FRESCOBALDI, Berto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FRESCOBALDI, Berto

Michele Luzzati

Forse figlio di Ranieri e forse nipote di Lamberto (l'uno fu degli Anziani nel 1255 e l'altro nel 1252), nacque probabilmente a Firenze, nella prima metà del secolo XIII. Giovanissimo avrebbe combattuto alla battaglia di Montaperti (1260). Nel decennio successivo, egli viene ricordato tra i maggiorenti guelfi; nei documenti il suo nome è sempre preceduto dalla qualifica di "messere". Il 2 maggio 1273 fu tra i testimoni delle disposizioni testamentarie del conte Alessandro degli Alberti in favore della Parte guelfa. Nel 1282 fu forse podestà di Padova. Nella primavera del 1285 fu ambasciatore al conte Ugolino Della Gherardesca e a Genova. Sempre nel 1285, insieme con i fratelli Stoldo e Paniccia e con il cugino Ghino di Lambertuccio Frescobaldi, si vide richiedere dal Comune un ingente prestito per la riparazione dei ponti della città. Insieme con il fratello Stoldo, tra il 1288 e il 1289, militò nella guerra contro i ghibellini di Arezzo innalzando lo stendardo di Carlo d'Angiò; partecipò alle operazioni contro la città avversaria e alla battaglia di Campaldino (11 giugno 1288). Il 6 luglio 1291 fu eletto capitano di Bologna, ma non ricoprì tale carica. Ripetutamente membro dei Consigli nel 1285 e dal 1289 al 1293, proprio in quest'ultimo anno, con tutti i suoi, fu incluso fra i magnati. Contrastò vivacemente gli ordinamenti di giustizia promossi da Giano della Bella, e fu tra i promotori della reazione magnatizia.

Sembra che il F. sia stato personale nemico di Giano. Secondo quanto ci narra Salvemini (p. 243), lo avrebbe una volta affrontato nel corso di un consiglio riunito nella chiesa di S. Piero Scheraggio. Fra la fine del 1294 e i primi del 1295 avrebbe poi presieduto una riunione di magnati, davanti ai quali, dopo aver lamentato che "i cani del popolo" avevano sottratto ai nobili ogni potere, chiese "di uscire da questa servitù" prendendo le armi e scendendo in piazza: "uccidiamo amici e nemici, di popolo, quanti ne troviamo, sicché giammai noi né i nostri figliuoli non siano da loro soggiogati" (Compagni, I, 15).

Le "interdizioni" derivanti dagli ordinamenti non impedirono comunque al F. di continuare a sostenere un ruolo di rilievo nella politica fiorentina. Risulta infatti, ad esempio, che nel maggio del 1295 egli prese parte, con Oddo Altoviti, alle consultazioni con gli ambasciatori pisani. Nel 1297 fu forse podestà di Orvieto. L'11 nov. 1300 fece parte dell'ambasceria fiorentina che si presentò a Bonifacio VIII insieme con i rappresentanti di Bologna, di Lucca e di Siena. Schierato dapprima con i "bianchi", per i debiti che aveva con Vieri dei Cerchi (si parlava di 17.000 fiorini depositati presso la sua società), passò poi ai "neri", pur senza sostenere fin in fondo Corso Donati. Anzi, nei primi mesi del 1302 fece fuggire da Firenze Giano di Vieri dei Cerchi, provocando l'ira del gruppo familiare dei Franzesi, e in particolare di Giovanni Paolo (Musciatto) Franzesi. Ne nacque un duro scontro tra Frescobaldi e Franzesi, che si concluse con il bando di Musciatto, poi sospeso, nel settembre del 1305, per l'intervento di Roberto di Calabria.

