BARNABA da Modena

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1992)

BARNABA da Modena

A. Bianchi

Pittore italiano del 14° secolo. Apparteneva a una famiglia di origine milanese il cui cognome, Agocchiari, derivava dalla professione di maestro ferraio dei suoi antenati. Svolse la sua attività lontano dalla regione di origine, principalmente nella città di Genova, dove, in base ad alcuni documenti, risulta certamente residente tra il 1361 e il 1383. Il 13 ottobre 1361 assunse per tre mesi il pittore Angelo da Firenze, con l'impegno a lavorare anche la notte (Alizeri, 1870). Il 18 luglio 1362 assunse il pittore senese Barnaba di Bruno per due mesi: in questo documento B. è definito "civis et habitator Januae", un elemento che permette di ipotizzarne la presenza nella città ligure da lungo tempo, anche se non può essere considerata certa l'ipotesi che fa risalire il suo arrivo nella città al 1352 nella presunzione che occorressero dieci anni per ottenerne la cittadinanza (Alizeri, 1870). Il 26 aprile 1364, a testimonianza della notevole notorietà raggiunta nella città ligure, venne pagato per i lavori, oggi perduti, eseguiti nella cappella ducale e per una pala d'altare (Alizeri, 1870; Varni, 1870). Nel 1367 B. è nominato nel testamento paterno, rogato in Modena (Bertoni, Vicini, 1903). Nel 1370 viene citato in documenti relativi al rifacimento di un'ancona sita nella genovese loggia de' Banchi (Alizeri, 1870). Il 2 giugno 1379 (1380 more pisano) l'Operaio del duomo di Pisa pagò il maestro Giovanni Pessino da Lucca per essersi recato presso il pittore, a Genova, al fine di invitarlo a completare le Storie di s. Ranieri nel Camposanto pisano, iniziate da Andrea Bonaiuti da Firenze. Queste furono poi terminate non da B. ma, per motivi sconosciuti, da Antonio Veneziano (Bonaini, 1846). Nel 1380 B. è citato nell'atto di vendita di una casa a Modena (Bertoni, Vicini, 1903). Il 13 marzo 1383 appare in un documento genovese come curatore di un Leonardo, figlio ed erede di un Cristoforo di Guano (Alizeri, 1870), mentre il 9 novembre dello stesso anno, in un atto rogato a Modena dal suo procuratore, B. è ricordato abitante civitatem Januae (Bertoni, Vicini, 1903).Recuperata agli studi, in mancanza di una tradizione critica, da studiosi di fine Settecento (Lanzi, 1795-1796), la figura di B. si è venuta delineando in particolare dai primi anni del secolo in corso. Ciò grazie alla pubblicazione dei documenti genovesi e modenesi, all'individuazione delle opere firmate e all'attribuzione per via critica di altre, che portano a ca. quaranta i dipinti del suo corpus, totalmente su tavola, a eccezione di una sola pittura a fresco riconosciutagli, in S. Agostino a Genova. Va sottolineato che, nonostante la scarsa entità delle opere certe su muro, l'abilità dell'artista in questo campo è provata dal prestigio della committenza pisana.Elementi certi sul percorso stilistico di B. sono offerti dalle date apposte su alcune opere firmate: nel 1367 la Madonna con il Bambino ora a Francoforte (Städelsches Künstinst. und Städt. Gal.); nel 1369 una Madonna già al Kaiser-Friedrich-Mus. di Berlino, distrutta durante l'ultima guerra; nel 1370 la Madonna ora presso la Gall. Sabauda di Torino (già nella chiesa di S. Domenico a Rivoli); nel 1374 la tavoletta con la Madonna adorata da due fedeli e soggetti neotestamentari della Nat. Gall. di Londra; nel 1377 una Madonna con il Bambino ora in S. Giovanni ad Alba. Di altre due opere firmate la data resta di dubbia lettura: la Madonna del Mus. Civ. di Torino, Mus. d'Arte Antica (già Coll. Breme), e il polittico della chiesa di S. Dalmazio a Lavagnola presso Savona (1376, ma ora letta 1386; Algeri, 1989). A queste si aggiungono altre opere firmate ma non