BERGAMO

Enciclopedia Italiana (1930)

BERGAMO (A. T., 24-25-26)

Alessandro PRATESI
Angelo PINETTI
Elio MIGLIORINI
Ettore GHISLANZONI
Carlo CAPASSO
Giuliano DONATI-PETTENI

Città della Lombardia, posta al limite meridionale delle colline che costituiscono le ultime propaggini delle Prealpi bergamasche, dove queste lambiscono l'alta pianura lombarda. Giace a 45°43′ N. e 9°46′ E. ed è situata allo sbocco delle valli Seriana e Brembana, che qui s'incontrano con un'importante strada pedemontana. È stata fino a poco tempo fa, dopo Milano, la città più popolata della Lombardia; Brescia l'ha superata in questi ultimi anni. Come Mondovì, è tipico esempio di città con un nucleo più antico posto in alto su un colle facilmente difendibile, e una parte più recente, distesa ai piedi del colle.

Il clima è nel complesso molto migliore che nella bassa Lombardia, per la mancanza di nebbie e per la minore continentalità. Venti prevalenti sono quelli di S., SE., SO. La temperatura media annua è di 12°,4; mese più freddo è il gennaio con una media di 2°,1; mese più caldo il luglio con una media di 23°,1; l'escursione annua è quindi di 21°. Tutte le altre città lombarde, Varese compresa, hanno medie di gennaio più basse (Brescia 1°,6; Milano 0°,8). Le precipitazioni annue assommano a 1242 mm., distribuite in 97 giorni; si hanno in media 5,8 giorni all'anno con neve.

La città è di origine assai antica (v. sotto). Nell'interno delle sue mura, sul colle spianato, ha strade strette e tortuose, vecchi palazzi, case private che ancora conservano la patina del tempo, caratteristicamente mescolate in modo da dare un'idea di grandezza e di decadenza. Centro della Bergamo alta è la piazza del Duomo, attorno alla quale si raggruppano i maggiori monumenti cittadini. Il punto più alto del colle è la Bastia, m. 510 s. m.

Dato lo scarso spazio disponibile, la scomparsa delle ragioni di difesa che l'aveva fatta scegliere come luogo forte, lo sviluppo economico e industriale della Lombardia che comporta la necessità di rapide comunicazioni, a poco a poco ai piedi di Bergamo alta si son0 cominciati a formare, specie a S. e a E. numerosi borghi, che costituirono nel loro insieme il Borgo (così era popolarmente denominata un tempo questa parte), nucleo di Bergamo bassa o Città piana, m. 247 s. m., che è diventata a poco a poco centro industriale di grande importanza, sbocco dell'attività delle laboriose valli bergamasche (lavorazione del cotone, seta, lana, cementi). A differenza della Bergamo alta, questa parte moderna ha vie larghe, viali, giardini e si estende su una vasta superficie di terreno. Gli originarî borghi (San Leonardo a S.; Pignolo, S. Antonio, Palazzo a SE., S. Caterina a E.) si raggruppano attorno a una parte centrale, costituita ora dalla piazza Cavour, dove si trovano i maggiori edifici cittadini (municipio, teatro Donizzetti, palazzo delle poste, banca d'Italia). Nei pressi è un largo viale, il Sentierone, passeggio assai frequentato; è questo il luogo dove sorgevano, separati da vie che s'incrociavano perpendicolarmente, gli edifici, bassi e senza speciali caratteri, della fiera di S. Alessandro, che si teneva dal 22 agosto all'8 settembre. La sua origine risale all'impero e si sa che nel 908 Berengario cedette al vescovo la giurisdizione su di essa. Lo sviluppo della città ha fatto demolire gli antichi edifici.

Il dislivello di 120 m. che esiste fra le due parti della città è in parte superato da una funicolare (viale Vittorio Emanuele-piazza Mercato delle Scarpe), lunga 228 m., con dislivello di 83 m. e pendenze dal 36 al 49%, costruita nel 1887.

