BELGIO e PAESI BASSI

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1992)

BELGIO e PAESI BASSI

G. Arnaldi

Lo stato belga è sorto nel 1830 in seguito alla rivolta delle province meridionali, in prevalenza cattoliche, dell'effimero regno unitario dei Paesi Bassi, scoppiata poco più di un mese dopo la rivoluzione di luglio parigina. Quel regno era stato creato nel 1815 e affidato a Guglielmo I d'Orange-Nassau, figlio dell'ultimo statolder delle Province Unite, che erano invece le sette province settentrionali, in prevalenza protestanti, del nuovo regno: Gheldria, Olanda (v.), Zelanda, Utrecht (v.), Frisia (v.), Overijssel, Groninga (v.). Esse costituiscono in pratica l'attuale regno dei Paesi Bassi, comunemente noto come Olanda dal nome della più importante delle province medesime.In sostanza, nel 1815 la diplomazia europea aveva ricostituito a favore delle province settentrionali l'unità degli antichi Paesi Bassi, infranta dalla rivolta antispagnola della seconda metà del sec. 16°, che si era conclusa con la secessione delle Province Unite dal resto dei Paesi Bassi, rimasti sotto gli Asburgo di Spagna fino al 1714 e passati poi, fino al 1794, sotto gli Asburgo d'Austria. Fra il 1794 e il 1815, sia le Province Unite sia i Paesi Bassi austriaci erano stati soggetti, a diverso titolo, alla repubblica e poi all'impero francese. Tornando dall'Elba, Napoleone mirò anzitutto alla riconquista del Belgio. Waterloo era sulla strada per Bruxelles.Il nome del nuovo regno sorto nel 1830, la cui corona fu offerta a Leopoldo di Sassonia-Coburgo, deriva da quello di una composita popolazione di origine celtica, che era venuta in Gallia muovendo dall'altra sponda del Reno e che, al tempo di Cesare, occupava l'intero territorio a N della Senna e della Marna, la valle della Mosella, fino all'oceano e al Reno. Belgica fu chiamata così una delle province della Gallia romana, costituita al tempo di Augusto, che vide prima amputato il suo territorio in seguito alla costituzione delle due Germanie, superiore e inferiore, in province autonome, e venne quindi divisa in due distinte province da Diocleziano: Belgica Prima, con capitale Treviri; Belgica Secunda, con capitale Reims. Il ricordo o, almeno, il nome degli antichi Belgi era rimasto sempre vivo: nel sec. 16°, il leone, simbolo araldico per eccellenza delle Fiandre, diviene il Leo Belgicus della sollevazione contro gli Spagnoli; nel 1789 la 'rivoluzione brabantina' contro il governo austriaco dà vita per un breve tempo alla repubblica degli Stati Uniti del Belgio.Il B., così come si è configurato in entità statale indipendente, ma come già di fatto si configurava quando le province di cui è composto erano soggette alla Spagna e all'Austria, a partire insomma dal momento in cui i Paesi Bassi si erano scissi in due, è caratterizzato dal fatto di essere attraversato al suo interno da una linea che separa due differenti aree linguistiche: a N di tale linea, infatti, si parla il fiammingo, una variante locale dell'olandese, che è anche usato come lingua letteraria; a S si parla il vallone, che è un dialetto francese, come qui è il francese la lingua letteraria in uso. Questa linea di demarcazione parte da un punto sul fiume Mosa a valle di Liegi (v.), prosegue verso O passando a S di Bruxelles (che oggi costituisce un'isola 'semifrancofona') e coincide per il tratto restante con l'alto corso del fiume Lys. La linea in questione, che separa l'area germanica da quella romanza, si è fissata nel corso dei secc. 6° e 7° in connessione con l'intensità maggiore, a N, e minore, a S, della colonizzazione dei Franchi Salii, invasori germanici del paese. Insieme alle due Germanie, alla Rezia e al Norico, la Belgica Secunda (dove oggi appunto si parla fiammingo) è una delle cinque province dell'Impero romano d'Occidente nelle quali ha poi prevalso la lingua degli invasori.La circostanza per cui, alla fine del sec. 16°, la scissione dei Paesi Bassi non si sia prodotta rispettando la linea di demarcazione linguistica e non si sia nemmeno fondata sul fattore religioso, pur tanto rilevante nell'intera vicenda (vi erano anche cattolici a N e protestanti a S), si spiega facilmente tenendo presente il fatto che la parziale riconquista spagnola dei Paesi Bassi in rivolta, capitanata da Alessandro Farnese, vincitore a Gembloux nel giugno 1578, si arrestò solo dinanzi all'ostacolo naturale costituito dai corsi di due grandi fiumi, la Mosa e il Reno.Consumata in tale modo la separazione, in dispregio di considerazioni linguistiche, etniche o di fede religiosa, è naturale che l'azione dei due governi - quello delle Province Unite e quello spagnolo e poi austriaco - si sia fatta sentire nel senso di una omogeneizzazione forzata dei due rispettivi complessi territoriali, che si è risolta in particolare a danno della minoranza cattolica a N ed è andata a S a discapito del peso delle province dove si parlava esclusivamente o prevalentemente