datate: i due polittici della cattedrale spagnola di Murcia; la grande Madonna in trono del Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo a Pisa, dipinta, come dichiara l'iscrizione, per i mercanti pisani; l'anconetta della Gall. e Mus. Estense di Modena; l'Incoronazione della Vergine già nella Coll. Hurd di New York.Allo stato odierno degli studi può ipotizzarsi con sufficiente attendibilità che il pittore sia nato alla fine del terzo decennio del secolo. Dai documenti del 1361-1362, con i quali assunse gli aiuti, può evincersi infatti che fosse allora già artista affermato. La sua attività si prolungò molto probabilmente sino alla seconda metà del nono decennio, come induce a credere la recente rilettura della data frammentaria apposta sul polittico della chiesa di S. Dalmazio di Lavagnola, oltre all'ultimo documento conosciuto, quello del novembre 1383.Indispensabile per la ricostruzione della carriera di B., che ebbe luogo quindi nell'arco di almeno quattro decenni, e dello sviluppo stilistico della sua produzione, sono il trasferimento di cui si ha certezza (da Modena a Genova, probabilmente all'inizio del sesto decennio) e l'interesse verso Pisa. In quest'ultima città restano infatti diversi suoi lavori riferibili al periodo tra l'ottavo e il nono decennio; essi provano un legame che, confermato dal viaggio documentato del 1379, è certamente anteriore, data l'importanza dell'incarico propostogli, che fa suppore una fama bene consolidata anche in questa città. Le date apposte su opere firmate costituiscono altri punti fermi per il giudizio critico, anche se le cinque certe sono relative al decennio 1367-1377, e ben tre di queste al solo triennio 1367-1370.Pochi sono i lavori riferibili agli inizi del pittore, caratterizzati da elementi pertinenti al contesto emiliano degli anni intorno alla metà del secolo. Il Noli me tangere della Coll. Fila di Biella, attribuitogli da Longhi (1950), è segnato infatti dal dinamismo e dal vivace cromatismo dell'ambiente vicino a Vitale da Bologna. La data 1352, però, leggibile sulla S. Caterina di Santiago del Cile (coll. privata) e riconosciuta al pittore sempre da Longhi (1960), fu trascurata già dal critico, che riferiva l'opera al periodo tardo del pittore, ed è stata verosimilmente giudicata apocrifa (Algeri, 1989). Alla prima attività di B. è comunque legata l'anconetta firmata della Gall. e Mus. Estense di Modena, mentre è dubbia l'appartenenza a questa fase della Madonna con il Bambino del Mus. Civ. di Torino, Mus. d'Arte Antica, che, nonostante la lettura 1356 della data appostavi, sembra meglio riferibile al periodo più maturo (Museo Civico, 1963).L'incontro con l'ambiente genovese, pittoricamente conservatore pur se aperto all'influsso senese, è invece manifesto in un folto gruppo di opere, in particolare polittici e Madonne con il Bambino, che costituiscono la sua produzione numericamente più rilevante, per la quale l'artista è maggiormente conosciuto. B. si pose alla confluenza di differenti apporti culturali: bizantineggianti da un lato, gotici dall'altro, provenienti da Siena e dall'ambiente avignonese (questi ultimi già presenti a Genova, come dimostra la Madonna dell'Umiltà del 1346 a Palermo, Gall. Regionale della Sicilia, dell'importante pittore genovese Bartolomeo Pellerano da Camogli), dando vita a opere risolte in un decorativismo presto caratteristico della sua mano, determinato in particolare dal grafismo delle fitte lumeggiature dorate, soprattutto dei panneggi.Un primo gruppo di Madonne è riferibile allo stesso periodo di quella di Francoforte (1367), ed è contraddistinto, pur nella preziosità decorativa, da una peculiare qualità monumentale, sintesi dei diversi influssi coesistenti: Madonna della Coll. Stramezzi