Bilancio pubblico

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Guido Rivosecchi

Il bilancio pubblico è un documento giuridico-contabile in cui sono rappresentate le partite attive e passive in forma di previsione (o di risultato) delle operazioni da effettuarsi (o già effettuate) dall’ente in un determinato periodo, denominato esercizio finanziario, generalmente (anche se non necessariamente) coincidente con l’anno solare.

Tanto in quella originaria quanto nella versione novellata dalla legge costituzionale nr. 1 del 2012, che ha introdotto nella Carta costituzionale il c.d. pareggio di bilancio, gli artt. 81 e 119 Cost. contengono apposite disposizioni sui bilanci dello Stato e degli altri enti territoriali senza fornirne però alcuna definizione, né specificarne l’oggetto. Il contenuto di tali atti, aventi quale oggetto tipico l’attività finanziaria dell’ente, va pertanto ricostruito alla stregua delle disposizioni di legge e di regolamento della contabilità pubblica che prescrivono i requisiti affinché essi possano essere qualificati come bilanci delle amministrazioni pubbliche (Brancasi 2014, p. 167). A tali fini, giusto il disposto dell’art. 3 del decreto legislativo nr. 118 del 2011 (e dei relativi allegati), sull’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali, e dell’art. 162 del decreto legislativo nr. 267 del 2000 (TUEL), come modificati dal decreto legislativo nr. 126 del 2014, si devono almeno richiamare, sia pure in estrema sintesi, i seguenti princìpi:

a) annualità: i bilanci pubblici sono predisposti con cadenza annuale e, in linea generale, si riferiscono alla gestione finanziaria coincidente con l’anno solare, salvo il ricorso all’esercizio provvisorio, per il bilancio dello Stato espressamente previsto dall’art. 81, quinto comma, Cost. (per un periodo non superiore complessivamente a quattro mesi), da intendersi come temporanea gestione finanziaria consentita al Governo in caso di mancata approvazione della legge di bilancio entro il 31 dicembre; esso rappresenta pertanto una deroga al principio dell’annualità del bilancio; per le regioni e gli enti locali l’esercizio provvisorio presenta margini più ristretti;

b) unità: il bilancio pubblico di previsione e il rendiconto devono rappresentare in maniera unitaria l’andamento complessivo dei conti dell’ente;

c) universalità: nel bilancio deve essere integralmente rappresentata l’attività finanziaria dell’ente, ricomprendendo tutte le finalità e gli obiettivi di gestione, nonché i relativi valori finanziari, economici e patrimoniali (v., da ultimo, sentenza della Corte costituzionale nr. 279 del 2016);

d) integrità: nel bilancio le entrate devono essere iscritte al lordo delle spese sostenute per la riscossione e di altre eventuali spese connesse e, allo stesso modo, le spese devono essere iscritte al lordo delle correlate entrate, senza compensazioni di partite;

e) veridicità e attendibilità: i criteri di redazione dei bilanci pubblici impongono la rappresentazione contabile delle previsioni e dei risultati effettivi di gestione finanziaria, economica e patrimoniale dell’ente in maniera certa, attendibile e corretta (al riguardo, tra le altre, sentenze della Corte costituzionale nr. 51 e nr. 138 del 2013, sino alla nr. 274 del 2017);

f) congruità: i bilanci pubblici sono tenuti ad assicurare l’adeguatezza delle risorse disponibili rispetto ai fini stabiliti in via previsionale, garantendo la corrispondenza tra le entrate e le uscite in relazione agli obiettivi programmati e, conseguentemente, il rispetto della previa copertura finanziaria (tra le tante, sentenze della Corte costituzionale nr. 1 del 1966, nr. 70 e nr. 192 del 2012, nr. 250 e nr. 266 del 2013, nr. 19 e nr. 155 del 2015, nr. 188 e nr. 279 del 2016, nr. 247 del 2017).

Tali princìpi sono strumentali alla funzione autorizzativa svolta da ciascun bilancio pubblico: consentire all’amministrazione la legittima realizzazione delle spese che non potrebbero essere effettuate senza l’iscrizione in bilancio del relativo importo. In secondo luogo, essi rispondono all’idea del bilancio quale bene pubblico, funzionale a rappresentare con certezza le scelte dell’ente territoriale in ordine all’acquisizione delle risorse e alla realizzazione delle politiche ai fini della verifica tra il programmato e il realizzato (come affermato dalla sentenza della Corte costituzionale nr. 184 del 2016).

