Cróce, Benedetto

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Filosofo e storico (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 - Napoli, 20 novembre 1952). Studiò a Napoli, che divenne presto la sua dimora abituale. Scampato dal terremoto di Casamicciola (1883) in cui perdette i genitori, fu accolto a Roma in casa dello zio Silvio Spaventa, e vi rimase sino al 1886; ivi intraprese gli studî di giurisprudenza che non continuò, preferendo dedicarsi ai corsi universitarî di etica di Antonio Labriola. Tornato a Napoli, si diede a indagini erudite, ma presto l'erudizione - che pure coltivò poi sempre con geniale dottrina - gli si palesò insoddisfacente, e sentì il bisogno, tipico in lui, di trasferire i suoi interessi mentali su un piano di riflessione critica. Primo segno d'una revisione radicale in senso filosofico del suo atteggiamento è la memoria su La storia ridotta sotto il concetto generale dell'arte (1893). Ha inizio così una fervida opera da cui la cultura italiana uscì rinnovata, opera in cui il C. ebbe lungamente compagno Giovanni Gentile, finché ragioni speculative prima e poi politiche non ruppero l'accordo dei due filosofi, e che ha come documento, oltre che le opere dell'uno e dell'altro, le annate de La Critica (v.), fondata nel 1903, la quale rappresentò l'insigne organo del rinnovamento. Senatore dal 1910, ministro dell'Istruzione con Giolitti (da lui sempre ammirato) nel 1920-21, assunse nel 1925, dopo che il fascismo si fu dichiarato nella sua essenza totalitaria, deciso atteggiamento di opposizione, redigendo il Manifesto degli intellettuali antifascisti, i quali guardarono poi sempre a lui come a un esempio. Caduto il fascismo, tornò per breve tempo alla vita politica attiva, come ministro senza portafoglio nel gabinetto Badoglio (aprile-giugno 1944) al quale parteciparono i sei partiti antifascisti del CLN, e nel primo gabinetto Bonomi (costituito il 18 giugno, ma il C. si dimise il 27 luglio); tenne sino al 1947 la presidenza effettiva del Partito liberale e sino al 1948 quella onoraria, fu consultore, deputato alla Costituente e dal 1948 senatore di diritto. Nel 1947 fu nominato socio onorario dell'Accademia dei Lincei, della quale era stato in passato (1923-35, 1945) socio nazionale; nello stesso anno fondò a Napoli l'Istituto italiano per gli studi storici, a disposizione del quale aveva posto la sua biblioteca, forse la più importante biblioteca privata d'Italia. Cardine fondamentale del sistema crociano è il nesso o dialettica dei "distinti", come integrazione della hegeliana dialettica degli "opposti". Con esso il C. intese rivendicare la distinzione e autonomia delle forme dello spirito. Carattere peculiare dell'attività del C. è il costante parallelismo tra la sua opera di filosofo e quella di indagatore di specifici problemi storici, letterarî, politici, ecc.: la sua filosofia, da lui appunto concepita come "metodologia della storia", s'invera assiduamente nel concreto. ▭ Il giovane C. parte nella sua battaglia contro il positivismo dalle posizioni spiritualistiche del De Sanctis e dallo storicismo del Vico, e "storicismo assoluto" è appunto la definizione ultima, da lui stesso offerta, del suo pensiero. Insufficiente, sin dall'inizio, gli apparve il positivismo a chiarire le ragioni della poesia e della storia, ambedue per il C. conoscenza dell'individuale e pertanto non riducibili a classi di fenomeni naturalisticamente intese, e non spiegabili meccanicisticamente. La storiografia si distingue, senza negarla, dalla scienza, essa - affermò il C. all'inizio - può esser ridotta al concetto generale dell'arte, ma l'ulteriore sviluppo della sua indagine è volto a distinguere tra arte e storia: la prima è una forma di conoscenza che si distingue dalla storica e dalla scientifica, in quanto è "intuizione", indipendente dalla conoscenza razionale, dall'utilità e dalla morale, e s'identifica con la sua espressione. Ma certamente l'estetica crociana presenta anche, in nuce, una teoria dello spirito, in cui, accanto all'attività teoretica, è formulata una teoria dell'attività pratica. Il Croce aveva maturato questa parte del suo pensiero attraverso le suggestioni che prima dell'elaborazione dei suoi pensieri sull'arte gli erano venute dallo studio della filosofia del Marx e dall'amicizia con il Labriola. Già da questo il materialismo di Marx veniva opposto, come metodo e teoria storiografica, al filologismo indifferente e sterile. Il C. chiarisce l'essenza di questa nuova