di Crema, già Coll. Crespi-Morbio di Milano (pubblicata da Gamba, 1923-1924), quella del Mus. of Fine Arts di Boston (pubblicata da Mason Perkins, 1915; datata anteriormente da Pesenti, 1968), quella della Courtauld Inst. Gall. di Londra. A queste fece seguito un folto gruppo di Madonne con il Bambino, ben situabili cronologicamente lungo l'ottavo decennio del secolo per la rispondenza con lavori datati, a partire da quella del Kaiser-Friedrich-Mus. di Berlino (1369), distrutta nel corso della seconda guerra mondiale, e della Gall. Sabauda di Torino (1370) sino alla Madonna con il Bambino della chiesa di S. Giovanni ad Alba (1377, in origine posta nella locale chiesa di S. Francesco): Madonna con il Bambino della chiesa di S. Matteo a Tortona (Toesca, 1922-1923); della Coll. Bergui di Alba (Gotico e Rinascimento, 1939); della chiesa dei Ss. Cosma e Damiano di Genova; quella del Louvre (Malvano, 1969); della chiesa di S. Maria di Castello a Genova (Rotondi Terminiello, 1978); del Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo di Pisa. In esse il pittore e i suoi aiuti ripeterono in maniera stereotipata un modulo divenuto evidentemente di successo, caratterizzato quasi da un voluto arcaismo bizantineggiante.Ai primi anni dello stesso ottavo decennio è da riferirsi, sempre per la rispondenza alle opere datate e in particolare alla Madonna della Gall. Sabauda, il primo importante polittico del Mus. de la Catedral di Murcia, firmato, con la Vergine allattante, storie neotestamentarie e santi ai lati, e, negli scomparti laterali, due adoranti, identificati da Pesenti (1968) in Juana Manuel e nel marito Enrico II di Castiglia (re dal 1369 al 1379). Dipinto a Genova e inviato in Spagna, a testimonianza della notevole importanza del pittore, fu seguito dopo pochi anni da un secondo polittico, quello di S. Lucia, posto assieme all'altro già in origine nella cappella dei Manueles della cattedrale e in un momento imprecisato sovrapposto a questo a formare un unico retablo. Contemporaneamente, in altri lavori di soggetto religioso, lontani dall'iconismo delle Madonne con il Bambino e riferibili allo stesso periodo dell'altarolo di Londra con l'Incoronazione della Vergine, la Trinità, la Crocifissione, gli Apostoli e la Madonna adorata da due fedeli, forse gli stessi Juana Manuel ed Enrico II di Castiglia (Pesenti, 1968), emergono le notevoli qualità narrative dell'artista, all'incontro, come detto, di elementi senesi (sottolineati da Toesca, 1906; 1922-1923; ma poi enfatizzati: Ricci, 1913; Mason Perkins, 1915) e cultura emiliana, l'appartenenza alla quale fu rivendicata con convinzione da Longhi (1950). Si tratta delle due tavolette con la Natività e la Fuga in Egitto a Bologna (Coll. Com. d'Arte) e del pannello con l'Ascensione a Roma (Pinacoteca Capitolina), il quale, assieme alla Pentecoste della Nat. Gall. di Londra, apparteneva probabilmente a un unico polittico smembrato (Algeri, 1989). Nel polittico di S. Lucia, con la santa in trono nel pannello centrale e storie della sua vita ai lati, firmata "Barnabas de Mutina pinxit in Jan(ua)", l'artista fu coadiuvato da collaboratori di cultura senese negli scomparti laterali: gli stessi presenti negli adoranti della Madonna della Misericordia della chiesa di S. Maria dei Servi a Genova, dipinta a seguito della peste del 1372, e in cui è rappresentato l'arcivescovo domenicano Andrea della Torre, morto nel 1377. Il polittico, a cui risponde anche la Crocifissione dello Herron Inst. di Indianapolis, è quindi leggermente precedente alla Madonna di Alba (1377) e alla Madonna del Louvre (acquistata negli anni Sessanta da una coll. privata di Nantes; Malvano, 1969). A esso seguirono l'importante polittico di S. Bartolomeo al Fossato a Genova - databile, per la presenza del vescovo Lanfranco Sacco, al quinquennio successivo (1377-1382) - con il santo in trono al centro, relative storie ai lati e una notevole Crocifissione nella cuspide centrale, riconosciuta definitivamente all'artista dopo il restauro da Rotondi (1962), e la S. Caterina di Santiago del Cile (coll. privata).Nell'ultimo periodo di attività, B. si allontanò dalle proprie radici emiliane e dal 'compromesso' gotico-bizantino che ne aveva contraddistinto la produzione, realizzando opere in cui si dimostrò fortemente sensibile al monumentalismo di marca toscana. Questo cambiamento trova un innegabile riferimento cronologico nel documento del 1379 relativo all'invito a lavorare nel Camposanto pisano, ma, come detto, non è necessariamente successivo; è probabile infatti che i suoi rapporti con Pisa fossero precedenti e legati alla committenza francescana. La Madonna con il Bambino oggi nel Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo a Pisa, stilisticamente contigua alla Madonna di Alba e quindi riferibile ad anni precedenti il viaggio pisano, fu come questa realizzata per la chiesa di S. Francesco. Per la stessa chiesa B. avrebbe dipinto poi un polittico oggi disperso, descritto da Da Morrona (1793) e firmato sulla tavola principale, con l'Incoronazione della Vergine, forse riconoscibile nella tavola con lo stesso soggetto firmata, già nella Coll. Hurd di New York (venduta nel 1937 e non più rintracciabile; Algeri, 1989), a sua volta ben rispondente iconograficamente all'altarolo di Londra (1374). È stato pertanto ipotizzato (Rotondi, 1955) che anche la grande Madonna in trono del Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo, un'opera già lontana dal decorativismo caratteristico della produzione maggiore del pittore e di marcato intento monumentale - a cui può essere accostata, come parte di un unico polittico, la tavola del Calvario del Mus. des Beaux-Arts di Caen e, stilisticamente, la Madonna della cattedrale di Ventimiglia (Algeri, 1989) -, sia da riferirsi a età anteriore al viaggio documentato.L'ultimo lavoro di B. realizzato per la città toscana fu il polittico tuttora nella chiesa di S. Andrea a Ripoli (presso l'arcivescovado di Pisa), con la Madonna in trono fra i ss. Bartolomeo, Andrea, Pietro e Agostino, voluto dal ricco mercante pisano Jacopo Compagni, nel quale l'accoglimento dei modi toscani si manifesta a un livello ancora più profondo. A quest'opera rispondono alcuni lavori genovesi riferibili quindi al limite estremo dell'attività dell'artista, come il polittico della chiesa di S. Dalmazio a Lavagnola, con la Madonna con il Bambino, s. Michele Arcangelo, s. Dalmazio e i ss. Pietro e Paolo, firmato e datato 1386, il Giudizio realizzato a fresco nella chiesa di S. Agostino a Genova (Toesca, 1951) assieme al Crocifisso del Mus. di S. Agostino (Rotondi, 1956; Pesenti, 19872), la Madonna della Coll. Schiff di Roma, l'Annunciazione dello Staatl. Lindenau-Mus. di Altenburg, il Battesimo di Cristo nel Mus. Nat. des Beaux-Arts di Algeri.Pur se operoso al di fuori dei grandi centri della pittura del secondo Trecento italiano, B. non può dirsi un artista provinciale; ferma restando l'origine emiliana egli recepì infatti gli influssi senesi e, mediandoli con il gusto bizantineggiante preminente in ambiente ligure, diede luogo a una produzione di ottimo livello, ben pertinente, peraltro, all'ambiente nel quale fu attivo. La sua pittura, conosciuta anche in Spagna e in Piemonte, fu molto significativa per importanti pittori locali di fine secolo, come Niccolò da Voltri e lo stesso Taddeo di Bartolo (v.), il pittore senese che avrebbe costituito la figura più importante della pittura genovese del periodo a cavallo tra 14° e 15° secolo.