Il censimento più antico, eseguito dalla repubblica veneta, nel 1549, assegna alla città una popolazione di 20.843 ab.; quello del 1776 di 28.581 (di cui 1475 religiosi) e 6286 famiglie. Essi erano lievemente diminuiti nel 1808 (20.500) per passare poi a 37.343 nel 1861. I censimenti successivi hanno dato i risultati seguenti:

Nel 1928 il comune contava una popolazione complessiva di 81.400 ab. Il forte aumento è dovuto per la massima parte all'aggregazione dei comuni di Colognola del Piano (2877 ab.), Grumello del Piano (3188 ab.), Valtesse (2282) avvenuta in seguito al regio decreto 10 febbraio 1927.

Monumenti. - Attraverso i secoli Bergamo ebbe tre cerchia di mura: l'antica, la vecchia e la nuova, tra loro diverse e per costruzione e per ampiezza di circuito. La cerchia antica, che risale alla dominazione romana, si svolgeva alquanto più internamente delle mura attuali, seguendo press'a poco il contorno segnato oggi dalle case più esterne verso i bastioni. La vecchia, racchiudente i borghi e costruita dopo il sec. XIV, è quasi interamente scomparsa per dar luogo agli allargamenti e alle trasformazioni della città bassa. La nuova, maestosa e sontuosa, con robusti bastioni, che abbraccia ancor oggi la città alta, fu eretta sotto la direzione di Paolo Berlendis nel 1561 dalla repubblica veneta, sacrificando conventi, torri, chiese ed edifici venerandi per età e di bella architettura.

Entro quel recinto sono oggi i monumenti d'arte più insigni. Attorno alla piazza vecchia, in mezzo alla quale è la fontana settecentesca eretta dal podestà Alvise Contarini, s'allinea da un lato il palazzo della ragione (già sede della biblioteca), il più antico dei palazzi comunali, già esistente nel 1199, e rifatto più tardi tra il 1538 e il 1554 su disegno di Pietro Isabello detto Abano, dopo l'incendio che nel 1513 gli aveva appiccato la soldatesca spagnuola; dal lato opposto il palazzo nuovo, bella fabbrica in stile palladiano del principio del Seicento, disegnata da Vincenzo Scamozzi, la quale, completata di recente nella facciata, è la nuova e decorosa sede della civica biblioteca ricca di oltre 180.000 volumi, di 1700 codici manoscritti e miniati, di 2000 incunabuli e di raccolte speciali rare e preziose. Lungo gli altri lati fanno corona a questi due pubblici edifici: la torre del comune, forse di origine romana nella sua parte inferiore, costruita in grosso bugnato rustico, restaurata più volte nei secoli XII-XIII e coronata della cella campanaria nel sec. XVI; la magna domus Suardorum, antichissima costruzione del periodo comunale, posteriormente rimaneggiata quando divenne residenza dei podestà veneti e sistemata in questi anni per accogliere il civico museo di scienze naturali.

Dietro il palazzo della ragione s'apre la piccola piazza del Duomo dove in spazio ristretto sono riuniti con scenografica mescolanza i più bei monumenti della città. È primo fra tutti la basilica di S. Maria Maggiore, severa costruzione romanica del 1137 attribuita a un magistrum Fredum, ornata di due leggiadri portali gotici trecenteschi. Nell'interno la primitiva severità della chiesa romanica, fu nei secoli XVII-XVIII sostituita da una fastosa decorazione barocca, tutta oro e stucchi, del Sala e del Barberini, che inquadra numerosi dipinti di Ciro Ferri, Francesco Bassano, Camillo Procaccini, Pietro Liberi, Antonio Zanchi, Luca Giordano, ecc. Vere magnificenze in questo tempio sono: le serie di arazzi fiamminghi e fiorentini che ne coprono le pareti e le cantorie; il coro cinquecentesco a minuti intagli di Giuseppe Belli e con numerosi quadri a tarsia di Gian Francesco Capoferri su disegni di Lorenzo Lotto; la croce gotica d'argento dorato di Andreolo de Bianchi (1392), candelabri e ringhiere di bronzo di Camillo Capi bresciano. Accanto alla basilica s'estende la cappella Colleoni dalla fronte ingemmata da bassorilievi e statue di Giovan Antonio Amadeo, di cui nell'interno si ammira il mausoleo di Bartolomeo Colleoni, e quello di Medea, sua figlia, morta il 1470, gioiello di armonia e di delicatezza. La volta di questa cappella s'avviva di lieti affreschi di Giambattista Tiepolo (1732-33); alle pareti sono inquadrate in cornici di stucco tele di Giuseppe Crespi, di Giambettino Cignaroli, di Giamhattista Pittoni, di Gaspare Landi, di Angelica Kaufmann; e di fianco e di fronte all'altare stanno tre sedili con intagli di Giovan-Antonio Sanz e tarsie di Giacomo Caniana. Sulla stessa piazzetta sorge il battistero, alzato su pianta ottagona, di marmo bianco di Musso e di rosso di Verona, opera dello scultore Giovanni da Campione (1340) ma troppo restaurata. Alle sue spalle sale a terrazzi il verde giardino dell'episcopio e di fronte stride nel suo biancore la moderna facciata del duomo (costruita nel 1866 dall'architetto Bonicelli).

