FEROGGIO, Benedetto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 46 (1996)

FEROGGIO (Ferroggio), Benedetto

Rita Binaghi Picciotto

Fratello del più giovane e noto Giovanni Battista (cfr. voce in questo Dizionario), nacque a Camburzano (prov. di Vercelli) il 23 marzo 1718, da Pietro Agostino e Vittoria Lampo (Camburzano, Arch. parr., Libro dei battezzati, 1718). Entrato al servizio di Carlo Emanuele III nel 1738 (Arch. di Stato di Torino, Fabbriche e Fortificazioni, Relazioni a S.M., 1752, reg. 4, c. 260), nel 1744 risulta essere alle dipendenze del misuratore ed estimatore generale Antonio Maria Lampo (anch'egli nativo di Camburzano, e cugino del F. per parte di madre) presso l'Azienda delle fabbriche e fortificazioni di Torino, in qualità di "trabbuccante" (Ibid., Camera dei conti, art. 183, 1744, c. 57). Il 31 ag. 1746 divenne misuratore e il 12 ag. 1751 acquisì il titolo di architetto (Torino, Arch. stor. dell'Univ., Esami facoltà scienze matematiche, fisiche e naturali. Registro degli architetti, maestri dei conti e misuratori, XD2 [1737-1759], cc; 84, 129), presentando un disegno di "Casa signorile" (Torino, Bibl. naz., Registro esami della R. Università di Torino, VIII [1723-1805]).

Dall'analisi della documentazione archivistica ancora in nostro possesso emerge chiaramente lo stretto rapporto lavorativo intercorso tra il F. e Benedetto Alfieri, primo architetto del re, di cui era evidentemente uomo di fiducia e collaboratore fidato (Arch. di Stato di Torino, Fabbriche e Fortificazioni, Relazioni a S. M., registri 1752-1763). In occasione delle nozze in Torino di Vittorio Amedeo, duca di Savoia (1750), furono allestiti nella città addobbi ed illuminazioni su progetto dell'Alfieri. Le istruzioni riguardanti gli allestimenti di piazza Castello e del cortile reale portano la firma del F. (Bellini, 1978, p. 161). Un anno dopo, il 4 dicembre, elaborò per i padri dell'Eremo dei camaldolesi in Pecetto (Torino) un preventivo di spesa per l'altare progettato dall'Alfieri (Ibid., p. 192).

Il 1º marzo 1752 inviò una lettera all'intendente generale delle Fortificazioni e Fabbriche per informarlo di essere stato "ordinato dal conte Alfieri, primo architetto regio, di formare le piante de Mezzanelli e piano di terra delle nuove Reggie Segreterie, d'aggiungere alla pianta dell'Accademia e Fabbriche contigue, l'allineamento dell'Isola della Reggia Università, tutta l'isola della Zecca con le Fabbriche contigue sino alla vietta del Trincotto, come pure di formare la pianta di tutta l'Isola del Palazzo della fu Serenissima Principessa Ludovica con tutte le case de Particolari in essa Isola circoscritte, con la facciata e i profili d'essa dalla Parte della Piazza Reale" (Arch. di Stato di Torino, Fabbriche e Fortificazioni, Relazioni a S. M., 1752, reg. 4, c. 47).

Si tratta di una commessa gravosa e importante, che vede coinvolti i più significativi edifici del cuore della città di Torino. E per quegli stessi edifici il F. continuò a essere attivo durante tutta la vita, come risulta anche dai disegni citati nell'elenco dei beni, redatto dopo la sua morte (Ibid., Insinuazioni di Torino, 1763, lib. 3, cc. 191-206), soprattutto con calcoli di spesa ed istruzioni per interventi di consolidamento statico ed ampliamenti e con redazione di piante, sempre in stretta collaborazione e sotto la supervisione dell'Alfieri, a cui spettavano, in qualità di responsabile dello studio regio, quelle opere all'interno dei palazzi sovrani, che non erano a carico del bilancio delle fabbriche ma dei fondi a disposizione della Corona.

