BEATRICE di Tenda, duchessa di Milano

Enciclopedia Italiana (1930)

BEATRICE di Tenda, duchessa di Milano

Ettore Verga

Nata nel 1372 nel castello di Tenda, da Pietro Balbo Lascaris, conte di Ventimiglia e signore di Tenda e, probabilmente, da Margherita del Carretto, dei marchesi del Finale, circa il 1398 andò sposa al condottiero Facino Cane. Bella, gentile di modi e di costumi, e nel tempo stesso coraggiosa fino a seguire il marito nei pericoli della guerra, ne fu molto amata, ed ebbe su di lui grande influenza. Morto Facino a Pavia il 26 maggio del 1412 e assassinato, pochi giorni prima, Giovanni Maria Visconti, lasciando il fratello, Filippo Maria, quasi prigioniero in Pavia, incapace a far valere i proprî diritti alla successione, un matrimonio di lui con Beatrice, quantunque inopportuno per la sproporzione dell'età, parve l'ancora di salvezza: e B., che senza un appoggio difficilmente avrebbe potuto conservare il dominio lasciatole dal marito, finì per aderire (giugno 1412). La sposa portò, oltre a quattrocentomila ducati, parecchie città e un esercito agguerrito, comandato da valenti generali, primo il conte Francesco di Carmagnola. È indubbio che nei primi anni corsero fra i coniugi buoni rapporti non solo, ma che la saggezza e la bontà di B. influirono assai sull'animo di Filippo. Egli le donò parecchie città, Abbiategrasso, Monza, Pontecurone, Voghera, Mortara, e la tenne quasi come partecipe del governo. Se non che, verso il 1418, la posizione della duchessa appare di molto mutata. Scoppiò finalmente l'accusa di adulterio col giovane Michele Orombello e di oscuri maneggi con ambasciatori stranieri a danno del duca. Processata, condannata insieme coll'Orombello fu portata al castello di Binasco e ivi decapitata, col preteso amante, la notte del 13-14 settembre del 1418.

Il tragico evento fu allora, ed è tuttora, un mistero. Il biografo di Filippo Maria, P. C. Decembrio, se la cava con poche parole, non favorevoli alla sventurata; ma fonte più importante è Andrea Biglia, più indipendente del Decembrio e quasi testimonio oculare, poiché aveva conosciuto l'Orombello: egli ammette la confessione del giovane, ma nega quella di B.: non si pronuncia in modo preciso ma per suo conto non mostra di credere alla colpa, e ricorda l'opinione allora diffusa aver il duca agito per fastidio. Gran parte degli scrittori posteriori e la tradizione glorificano B. come innocente e attribuiscono il fatto alla malvagità del duca. L'episodio ispirò poeti ed artisti: fu immortalato dalla musica di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani; Cosimo Scotti lo ritrasse in una delle sue Giornate del Brembo, Milano 1801; C. Tedaldi Fores in una tragedia (Milano 1825); Diodata Saluzzo Roero nel romanzo Il castello di Binasco (Milano 1830); G. B. Bazzoni in altro romanzo, Macaruffo venturiere o la corte di Filippo Maria Visconti (Milano 1832). Lo ritrasse in un dipinto Angelo Riboldi.

Bibl.: P. C. Decembrio, Vita Philippi Mariae Vicecomitis, in Rerum Italicarum Scriptores, nuova ed., fascicoli 203-204 e 210, pp. 182, 232 segg. (Nelle amplissime note, a cura di A. Butti, F. Fossati e G. Petraglione, è una ricca bibliografia su Beatrice, con riassunto dei principali giudizî degli autori contemporanei fino ai più recenti); A. De Billiis, Rerum Mediolanensium historia, in Rerum Italicarum Scriptores, XIX, col. 50 segg.; B. Corio, Storia di Milano, Milano 1856, II, p. 542; P. Giovio, Duodecim Vicecomitum Mediol. Principum Vitae, Milano 1629; Z. Volta, Un giuramento di fedeltà a Beatrice di Tenda, in Archivio storico lombardo, II (1895); G. Rossi, Un matrimonio nel castello dei Lascaris: Beatrice di Tenda, ibid., IX (1908). - Un ritratto di B. è alla Certosa di Pavia: cfr. Magenta, La Certosa di Pavia, pp. 337, 338, 355.

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