Nel duomo, che a mezzo il Quattrocento Antonio Averulino, detto il Filarete, aveva principiato ad erigere secondo un suo disegno, in seguito profondamente modificato dall'architetto romano Carlo Fontana che nel 1680 ne riprese la prosecuzione e il compimento, l'imponente cupola fu affrescata da Francesco Coghetti; e all'interno è dovizia di marmi, di stucchi, di dorature, d'opere d'arte singolari: dipinti del Previtali, del Moroni, del Tiepolo, del Pittoni, del Cignaroli, di Sebastiano Ricci, ecc.; sculture dei Calegari e di Andrea Fantoni; intagli in legno, nel coro; stoffe e velluti preziosi, e una croce trecentesca, finissimo lavoro di oreficeria locale, nella sacrestia.

A questo nucleo dei più notevoli edifici della città alta, si possono aggiungere, sempre dentro la cerchia delle mura, il palazzo della Misericordia in via Arena, che oggi ospita il conservatorio musicale e il museo donizettiano; la casa di Bartolomeo Colleoni, sede dell'Opera pia omonima, con sale affrescate da un pittore lombardo del sec. XV; il palazzetto Fogaccia o casa dell'arciprete, in cui Pietro Isabello lasciò un insigne esempio di architettura bramantesco-veneziana, e non poche chiese venerande per antichità e degne di visita per qualche preziosa rarità d'arte: San Michele al Pozzo bianco per gli affreschi del Lotto, Sant'Andrea per una deliziosa pala del Moretto, il Carmine per tele ed oreficerie diverse, Sant'Agostino per la nobile sua fronte fiorita, singolare documento del persistere in Bergamo, ancora verso la metà del Quattrocento, dell'imitazione del gotico.

Scendendo da Sant'Agostino fuor delle Mura verso la parte bassa della città, la via Pignolo è lateralmente fiancheggiata da palazzi patrizî di età diverse, ai quali si alternano le chiese: S. Alessandro della Croce, monumentale e ricchissima di quadri, di arredi, di parati; S. Bernardino, che custodisce una delle più belle pale del Lotto; S. Spirito, con pitture del Bergognone, del Lotto, del Previtali, di Lattanzio Gambara, del Carpioni, del Cappella, ecc. Tanto sovrano splendore d'arte si ritrova anche nella parte della città bassa circostante al suo nuovo centro, da oltre mezzo secolo in via di formazione come organismo urbano, e oggi rinnovato signorilmente secondo sani concetti d'architettura, di prospettiva, di rispetto al carattere dell'ambiente e della tradizione che hanno fatto additare Bergamo a maestra nei problemi d'urbanistica. Seguendo grado grado un piano, concepito or son quasi venticinque anni dall'architetto Marcello Piacentini, sull'area del labirinto della fiera, sudicia e malfamata, furono eretti monumentali edifici, con portici, atrî e torri, senza una simmetria inutile, anzi dannosa, ma con il massimo rispetto del panorama dell'alta città.