Di indole violenta e polemica, il F. si attirò gli strali di Guittone d'Arezzo per il suo attaccamento alle glorie e ai beni terreni. All'incremento delle sue ricchezze, infatti, egli dedicò buona parte del suo impegno, valendosi anche di una compagnia bancaria e mercantile di grandissimo rilievo, le cui prime vicende non appaiono - allo stato attuale delle ricerche - ancora sufficientemente chiarite. Essa trasse vigore, probabilmente, dall'incrociarsi delle attività di un fondaco fiorentino del F., che aveva ramificazioni anche in Francia, con quelle del fratello Stoldo, il quale operava in Inghilterra e forse anche in Fiandra fin dall'ottavo decennio del Duecento.

Tra il 1295 e il 1298 Stoldo raccolse forse l'eredità della compagnia inglese dei "Frescobaldi bianchi", di cui aveva presumibilmente fatto parte. Tale compagnia era stata diretta da un cugino del F., Giovanni Frescobaldi, detto "Chiocciola", fratello del già ricordato Lambertuccio. Quest'ultimo, da parte sua, guidava la compagnia detta dei "Frescobaldi neri", anch'essa attiva in Inghilterra. Fatto si è che all'inizio del Trecento si hanno prove documentarie dell'esistenza di una società non più intitolata a Giovanni Frescobaldi, ma al F. o, per essere esatti, a "Stoldo, Berto e Paniccia Frescobaldi e Rucco Pitti e soci". Nel 1300 ne era rappresentante in terra inglese un Coppo (o Coppuccio) Cotenna, che fu nominato da Edoardo I "valletus" del tesoriere regio e che ci è noto sin dal 1283, quando operava per i Frescobaldi in Scozia. Accanto al Cotenna, in Inghilterra appaiono: nel 1302 Stoldo Angiolieri e un figlio del F., Bettino; poi Andrea Gherardi, dal 1304 almeno; un secondo figlio del F., Amerigo, dal 1305 almeno.

Fin dal 1299 la società dei Frescobaldi ebbe in appalto le miniere d'argento del Devon e le fu concessa, sul continente, la ricevitoria delle Contee di Pontieu e di Montreuil (fra l'Artois e il Ducato di Normandia). Nel primo lustro del Trecento, pur risultando molto attiva in ogni campo, non doveva essere ancora solidissima, se risulta indebitata con il marchese d'Este per la cospicua somma di 5.675 fiorini d'oro, che ebbe difficoltà a pagare, e se fu accusata dall'ormai declinante società dei "Frescobaldi neri" di rifiutarsi di onorare un ingentissimo debito. Essa superò tuttavia il difficile momento e in breve si affermò come una delle principali compagnie fiorentine, specie per i grossi successi conseguiti dalla filiale inglese, diretta dai figli del F., Bettino e Amerigo.

Il F., "fondatore della fortuna della famiglia e della società", rimase per lo più a Firenze "a presiedere alle succursali stabilite" in Inghilterra, in Francia, nelle Fiandre, e a controllare tutto il movimento dei suoi rappresentanti (cfr. Sapori, 1947, pp. 31 s.). Si trattava di un compito di tutto rispetto: in Inghilterra, nel 1306, i mercanti impegnati per la compagnia erano almeno sei; in Francia le filiali erano due, a Parigi e a Bordeaux. Non è perciò forse un caso che il F. venisse creato dal re Edoardo II, il 15 genn. 1311, consigliere privato della Corona - anche se questa nomina potrebbe rientrare nel quadro delle manovre allora compiute dal sovrano per sostenere la compagnia stessa, che stava attraversando un momento di difficoltà.

Ignoriamo la data esatta della morte del F., il quale, per quanto vecchio e malato, dovette probabilmente vivere almeno sino alla metà del 1315, quando, come attesta un documento del 20 giugno di quell'anno, citato dal Davidsohn (1896-1908, III, reg. 672, p. 133), la sua compagnia, ormai avviata all'estinzione, si intitolava ancora a lui, a suo fratello Tegghia e a un Ruggiero Frescobaldi. È ricordato invece come già scomparso, in documenti dell'anno successivo, relativi al ricorso promosso contro i suoi figli dal medesimo Tegghia.