olandese (Fiandre, Brabante, Limburgo). Il processo di 'gallicizzazione' si estese poi anche alle Province Unite al tempo della dominazione francese. Si comprende perciò che il quindicennio (1815-1830) in cui l'unità fra i due tronconi degli antichi Paesi Bassi fu ristabilita, sotto l'egemonia dell'elemento olandese e protestante, abbia segnato una forte reazione in senso contrario, contro la quale, a sua volta, sarebbe scoppiata nel 1830 la rivolta delle province meridionali.Tutto questo concerne la storia del B. e la storia, a essa strettamente congiunta, dell'Olanda durante i primi secoli dell'età moderna e nel secolo scorso. Ma anche la storia unitaria dei Paesi Bassi non consente di risalire molto indietro nel tempo. Scrive Huizinga (1912): "Le campane di Gand che nel gennaio del 1386 salutarono festosamente l'ingresso di Filippo l'Ardito di Borgogna e della sua consorte Margherita di Fiandra, annunziarono qualcosa di più che la conclusione di una pace e l'avvento di un nuovo signore. Annunziavano la nascita di una nazione, o meglio di due nazioni gemelle: il Belgio e i Paesi Bassi". A parte l'accenno alquanto prematuro alla nascita delle due nazioni gemelle, Huizinga intende dire che la formazione del complesso territoriale unitario, a esse preesistente, fu dovuta a un fatto puramente politico, l'intervento cioè in quella regione, autentico crocevia d'Europa, del duca di Borgogna, uno dei grandi feudatari del regno di Francia. E difatti, ancora prima di essere designate come 'paesi bassi' (solo con il tempo questo sarebbe diventato un nome proprio), quelle province furono semplicemente le terre di par deça rispetto al ducato di Borgogna, dominio originario della dinastia.Non era la prima volta che una parte considerevole di quelli che sarebbero diventati i Paesi Bassi (ne erano escluse le province nordorientali, che sarebbero state annesse solo da Carlo V) si trovava a essere riunita sotto un solo sovrano. Ciò era già accaduto quando essi, a partire dall'843, avevano in pratica costituito la parte settentrionale del regno di Lotario I, un regno senza nemmeno un nome che lo designasse e, quindi, buono per poter essere riesumato ora che l'unità veniva ristabilita. È noto infatti che il termine Lotharingia (Lorena) è rimasto a indicare solo la regione ristretta e ben delimitata su cui regnò uno dei figli di Lotario I, Lotario II.Benché anche sotto il dominio dei duchi di Borgogna i 'paesi bassi' fossero solo una porzione di un complesso territoriale molto più vasto, è indubbio che gli anni della dominazione borgognona, dal 1386 al 1477 (morte di Carlo il Temerario), hanno lasciato un'impronta unitaria molto forte sull'intera area, pur nel persistente e non contrastato bilinguismo. E anche se alla corte di Bruxelles (v.), che allora si afferma come capitale politico-amministrativa, si parlava francese, furono le province di lingua germanica, e in particolare la Fiandra, a emergere nettamente rispetto alle altre sotto il profilo sia artistico-culturale sia economico, perché lì si trovavano città come Gand (v.), e Bruges (v.) che già in precedenza avevano conosciuto uno sviluppo pari solo a quello delle città dell'Italia centrosettentrionale. Tanto è vero che i 'paesi bassi', le province di par deça, venivano detti anche Fiandre, al plurale. Ed effettivamente, durante i più di cinquecento anni intercorsi fra l'effimera unità lotariano-carolingia e la nuova unità borgognona, quando quell'area fu aspramente contesa fra i due regni, ormai, di Francia e di Germania, nel pulviscolo di più o meno estese signorie territoriali, laiche ed ecclesiastiche, che si era venuto formando nel suo ambito, a spiccare nettamente era stata la contea di Fiandra, con le sue rigogliose e presto così irrequiete città.Così stando le cose, né le vicende dello stato borgognone (di quelle del regno 'intermedio' di Lotario I non è neppure il caso di parlare), né quelle successive dei Paesi Bassi spagnoli e austriaci, prima e dopo il distacco delle Province Unite del Nord, per non dire delle vicende del moderno regno del B., dopo la duplice parentesi del periodo rivoluzionario e napoleonico e del quindicennio di ritrovata, precaria unità fra province settentrionali e province meridionali, possono essere utilmente invocate a illuminare retrospettivamente la storia, durante i secoli centrali del Medioevo, delle province, o regioni storiche, che hanno concorso a formare il B. attuale: Anversa, Brabante (v.; c'è anche un Brabante settentrionale che appartiene all'Olanda), Fiandra occidentale (v.) e Fiandra orientale (v.), Hainaut (v.), Liegi (v.), Limburgo (v.; c'è anche un Limburgo olandese), Lussemburgo (v.; ma, subito dopo il 1830, il B. dovette rinunciare al territorio su cui sorse il ducato di Lussemburgo come stato sovrano), Namur (v.).Una considerazione come quella or ora esposta può apparire ovvia e superflua. Ma non lo è, per il semplice fatto che nei primi trent'anni di