Delle raccolte d'arte - oltre le numerose di proprietà privata (conti Morini, Roncalli, Agliardi, Suardi, ecc.) tutte d'interesse grande e degne di studio - si devono ricordare quelle delle gallerie dell'Accademia Carrara, sede della scuola di pittura donde uscirono artisti di bella nominanza quali Francesco Coghetti, Giovanni Carnevali detto il Piccio, Giacomo Trecourt, Enrico Scuri, Ponziano Loverini. In quelle gallerie, risultanti dalla riunione delle raccolte lasciate a pubblico godimento prima dal conte Giacomo Carrara poi dal conte Lochis, dal senatore Giovanni Morelli e da altri benemeriti cittadini, è offerta al visitatore una raccolta superba di capolavori di tutte le scuole e di tutte le età che si può forse dire inferiore soltanto a quelle delle maggiori pinacoteche nazionali (v. tavv. CLXIX a CLXXIV).

Bibl.: F. Bartoli, Le pitture, sculture e architetture delle chiese e d'altri luoghi pubblici di Bergamo, Vicenza 1774; A. Pasta, Le pitture notabili di Bergamo, ecc., Bergamo 1775; Marenzi, Il servidore di piazza della città di Bergamo per le belle arti, Bergamo 1824; G. Frizzoni, Le gallerie dell'Accademia Carrara in Bergamo, Bergamo 1907; P. Pesenti, Bergamo, Bergamo 1910; A. Mazzi, Il castello e la Bastia di Bergamo, Bergamo 1913; Elenco degli edifici monumentali, XI: Provincia di Bergamo, Roma 1914; A. Pinetti, Cronistoria artistica di S. Maria Maggiore, in Boll. civica biblioteca, X (1916), p. 113 segg.; XIX (1925), p. 167 segg.; XX (1926), p. 139 segg.; XXII (1928), pp. 65,. 97 e 129; id., Bergamo e le sue valli, Brescia 1924; R. Papini, Bergamo rinnovata, Bergamo 1929.

Storia. - L'età antica. - Nell'antichità, Bergamo (Βέργομον, Bergomum, secondo la grafia esatta delle iscrizioni e degli scrittori latini e greci; Bergamo (Vergame) si trova per la prima volta in Itin. Hier., p. 548) apparteneva alla Gallia Cisalpina, ai piedi delle Alpi. Le poche scoperte di oggetti preromani avvenute nel territorio della città (Bull. Pall. Ital., 1886, p. 39 segg.), non forniscono dati precisi. Era sulla strada imperiale da Patavium a Mediolanum e da quest'ultima città distava XXXIII miglia. Il nome deve connettersi con quello del dio Bergimos (Holder, Altkelt. sprachschatz, s. v.) nominato in alcune iscrizioni di Brixia (Corpus Inscr. Lat., V, 4200, 4201, 4202) e in una di Arco (ibid., 4981), presso il Garda. Gli scrittori antichi concordano nell'affermare che gli abitanti di Bergamo erano Galli. Catone, secondo riferisce Plinio (Nat. Hist., III, 124,125), scrisse che la città fu fondata da famiglie di stirpe Orobica insieme con Como e con Forum Licini, località non identificata; e Tolomeo (III, l. 27) che i Bergamotes ebbero origine ab oppido Orobiorum Parra, e li dice Cenomani; Giustino (XX, 5, 8) annovera Bergamo tra le città fondate dai Galli quando gli Etruschi furono scacciati dalla regione, e Strabone (secondo la correzione del testo di ‛Ρήγιον in Βέργομον proposta dal Cluver e comunemente accettata) tra le città minori della Gallia Cisalpina con Brixia, Mantua e Comum. S'ignora quando la città sia diventata municipio, come la chiama un'iscrizione latina (Corp. Inscr. Lat., V, 5128). Nella città e precisamente nel Mercato delle Scarpe, si sono scoperte tracce dell'antico Foro (Not. Scavi, 1890, p. 26). Bergamo nel 452 d. C. fu presa e saccheggiata da Attila. I magistrati menzionati nelle epigrafi sono: i quattuorviri (Corp. Inscr. Lat., V, 5130, 5139, 5140); i quattuorviri iure dicundo (ibid., V, 5124, 5126, 5138, 5139), i wattuorviri aedilicia potestate (ibid., 5137), un curator rei p(ublicae) Bergom(atium) dat(us) ab imp(eratore) Traiano (ibid., 4168), i quaestores (5138, 5139), inoltre i decuriones (5123, 5128, 5138; Pais, Suppl. Ital., p. 720). Un'iscrizione (ibid., 5123) menziona un collegium fabrum. un collegium centonariorum e un collegium dendrophorum (v. anche 5135). Sono anche nominati i seguenti sacerdoti: pontifex, flamen divi Claudi, sexviri e un sexvir et augustalis.

