BUONTALENTI, Bernardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)

BUONTALENTI, Bernardo (detto Timante e Bernardo delle Girandole)

Ida Maria Botto

Nacque a Firenze da Francesco il 15 dic. 1531; rimasto orfano nel 1547, venne accolto presso la corte ducale. Nel 1556 fuattivo, come ingegnere militare, per il duca d'Alba ad Ostia e a Civitella del Tronto ed è probabile che in questo periodo abbia visitato Roma. Dal 1557 il B. fua Firenze, e nel 1563 si recò in Spagna al seguito di Francesco de' Medici. Forse già alla fine dello stesso anno - e comunque non più tardi del 1564 - era di nuovo a Firenze e sembra che non abbia oltrepassato più i confini della Toscana, impegnato nei molti lavori da eseguire entro il granducato, a meno che non si accolga l'ipotesi della Giovannozzi (1933) di un viaggio romano intorno al 1590. Nel 1568 fu eletto "ingegnere dei fiumi e fossi", carica che ricoprì fino alla morte con una provvigione annua di 240 scudi.

Nella sua attività di scultore, pittore, miniatore, scenografo ed inventore di macchine, architetto civile e militare, il B. dimostrò sempre le origini fiorentine della sua formazione.

Delle sue opere di scultura si possono ricordare (tutte a Firenze) il Crocifisso nella sagrestia di S. Maria Maddalena dei Pazzi (1546 c.), la fonte tra borgo S. Iacopo e via dello Sprone (1574 c.), l'armadio delle reliquie per la sagrestia di S. Maria Novella (1582) e la testa di Cosimo I (1608), non finita, oggi al Museo delle pietre dure a Firenze. Delle opere di pittura l'unico saggio si può vedere nell'affresco del chiostro di S. Miniato al Monte raffigurante Cristo in viaggio per Emmaus, datato 1547. Qualche elemento di più si ha per l'attività di miniatore, in quanto ancora esistono la Madonna con il Bambino e s. Giovannino che suona lo zufolo agli Uffizi, la Sacra Famiglia di proprietà Olschki, il Ratto di Ganimede alla Galleria Buonarroti, dove appare evidente che il B. partecipò della cultura cloviana e salviatesca con l'immissione di qualche elemento romano-raffaellesco.

Fin dalla prima gioventù il B. dimostrò la sua particolare passione nell'ideare stravaganti "congegni": dalla "capannuccia" mobile, costruita per divertire il principe Francesco, al "lanternone" di carta con figure mobili, che gli valse il soprannome "delle Girandole". Intensa fu l'attività del B. come scenografa e ideatore di addobbi.

Collaborò con il Vasari nel 1565 e con B. Lanci nel 1569, preparò, l'apparato per il torneo in palazzo Pitti nel 1579 in occasione delle nozze di Francesco I con Bianca Capello e allestì nel 1600 la messa in scena di un melodramma per le nozze di Maria de' Medici con Enrico IV; ma gli spettacoli più famosi approntati dal B. furono quelli del 1586 e del 1589 per le nozze di Virginia de' Medici con Cesare d'Este e per le nozze di Ferdinando I con Cristina di Lorena, per i quali creò le scene ed i costumi per le commedie e per gli intermezzi. In essi il B. usò una maggiore libertà di movimento e di espressione dei personaggi, e inoltre, come ha notato il Molinari (1968), unì tra loro gli intermezzi, considerati fino ad allora come episodi staccati e casuali, e si dimostrò molto sensibile verso i problemi dell'illuminazione. Oltre che per le esequie di Michelangelo (1564: fece una tela, oggi perduta), si trovò impegnato nei funerali di Cosimo I e di Francesco I (1587: cfr. O. Berendson, The Ital. sixteenth and seventeenth centuries catafalques, tesi Ph. D., New York Univ., Inst. of Fine Arts, 1961, pp. 61, 79 s., 144, 161, 162 ss.); lavorò anche all'addobbo di S. Giovanni per il battesimo del principe Filippo (1577).

Contemporaneamente alla sua attività di artista di corte e di architetto, il B. compiva esperimenti per trovare il segreto della porcellana orientale e il modo di fondere il cristallo di rocca (cfr. lettera a Francesco de'Medici, in Gaye, pp. 224 s.). Un esemplare splendido di suppellettile da lui disegnata ci rimane nel vaso di lapislazzuli del Museo degli argenti a Firenze (1583), con montatura di Jacques Bilivert (Piacenti Aschengreen, p. 28, tav. 27).

Come nei disegni di suppellettili si ha un felice incontro tra artigianato e ricerca scientifica, così nei vari studi di macchine e d'ingegneria militare si ha l'incontro tra tecnica e ricerca di sbalordimento spettacolare, proprio del gusto fantastico e magico-diabolico del manierismo. Del resto la consumata conoscenza di congegni più o meno complessi servì al B. nella sua attività di ingegnere militare: inventò, secondo il Baldinucci, le granate ed il famoso e terribile cannone, detto "Scacciadiavoli".