questo secolo uno dei maggiori storici che esso abbia prodotto, il belga Pirenne, nella sua monumentale storia del B. (Pirenne, 1900-1932) si è proposto di mettere in evidenza - sono parole sue - "il carattere di unità presentato dall'antica storia del Belgio", intendendo per B. le regioni che, molti secoli più tardi, hanno formato il moderno regno del Belgio. Pirenne concepì la sua storia nel momento in cui - esauritasi la spinta iniziale con la quale, in reazione al predominio olandese del quindicennio anteriore al 1830, le province fiamminghe erano state sottoposte a un'intensa opera di francesizzazione, che aveva portato all'eliminazione dell'olandese dai tribunali, dall'esercito e dalle università e scuole secondarie - un movimento di riscossa, il 'movimento fiammingo', come venne chiamato, aveva ingaggiato la lotta per la 'rinazionalizzazione', o 'degallicizzazione', delle Fiandre e del Brabante, una lotta che sarebbe giunta al successo nei primi anni Trenta, quando Pirenne aveva da poco terminato la sua opera finalizzata a contrastare questo processo che rinnegava i presupposti in base ai quali era stato costruito il B. ottocentesco.Per ottenere il risultato che si riprometteva, Pirenne procedette in una duplice direzione: da un lato, dando risalto a tutti i contatti politici, culturali, religiosi e artistici fra le province fiamminghe e le province vallone di quello che un giorno sarebbe diventato il B.; dall'altro, passando il più possibile sotto silenzio gli scambi fra le province fiamminghe e le contermini province, egualmente di lingua e cultura olandesi, che si erano separate alla fine del sec. 16° dal resto dei Paesi Bassi, nelle circostanze politico-militari-religiose cui si è accennato più sopra.Trattandosi di un'opera magistrale, di là dell'evidente partito preso che la ispira, la storia di Pirenne ha esercitato un'enorme influenza, che si è esplicitata in una duplice direzione: in primo luogo, offrendo uno schema interpretativo che è stato applicato anche a campi diversi dalla storia politico-sociale, come la stessa storia dell'arte, con la pseudo-giustificazione, in questo caso, che la tutela dei patrimoni artistici di B. e Olanda è affidata - com'è naturale - ai rispettivi organi nazionali; in secondo luogo, inducendo gli storici olandesi a seguire l'esempio di Pirenne e a costruire, perciò, una storia dell'Olanda anche per i secoli in cui le Province Unite, progenitrici dell'Olanda moderna, erano ancora di là da venire.La discussione intorno al modo migliore di concepire la storia dei Paesi Bassi ha continuato a vertere per anni intorno all'opera di Pirenne ed è stata a tratti molto accesa. In polemica con la linea consistente nel retrodatare fino al Medioevo più remoto l'esistenza di uno spazio belga e di uno spazio olandese, è stata prospettata l'opportunità di privilegiare, rispetto alla realtà tutta moderna degli stati nazionali, la realtà plurisecolare delle aree linguistiche, tenuto anche conto del fatto che, in particolare nei secoli centrali del Medioevo, le province (in cui si parlava olandese) che hanno dimostrato maggiore vitalità e creatività artistico-culturale non sono state le province settentrionali, destinate a una fioritura più tarda, bensì le meridionali, che, entrate in seguito a far parte del B., che le avrebbe mortificate lungo l'intero secolo scorso, hanno riconquistato la loro piena identità durante i primi decenni del Novecento. In perfetta corrispondenza con una siffatta impostazione, è evidente che le province in cui si parla vallone finiscono con il diventare un capitolo della tanto più vasta e articolata civiltà francese. Un'altra possibilità cui si è anche pensato, e che ha ispirato un'impresa editoriale olandese, mira a superare sia il punto di vista degli odierni stati nazionali sia quello delle tradizionali aree linguistiche, proponendo una storia dei Paesi Bassi nella quale questa espressione è usata per indicare tutte le 'diciassette province' che costituivano i 'paesi bassi' di prima della scissione del sec. 16° e che formano l'od. Benelux, senza però che si possa precisare con certezza quali esse fossero, dal momento che, come ha mostrato Huizinga (1912), "il numero diciassette è usato spesso, nella lingua popolare, nelle fiabe e nelle poesie per l'infanzia per indicare una quantità indeterminata".

Bibl.: H. Pirenne, Histoire de Belgique, 7 voll., Bruxelles 1900-1932; J. Huizinga, Vit de voorgeschiedenis van ons nationaal besef, De Gids 76, 1912, pp. 432-487 (trad. it. Dalla preistoria della coscienza nazionale olandese, in id., La mia via alla storia e altri saggi, Bari 1967, pp. 317-397); H.A.L. Fisher, A History of Europe, London 1936 (19382; trad. it. Storia d'Europa, 3 voll., Bari 1969⁶); P. Gegl, The National State and the Writers of Netherlands History, in id., Debates with Historians, London-Glasgow 1955, pp. 211-233.G. Arnaldi

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