Bibl.: Corp. Inscr. Lat., Berlino 1877, V, p. 548; Nissen, Ital. Landeskunde, Berlino 1902, II, p. 18; F. von Duhn, Ital. Gräberkunde, Heidelberg 1924, I, p. 146; la voce Bergomum, in De Ruggiero, Diz. Epigr., Roma 1886-1899; e Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 292.

L'età medievale e moderna. - Durante l'invasione di Attila, Bergamo fu duramente provata: poi ne ritroviamo di nuovo menzione all'apparire dei Longobardi. Da questo momento la città acquista più decisa importanza e le notizie cominciano a farsi più nutrite. Divenuta centro d'uno dei ducati del regno longobardo, fu più tardi sede di un conte nell'epoca franca e poi, nel sec. X-XI, ridotto il potere comitale al territorio rurale, la città ebbe a capo, come altre, il proprio vescovo. Questi la difese specialmente durante gli assedî e gl'incendî - che quasi la rasero al suolo - patiti successivamente per opera del re Arnolfo di Germania (894) e degli Ungheri. Nella ricostruzione, la città mantenne ancora il vecchio perimetro romano delle mura e la disposizione topografica a forma di castrum, ossia delle due strade principali intersecantisi perpendicolarmente, disposizione che più o meno conserva ancora oggi e che più particolarmente si riscontra nel punto di intersezione presso l'antichissima torre detta del Gombito.

Nell'epoca comunale Bergamo sostituì senza troppe lotte il governo cittadino a quello vescovile: e la prima menzione dei suoi consoli risale, nei documenti, al 1112, oltre che in un interessantissimo carme laudativo della città quasi contemporaneo, di circa trecento versi, intitolato in tempi posteriori Pergaminus e attribuito a un magister Mosè del Brolo, che visse nei primi decennî del secolo XII. Nella prima età comunale anche Bergamo, come quasi tutti i maggiori comuni, fu retta da classi e consorterie aristocratiche e attese alla progressiva conquista della campagna, sottraendola man mano al conte e ai feudatarî minori. Notevole, in questo periodo, la sua partecipazione alla prima lega lombarda. Nel sec. XIII si costituiscono a poco a poco le classi popolari e le loro società armate: donde l'inizio di cruente lotte che gli storici cittadini fanno incominciare nel 1296, ma che risalgono assai prima e che si protrassero anche nel secolo seguente e si complicarono con altre lotte, determinate da interessi gravitanti nelle campagne del piano e dei monti. Questo favorì la progressiva invadenza dei Visconti, che si possono considerare signori della città, con Azzone, dal 1329; sebbene nel 1331, per il periodo di pochi mesi, Bergamo si desse in signoria a Giovanni di Boemia, avendo anch'essa seguito l'impulso di molte città dell'alta e media Italia che, per sottrarsi alle lunghe lotte, avevano accolto con simpatia la signoria del principe straniero. Ma, scomparso costui nel 1333, e ricostituiti i Visconti, Bergamo rimase aggregata alla signoria di Milano e dal 1395 al ducato visconteo. Non fu sempre signoria diretta: spesso, nella città, fu vera padrona la famiglia dei Suardi, una delle quattro grandi casate, le quali in genere per tutto il '300 si contendono se non il supremo potere, almeno il primato. Delle loro lotte e delle infinite dolorose complicazioni, cui i Suardi, i Bonghi, i Rivola e i Sangallo hanno dato occasione con la schiera non piccola dei loro aderenti (Mozzi, Olmi, Colleoni, della Grumella, Lanzi, ecc.) resta documento ed espressione tipica il Chronicon guelpho-ghibellinum (che tratta di queste risse dal 1378 al 1407).