Bilancio preventivo e consuntivo, di cassa e di competenza. - Peculiarità dei bilanci pubblici rispetto a quelli disciplinati dal diritto privato è definire il piano previsionale delle entrate e delle spese, su base annuale e pluriennale, a partire dall’esercizio finanziario successivo a quello in cui il documento contabile viene redatto. Il bilancio di previsione contiene pertanto le entrate da realizzare e le spese da sostenere, distinguendosi, in relazione al momento in cui sorgono le obbligazioni giuridiche e si effettuano le operazioni contabili a cui si riferiscono le previsioni, il bilancio preventivo di competenza giuridica, da un lato, e il bilancio preventivo di cassa, dall’altro. Nel primo, sono indicate le entrate accertate e le spese impegnate nel periodo di riferimento, a prescindere dalla circostanza che le une siano state effettivamente riscosse e le altre effettivamente erogate. Nel bilancio preventivo di cassa sono invece riportate le entrate effettivamente riscosse e le spese effettivamente pagate, a prescindere dal momento in cui sorge il diritto a riscuotere le prime o l’impegno a effettuare le seconde. La competenza giuridica si differenzia da quella economica che tiene conto dell’effettiva maturazione dei ricavi e dei costi, fornendo il valore complessivo dei movimenti del bilancio dell’ente. Nonostante il rilievo ancora attribuito al primo criterio (competenza giuridica) dalla legge di contabilità (legge nr. 196 del 2009, successivamente modificata dalla legge nr. 163 del 2016), a seguito del recente processo di armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci degli enti territoriali, a esso è stato affiancato quello della competenza finanziaria potenziata. Quest’ultimo impone di registrare nei bilanci pubblici tutte le obbligazioni contratte dall’ente imputandole all’esercizio in cui esse vengono in scadenza per avvicinare il criterio della competenza a quello della cassa e agevolare, in tal modo, il computo dell’indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche, che costituisce il parametro rilevante ai fini della verifica del rispetto dei vincoli europei.

Dal bilancio preventivo si distingue il bilancio consuntivo (o rendiconto), relativo all’esercizio finanziario già concluso, contenente l’indicazione delle entrate effettivamente realizzate e delle spese effettivamente sostenute nello stesso periodo. Esso consente la verifica dei programmi e degli obiettivi conseguiti rispetto alle previsioni di bilancio.

Funzione ed evoluzione della legge di bilancio. - Nel quadro costituzionale originario, la legge di approvazione del bilancio dello Stato era distinta dalle altre leggi, fornendo, la prima, la rappresentazione delle modifiche apportate all’ordinamento dalle seconde sul lato tanto delle entrate quanto delle spese. Affermando che «con la legge di bilancio non possono essere introdotti nuovi tributi e nuove spese», l’originario terzo comma dell’art. 81 Cost. poneva un limite al contenuto della legge di bilancio, conseguentemente non soggetta all’obbligo di copertura (che impone, ora come allora, di provvedere ai mezzi finanziari necessari). Quest’ultimo, invece, già previsto dall’originario quarto comma dell’art. 81 Cost., si riferiva a tutte le altre leggi, conformandone il procedimento di approvazione. Ciò postulava la distinzione tra il piano della legge di bilancio, da un lato, e quello delle leggi tributarie e di spesa, dall’altro, finalizzati a perseguire rispettivamente l’interesse generale alla sostenibilità delle finanze pubbliche (il bilancio era già inteso come luogo dell’equilibrio) e gli specifici interessi di settore inerenti alla tutela dei diritti costituzionali, in un sistema di condizionamento reciproco tra i due livelli (Onida 1969, pp. 450 e segg.; Brancasi 1985, pp. 406 e segg.; P. De Ioanna 1993, pp. 18 e segg., 57 e segg., 121 e segg.; Rivosecchi 2007, pp. 222 e segg.). La legge di bilancio non poteva modificare le altre leggi, ma soltanto individuare, anno per anno, gli equilibri, che, a loro volta, non potevano essere compromessi dalle normali leggi (Brancasi 2014, pp. 172 e seg.). Sicché dapprima la legge finanziaria, introdotta nel 1978, e, successivamente, la legge di stabilità, introdotta nel 2009, costituivano gli strumenti per assicurare le variazioni quantitative apportate dalle c.d. manovre finanziarie tanto sul lato delle entrate quanto su quelle del finanziamento (o definanziamento) delle leggi di spesa, assicurando al contempo un più stringente obbligo di copertura ai fini del rispetto dei limiti di compatibilità stabiliti nella legge di bilancio.

