel caso di pazienti aventi residui uditivi del tutto nulli, la protesi che molto probabilmente darà luogo in un prossimo futuro a significative applicazioni è costituita dai cosiddetti impianti cocleari.

Si tratta d'introdurre nella coclea del paziente numerosi microelettrodi (circa una ventina), ciascuno alimentato da un segnale elettrico, trasmesso dall'esterno mediante una microantenna. Tali segnali sono a loro volta ottenuti in modo da contenere l'informazione presente nei messaggi verbali, ciascuno in una determinata banda di frequenze. L'applicabilità di questo metodo è basata sull'ipotesi che i recettori del sistema acustico, presenti nella coclea delle persone udenti, siano stati completamente lesionati, mentre le afferenze del nervo acustico siano integre, almeno in parte, ed eventualmente non del tutto identiche a quelle dell'individuo sano. Pertanto, il campo elettrico prodotto dall'insieme degli elettrodi posti nella coclea dovrebbe essere in grado di produrre su queste terminazioni nervose un'attività elettrica abbastanza simile a quella normalmente esistente. Le esperienze fino a ora fatte mostrano che in molti casi è possibile mettere il non udente in grado di comprendere il parlato.

Un ausilio per fornire ai non vedenti la possibilità di ''leggere'' un qualsiasi testo stampato è costituito dall'optacon, ideato dal prof. G. J. Linvill della Standford University per la figlia cieca.

Lo schema di principio è riportato nella fig. 3. Si tratta di un'apparecchiatura dotata di: una ''testina di lettura'' delle dimensioni di un usuale carattere a stampa, sulla quale si trova una matrice di fotodiodi, ciascuno dei quali viene eccitato in corrispondenza alla percentuale di ''nero'' rispetto al ''bianco'' presente nella parte di carattere ad esso sottostante; un circuito elettronico, che permette di trasdurre ciascun segnale proveniente dai fotodiodi in un corrispondente movimento di appositi piolini; una matrice costituita dall'insieme dei suddetti piolini (a).

Il non vedente, mentre con una mano fa scorrere la testina di lettura su una riga del testo da leggere, mantiene il pollice dell'altra mano a contatto dei piolini: sotto il dito, pertanto, scorrono successivamente i vari caratteri in rilievo.

L'uso di questa apparecchiatura è ormai affermato, in quanto il non vedente è posto nella condizione di poter ''leggere'' un qualsiasi testo stampato, con l'unico inconveniente rispetto alla lettura di un testo codificato in Braille di una velocità ridotta a circa la metà. Evidentemente, non tutti i soggetti raggiungono analoghi risultati che comunque si conseguono dopo un opportuno allenamento all'uso dell'apparecchiatura.

Un grande miglioramento si ha considerando apparecchiature che diano un'uscita sonora, come indicato schematicamente in b. Rispetto all'optacon, in questo caso è necessario che l'apparecchiatura svolga le seguenti funzioni: riconosca il singolo carattere ''letto''; memorizzi un sufficiente numero di caratteri; riconosca in tale insieme un fonema (componente elementare dei messaggi verbali dal punto di vista fonetico); predisponga un parlatore artificiale a emettere tale fonema; trasduca il segnale generato dal parlatore artificiale in un'onda di pressione sonora da inviare al non vedente.

Si noti che in queste apparecchiature la scansione di un'intera pagina del testo stampato è effettuata automaticamente.

Da anni esistono prototipi di queste apparecchiature in laboratori di ricerca; la loro commercializzazione è però meno rapida di quanto fosse ragionevole prevedere, sia per ragioni economiche, sia perché i parlatori artificiali fino a ora realizzati non soddisfano pienamente le esigenze del non vedente. È comunque molto probabile una loro diffusione in un prossimo futuro.