Conquistata dal Carmagnola nel 1427 durante la guerra di Venezia contro Filippo Maria Visconti e definitivamente annessa alla repubblica veneta nel 1430, Bergamo conobbe finalmente una lunga era di tranquillità e di ordinato governo, che ne favorì la naturale tendenza al lavoro e all'industria e ne ha preparato la moderna ricchezza. È notevole che Venezia non solo provvide materialmente alla sicurezza della città, rifacendone le mura (cioè la cerchia attuale) e curandone gl'interessi, ma le consentì una certa autonomia amministrativa, specialmente confermata da disposizioni del 1561 e, successivamente, del 1591.

Nel 1797 Napoleone stacca la città, col suo territorio, dalla repubblica veneta e l'aggrega alla Cisalpina; donde la sorte comune con la Lombardia e il trapasso con questa nel 1814 sotto la dominazione austriaca. Contro di essa, per altro, fu sempre vigile e attivo il movimento liberale. Da Bergamo nel 1847 partì con la mozione Nazari un movimento legale per riforme in senso nazionale; nel 1860 Bergamo diede il più numeroso contributo di volontarî a Garibaldi, e nel 1863 a Francesco Nullo per la Polonia.

Tra i molti suoi scrittori di storia cittadina, vanno rammentati il padre Celestino (sec. XVII), Mario Lupi (sec. XVIII) e nel secolo scorso, prima il Ronchetti, e poi il migliore conoscitore odierno della storia medievale bergamasca, Angelo Mazzi.

Bibl.: Chronicon guelpho-ghibellinum (in Muratori, Rerum Ital. Scriptores, XVI); P. Celestino, Historia quadripartita di Bergamo nata gentile e rinata cristiana, 1618; M. Lupi, Codex diplomaticus urbis et ecclesiae Bergomatis, 1784; Ronchetti, Memorie storiche di Bergamo, voll. 7, 1825-39; A. Mazzi, Studi Bergomensi, 1889 (il più importante di tutti i suoi scritti); C. Capasso, Il Pergaminus e la prima età comunale a Bergamo, in Arch. stor. lomb., 1906.

Storia della musica. - Fin dal 1490, secondo i documenti storici del comune, esisteva in Bergamo un pubblico ufficio denominato "dei piffari" o tibicenes. Erano quattro musici, che dovevano, con i loro strumenti, corrispondenti alle quattro voci del canto, rallegrare tutte le processioni che si facevano in Bergamo, ogni sabato al vespro fare una serenata nel tempio di S. Maria Maggiore e, quando si solennizzavano pubblici avvenimenti con feste e danze (celebre rimase la bergamasca (v.), danza caratteristica a fondo scherzoso, elevata a dignità d'arte nei secoli XVII-XVIII da musicisti italiani e stranieri), i pifferari avevano l'obbligo di prendervi parte. Ma le manifestazioni più insigni dell'arte musicale in Bergamo avvennero intorno al santuario. Nel 1483, in servizio della basilica di Santa Maria Maggiore, cappella della città, fioriva una scuola di canto fermo e figurato e maestro ne era il celebre Franchino Gaffurio (v.). Le diverse evoluzioni della musica ivi si rifletterono, e la scuola poté annoverare maestri come Domenichino de Racchetti, Gaspare De Albertis, Pietro Ponzio, Pietro Vinci, Giovanni Florio, Giovanni Cavaccio, Alessandro Grandi, Tarquinio Merula, G. B. Crivelli, Filippo Vitali, Pietro Andrea Ziani, G. B. Bassani, G. S. Mayr, Alessandro Nini, Amilcare Ponchielli, Antonio Cagnoni, Guglielmo Mattioli. All'organo e al canto fermo, dal sec. XVI in poi, s'aggiunsero strumenti e cantori solisti. Ma, essendo stata sciolta, nel sec. XVIII, la scuola di canto e suono, il Mayr propose agli amministratori della basilica la creazione di un conservatorio. Sorse così, con deliberazione 12 marzo 1805, il liceo musicale denominato Lezioni caritatevoli di musica. Dodici furono i primi allievi e, tra essi, Gaetano Donizetti al quale oggi s'intitola l'istituto musicale di Bergamo. Annesso all'Istituto musicale è l'importante museo donizettiano.