La legge costituzionale nr. 1 del 2012 ha rimosso, per il bilancio dello Stato, il divieto contenuto nell’originario terzo comma dell’art. 81 Cost., così riconoscendo definitivamente la natura di ‘norma sostanziale’ alla legge di bilancio e postulando una differente ricostruzione del rapporto tra legge di bilancio e altre leggi volto ad assicurare la preminenza dell’interesse finanziario all’equilibrio ora determinato in maniera esogena dai vincoli europei (dal divieto di disavanzi eccessivi, già previsto dal Trattato di Maastricht e ora posto dall’art. 126 del Trattato su funzionamento dell’Unione europea – TFUE, ai regolamenti che compongono il patto di stabilità, ai più stringenti vincoli del c.d. Six pack e del c.d. Two pack, sino al Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione economica e monetaria, c.d. Fiscal Compact). Tale processo è stato portato a compimento dalla legge nr. 243 del 2012, approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera secondo quanto previsto dall’art. 81, sesto comma, Cost., volta, tra l’altro, a disciplinare il contenuto della legge di bilancio e i criteri per assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche; nonché dalla successiva legge nr. 163 del 2016, di riforma della legge di contabilità.

Struttura della legge di bilancio. - Alla stregua di tale cornice normativa, il bilancio di previsione dello Stato è ora riferito a un periodo di tre anni e articolato in due sezioni. La prima, che assorbe larga parte dei contenuti della previgente legge di stabilità, reca anzitutto i c.d. saldi della finanza pubblica (indicatori rilevanti dell’andamento dei conti pubblici rispetto agli obiettivi prefissati), stabiliti con le risoluzioni parlamentari sul documento programmatico di bilancio (Documento di economia e finanza, DEF), e con la relativa nota di aggiornamento (Nadef), nonché le misure strumentali a garantire quanto si prefigge la decisione di bilancio. I saldi devono essere indicati nel quadro generale riassuntivo del bilancio, perché quest’ultimo è l’unico atto giuridico idoneo a misurare gli effetti delle decisioni finanziarie su tali indicatori: risparmio pubblico (risultato differenziale tra il totale delle entrate tributarie ed extratributarie e il totale delle spese correnti); indebitamento o accrescimento netto (risultato differenziale tra tutte le entrate e le spese, escluse le operazioni riguardanti le partecipazioni azionarie e i conferimenti, nonché la concessione e la riscossione di crediti e l’accensione e rimborso di prestiti); saldo netto da finanziare o impiegare (risultato differenziale delle operazioni finali, rappresentate da tutte le entrate e da tutte le spese, escluse le operazioni di accensione e di rimborso di prestiti); ricorso al mercato (risultato differenziale fra il totale delle entrate finali e il totale delle spese), come indicati dall’art. 25, comma 7, della legge nr. 196 del 2009 (legge di contabilità), a cui deve aggiungersi il saldo rappresentato dal disavanzo (o avanzo) primario, costituito dal differenziale tra totale delle entrate e delle spese finali, senza considerare quelle destinate al pagamento degli interessi sul debito.

La seconda sezione della legge di bilancio, invece, riproduce i contenuti precedentemente collocati nella legge di bilancio, fornendo, a legislazione vigente, la rappresentazione contabile delle previsioni di entrata e di spesa, in termini sia di competenza, sia di cassa, e le relative proposte di rimodulazione. Ne consegue che la seconda sezione deve essere costantemente aggiornata a seguito delle modifiche della prima mediante apposita nota di variazioni. La rappresentazione in un unico atto normativo di quanto precedentemente albergava in due distinti provvedimenti è pertanto volta ad assicurare la coerenza dei saldi di finanza pubblica con gli obiettivi fissati nel DEF e nella successiva Nadef, come definiti nel c.d. semestre europeo, il procedimento complesso che si dipana tra istituzioni di bilancio nazionali ed europee (v. infra, iter di approvazione del bilancio).

Quanto alla struttura del bilancio dello Stato, occorre infine ricordare che la riforma della legge di contabilità del 2016, in attuazione di quanto previsto dalla legge ‘rinforzata’ nr. 243 del 2012, include in larga parte i contenuti di due precedenti decreti legislativi dello stesso anno (nr. 90 e nr. 93 del 2016), volti, rispettivamente, a disciplinare la gestione delle poste in bilancio e ad assicurare il potenziamento della funzione del bilancio di cassa. Sotto il primo profilo, tali misure incidono sui criteri di classificazione del bilancio dello Stato. Da un lato, è confermato l’impianto normativo risalente alla legge nr. 94 del 1997, ancora incentrato, tanto per le entrate quanto per le spese, sulle unità previsionali di base – che raggruppano più capitoli attorno a un’area di responsabilità dirigenziale – ai fini dell’accertamento dei cespiti (per le entrate) e dell’individuazione delle priorità di obiettivo (per le spese) per consentire la rappresentazione delle politiche pubbliche realizzate e misurare i risultati dell’attività delle amministrazioni. Dall’altro, la legge di bilancio è integrata da appositi prospetti che garantiscono l’indicazione, per ciascun ministero, di missioni, programmi e – elemento di novità – azioni. Queste ultime costituiscono istituto di ulteriore articolazione dei programmi di spesa, con l’obiettivo di individuare con maggiore trasparenza le unità del bilancio sottoposte al voto parlamentare (i c.d. programmi), nonché l’emersione delle priorità allocative anche nella prospettiva di processi di razionalizzazione della spesa (c.d. spending review).