Organi artificiali. − Con questa dizione s'intende fare riferimento ad apparecchiature che sostituiscano, in vari modi, determinati organi interni, quale cuore, polmone, rene e pancreas. Le soluzioni proposte e realizzate sono molteplici, dato che dipendono, oltre che dall'organo naturale in questione, anche da numerosi altri fattori, quali: sostituzione totale o soltanto parziale, apparecchiature poste all'interno piuttosto che all'esterno del corpo, funzionamento temporaneo piuttosto che permanente, funzionamento continuo o intermittente. A titolo esemplificativo, qui si parlerà soltanto di problemi connessi alla realizzazione di: a) ossigenatori a membrana, che possono sostituire temporaneamente il funzionamento dei polmoni; b) apparecchiature di dialisi, che sostituiscono a intermittenza (ma permanentemente) il funzionamento dei reni; c) cuori artificiali.

Si noti che la funzionalità dei polmoni e dei reni è riconducibile al trasporto di determinate sostanze attraverso opportune membrane biologiche. Nel caso degli alveoli polmonari, si ha un trasporto di anidride carbonica dal sangue verso l'aria contenuta nell'alveolo e di ossigeno dall'aria verso il sangue. Nel caso dei glomeruli renali, i fenomeni più significativi sono quelli relativi al trasporto di alcune sostanze tossiche dal sangue verso l'urina che si forma nel rene. In entrambi i casi si hanno due fluidi, separati da una membrana. Nelle membrane artificiali, le quantità di sostanze trasportate dipendono da varie cause: differenza di concentrazione di ciascuna sostanza presente nei due fluidi; differenza di potenziale elettrico, nel caso che le sostanze siano costituite da ioni; differenza di pressione esistente nei due fluidi. Nei sistemi naturali, oltre a queste cause, se ne aggiunge una difficilmente riproducibile nelle membrane artificiali, connessa a numerose reazioni chimiche che avvengono nei due fluidi.

In prima approssimazione, i problemi ingegneristici relativi agli organi artificiali costituiti essenzialmente da membrane sono riconducibili a quelli degli usuali scambiatori. Un loro esame più dettagliato, però, pone in luce alcune difficoltà: costituzione della membrana, che deve avere ''pori'' di dimensioni tali da permettere il passaggio delle particelle elementari delle varie sostanze da scambiare; estensione della sua superficie, che deve consentire uno scambio adeguato delle varie sostanze, senza però far aumentare troppo la quantità di sangue presente in ogni istante nell'apparecchiatura; dimensioni trasversali delle correnti fluide di sangue, in modo che le concentrazioni delle varie sostanze nei punti più interni non siano troppo diverse da quelle esistenti sulle superfici dello scambiatore.

Per gli ossigenatori, la soluzione che dà luogo ai migliori risultati è quella di utilizzare la membrana soltanto per depurare il sangue dall'anidride carbonica e inalare ossigeno direttamente nei polmoni; questo procedimento si è rivelato molto utile in particolari casi di pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta, consentendo l'uso delle apparecchiature anche per diversi giorni in modo da permettere il superamento della fase acuta, senza provocare esiti letali inevitabili da un uso prolungato dell'ossigenazione artificiale. L'impiego più frequente degli ossigenatori si ha durante gli interventi operatori che richiedono la circolazione sanguigna extra corporea. In tali casi, però, si usano molto più spesso ossigenatori a bolle (o a gorgogliamento), che danno luogo a una maggiore emolisi e pertanto possono essere adoperati solo per brevi intervalli di tempo.

In modo molto grossolano, il funzionamento del cuore è riconducibile a quello di due ''pompe'' che spingono il sangue nell'arteria polmonare e nell'aorta. Le ricerche per la progettazione di un cuore artificiale totale sono, d'altra parte, ancora in corso, in quanto s'incontrano gravi problemi, attualmente superati solo in modo parziale: biocompatibilità dei materiali, dato che le protesi fino a ora impiantate nell'uomo hanno prodotto una forte emolisi accompagnata da alterazioni anche nel funzionamento di altri organi; sorgente energetica, dato che le soluzioni prevedibili anche in un prossimo futuro contemplano un'alimentazione esterna, con implicazioni negative, sia per la mobilità del paziente, sia per il pericolo di infezioni.

Si può forse prevedere che entro gli anni Novanta questi problemi vengano superati; comunque, oggi si sta affermando la soluzione d'impianto temporaneo di un cuore artificiale in attesa del trapianto con cuore umano.

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