Davidsohn e Sapori affermano che il F. morì nel 1310, fondandosi sulla circostanza che nel febbraio del 1311 fu concesso ai suoi due figli, Giovanni e Filippo, di lasciare l'Inghilterra per recarsi in Italia a recuperare l'eredità paterna. Questa datazione, che è stata accolta in seguito da molti altri studiosi, è contraddetta dalla ricordata nomina del F. a consigliere privato del re, avvenuta appunto nel 1311, come ha fatto rilevare il Kaeuper, il quale ha avanzato anche l'ipotesi che la notizia della morte del F., circolata allora in Inghilterra, fosse falsa e diffusa ad arte, forse anche con la connivenza del re, proprio per consentire l'espatrio dei due figli Giovanni e Filippo.

Morendo, il F. lasciava la moglie Andriola, forse sposata in seconde nozze, che risultava ancora vivente nel novembre 1326, e almeno nove figli maschi legittimi, forse non tutti nati da un unico matrimonio, e due figli illegittimi, Guelfo e Piero.

A parte Amerigo e Bettino, ai quali è dedicata una voce, si ricordano i seguenti. Francesco, per il quale, nonostante il difetto di età, il papa Bonifacio VIII chiese, il 12 luglio 1297, la concessione di un pievanato o di un priorato nella diocesi di Firenze o in quella di Fiesole, forse rappresentò a Padova la compagnia paterna. Bonaccorso, costretto a entrare, ancora giovanissimo, tra gli agostiniani, ricevette da Bonifacio VIII, nel 1297, un canonicato in Arras. Più tardi ebbe da Clemente V (1305-14) il permesso di uscire dall'Ordine degli agostiniani pur permanendo nello stato ecclesiastico. Non è da escludere che sia da identificare nel "chierico" suo omonimo che nel 1346 fu ambasciatore fiorentino ad Avignone. Giovanni divenne canonico del duomo di Firenze grazie a un intervento di Bonifacio VIII. Fu poi canonico di Salisbury e titolare di altre prebende in patria e in Inghilterra. Guglielmo (o Guglielmino) fu canonico a Firenze e quindi tesoriere del capitolo del duomo in quella città. La sua elezione nel 1319 a vescovo di Firenze da parte del capitolo della cattedrale non fu accolta dal papa, che preferì inviare nella città un vescovo di sua scelta. Guglielmo morì forse nel 1339. Filippo fu titolare della chiesa di S. Pietro in Mercato nella val d'Elsa. Ottone esercitò anch'egli l'attività di mercante e operò forse in Inghilterra. Sposò Giovanna di Francesco di Arrigo di Manetto della Foresta appartenente al gruppo familiare dei Franzesi, che portò la cospicua dote di 1.200 fiorini. Fu in seguito uno dei tutori del cognato Guido di Francesco della Foresta. Morì nel 1343, lasciando almeno un figlio maschio, Filippo. Simone, pure partecipe delle attività economiche del padre e dei fratelli, combatté a Montecatini nel 1315.

Quasi tutti i figli del F., compresi quelli che avevano abbracciato la carriera ecclesiastica, parteciparono, soprattutto all'estero, alla gestione degli affari di famiglia, affiancando di volta in volta Amerigo e Bettino.