Il B. fu un abile costruttore di fortezze, e presso di sé conservava disegni di piante di fortezze non solo sue ma di altri artisti. In questo campo, oltre la giovanile prestazione presso il duca d'Alba (1556), sono da menzionare le fortificazioni di Marradi e Castrocaro (1556), di Portoferraio (1560 c.), di Terra del Sole (1565), di Porto Ercole (1565 c.), di San Piero a Sieve (1571), il bastione eretto a Pistoia (1571), i progetti per la nuova città di Livorno (1576 e 1587-89) e la fortezza del Belvedere a Firenze (1590); a parte il suo continuo lavoro di sorveglianza su tutte le fortificazioni sparse per la Toscana.

Il B. si attenne alle norme codificate dai trattatisti dell'epoca ed ebbe ben presenti le necessità pratiche e contingenti, come dimostrano i disegni per Livorno agli Uffizi. Tuttavia, riuscì a concretare i bastioni delle sue fortezze nelle stesse forme cristalline dei blocchi delle sue ville.

Nel realizzare le ville si avvalse peraltro della sua esperienza di architetto civile e militare, in quanto movimentò le piante con avancorpi delimitati da tasselli di bugnato ed usò il muro di fondo "sodo". Questi motivi morfologici si ritrovano nel giovanile palazzo di Serravezza (1561-65), nella villa di Pratolino (1569-80), distrutta nel 1822 dai Lorena, nella Magia (1574 c.), nelle ville di Marignolle (1575 c.), di Cerreto Guidi (1575 c.), di Poggio Francoli (1578-83), nella Ambrogiana (1587 c.) e nella tarda villa di Artimino (1594), nonché in quelle di Castello (1575 c.) e della Petraia (1589 c.), che erano state da lui rimaneggiate.

La continuità del suo linguaggio stilistico trova di volta in volta accenti nuovi che si estrinsecano a Pratolino nella decorazione, e nelle "machine" delle grotte, ad Artimino nella loggia e nella selva dei camini, alla Magia nel luminoso cortile, alla Ambrogiana nella forma severa di fortezza, a Poggio Francoli nella semplicità adatta ad una casa colonica: così da non scadere in stanche ripetizioni.

Anche i palazzi del B. hanno caratteristiche che via via si rinnovano attraverso un rafforzato giuoco chiaroscurale. In questo modo egli cercò di aprire nuove vie all'architettura manieristica della fine del Cinquecento fiorentino, che stava involvendosi in formule di "scarsità quattrocentesca". Per il muro di fondo "sodo" adottato nelle facciate, le finestre inginocchiate ed i portoni venivano ad acquistare particolare importanza senza turbare l'equilibrio tra la parte decorativa e quella architettonica. Così nella casa di Bianca Capello (1566-74), ricoperta dalle grottesche a chiaroscuro del Poccetti, nel casino di S. Marco (1574), più tardi rimaneggiato dal Silvani, nel palazzo granducale di Pisa (1583-88; ricostruibile oggi da una stampa del Bazzicaluva), nel palazzo granducale di Siena (1590-94), nel palazzo Acciaiuoli, poi Corsini sul Prato (1594 c.), ampliato in un secondo tempo dal Silvani. Nel palazzo Nonfinito (1593-1600), invece del muro di fondo "sodo", il B. adottò il bugnato, ma in luogo del bugnato rustico da lui già usato precedentemente nell'ampliamento di Palazzo Vecchio verso via de' Gondi (1588), si servì di un bugnato profilato a lastre rettangolari, con i giunti verticali allineati in modo alterno, raggiungendo un raffinato geometrismo, reso vibrante per il diverso incidere della luce e dell'ombra.

Inoltre una geniale innovazione del B. fu la soluzione del portone-balcone, in quanto riuscì a fondere in un organismo due elementi che nell'architettura fiorentina erano stati considerati fino ad allora distinti. Anche nelle finestre inginocchiate, rilanciate dall'Ammannati dopo il primo esempio di Michelangelo, il B. apportò modifiche che servirono a mettere in evidenza il valore portante dei due pilastrini e questo raggiunse incurvando all'indietro la lastra del davanzale e facendo appoggiare l'inferriata su due soli punti. Al di sotto del davanzale il B. dispose un pipistrello o una conchiglia, oppure stese un pesante festone, e nel modo sapiente di piegare la pietra ad andamenti insoliti dimostrò la sua alta abilità di artigiano.

Molti furono i lavori curati dal B.: nel 1571 sistemò il ghetto degli ebrei (non più esistente), nel 1574 terminava la fabbrica degli Uffizi insieme ad Alfonso Parigi il Vecchio, trasformava l'ultimo piano degli Uffizi in galleria, tra il 1575 ed il 1576 ingrandiva l'Ospedale degli uomini in S. Maria Nova. Verso il 1580 aprì la porta delle Suppliche, in via Lambertesca, e circa lo stesso periodo innalzò la tribuna agli Uffizi (cfr. Heikamp, 1963 e 1964), dove si avvalse dell'aiuto del Poccetti per le incrostazioni di madreperla della cupola e del tamburo e dell'opera del Ligozzi per il fregio dello zoccolo; mentre tra il 1583 ed il 1588 eseguì la grotta grande di Boboli. Infine nel 1605 fornì il disegno della Loggia dei Banchi a Pisa, eretta dal Pugliani.

