Spaventa, Bertrando

Dizionario di filosofia (2009)

Spaventa, Bertrando


Filosofo e storico italiano della filosofia (Bomba, Chieti, 1817 - Napoli 1883). Assunti gli ordini sacerdotali più per condiscendenza verso la famiglia che per intima convinzione, si stabilì (1840) a Napoli e aprì (1846) con il fratello Silvio una scuola privata di filosofia, che dovette presto chiudere; fu poi (1848-50) nella casa del generale Pignatelli come precettore del figlio. Lasciati tale incarico e la veste sacerdotale, si stabilì a Torino. Avversato dall’ambiente, S. non riuscì a ottenere un insegnamento, e dovette guadagnarsi la vita con traduzioni e articoli. Ciò lo condusse a prendere posizione rispetto a problemi importanti come quello della libertà di insegnamento (pubblicò a questo proposito vari articoli nel Progresso, 1851). Altra polemica, e di più vasta portata, fu quella che S. condusse in questo periodo contro i gesuiti della Civiltà cattolica. Chiamato da De Sanctis nell’univ. di Napoli nel 1861, dopo una breve permanenza all’univ. di Bologna, S. vi tenne quelle lezioni che diedero origine ai suoi studi sulla filosofia hegeliana: Le prime categorie della logica di Hegel (1863); Principi di filosofia (1867, ripubblicati completi da Gentile nel 1911 con il titolo Logica e metafisica); Studi sull’etica di Hegel (1869, ristampato nel 1904 con il titolo Principii di etica); Frammento inedito (pubblicato con questo titolo da Gentile nella Riforma della dialettica hegeliana, 1913). In questi scritti S. propose la propria riforma dello hegelismo, ispirandosi all’interpretazione di Fischer e sviluppandola nel senso di una più forte accentuazione del momento dinamico, attivo o produttivo, dell’identità di essere e pensiero. S. sottolinea infatti l’attualità dell’essere, il quale non è mai semplicemente e immediatamente, perché è sempre divenire, cioè atto o pensiero. In altri termini, S. nega qualunque residuo oggettivo di un essere, puro, indeterminato, estraneo al pensiero, giacché l’essere pensato è in quanto viene pensato, quindi è esso stesso pensiero. L’ente – afferma S. nel Frammento inedito – non è semplicemente dato, non è semplicemente trovato: non è estrinseco alla mente, giacché né la mente è mente senza l’ente, né l’ente è ente se non è mentale. Di qui l’esigenza, avvertita da S. nella sua riflessione sulla logica hegeliana e sulle difficoltà di quest’ultima messe in rilievo da Trendelenburg, di «mentalizzare la logica». Attraverso una critica radicale della distinzione tra Denken e Nachdenken, S. afferma l’inseparabilità di essere e non-essere, nel senso che l’essere si nega nel non-essere nell’atto stesso del pensare. Erano così poste le premesse dello sviluppo attualistico del neohegelismo di Gentile (il quale, allievo di Jaja, fu indirettamente discepolo di S., che studiò a fondo e del quale ristampò le opere). L’esperienza della filosofia tedesca portò S. a studiare e a interpretare, in relazione a essa, la tradizione filosofica italiana moderna, dal Rinascimento in poi (Prolusione e introduzione alle lezioni di filosofia nella università di Napoli, 1862, ristampato con il titolo La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea, 1908; La filosofia del Gioberti, 1863; Saggi di critica filosofica, politica e religiosa, 1867). S. sostenne una stretta connessione tra filosofia italiana moderna e filosofia europea, e formulò la tesi della «circolazione della filosofia europea», secondo la quale gli originari spunti speculativi dei platonici e dei telesiani italiani, di Bruno e di Campanella, sarebbero stati sviluppati fuori d’Italia da Spinoza, da Kant e da Hegel, e sarebbero poi stati ripresi in Italia da Galluppi, Rosmini e Gioberti. In questa linea di sviluppo S. inserì anche Vico, da lui visto come il precursore di Kant e degli idealisti tedeschi per la «metafisica della mente» contenuta nella seconda Scienza nuova. In questo modo S. compiva un vigoroso sforzo per sprovincializzare lo studio della tradizione culturale e filosofica italiana, affermando l’esigenza di considerarla in connessione con la cultura europea. S. fondò (1872), insieme a Fiorentino, V. Imbriani, De Meis e altri, il Giornale napoletano di filosofia e lettere, al quale collaborò intensamente. Postume apparvero le due opere Esperienza e metafisica (1888) e Introduzione alla critica della psicologia empirica (1915). L’attività scientifica non impedì a S. una notevole attività politica: fu, fra l’altro, anche deputato al parlamento fino alla caduta della Destra nel 1876.

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