Il 16 marzo 1753 gli fu ordinato dal conte G. F. Bertola, ingegnere militare, di "formare il tipo de' siti frammedianti le Fortificazioni e la Fabbrica del Valentino con gli Proffili necessari per indicare le concavità ed elevazioni de' terreni", e dal primo architetto Alfieri "di formare il piano de' siti sotto la Galleria detta del Beaumont, al piano delle Carrozze col profilo del piano de' sotterranei sin a quelli d'essa Galleria, e d'aggiungere alla pianta del Paviglione le grossezze di tutti li muri al piano di terra" (Ibid., Fabbriche e Fortificazioni, Relazioni a S. M., 1753, reg. 5). Il 17 aprile tutti i disegni erano compiuti e consegnati (ibid.). Nello stesso anno (7 luglio) il F. collaudò con E. Rocha (Rocca) il teatro Carignano di Torino (Rebaudengo, 1977), realizzato su disegno dell'Alfieri.

Nella chiesa dello Spirito Santo di Torino il F. e il fratello Giovanni Battista intervennero ambedue, creando problemi di attribuzione; l'operato (rilievi e preventivi) del F. risale all'anno (1753) in cui fu richiesto un progetto all'Alfieri, poi non eseguito (Bellini, 1978, p. 146). La chiesa fu realizzata tra il 1763 e il 1765 su progetto del fratello. Nello stesso anno il F. è documentato attivo per la chiesa della Madonna degli Angeli in Cuneo in collaborazione con l'Alfieri (ibid., p. 204). Il primo disegno firmato a noi giunto reca la data del 28 luglio 1754. Si tratta del "Tipo dimostrativo del corso del fiume Po in attinenza del ponte di Carignano", accompagnato da una relazione (Carignano, Arch. stor., Cart. lav. pubbl., Ponti).

Dall'esame dell'elaborato appare di immediata evidenza la specializzazione tecnica acquisita, soprattutto nella resa dei particolari costruttivi del ponte. Tra il 1756 e il 1759 sisusseguirono disegni ed istruzioni che riguardavano la necessità di operare modifiche sull'alveo del fiume Po, al fine di evitare inondazioni e fenomeni di corrosione, e progetti di ponti sia in legno sia in cotto sul territorio di Carignano (ibid., e ibid. Fiumi e bealere).

Nel Comune di Carignano il F. fu richiesto anche per altre opere, sempre di natura strettamente tecnica: dalle parcelle presentate nel 1760 si deduce infatti che suoi sono i pareri, dati nel 1759, per l'utilizzo della casa Agondis, della casa di proprietà dell'ospedale e della casa dei fratelli Cambiani come scuola comunale, e per le riparazioni da farsi alla casa del macello comunale. Nel 1762 gli furono richiesti i preventivi di spesa e il calcolo per la costruzione delle volte della nuova parrocchiale progettata dall'Alfieri (Ibid., Ordinati, dal 1760 al 1763; Seduta consiliare, 28 marzo 1762; Arch. di Stato di Torino. Insin. di Torino, 1763, lib. 3, c. 204 n. 670).

Contemporaneamente il F. era impegnato attivamente sul territorio piemontese; nel 1755 è documentato presente a Vercelli per "Regio Servizio" ed in quell'occasione gli fu richiesto dal Comune un parere sul progetto presentato dall'architetto Bernardo Vittorie per la ricostruzione della chiesa di S. Chiara e, in particolare, un giudizio sugli interventi urbanistici previsti (Vercelli, Arch. storico, Ordinati 1752-1755, 7 giugno 1755). Il parere, che conferma la loro necessità, firmato e allegato all'ordinato del Comune, reca la data del 22 giugno 1755. Il servizio regio svolto dal F. a Vercelli era, come sempre, alle strette dipendenze dell'Alfieri, incaricato dal capitolo del duomo. I primi disegni presentati dall'Alfieri furono approvati dal capitolo nel 1755. I lavori si succedettero negli anni e, mentre la supervisione fu sempre del primo architetto del re, i contributi specifici furono dovuti a suoi collaboratori, soprattutto a M. Barberis ed al F. (Bellini, 1978, pp. 231 s., 242 s.). A quest'ultimo si devono infatti i rilievi della chiesa, in corso nel dicembre del 1756 (Vercelli, Arch. del Capitolo del duomo, Lettere degli architetti Alfieri, Barberis, Feroggio a Giuseppe Langosco di Stroppiana, Alfieri, 1756, 7dicembre), la stesura dei disegni definitivi approvati dall'Alfieri (Ibid., Feroggio, 1757, 12 marzo, 5luglio, 18 settembre, 2 ottobre, 16 e 24 dicembre; 1758, 1º e 4 febbraio; 4, 14 e 25 marzo) e infine il progetto per il nuovo altare e il pavimento per la cappella del beato Amedeo (Arch. di Stato di Torino, Insin. di Torino, 1763, lib. 3, c. 204 n. 692; Ibid., Partiti fabbriche, vol. 8, 1759, f.442).