I bergamaschi occupano pure un posto eminente in mezzo agli italiani benemeriti dell'arte organaria. Dal sec. XVII al XIX le fabbriche d'organi dei Bossi, Cadei, Locatelli, Pagani, Parolini e particolarmente dei Serassi, fornirono di strumenti gran numero di chiese d'Italia e dell'estero. Bergamo ha dato i natali, oltre che a Gaetano e Giuseppe Donizetti, a Giovanni Cavaccio, Pietro Ceroni, Pier Antonio Locatelli, Antonio Lolli, Giuseppe Berlendis (non Ferlendis), G. B. Rovelli, Alfredo Piatti, e del bergamasco erano Giovanni Legrenzi di Clusone, Francesco e Natale Bazzini di Lovere, Giangiacomo Gastoldi di Caravaggio. Si potrebbe citare anche una schiera di ottimi cantanti, primo G. B. Rubini, i quali ebbero la loro culla in questa terra.

Se nelle chiese, nel comune, nelle case patrizie l'arte musicale era coltivata, le "attioni drammatiche in musica" prima del secolo XVIII si rappresentavano all'aperto, in provvisorî casotti di legno o nel salone del Palazzo della ragione. Solo dopo il 1750 a Bergamo sorsero i teatri stabili, il Cerri, il Sociale, il Riccardi, e quest'ultimo, ora intitolato a Gaetano Donizetti, ebbe, durante le stagioni di fiera del secolo passato, momenti di singolare splendore.

Bibl.: G. S. Mayr, Biografia di scrittori e artisti musicali bergamaschi e oriundi a cura di A. Alessandri, Bergamo 1875; G. Donati-Petténi, L'istituto musicale Donizetti, la Cappella musicale di S. Maria Maggiore, il Museo donizettiano, Bergamo 1928; A. Pinetti, I Piffari del comune di Bergamo, in Boll. civica biblioteca di Bergamo, 1909, pp. 35-39; G. Locatelli, I Serassi, ibid., anno II, n. 1, 2, 3; C. Caversazzi, L'Archivio della cappella di S. Maria Maggiore, ibid., agosto 1928, pp. 113-117; L. Pelandi, I teatri di Bergamo, Bergamo 1929; G. Donati-Petténi, L'arte della musica in Bergamo, Bergamo 1930.

La provincia di Bergamo. - Ha un'area di 2789 kmq. e una popolazione (1921) di 555.686 ab.; densità 199 ab. per kmq. È quindi la quarta per superficie e la terza per popolazione tra le provincie lombarde. Il numero dei comuni era al 20 agosto 1928 di 230. La provincia, che è la sola della Lombardia che non confini con territorî non lombardi, abbraccia il bacino medio e superiore del Serio, fiume che costituisce l'asse centrale di essa, tutto il bacino del Brembo, parte dei bacini dell'Adda e dell'Oglio, che formano i suoi confini occidentali e orientali a S. dei laghi di Como e d'Iseo. Ha forma di trapezio capovolto, la cui base maggiore si adagia sulla cresta delle Alpi Orobie. Essa è costituita da una zona meridionale che fa parte dell'alta pianura lombarda, piuttosto arida per l'abbondanza di alluvioni grossolane, e da una parte collinosa e montuosa (Prealpi bergamasche ed Alpi Orobie), formata in prevalenza di calcari triassici, che s'innalza fino a più di 3000 m. (Pizzo di Coca, m. 3052). Dal 1801 al 1859 ha fatto parte della provincia di Bergamo anche la Val Camonica. Il clima, assai vario da zona a zona, è temperato umido, con inverni relativamente brevi e freddi, alternati con estati eccessivamente calde, quasi senza stagioni intermedie; la disposizione della catena nel senso dei paralleli intercetta e devia il corso dei venti settentrionali e cattura l'umidità convogliata dall'Adriatico e dalla Pianura Padana. La piovosità massima si riscontra in Val Seriana e nell'alta Val di Scalve; piovosità minime si hanno nella parte più bassa.