Sotto il secondo profilo, relativo al rafforzamento della funzione del bilancio di cassa, le misure contenute nella legge di contabilità assicurano l’avvicinamento, per le entrate, della fase dell’impegno a quella del pagamento e, per le spese, della fase di accertamento a quella di riscossione, così rafforzando l’attendibilità delle previsioni di cassa, anche mediante la predisposizione di un apposito cronoprogramma dei pagamenti, quale criterio e strumento di formazione delle previsioni di competenza, con l’obiettivo di ridurre l’ammontare dei residui attivi e passivi (indicanti, rispettivamente, somme accertate, ma non incassate e somme impegnate, ma non pagate, entro il termine dell’esercizio finanziario), preservando, tra l’altro, la garanzia conservativa delle risorse non ancora erogate ma già finalizzate al pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche.

L’iter di approvazione del bilancio. - L’approvazione della legge di bilancio dello Stato si inserisce nel ciclo annuale della programmazione finanziaria ormai largamente attratto al diritto dell’Unione europea. La decisione annuale di bilancio si avvia pertanto nell’ambito del ‘semestre europeo’, che vede gli Stati membri dedicare la prima parte dell’anno finanziario alla predisposizione dei c.d. Piani nazionali di riforma (PNR, secondo le direttrici della Strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020) e dei Piani di stabilità e convergenza (PSC, secondo le regole del Patto di stabilità e crescita). Esaminati tali piani, nel mese di giugno la Commissione predispone le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri, successivamente approvate dal Consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze (Ecofin), anche in relazione agli orientamenti espressi dal Consiglio europeo.

Nell’ordinamento italiano, la già richiamata riforma della legge di contabilità (legge nr. 163 del 2016) ha anticipato la presentazione del DEF alla prima metà del mese di aprile al fine di consentire al Parlamento di esprimersi in tempo utile sugli obiettivi programmatici per l’invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell’Unione Europea e alla Commissione europea del PNR (che include le misure di stabilità dei conti e gli obiettivi di finanza pubblica). Su di esso possono essere espresse osservazioni da parte delle autorità europee, anche in relazione ai sopravvenuti andamenti degli indicatori macroeconomici, ai fini della predisposizione della Nadef, che consente l’aggiornamento degli obiettivi programmatici in esito al dialogo tra autorità di bilancio nazionali e Commissione europea.

Nella seconda metà dell’anno solare (c.d. semestre nazionale), si completa la procedura di approvazione del bilancio. Dopo la presentazione della Nadef (entro il 27 settembre), il Governo sottopone alle Camere il disegno di legge di bilancio (entro il 20 ottobre), esaminato secondo un procedimento disciplinato dai regolamenti parlamentari a tempi certi e garantiti ai fini della conclusione dell’iter entro il 31 dicembre (c.d. sessione di bilancio).

Il c.d. pareggio di bilancio. - La più rilevante novità prevista dalla legge costituzionale nr. 1 del 2012 per i bilanci dello Stato e degli altri enti territoriali è costituita dall’introduzione del principio di equilibrio. Per lo Stato, esso non va inteso come pareggio aritmetico tra entrate e spese, dovendosi invece desumere dal diritto dell’Unione Europea in relazione all’obiettivo a medio termine, più o meno stringente a seconda della posizione di bilancio e degli indicatori economici di ciascuno Stato membro. Secondo quanto previsto dall’art. 3 della legge nr. 243 del 2012, tale obiettivo corrisponde al valore del saldo strutturale corretto agli effetti del ciclo economico. Così determinato, il vincolo dell’equilibrio mantiene una certa elasticità, potendosi ritenere rispettato anche in presenza di un disavanzo giustificato dagli effetti di un ciclo economico negativo, tanto più in ragione delle possibili deroghe che consentono temporanei scostamenti, sia pure previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, per fronteggiare, ad esempio, crisi economico-finanziarie.