Durante il soggiorno vercellese i collaboratori dell'Alfieri furono interpellati per la realizzazione di altre opere (non ci sono pervenuti gli elaborati grafici), e in particolare il F. fece un progetto in cinque fogli per la parrocchiale di S. Germano in San Germano Vercellese (Ibid., Insin. di Torino, 1763, lib. 3, c. 203v n. 645) e redasse in data 9 apr. 1753 il calcolo della spesa (San Germano, Arch. comunale, Cat. VII, Atti vari, 1750-1757;N. Carboneri, Attribuzioni e documenti vittoniani, in Bernardo Vittone, Disputa fra classicismo e barocco nel Settecento, Torino 1972, II, p. 286). Nella città di Vercelli fu richiesto al F. un progetto, che egli approntò in tre fogli, per la chiesa di S. Michele (1758; Arch. di Stato di Torino, Insin. di Torino, 1763, lib. 3, c. 203v n. 647); inoltre disegnò l'edificio del Monte di pietà (1759-1760; ibid., c. 204 n. 676) e diede un disegno per l'altare della chiesa di S. Maria Maggiore (ibid., c. 204 n. 690). Questi interventi in Vercelli e provincia, così come quelli nel duomo, sono sempre stati erroneamente associati al nome del fratello Giovanni Battista, soprattutto dalla storiografia locale (G. Chicco, Memorie del duomo di Vercelli, sua demolizione e successiva ricostruzione, Vercelli 1943, pp. 69, 111).

Tra il maggio e il giugno del 1757 il F. approntò il progetto della "nova maniglia di Fabbrica in agionta ai Magazzini del Tabacco" in Torino; di questo "stupendo edificio", così come lo definisce il Grossi (1790), ci è pervenuto un elaborato grafico, firmato e datato al 1º giugno, allegato alla lunghissima e precisissima istruzione per gli inipresari del 28 maggio. Nel disegno sono delineate la pianta della "Fabbrica Vecchia da sottomurarsi" e la pianta e la sezione trasversale della manica nuova (Arch. di Stato di Torino, Corte, Minutari fabbriche, 1757;Ibid., Insin. di Torino, 1763, lib. 3, cc. 203, 596).

Il 3 marzo 1758 il F. ottenne la regia patente di misuratore ed estimatore generale delle fabbriche e fortificazioni di Sua Maestà (Ibid., Camerale, Patenti controllo finanze, pat. 30-108 [1758]). A lui competevano gli aspetti contabili (preventivi di spesa) e le modalità tecniche relative all'approvvigionamento e all'immagazzinamento dei materiali da costruzione, in particolare dei marmi, in quanto nel 1755 gli era stata riconosciuta ufficialmente la carica, già ricoperta dal 1752, di custode del Regio Magazzino dei marmi (Ibid., Partiti fabbriche, 1755);tale carica doveva essere di tipo ereditario: passò poi infatti al fratello Giovanni Battista e infine al nipote Francesco Benedetto.

Nel 1758 il F. fu incaricato in Torino di "formare le piante di tutti i piani di palazzo reale e delle fabbriche adiacenti, come pure delle segreterie, accademia e tutte le altre fabbriche della M. V. in questa città" (Ibid., Fabbriche e Fortificazioni, Relazioni a S. M., 1758, reg. 10); questo materiale è andato perduto o comunque non è stato individuato. Il 10 sett. 1758 il F. fornì alcuni disegni (pianta, prospetto, sezione), relativi a un nuovo corpo di fabbrica, per i "Magazzeni de' Grano e del Magazzino Stoffe e Vestiari delle Regie Truppe", situati nell'isola di S. Valerio, presso la Porta di Po (Torino, Arch. stor. della città, Cat. 54, mz. 8, cart. 282, nn. 9-10 [4297-4298 di Inv.]; Arch. di Stato di Torino, Insin. di Torino, 1763, c. 203v n. 630). Un anno dopo progettò la Regia Fabbrica di vetri e cristalli a Chiusa Pesio (Ibid., IArch. Commercio e manifatture, mz. II, nn. 15, 19; Ibid., Insin. di Torino, 1763, lib. 3, c. 203, nn. 591, 632); molto probabilmente, non essendo ancora terminati i lavori alla sua morte, i disegni passarono al fratello Giovanni Battista, che continuò l'opera.