Fonti e Bibl.: Le consulte della Repubblica fiorentina dall'anno 1280 al 1298, a cura di A. Gherardi, Firenze 1896-1898, ad Ind.; Les registres de Martin IV, a cura di F. Olivier Martin, Paris 1901-35, n. 356, p. 148; Consigli della Repubblica fiorentina, a cura di B. Barbadoro, I, 2, 1307-1315, Bologna 1930, pp. 402, 572 s., 610, 681; Jean XXII. Lettres communes, a cura di G. Mollat - G. De Lesquen, Paris 1904-47, I, n. 3252, p. 298; III, n. 11547, p. 109 (per Guglielmo); Bénoit XII. Lettres communes, a cura di J.-M. Vidal, Paris 1902-11, n. 6702, p. 148 (per Guglielmo); D. Velluti, La cronica domestica scritta fra il 1367 e il 1370, a cura di I. Del Lungo - G. Volpi, Firenze 1914, ad Ind. e tav. III (genealogia dei Frescobaldi; è però certamente da escludere che il F. fosse figlio di Lamberto); D. Compagni, La cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi, a cura di I. Del Lungo, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., IX, 2, ad Ind.; G. Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, Parma 1990-91, ad Ind.; A. Ademollo, Marietta de' Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio, III, Firenze 1845, pp. 1084-1089; S.L. Peruzzi, Storia del commercio e dei banchieri di Firenze in tutto il mondo conosciuto dal 1200 al 1345, Firenze 1868, pp. 152 ss.; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, Firenze 1876, ad Ind.; I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua Cronica, Firenze 1879-87, ad Ind.; C. Piton, Les Lombards en France et à Paris, I, Paris 1892, pp. 27, 72 ss., 104 s., 218, 233; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, Berlin 1896-1908, ad Ind.; L. Einstein, The Italian Renaissance in England, London-New York 1902, pp. 235 ss.; W.E. Rhodes, The Italian bankers in England and their loans to Edward I and Edward II, in T.F. Toot - J. Tait, Historical essays by members of the Owen College, Manchester, London 1902, pp. 137-168; Ch. Johnson, An Italian financial house in the fourteenth century, in Transactions of St. Alban's and Hertfordshire Architectural and Archeological Society, n.s., I (1901-1902), pp. 320-334; S. Debenedetti, Lambertuccio Frescobaldi poeta e banchiere fiorentino del secolo XIII, in Miscellanea di studi critici pubblicati in onore di G. Mazzoni, I, Firenze 1907, pp. 19 s., 23, 32, 48, 54; B. Barbadoro, Le finanze della Repubblica fiorentina. Imposta diretta e debito pubblico fino all'istituzione del Monte, Firenze 1929, p. 333; Id., Frescobaldi, in Enc. Italiana, XVI, Roma 1932, pp. 70 s.; G. Masi, I banchieri fiorentini nella vita politica della città sulla fine del Dugento, in Archivio giuridico, CV (1931), pp. 63 s.; A. Sapori, La compagnia dei Frescobaldi in Inghilterra, Firenze 1947, pp. 3 ss.; R. De Roover, Money, banking and credit in mediaeval Bruges. Italian merchant-bankers, Lombards and money-changers, Cambridge, MA, 1948, p. 31; Y. Renouard, Les hommes d'affaires italiens au Moyen Âge, Paris 1949, pp. 134 ss.; Id., Le rôle des hommes d'affaires italiens à Bordeaux au cours du Moyen Âge, in Studi in onore di Gino Luzzatto, Milano 1949, pp. 47-54; A. Sapori, Le compagnie italiane in Inghilterra (secoli XIII-XV), in Moneta e credito, III (1950), pp. 394, 396 ss., 399 ss.; R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1956-68, ad Ind.; G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1285, Torino 1960, pp. 65, 239, 243; N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Torino 1962, pp. 92, 141, 174; Y. Renouard, I Frescobaldi in Guyenne, in Arch. stor. italiano, CXXII (1964), pp. 459-470; Bordeaux sous les