BARNA di Turino

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1992)

BARNA di Turino

M. Di Berardo

Intagliatore e 'maestro di legniame' attivo nella seconda metà del sec. 14° a Siena, ove tenne bottega presso la chiesa di S. Giorgio. Della sua opera, svolta per la maggior parte in collaborazione e dunque indistinguibile da quella dei suoi compagni, rendono testimonianza quasi esclusivamente le fonti documentarie.B. risulta menzionato per la prima volta in un documento del 1378, relativo a un suo precedente intervento nella stima di alcuni lavori nel coro del duomo cittadino. Esecutore fra il 1379 e il 1380 di una tavola d'altare per la Compagnia della SS. Trinità a Siena, il suo nome si trova in seguito legato a numerosi compensi, dapprima per il riadattamento e la nuova ornamentazione dell'immagine della Madonna delle Grazie, nell'omonima cappella del duomo senese, quindi, nel 1382, per la rifinitura del baldacchino sovrastante la pala duccesca sull'altare maggiore della medesima chiesa e infine, nel 1385, per la collaborazione al parziale innalzamento della cupola del duomo. Ottenuta nel 1387 dal padre Turino di Bernardo l'emancipazione dalla patria potestà, nonché chiamato a rivestire, dal 1388 al 1391, la carica di capomaestro dell'Opera del duomo, B. risulta più volte, in tale periodo, sovrintendere ai lavori di manutenzione dell'edificio, allestire quelli di carpenteria per le feste religiose e partecipare ai vari lodi emessi per il coro. A quest'ultimo del resto aveva iniziato a collaborare dal gennaio del 1389, allorché, per l'inadempienza di Giacomo del Tonghio, l'Opera aveva finito con l'affidargli l'incarico di scolpire, insieme a Giovanni di Francesco detto 'del Cichia', a Luca di Giovanni e a Mariano d'Agnolo Romanelli, probabile capo dell'équipe nonché esecutore della parte figurata, i sei tabernacoli con le testiere e testierette del coro - oggi perdute e tuttavia forse non dissimili da quelle del duomo di Orvieto (Lusini, 1911-1939, II) -, secondo un progetto dello stesso Romanelli, scelto all'unanimità, il 13 giugno 1388, da vari maestri fra cui lo stesso Barna. Ricordato, ancora nel 1389, fra i presenti al consiglio riunito dall'Operaio Bonsignore di Fazio Piccolomini per ovviare a un difetto del campanile del duomo, nel luglio del 1390 un altro documento lo mostra insieme ai suoi compagni assumersi l'onere di altre testiere per il coro. Dal 1392 al 1396 invece, eccezion fatta per il susseguirsi delle stime relative al procedere di tale lavoro, le notizie d'archivio fanno riferimento solo ad alcuni suoi interventi nel restauro della cupola del duomo e nella elaborazione di una struttura idonea a porre in sede la nuova campana di S. Savino, mentre già nel 1397 egli appare occupato a intagliare, sempre per il duomo, il fonte nel quale il sabato santo si benediceva l'acqua. Al 1398 risalgono, quindi, sia un suo rendiconto come operaio delle fonti della città di Siena (Petrucci, 1906, I, p. 201) sia l'incarico di condurre nei bottini di Fontebranda l'acqua di Mazzafonda. Impegnato nel medesimo periodo a eseguire l'ornamento ligneo della tavola d'altare dipinta da Paolo di Giovanni Fei per la cappella di S. Pietro in duomo - verosimilmente identificabile (Carli, 1979) con la Presentazione della Vergine al Tempio oggi a Washington (Nat. Gall. of Art), unica superstite fra le varie opere note dell'artista -, egli risulta, due anni dopo, fare altrettanto per una tavola commissionata invece ad Andrea Vanni per l'altare maggiore della chiesa cittadina di S. Stefano. Destinatario nel 1408 di un pagamento di cinque fiorini senesi per uno stipo atto a contenere scritture e caleffi del Comune, l'ultima fra le notizie rimaste a suo riguardo lo ricorda, nell'ottobre del medesimo anno, dare inizio alle residenze per la sala di Balìa nel Palazzo Pubblico di Siena, commissionategli, salvo le spalliere, sul modello di quelle "della sala dove si mangia" (Thieme-Becker, 1908), da Benedetto di Giovanni Camerlengo e terminate poi due anni più tardi.

Bibl.: G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 306, 318-319, 334-336, 338-340, 346, 354, 356-362, 368-379, 381-382; S. Borghese, L. Banchi, Nuovi documenti per la storia dell'arte senese, Siena 1898, pp. 49-50, 55-59, 62, 66-67; V. Lusini, Dell'arte del legname innanzi al suo statuto del 1426, Bulletino senese di storia patria 11, 1904, pp. 183-246: 203-205; F.B. Petrucci, Le fonti di Siena e i loro acquedotti, 2 voll., Siena 1906 (19742): I, pp. 201-202; II, pp. 288-289, 291-297; Venturi, Storia, IV, 1906, p. 882; s.v. Barna di Turino, in Thieme-Becker, II, 1908, p. 507; V. Lusini, Il duomo di Siena, 2 voll., Siena 1911-1939: I, pp. 231-232, 244, 250-251, 260-261, 265, 269-270, 273, 312, 319, 323, 337-338, 340; II, p. 35; E. Carli, Le sculture del coro del Duomo di Siena, AV 17, 1978, pp. 25-39; id., Il Duomo di Siena, Genova 1979, pp. 85, 91-97; Scultura dipinta. Maestri di legname e pittori a Siena 1250-1450, cat. (Siena 1987), Firenze 1987, p. 80.

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