I bilanci delle regioni e degli enti locali. - I bilanci pubblici delle regioni e degli enti locali sono soggetti a princìpi analoghi alle regole introdotte per il bilancio dello Stato dalle recenti riforme di contabilità. Ciò tanto più in forza del principio di trasparenza e di responsabilità finanziaria dei diversi livelli territoriali di governo che impone la raffrontabilità dei conti ai fini della verifica del rispetto dei vincoli europei. Nel quadro delle regole europee sul sistema integrato dei conti nazionali e regionali (c.d. SEC 2010, regolamento UE nr. 549/2013), basato sulla contabilità macroeconomica (o nazionale) – che intende i bilanci pubblici quale strumento di rappresentazione integrale dell’attività economica dell’ente – è stato progressivamente realizzato un processo di armonizzazione, soprattutto ai fini della conformazione dei saldi finanziari dei bilanci ai richiamati vincoli posti dal diritto dell’Unione Europea. Tale percorso è culminato nel già richiamato decreto legislativo nr. 126 del 2014 sull’armonizzazione dei bilanci che, tra l’altro, ha: introdotto una tassonomia contabile e schemi di bilancio comuni a tutti gli enti territoriali; razionalizzato la decisione di bilancio regionale secondo direttrici simili a quella dello Stato (a partire dalla sequenza Documento di economia e finanza regionale, DEFR – legge regionale di bilancio, analoga a quella, per lo Stato, DEF – legge di bilancio, e dai criteri di classificazione delle poste nel bilancio regionale); rafforzato l’obbligo di copertura dei provvedimenti di spesa regionali.

A differenza di quanto stabilito per il bilancio dello Stato, per le regioni non è stata disposta la soppressione della legge di stabilità regionale (art. 36, comma 4, del decreto legislativo nr. 118 del 2011, e allegato 4.1 sui ‘princìpi contabili applicati’): permane così la duplicità dei piani afferenti, rispettivamente, al perseguimento dell’interesse finanziario all’equilibrio (legge di bilancio) e alla cura dei diritti costituzionali (altre leggi). Nondimeno, risultano fortemente limitati i margini a disposizione delle politiche di bilancio delle autonomie territoriali, in quanto esse sono state assoggettate a stringenti limiti di spesa previsti dapprima dalle diverse declinazioni del patto di stabilità interno e, successivamente, dalle norme sulla determinazione dell’equilibrio di bilancio.

Regole di bilancio europee e regole di bilancio nazionali. - Alla luce delle recenti riforme sui bilanci pubblici, permane un sostanziale disallineamento tra le regole europee di governo dei conti pubblici, rigorosamente incentrate sulla contabilità economica e su parametri statistici (Regolamento UE nr. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione Europea – testo rilevante ai fini dello Spazio economico europeo), e quelle della contabilità pubblica italiana, ancora largamente basate sulla competenza giuridica, anche nella fase successiva all’introduzione del richiamato criterio della ‘competenza finanziaria potenziata’. Le prime garantiscono la rilevazione unitaria, anno per anno, dei fatti gestionali nei loro profili economico-patrimoniali, mentre le seconde assolvono a funzioni autorizzatorie e di rendicontazione dei risultati della gestione finanziaria.

Secondo le regole europee, la gestione finanziaria dell’ente territoriale si traduce in un aggregato statistico ai fini del calcolo dell’indebitamento netto del settore amministrazioni locali, che, a sua volta, rientra nel più ampio aggregato rappresentato dal conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche. Sicché nei bilanci pubblici non possono essere inclusi attivi e passivi che risultino da fatti economici preesistenti, i quali, per definizione, non attengono all’esercizio finanziario di riferimento, bensì a quelli precedenti. Al contrario, le regole della competenza giuridica nazionale consentono di tenere conto di tali fenomeni, in quanto i bilanci pubblici sono espressione della funzione autorizzatoria e di rendicontazione.

Quanto detto postula l’ulteriore armonizzazione delle regole di governo dei conti pubblici affinché il bilancio possa continuare a svolgere le funzioni di rappresentazione integrale dei flussi finanziari degli enti territoriali nel sistema euro-unitario.

Indicazioni bibliografiche

V. Onida, Le leggi di spesa nella Costituzione, Milano 1969.

A. Brancasi, Legge finanziaria e legge di bilancio, Milano 1985.

P. De Ioanna, Parlamento e spesa pubblica, Bologna 1993.

G. Rivosecchi, L’indirizzo politico finanziario tra Costituzione italiana e vincoli europei, Padova 2007.

A. Brancasi, Bilancio (equilibrio di), in Enciclopedia del diritto, Annali VII, Milano 2014, pp. 167-86.

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