rois d'Angleterre, a cura di Y. Renouard, Bordeaux 1965, p. 265; G. Belloni, Diz. stor. dei banchieri italiani, Firenze 1951, p. 99; E.B. Fryde, The deposits of Hugh Despenser the Younger with Italian bankers, in Economic History Review, s. 2, III (1950-51), pp. 344, 355, 357, 359; A. Sapori, Studi di storia economica. Secc. XIII, XIV, XV, Firenze 1955, ad Ind.; G. Bigwood, Les livres de comptes des Gallerani, a cura di A. Grunzweig, Bruxelles 1961-62, ad Ind. e, in particolare, II, pp. 148 ss.; B. Stahl, Adel und Volk im florentiner Dugento, Köln-Graz 1965, pp. 148 s. e passim; M.B. Becker, A study in political failure: the Florentine magnates (1280-1343), in Medieval studies, XXVII (1965), pp. 248, 251, 254, 266, 270 s., 289, 297, 299, 301 s., 304 s.; D. Cavalca, Il ceto magnatizio a Firenze dopo gli ordinamenti di giustizia, in Rivista di storia del diritto italiano, XL-XLI (1967-68), pp. 107 ss., 112, 116, 131 s.; G. Pampaloni, Firenze al tempo di Dante. Documenti sull'urbanistica fiorentina, Roma 1973, pp. 86 s.; R.W. Kaeuper, Bankers to the Crown. The Riccardi of Lucca and Edward I, Princeton 1973, p. 44 e passim; Id., The Frescobaldi of Florence and the English Crown, in Studies in medieval and Renaissance history, X (1973), p. 46; R. Goldthwaite, Italian bankers in medieval England, in Journal of European economic history, II (1973), pp. 765 s.; E. Rotelli, I vescovi nella società fiorentina del Trecento, in Eretici e ribelli del XIII e XIV secolo, a cura di D. Maselli, Pistoia 1974, pp. 209-211 (per Guglielmo); T.H. Lloyd, The English wool trade in the Middle Ages, Cambridge 1977, ad Ind.; Ghibellini, guelfi e popolo grasso. I detentori del potere politico a Firenze nella seconda metà del Dugento, Firenze 1978, pp. 142, 272 e passim; N. Fryde, Antonio Pessagno, king's merchant of Edward II, in Studi in memoria di F. Melis, II, Napoli 1978, pp. 161 ss., 166; M. Prestwich, Italian merchants in late thirteenth and early fourteenth century England, in The dawn of modern banking, New Haven-London 1979, pp. 77-104; M. Tarassi, Le famiglie di parte guelfa nella classe dirigente della città di Firenze durante il XIII secolo, in I ceti dirigenti dell'età comunale nei secoli XII-XIII. Atti del II Convegno sulla storia dei ceti dirigenti in toscana, Pisa 1982, pp. 310, 312; T.H. Lloyd, Alien merchants in England in the high Middle Ages, New York-Brighton 1982, ad Ind.; E. Fryde, Italian merchants in medieval England, c. 1270-c. 1500, in Aspetti della vita economica medievale. Atti del Convegno di Studi (Firenze-Pisa-Prato 1984), Firenze 1985, p. 221; A. Benvenuti Papi, S. Zanobi: memoria episcopale, tradizioni civiche e dignità familiari, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento, Monte Oriolo-Impruneta 1987, p. 89 (per Guglielmo); E.D. English, Enterprise and liability in Sienese banking, 1230-1350, Cambridge (MA) 1988, pp. 43, 47, 50; J. Favier, L'oro e le spezie. L'uomo d'affari dal Medioevo al Rinascimento, Milano 1990, pp. 109, 136, 264, 327; C. Lansing, The Florentine magnates: lineage and faction in a medieval Commune, Princeton 1991, pp. 211, 232, 259; G.W. Dameron, Episcopal power and Florentine society. 1000-1320, Cambridge, MA,-London 1991, p. 16 (per Guglielmo); P. Pirillo, Famiglia e mobilità sociale nella Toscana medievale. I Franzesi Della Foresta da Figline Valdarno (secoli XII-XV), Firenze 1992, pp. 82 s., 85, 100, 102 ss., 106 ss., 111, 171 ss., 182, 273.

CATEGORIE
TAG

Ugolino della gherardesca

Ordine degli agostiniani

Alessandro degli alberti

Ordinamenti di giustizia

Battaglia di montaperti