KINGSLEY, Ben

Enciclopedia del Cinema (2003)

Kingsley, Ben

Gabriella Nisticò

Nome d'arte di Sir Krishna Bhanji, attore teatrale e cinematografico inglese, nato a Snainton, nei pressi di Scarborough (Yorkshire), il 31 dicembre 1943, da padre indiano e madre inglese. Grande attore teatrale, ha raggiunto notorietà nel cinema per la straordinaria interpretazione del Mahatma Gandhi nel film Gandhi (1982) di Richard Attenborough, vincendo l'Oscar nel 1983 come miglior attore protagonista e ottenendo numerosi altri riconoscimenti. Figura piccola, minuta, dagli occhi vivi e profondi nel viso scavato, la sua recitazione di grande naturalezza, il più delle volte lievemente sottotono, aderisce, quale che sia il valore artistico dei film interpretati, alle sfumature dei personaggi con intensità e vibrazioni psicologiche tali da farne un ritrattista di rara personalità. Nella vasta filmografia realizzata nel corso di oltre un trentennio spiccano le sue interpretazioni in Schindler's list (1993; Schindler's list ‒ La lista di Schindler) di Steven Spielberg e in Death and the maiden (1995; La morte e la fanciulla) di Roman Polanski. Nel 2001 la regina Elisabetta II gli ha conferito il titolo di Sir.

Figlio di un fisico indiano trasferitosi in Inghilterra per studiare medicina e di una modella e attrice inglese, K. seguì studi scientifici con l'intenzione di diventare anch'egli un medico, iniziando peraltro a lavorare come assistente in un laboratorio farmaceutico. Attratto dal teatro si cimentò come attore associandosi a una compagnia amatoriale d'arte drammatica a Salford, nel Lancashire, dove suo padre si era stabilito per esercitare la professione di medico. La passione per il teatro crebbe a dismisura e mutò via via i suoi obiettivi professionali. Dal 1965 K. iniziò la vera e propria carriera teatrale con un repertorio classico, prima affiancando grandi professionisti (da Tom Courtenay a Margaret Rutherford), poi accettato nel 1967 dalla Royal Shakespeare Company e quindi dal National Theatre; viene ricordato per un grande Amleto e anche per l'interpretazione di Antonio Gramsci in Occupations di T. Griffith.K. trasportò nel cinema la lezione del grande teatro. Dopo un debutto in sordina nel 1972 (Fear is the key, Gli ultimi sei minuti) di Michael Tuchner, seguì A bridge too far (1977; Quell'ultimo ponte) di Attenborough. La sua carriera non annoverò tuttavia grandi successi fino a Gandhi e in prevalenza si svolse nel circuito televisivo. Consacrato dall'Oscar per un personaggio che seppe interpretare con tutta la forza delle stesse origini, la sua vita artistica registrò una svolta decisiva: da Betrayal (1982; Tradimenti) di David Jones, tratto da un lavoro di H. Pinter, a Turtle diary (1985; Tartaruga ti amerò) di John Irvin, sceneggiato dallo stesso Pinter; da Harem (1985) di Arthur Joffé, a Maurice (1987) di James Ivory, tratto da E.M. Forster, nel ruolo di Lasker-Jones. Interpretò personaggi storici, dal capo dei bolscevichi nel televisivo Il treno di Lenin (1988) di Damiano Damiani, all'uomo che per tutta la vita ha seguito le tracce dei criminali nazisti nel televisivo Murderers among us: the Simon Wiesenthal story (1989) di Brian Gibson, al musicista Dmitrij Šostakovič in War Symphonies: Sjostakovitsj (1997) di Larry Weinstein. K. ha lavorato ancora in Italia con due registi raffinati come Giacomo Battiato nella biografia di B. Cellini Una vita scellerata (1990) e Fabio Carpi in L'amore necessario (1991).

Oltre al mafioso di Bugsy (1991) di Barry Levinson, per il quale è stato proposto con una nomination all'Oscar, e all'ambiguo gangster di Sexy beast (2000; Sexy beast ‒ L'ultimo colpo della bestia) di Jonathan Glazer, vanno soprattutto ricordate due grandi interpretazioni: in Schindler's list di Spielberg e in Death and the maiden di Polanski. Nel primo, K. impersona con un'espressività dalle mille sfaccettature un piccolo, taciturno, coraggioso e intenso ebreo polacco, Isaac Štern, che giganteggia nel rapporto di grata collaborazione con Oskar Schindler (Liam Neeson), l'uomo che salvò dallo sterminio nazista 1200 ebrei polacchi. Nel secondo, ricopre il ruolo del dottor Roberto Miranda, un medico collaborazionista di un non identificato (ma reale) regime militare sudamericano spietato nel torturare i prigionieri politici. Magistrale nel passare dalla mitezza alla minacciosità, una volta riconosciuto dalla ex prigioniera politica (Sigourney Weaver) da lui torturata e violentata sulle note della musica di Schubert, il personaggio di K. riesce a rendere attraverso la sua storia la misura delle contraddizioni esistenti nei Paesi usciti da sanguinose e crudeli dittature.

Paradossalmente, il limite della carriera di K. sembra essere la sua eccessiva duttilità, che non lo fa riconoscere in una specializzazione, come era proprio dei grandi attori quale egli indubbiamente è. Le apparizioni sono state numerosissime, in un vorticoso crescendo dopo Gandhi, sino a giungere alla fine degli anni Ottanta a una media di circa cinque film all'anno, a vario titolo (protagonista, coprotagonista, ruoli laterali, voce fuori campo), dai film ai TV movies.

Della sterminata filmografia sono altresì da segnalare le sue interpretazioni in: Pascali's island (1988; L'isola di Pascali) di James Dearden; Without a clue (1988; Senza indizio) di Thom Eberhardt; Sneakers (1992; I signori della truffa) di Phil Alden Robinson; Searching for Bobby Fischer (1993; Sotto scacco) di Steven Zaillian; Dave (1993; Dave ‒ Presidente per un giorno) di Ivan Reitman; Species (1995; Specie mortale) di Roger Donaldson; la shakespeariana Twelfth night (1996; La dodicesima notte) di Trevor Nunn; The assignment (1997; L'incarico) di Christian Duguay; The confession (1999) di David Hugh Jones; Rules of engagement (2000; Regole d'onore) di William Friedkin; The triumph of love (2001; Il trionfo dell'amore) di Clare Peploe; Tuck everlasting (2002) di Jay Russell.

Bibliografia

Interviste in "Films in review", January 1983, e in "Time out", April 1983.

B. Golightly, Ben Kingsley, in "Horizon", March-April 1989.

B. Case, T. Charity, The Reich stuff: Oskar Winner, in "Time out", 9 February 1994.

J. Heilpern, Empire of the stage, in "Vanity fair", November 1995.

C. Mury, Ben et ses doubles, in "Télérama", 15 mars 1995.

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