Bibl.:

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Letteratura critica. - F. Bonaini, Memorie inedite intorno alla vita e ai dipinti di Francesco Traini, Pisa 1846, p. 99ss.; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origini al sec. XVI, I, Genova 1870, pp. 119, 129ss.; S. Varni, Appunti artistici sopra Levanto, Genova 1870, pp. 48ss., 140, 147; G. Bertoni, P.E. Vicini, Barnaba da Modena, RassA 3, 1903, pp. 117-120; W. Suida, Genua, Leipzig 1906, p. 42ss.; P. Toesca, Opere di Barnaba da Modena in Liguria, L'Arte 9, 1906, pp. 461-463; Venturi, Storia, V, 1907, p. 948ss.; C. Ricci, Barnaba da Modena, BurlM 24, 1913, pp. 63-69; F. Mason Perkins, Un dipinto ignorato di Barnaba da Modena, L'Arte 18, 1915, pp. 222-223; P. Toesca, Dipinti di Barnaba da Modena, BArte, n.s., 2, 1922-1923, pp. 291-294; C. Gamba, La raccolta Crespi-Morbio, Dedalo 4, 1923-1924, pp. 535-554; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932 (trad. it. Pitture italiane del Rinascimento, Milano 1936, p. 36); Gotico e Rinascimento in Piemonte, a cura di V. Viale, cat., Torino 1939, p. 45ss.; S. Garcia de Pruneda, El retablo de Santa Lucia en la Catedral de Murcia, Boletín de la Sociedad Española de Excurciones 51, 1947, pp. 79-88; R. Longhi, La mostra del Trecento bolognese, Paragone 1, 1950, 5, pp. 5-44; G. Vigni, Pittura del Due e Trecento nel Museo di Pisa, Palermo 1950, p. 57ss.; A. Morassi, Capolavori della pittura a Genova, Milano-Firenze 1951, pp. 28-29; Toesca, Trecento, 1951, pp. 747-749; P. Rotondi, Il polittico di Barnaba da Modena a Lavagnola, Genova 1955; id., Mostra d'opere d'arte restaurate, Genova 1956, p. 14ss.; La 'Consortia dei forestieri' a Genova: una Madonna di Barnaba da Modena e uno statuto del Trecento, a cura di C. da Langasco, P. Rotondi, Genova 1957; R. Longhi, Una S. Caterina di Barnaba da Modena, Paragone 11, 1960, 131, pp. 31-33; P. Rotondi, Contributo a Barnaba da Modena, AAM 5, 1962, pp. 181-184; Museo Civico di Torino. I dipinti del Museo d'Arte Antica, a cura di L. Mallè, cat., Torino 1963, p. 25; E. Castelnuovo, s.v. Barnaba da Modena, in DBI, VI, 1964, pp. 414-418 (con bibl.); M. Laclotte, Un panneau de Barnaba da Modena, RLouvre 14, 1964, pp. 179-180; A. De Bosque, Artistes italiens en Espagne du XIVe siècle aux rois catholiques, Paris 1965, p. 144ss.; A. Gonzales-Palacios, Una crocefissione di Barnaba da Modena, Paragone 16, 1965, 181, pp. 30-31; C.M. Kaufmann, Barnaba da Modena and the Flagellants of Genua, Victoria and Albert Museum Bulletin 2, 1966, pp. 12-20; F.R. Pesenti, Barnabas de Mutina pinxit in Janua: i polittici di Murcia, BArte 53, 1968, pp. 22-27; L. Malvano, Une Vierge à l'enfant de Barnaba da Modena au Louvre, RLouvre 19, 1969, pp. 339-346; Mostra dei dipinti del XIV e XV secolo, a cura di C. Volpe, cat., Milano 1971, pp. 12-13; L. Bertolini Campetti, in Mostra del restauro, cat., Pisa 1972, nr. 15, pp. 103-110; G. Rotondi Terminiello, in Restauri in Liguria, cat., Genova 1978, nr. 13, pp. 235-240; R. Longhi, Genova pittrice, Paragone 30, 1979, 349-351, pp. 4-25; L. Lodi, Note sulla decorazione punzonata di dipinti su tavola di area emiliana dalla metà alla fine del Trecento, Musei Ferraresi 11, 1981, pp. 167-190; H.W. Van Os, Discoveries and Rediscoveries in Early Italian Painting, AC 71, 1983, pp. 69-80; Museo di S. Agostino-Genova, a cura di I.M. Botte, cat., Firenze [1985], pp. 130-132; E. Rossetti Brezzi, Pittura ligure del Trecento, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 33-40: 37-39; id., Barnaba da Modena, ivi, II, p. 555; F.R. Pesenti, Un apporto emiliano e la situazione figurativa locale, in La pittura a Genova e in Liguria, I, Genova 19872 (1970), pp. 45-70: 50-57, 67-69; M. Davies, The Early Italian Schools before 1400, a cura di D. Gordon, London 1988, pp. 6-8; G. Algeri, L'attività tarda di Barnaba da Modena: una nuova ipotesi di ricostruzione, AC 77, 1989, pp. 189-210.A. Bianchi

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