Il B. esplicò la sua attività anche in costruzioni religiose, ove il suo estro fu però talvolta soffocato. Infatti nel 1574 trasformava il coro medievale di S. Trinita (oggi nella chiesa di S. Stefano), di cui eseguì solo la scala. Più tardi dette i disegni per l'erezione del "bel chiostro e tutto il convento di Parione" (G. Silvani, in Giovannozzi, 1932, p. 512), la cui esecuzione venne curata nel 1584 da Alfonso Parigi il Vecchio. Nel 1587 il granduca Francesco dette il consenso a Benedetto Uguccioni di abbattere la facciata gotica, non finita, del duomo fiorentino. Fu indetto un concorso, a cui parteciparono, oltre al B., il Dosio ed il Cigoli. Questo primo concorso non fu espletato, in quanto il granduca moriva lo stesso anno, tanto è vero che la sua iniziativa fu ripresa nel 1596 da Ferdinando I e vi presero parte il B., il Giambologna e don Giovanni de' Medici. Il B., nel 1593, si trovò a dover innalzare la facciata di S. Trinita in sostituzione di quella medievale. Nel 1596 erigeva gli altari e l'organo in S. Maria Maggiore per Giovanni Cerretani, mentre nel 1601 eseguiva l'altare del Crocifisso dei Bianchi in S. Spirito e nel 1602 dava il disegno per il pulpito di S. Maria di Settignano (Firenze), eretto su commissione di Giovanni Cerretani.

Nei due concorsi per la facciata del duomo e nella facciata di S. Trinita dové affrontare il problema di adattare ad una chiesa gotica una facciata ispirata a principi rinascimentali. Questi finirono per prevalere nell'impostazione, anche se gli eleganti motivi decorativi presero talvolta il sopravvento nell'intelaiatura (per il modello ligneo, nel Museo dell'Opera del Duomo a Firenze, restaurato dopo i danni dell'alluvione del 1966, cfr. Rapporto della Soprintendenza alle Gallerie di Bologna, 1968, pp. 45-47).In altre opere (scala di S. Trinità, disegni per l'addobbo del battistero fiorentino nel 1577, progetto di sistemazione di piazza Pitti del 1590c.), ricercò un effetto scenografico nell'intento di ampliare lo spazio angusto con il movimento dilatato delle scale; mentre alcune volte (cappella del Crocifisso dei Bianchi in S. Spirito), la sua forza creatrice si estrinsecò in alcuni particolari spiritosi della decorazione.

Gli ultimi anni della sua vita il B. li consumò nei progetti per la cappella dei principi di S. Lorenzo, per la quale furono indetti due concorsi (1596 e 1602) da Ferdinando I. Finì per vincere il modello di don Giovanni de' Medici, in quanto il progetto del B. non raggiungeva un accordo tra l'impianto volumetrico delle superfici e la decorazione policroma in marmi e pietre dure.

La carriera del B. finì perciò con un grosso smacco: infatti la vittoria del modello Medici veniva a decretare che le forme estrose e ricche di colore del B. erano ormai sorpassate in quanto a Firenze il rigore riformistico aveva determinato un ritorno a nudi moduli quattrocenteschi.

Il 6 giugno 1608 il B. moriva in ristrettezze economiche (cfr. lettera al granduca del 10 genn. 1606, in Gaye, p. 536) e veniva sepolto nella tomba di famiglia in S. Nicolò d'Oltrarno.

Il B. aveva "scritto un libro di fortificazioni" (Borghini), che però non è giunto fino a noi. Suoi disegni sono conservati al Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, che possiede il nucleo più importante, nella collezione del duca di Devonsbire, al Victoria and Albert Museum di Londra, al Cabinet des dessins del Louvre, al Gabinetto nazionale delle stampe di Roma, all'Archivio di Stato di Firenze, alle biblioteche Marucelliana e Nazionale di Firenze, nella collezione Scholz di New York. Numerosi documenti si trovano nell'Archivio di Stato di Firenze, nell'Archivio storico del Comune di Prato, nell'Archivio dell'Ospedale di S. Maria Nova a Firenze.

Fu l'architetto più importante della seconda metà del Cinquecento a Firenze, che riuscì, pur non venendo meno al rigore costruttivo, a ravvivare le sue opere con spiritose e brillanti novità decorative. Il B. vagheggiò però qualcosa di veramente nuovo: infatti nell'opera grafica della sua maturità si trovano accenni di membrature architettoniche "ruotanti" nello spazio, come se avesse compreso che le invenzioni stravaganti dei timpani rotti, delle conchiglie, degli uccellacci, dei mascheroni, sarebbero finite in ripetizioni disseccate se non si fosse agito sulle membrature architettoniche (cfr. M. Gregori, Arte fiorentina tra "Maniera" e "Barocco", in Paragone, XV [1964], n. 169, pp. 11-21 passim).

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