problematica del materialismo marxista nella necessità di determinare il posto che nella vita dello spirito spetta all'attività economica. E mentre il marxismo aveva concepito la realtà economica come condizione o struttura, C. fa dell'economicità una delle forme della spiritualità, ponendo, accanto alle categorie tradizionali del Bello (estetica), del Buono (morale), del Vero (logica), la quarta categoria dell'Utile (economica). Ma con questa accettazione del momento economico, che è anche limitazione di esso, C. si sottrae alla suggestione del marxismo, che gli appare ormai errore filosofico; esso però permette al C. di riprendere e sistemare la teoria romantica della politica come pura economicità non tiranneggiata da esigenze etiche, e di ricongiungersi, ancora più indietro, al Machiaveili. ▭ Per dare una compiuta teoria del giudizio estetico e di quello logico, il C. doveva peraltro indagare la sfera specifica nella quale lo spirito, fattosi autocosciente, elabora i predicati del giudizio. Questo compito è affrontato nella Logica, e il problema è avviato a soluzione con la distinzione, che il C. introduce in questa opera, tra concetti puri e pseudoconcetti, cioè tra ragione e intelletto. L'intelletto astratto viene rigettato fuori dei confini dell'attività conoscitiva, in quelli dell'attività pratica, conformemente alle indicazioni e alle conclusioni cui per altre vie e con altri intenti era giunta la gnoseologia e metodologia delle scienze, partendo dal seno stesso del positivismo. Liberatosi dagli impacci degli pseudoconcetti, il C. elabora la teoria del concetto puro, che vive nel giudizio. E infine, con l'identificazione di giudizio esistenziale, o individuale, e giudizio definitorio, compie il passo decisivo, rivelando l'insopprimibile storicità di ogni giudizio, che è il coronamento dell'edificio filosofico di C. e il delicato punto in cui storia e filosofia operano una reciproca integrazione. Tuttavia, una simile ampia sistemazione non sarebbe del tutto intelligibile se non se ne chiarisse ancora un presupposto, che è quello dell'incontro diretto del pensiero del C. con quello di Hegel (Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel, 1906), del quale, attraverso lo studio del marxismo e "mercé l'amicizia e la collaborazione col Gentile", aveva già avuto a risentire. Al C. si era venuta rivelando una visione della realtà la quale, per la concezione dei distinti, si ordina e circolarmente trapassa in forme diverse e ritornanti, in una guisa che può apparire del tutto pacifica. Il C. accordò tale concezione con la dialettica propria dell'hegelismo, la quale sottolinea il momento della lotta e del contrasto tra gli elementi che danno struttura alla realtà, mostrando invece che il momento negativo in una forma distinta non è altro che la positività di un altro distinto che al primo si surroga, per cui alla realtà non viene a mancare l'anelito dialettico e la spinta al divenire, ma non manca nemmeno la capacità di presentarsi positiva ed equilibrata in ogni suo momento. In tal modo una teoria della storiografia era orma i compiuta. Essa imponeva al filosofo-storico di adeguare il suo pensiero e di cogliere i suoi problemi in una realtà che continuamente si rinnova. ▭ Gli eventi pubblici seguiti alla prima guerra mondiale lo indussero poi a trasformare i suoi concetti interpretativi della realtà in precetti e norme di vita: nacque così il suo liberalismo; come prima aveva rivendicato l'autonomia della politica, così ora, di fronte a violente ideologie politiche che danno sanzione etica allo stato, è indotto a rivendicare, nel quadro della distinzione, l'autonomia e l'alterità della vita morale rispetto all'attività politica. Il ripensamento e la colorazione etica dei concetti fondamentali del sistema diventano nota caratteristica di questa seconda fase della vita del filosofo, e da essa sgorga gran parte della produzione del C. storico, che è tutta rivolta alla contemplazione e all'esaltazione delle forze morali che operano nella storia. C. teorizza questa esperienza nella distinzione di storiografia puramente economica e di storiografia etico-politica, nell'idea della storia come storia della libertà e della libertà come ultima religione dell'umanità. ▭ La metodologia degli studî letterarî e storici è uscita profondamente rinnovata dall'insegnamento del Croce. Lo studio della poesia, come d'ogni altra arte, deve tendere - egli insegnò - all'individuazione della personalità dell'artista; tutto ciò che