La struttura economica della provincia è piuttosto complessa; oltre l'agricoltura e l'allevamento hanno grande importanza le industrie tessili ed estrattive. Assai alta è l'emigrazione temporanea. La superficie produttiva rappresenta l'87,6% della complessiva, e di essa 1,5% è coltivata a vigneti, oliveti e frutteti; 25,1% a boschi e castagneti; 27% a seminativi; 34% a prati e pascoli permanenti. Nella zona montana ha importanza l'allevamento del bestiame; nella zona collinare, che costituisce una fascia ai piedi di questa, è diffusa la coltura della vite e degli alberi fruttiferi; nella zona detta dell'Isola, fra l'Adda e il Brembo, a O. di Bergamo, pianeggiante ed asciutta, si pratica la rotazione biennale di granoturco e frumento, e la coltivazione del gelso; nella media pianura asciutta si fa la rotazione biennale o triennale; nella bassa pianura ricca d'acqua e di fontanili predomina il prato e l'allevamento del bestiame. Il bosco occupa una parte considerevole nella regione montana, ed è costituito da cedui semplici e da fustaie di abete rosso, abete bianco e larice; frequenti i castagneti nella parte collinare. I vini migliori si ottengono nelle regioni orientali (Grumello, Predore e Scanzo). Nel censimento zootecnico del 1918 figuravano nel territorio di Bergamo: bovini 110.970; cavalli 11.071; asini 6684; muli 1558; suini 12.243; caprini 11.642; ovini 29.256. I formaggi fabbricati con latte di produzione locale sono il Taleggio, il Branzi, il Gorgonzola, l'Uso monte, lo Sbrintz, il Provolone. La produzione dei bozzoli è stata nel 1923 di kg. 1.584.600. Per quanto riguarda le industrie, secondo il censimento industriale del 1911, vi esistevano 3230 imprese industriali con più di 10 operai ciascuna, e complessivamente occupavano 73.300 operai. Cifre non molto diverse si hanno anche nel censimento del 1928. Le industrie più sviluppate sono quelle dell'energia elettrica, cotoniera, laniera, delle calze e maglie, del seme bachi, della filatura e torcitura della seta, dei cementi e delle calci idrauliche, dei lavori in cemento, dei gessi, edilizia, meccanica, metallurgica ed elettrotecnica. Per maggiori notizie v. lombardia. La densità di popolazione, che è assai alta nella zona di pianura (ex-circondario di Treviglio, 278 ab. per kmq.) e in quella di collina (ex-circondario di Bergamo, 232 per kmq.), diminuisce progressivamente verso le testate delle valli (ex-circondari di Clusone, 98 ab. per kmq.). All'epoca dell'ultimo censimento si avevano nella provincia 11 comuni con popolazione superiore ai 5000 ab.; oltre il capoluogo essi erano: Treviglio (17.825 ab.), Caravaggio (10.368), Romano di Lombardia (6821), Seriate (6586), Albino (6412), Martinengo (6012), Clusone (5941), Nembro (8864.), Gandino (5353), Gazzaniga (5071). Si avevano anche alla stessa data 9 comuni, con i capoluoghi ad altezze superiori ai 1000 metri; il più alto era il comune di Foppolo (m. 1515). La percentuale degli analfabeti nel 1921 non superava il 5%.

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