BANBHORE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1973)

BANBHORE (o Bhambore)

M. Taddei

Località del Sind (Pallistan occidentale) nota anche col nome di Sasuijo-takar, situata sulla sponda settentrionale del Gharo Creek, a circa 40 miglia da Karachi, sulla strada di Hyderabad.

Sebbene nota da tempo agli archeologi, B. fu soggetta a scavi solo nel 1930, ad opera di N. G. Majumdar, poi nel 1951 sotto la direzione di Leslie Alcock; infine, campagne regolari vi si sono svolte ogni anno a partire dal 1958, sotto la guida di F. A. Khan.

È stato più volte proposto di riconoscere in B. il porto di Debal, conquistato nel 712 dal generale arabo Muhammad b. Qasim; lo scavo ha effettivamente dimostrato che l'occupazione del sito risale alineno al periodo scito-parthico (I sec. a. C. - II d. C.), aprendo così un nuovo capitolo nella storia della regione. I risultati più importanti - dal punto di vista della completezza - riguardano però l'insediamento islamico (dall'VIII al XII-XIII sec.) e pertanto non saranno qui considerati.

Lo scavo negli strati più profondi (scito-parthici) è particolarmente difficile per la presenza dell'acqua; si è potuto comunque raccogliere una discreta quantità di ceramica rossa brunita, nelle forme confrontabili con quella dello stesso periodo rinvenuta a Taxila dal Marshall. Confronti significativi sono peraltro possibili con la ceramica di varî siti dell'Afghanistan, del Pakistan e dell'India; in particolare vengono indicati Rang Mahal (Bikaner) e Pitalkhora (Aurangabad District), ambedue in India.

La ceramica del periodo hindu-buddistico comprende una classe piuttosto povera, non decorata, una classe con decorazione policroma e di impasto ben depurato, una gran quantità di tipi di ceramica impressa e a matrice. Quella di impasto ben depurato continua anche nel periodo islamico. È particolarmente interessante la classe di ceramica a matrice di derivazione sassanide. Questo periodo ha restituito anche avanzi architettonici importanti, fra cui un tempio scivaita di mattoni crudi: da esso provengono due liñga, uno completo di yoni.

Altro materiale preislamico (elementi di decorazione architettonica) proviene dalla moschea, dove era reimpiegato. Questo del reimpiego è un fenomeno che spesso si riscontra nei più antichi edifici islamici dell'India: ad esempio, nel Sind, ma più tardi, la moschea di Thambawaro (presso Lahori Bundar), descritta da G. E. L. Carter (Indian Antiquary, 1932, p. 86; cfr. Cousens, Antiquities of Sind, p. 126 s.).

Fra gli oggetti minori ricordiamo un'interessante testina di terracotta (Khan, Banbhore, p. 28, fig. 1) per cui non si saprebbe trovare altro confronto che la testa femminile di terracotta da Panna (W. Bengal), conservata nell'Asutosh Museurn dell'Università di Calcutta (D. P. Ghosh, in Lalit Kala; 6, 1959, p. 7), il cui preciso inserimento nella tradizione stilistica Gupta è tutt'altro che chiaro.

Bibl.: R. D. Banerji, in Progress Report of the Archaeological Survey of India, Western Circle, 1918-19 (1920), p. 57; A. Cunningham, Ancient Geography of India, Calcutta 1924; H. Cousens, The Antiquities of Sind, in Archaeological Survey of India. New Imperial Series, XLVI, Calcutta 1929, p. 80 s.; N. G. Majumdar, Explorations in Sind, in Memoirs of the Archaeological Survey of India, 48, Delhi 1934, p. 18 s.; F. A. Khan, in Annual Bibliography of Indian Archaeology, XVI, 1948-53 (1958), p. l-lii; W. Willetts, Excavations at Bhambore near Karachi, in Oriental Art, VI, 1960, pp. 25-28; F. A. Khan, Banbhore. A Preliminary Report on the Recent Archaeological Excavations at Banbhore2, Karachi 1963; id., in Pakistan Archaeology, I, 1964, pp. 49-55. Per quanto concerne la identificazione del sito e le questioni ad essa connesse (e per ulteriore bibliografia), si veda: H. T. Lambrick, Sind. A General Introduction (History of Sind, Series I), Hyderabad, Sind, 1964.