è esterno a lui può concorrere a spiegarlo ma non lo condiziona ai fini dell'accertamento della sua poesia; è assolutamente inefficiente, anzi dannoso, un raggruppamento storico degli artisti; storia dell'arte non è possibile fare, e tanto meno storia di singoli generi letterarî che sono astrazioni di critici, non realtà. Le ricerche care al vecchio "metodo storico" sono bensì legittime, ma solo al servizio della ricostruzione storica d'una determinata cultura o civiltà, non mai per la vera comprensione d'un poeta o artista. La storia, a sua volta, è sempre contemporanea, nel senso che essa è legata al presente, nella persona e nell'ambiente dello storico, che muove sempre nell'opera sua da proprî interessi attuali. La storiografia non è cronaca grezza di avvenimenti, ma ricostruzione e giudizio dei fatti, sintesi di intuizione e concetto; è sempre "etico-politica", cioè storia della vita morale e civile dell'uomo. Il linguaggio è creazione individuale, e quindi atto spirituale, espressione di fantasia e non di logica, è dunque sinonimo di poesia; la linguistica, com'è tradizionalmente intesa, cioè come studio di suoni, di forme, di significati, ecc., ha la sua legittimità, ma come studio di fatti sociali. E si tacciono qui gli insegnamenti del C. in molti altri campi di studio, anche lontani da quelli da lui coltivati (per es., nella filologia testuale); ma non può essere taciuto che nella storia della prosa italiana moderna, la prosa del C., così limpida e precisa, senza sbavature di sorta, sostenuta ma senza pedanterie e leziosaggini, rappresenta un momento di notevole importanza. Pertanto il C., anche se non gli mancarono critici e avversarî talvolta violenti, appare come la figura di maggior rilievo della vita culturale italiana della prima metà del Novecento.

Tra le opere di critica e storia letterarie: Saggi sulla letteratura italiana del Seicento (1911); La letteratura della nuova Italia (6 voll., 1914-40); Goethe (1919); Ariosto, Shakespeare e Corneille (1920); La poesia di Dante (1921); Poesia e non poesia (1923); Storia dell'età barocca in Italia (1929); Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento (1931); Poesia popolare e poesia d'arte (1933); Nuovi saggi sul Goethe (1934); Poesia antica e moderna (1941); Poeti e scrittori del pieno e tardo Rinascimento (3 voll., 1945-52); La letteratura italiana del Settecento (1949); Letture di poeti e riflessioni sulla teoria e la critica della poesia (1950). Tra le sue opere filosofiche, fondamentale è la Filosofia dello spirito in tre volumi (Estetica come scienza della espressione e linguistica generale, 1902; Logica come scienza del concetto puro, 1909; Filosofia della pratica, 1909), a cui poi si aggiunse la Teoria e storia della storiografia, 1917 (uscita però già nel 1915 in lingua tedesca a Tubinga: Zur Theorie und Geschichte der Historiographie). Altri scritti filosofici: Materialismo storico ed economia marxista (1900), Problemi di estetica (1910); La filosofia di G. B. Vico (1911); Cultura e vita morale (1914); Nuovi saggi di estetica (1920), in cui è compreso il Breviario di estetica (1913); Etica e politica (1931); Ultimi saggi (1935); La poesia (1936); La storia come pensiero e come azione (1939); Il carattere della filosofia moderna (1941); Discorsi di varia filosofia (2 voll., 1945); Filosofia e storiografia (1949); Storiografia e idealità morale (1950); Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici (1952). Tra gli scritti di storia etico-politica: La rivoluzione napoletana del 1799 (1912); Storia del Regno di Napoli (1925); Storia d'Italia dal 1871 al 1915 (1928); Storia d'Europa nel secolo decimonono (1932). Scritti varî: Contributo alla critica di me stesso (1918); Conversazioni critiche (5 voll., 1918-1939); Storia della storiografia italiana nel secolo XIX (2 voll., 1921). Nel 1951 fu pubblicata nei "classici Ricciardi", a cura dello stesso C., un'antologia delle sue opere (Filosofia, poesia, storia), con una compiuta cronologia. L'edizione integrale del cospicuo carteggio tra Croce e G. Gentile, già separatamente edito nei volumi curati da A. Croce (Lettere a Giovanni Gentile 1896-1924, 1981) e S. Giannantoni (Lettere a B. Croce, I-V, 1972-90), è stata pubblicata in cinque volumi (2014-2024) a cura di C. Cassani e C. Castellani sotto il titolo Carteggio, a documentare gli scambi epistolari tra i due intellettuali nell'arco cronologico compreso tra il 1896 e il 1924.

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