Biblioteche digitali: la grande sfida a Google

Il Libro dell'Anno 2013

Gino Roncaglia

Biblioteche digitali: la grande sfida a Google

In America e in Europa si tende a dare una risposta istituzionale e aperta al progetto di trasferimento on-line dei libri promosso da Google, per rendere fruibile il patrimonio culturale pubblico.

Robert Damton

Nell’aprile 2013 è stata inaugurata la piattaforma on-line della Digital Public Library of America (DPLA): un ambizioso progetto di biblioteca digitale, nato per iniziativa di Robert Darnton, eminente storico e direttore della Biblioteca dell’Università di Harvard. Rispetto ad altri modelli di biblioteca digitale, la DPLA – finanziata attraverso il contributo di enti pubblici e privati – si propone di essere aperta e accessibile non solo nei contenuti ma anche nelle scelte, nei servizi offerti, negli strumenti utilizzati (http://dp.la).

Per meglio capire il significato del progetto, occorre ricordare che il concetto di ‘biblioteca digitale’ è nato in primo luogo con riferimento a collezioni organizzate e accessibili di documenti in formato digitale, ma si è progressivamente allargato a coprire non solo i contenuti ma – in analogia con quanto accade per le biblioteche fisiche – anche i servizi offerti all’utenza, le infrastrutture, lo staff. Una biblioteca digitale come la DPLA è dunque oggi un’entità complessa, che offre un ampio insieme di servizi collegati alla creazione, alla gestione, all’accesso e all’uso di risorse informative digitali di varia natura, non necessariamente solo testuali.

La prima biblioteca digitale è stata quella del progetto Gutenberg, nato nel 1971 negli Stati Uniti a opera di Michael Hart con l’obiettivo di rendere liberamente disponibili per via telematica versioni digitali di testi (prevalentemente di pubblico dominio) di particolare importanza storica e letteraria. Il progetto Gutenberg, tuttora attivo (www.gutenberg.org), è interamente gestito da volontari e comprende, a marzo 2013, oltre 42.000 testi. L’equivalente italiano del progetto Gutenberg, il progetto Manuzio (www.liberliber.it/progetti/manuzio), è stato fondato nel 1994 e comprende, a giugno 2013, oltre 2500 testi.

Con la diffusione di Internet, i progetti di digitalizzazione, raccolta e distribuzione via rete di collezioni documentali si sono moltiplicati e alle iniziative dei volontari si sono affiancate – con ben altra mole di contenuti digitalizzati – quelle istituzionali e quelle promosse da società private; le biblioteche digitali si sono così progressivamente trasformate in raccolte imponenti di contenuti, in parte legati a progetti di digitalizzazione su larga scala, in parte prodotti direttamente in ambiente digitale.

Fra i progetti privati, il più ampio e ambizioso è quello avviato nel 2008 da Google (www.books.google.com) con la collaborazione di alcune grandi biblioteche, inizialmente soprattutto statunitensi. I testi digitalizzati sono interamente ricercabili, ma la visualizzazione completa è prevista solo per le opere fuori diritti. Una lunga controversia legale sulla digitalizzazione di testi ancora sotto diritti non ha impedito la crescita del progetto: ad aprile 2013 le opere comprese in Google Books sono oltre 30 milioni. In Italia, il MIBAC ha annunciato nel 2009 un accordo con Google per l’inclusione nel progetto dei testi fuori diritti posseduti da alcune grandi biblioteche italiane, incluse la Biblioteca Nazionale di Roma e quella di Firenze; l’accordo è rimasto di fatto inattivo fino al dicembre 2012 per problemi nel trasporto dei volumi ai centri di digitalizzazione, e le attività sono state avviate a inizio 2013.

I progetti istituzionali hanno di norma il problema di integrare e coordinare lo sforzo di digitalizzazione svolto da biblioteche e istituzioni diverse, spesso con criteri differenti. Per questo motivo, i principali fra essi si propongono di norma come strumenti d’accesso e di servizio collegati all’aggregazione di contenuti e metadati provenienti da una pluralità di fonti, più che come collezioni individuali. Anche la DPLA ha queste caratteristiche, che riprende almeno in parte dal progetto di biblioteca digitale europea Europeana (www.europeana.eu). Nata nel novembre 2008, Europeana vanta oggi la collaborazione di oltre 2000 biblioteche, musei e istituti culturali europei.