Nel 1760 (16 marzo) il F. stese una relazione di visita con annesso preventivo di spesa, fece il disegno (17 marzo) e infine redasse l'Istruzione tecnica (22 marzo) per la realizzazione di una "brida", ovvero di un nuovo scaricatore per la bealera (raggia) di Melea a Fossano (Ibid., IArch. Acque ed edifici d'esse, mz. V, n. 19), dimostrando anche in questo caso grande competenza nella soluzione di problematiche idrauliche., così come già era stato per i lavori eseguiti sul territorio di Carignano. L'anno successivo s'interessò della "Fabbrica da farsi ad uso de' Tabacchi nella città di Nizza, e ne siti e case Dejeri e Giuge site in Villanova", ovvero in Nizza Marittima: si conservano due disegni, redatti in data 19 apr. 1761, riguardanti l'uno la pianta del primo e secondo piano e il prospetto settentrionale della fabbrica e l'altro la pianta dell'ultimo piano, il prospetto meridionale e la sezione longitudinale (Ibid., Corte, Carte topografiche, III serie, cart. N; Ibid., Insin. di Torino, 1763, lib. 3, c. 203, nn. 600-603, 610).

Tra il 1760 e il 1763 il F. è documentato altresì quale architetto patrimoniale dell'Ordine mauriziano (Torino, Arch. storico d. Ordine mauriziano, Conti 1760-1763); alla morte gli successe il fratello Giovanni Battista, il quale fu il continuatore delle opere del F., come questi stesso richiedeva nel testamento (Arch. di Stato di Torino, Insin. di Torino, 1763, lib. 2, cc. 8-10); al fratello andò inoltre la ricca biblioteca, costituita soprattutto da libri di idraulica e di architettura, che ci testimoniano una sensibilità artistico-architettonica oltre che tecnica.

Morì il 12 febbr. 1763 nella sua abitazione, di proprietà del conte Pastoris, lasciando la moglie Barbara Chiarlotta, nata Scarzel, e le figlie Luisa, Felicita, Genovieffa e Chiarlotta sotto la tutela del fratello Giovanni Battista (Ibid., lib. 3, c. 191).

Fonti e Bibl.: oltre ai documenti citati all'interno della voce, cfr. A. Grossi, Guida alle cascine e ville del territorio di Torino, Torino 1790, p. 103; C. Brayda-L. Coli-D. Sesia, Ingegneri e architetti del Sei e Settecento in Piemonte, in Atti e Rass. tecnica della Soc. degli ingegneri ed architetti di Torino, XVII (1963), 3, p. 34 dell'estr.; V. Viale, Ilduomo di Vercelli, Vercelli 1973, p. 28; Appunti per la lettura di una città: Carignano, Carignano 1973-1980, I, pp. 177, 183 s., 186, 188 s., 191; II, pp. 187 s.; VI, pp. 80, 87 s., 90; D. Rebaudengo, Le isole di S. Pietro e di S. Baldassarre, Torino 1977, p. 17; A. Bellini, B. Alfieri, Milano 1978, pp. 15, 131, 146, 161, 192, 204, 223, 231 s., 241 ss., 255, 297, 305; L. Palmucci, Un'industria legata all'economia forestale: la Regia fabbrica di vetri e cristalli di Torino e Chiusa Pesio, in L'Ambiente stor., 1979, 1/2, p. 97; Id., Paesaggio rurale e protoindustria: sulle tracce dell'archeologia del lavoro, in Beni culturali ed ambientali di Torino, Torino 1984, pp. 726-732; Arte di corte a Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice, a cura di G. Romano, Torino 1987, pp. 67, 230; S. Longo, IFerroggio ed il loro tempo, tesi di laurea, Politecnico di Torino, facoltà di architettura, a. a. 1987-1988, pp. 4, 7 ss., 22-59; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 430.

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