La nascita di biblioteche-aggregatori come Europeana e la DPLA, costruite sulla base di una iniziativa pubblica, trasparente e aperta, è legata anche alla reazione (che in Europa ha visto in prima linea la Francia e che negli Stati Uniti ha proprio in Robert Darnton uno dei maggiori rappresentanti) all’idea di biblioteche digitali create prevalentemente da soggetti privati, inevitabilmente influenzate anche da considerazioni commerciali. Sia Europeana sia la DPLA propongono un modello di biblioteca digitale che, oltre a caratterizzarsi come aggregatore include una larga varietà di tipologie di contenuti: non solo opere testuali ma anche audio, musica, video, immagini, con l’ambizione di documentare e garantire l’accesso all’insieme del patrimonio culturale europeo (nel caso di Europeana) o statunitense (nel caso della DPLA). Ad agosto 2013, la DPLA aggrega circa 4 milioni e mezzo di contenuti digitali ed Europeana ne aggrega circa 30 milioni (le cifre non sono tuttavia direttamente confrontabili, dato che si basano su criteri parzialmente diversi). Basata sull’aggregazione di contenuti è anche la biblioteca digitale offerta dal portale italiano Internet culturale (www.internetculturale.it), a cura del MIBAC, i cui contenuti convergono in Europeana.

Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana
Il dibattito sul digitale
Francesco Ursini

Il dibattito sul digitale

La sempre crescente diffusione delle tecnologie e degli strumenti digitali nella diffusione della cultura e della conoscenza non ha mancato di sollevare interrogativi e di suscitare un vivace dibattito tra i sostenitori e i detrattori dei cambiamenti che il progresso tecnico porta con sé: se da un lato non si possono negare le straordinarie opportunità offerte dalla rete e dal digitale per la diffusione e la circolazione della cultura, come ausilio all’istruzione, alla divulgazione e alla stessa ricerca scientifica, dall’altro il rischio – nell’era della sovrainformazione e di un eccesso incontrollato di notizie e di nozioni – è quello che vada per- sa l’esperienza della lettura profonda, meditata, continuativa e critica di un testo. Se già alla metà degli anni Ottanta nelle Lezioni americane Calvino si chiedeva «quale sarà il futuro dell’immaginazione individuale in quella che si usa chiamare la ‘civiltà dell’immagine’? Il potere di evocare immagini in assenza continuerà a svilupparsi in un’umanità sempre più inondata dal diluvio delle immagini prefabbricate?», di fronte ora alla rivoluzione digitale alcuni intellettuali assumono posizioni di netta chiusura e di rifiuto: da Jonathan Franzen, che scorge nei social network l’annullamento del pensiero individuale, a Milan Kundera, che sembra abbia vietato persino a livello contrattuale la pubblicazione elettronica dei suoi romanzi. Tenendo conto che l’evoluzione tecnologica è una costante inevitabile della storia dell’umanità – scandita da passaggi quali quello dall’oralità alla scrittura, dal rotolo al codice, dal manoscritto al libro a stampa, ciascuno dei quali ha inciso profondamente, nel bene e nel male, sul modo di produrre e diffondere la conoscenza –, un approccio più produttivo e realistico è quello proprio di coloro che si sforzano di cogliere le opportunità offerte dal nuovo senza lasciare che esso si sostituisca interamente all’antico, ma favorendo una loro coesistenza e integrazione reciproca.

di Francesco Ursini

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La digitalizzazione della British Library

Nel febbraio 2013 il Financial Times ha annunciato il progetto della British Library di digitalizzare la propria collezione di oltre 25.000 manoscritti, alcuni dei quali di enorme valore, al fine di renderla accessibile al pubblico di tutto il mondo: nelle parole della responsabile dei manoscritti medievali, Claire Breay, «dal massimo esperto in un qualsiasi aspetto di un manoscritto, all’alunno di scuola che fa una ricerca». Si tratta di riproduzioni di altissima qualità, a colori e zoomabili fino al minimo dettaglio. Tra i primi manoscritti digitalizzati vi sono codici di immensa importanza, tra i quali si segnalano l’evangeliario di Lindisfarne, capolavoro dell’arte insulare dell’8° secolo, l’unica copia esistente del Beowulf, risalente all’incirca all’anno 1000 e il Codice Arundel, raccolta di disegni e scritti di Leonardo da Vinci; ma si trovano anche preziose e ricercate curiosità quali per esempio il Petit Livre d’Amour, una raccolta di poesie donata dal gentiluomo lionese Pierre Sala all’amante Marguerite Bullioud intorno al 1500.

Evangelario di Lindisfarne

I numeri

Volumi presenti nelle biblioteche digitali DPLA 4,5 mln

Progetto Google books 30 mln

Europeana 30 mln

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