BAHDEIDAT

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1992)

BAHDEIDAT

E. Cruikshank Dodd

Città del Libano, posta al tempo delle crociate sotto la giurisdizione dei signori di Gibelet. Il sito, che si trova sulle colline alle spalle dell'od. Jbeil, conserva numerose tracce di insediamenti antichi, di epoca greca, romana e medievale. Frantoi e ampie cisterne scavate nella roccia furono individuati da Renan (1864) che descrisse anche due pietre con iscrizioni greche, inserite nella muratura della chiesa di Mar Tadros (S. Teodoro). L'altare di questa chiesa è costituito da un pesante blocco di pietra che reca un'iscrizione greca con il nome di Eliodoro. La semplice pianta dell'edificio è insolita: al posto del nartece la facciata presenta un ampio atrio, profondo m. 3,5, lungo i lati del quale sono inseriti sedili di pietra. L'interno, a navata unica, è coperto da una grande volta a botte a sesto acuto appena accennato, che origina direttamente dal pavimento e si prolunga fino all'arco trionfale, elemento di passaggio all'ampia abside. I frammenti di intonaco dipinto indicano che in origine tutto l'interno era ricoperto di pitture, i cui unici resti degni di nota - segnalati per la prima volta da Renan (1864) - si trovano oggi all'estremità orientale. Quando Diehl (1927) richiamò l'attenzione su queste pitture, esse furono coperte da una vernice trasparente bruno-scura, per scongiurarne il deterioramento. Conservatosi grazie a questo intervento, il ciclo di B. costituisce, nonostante le integrazioni, il più completo ciclo decorativo a fresco che oggi rimanga in Libano, anche se la vernice protettiva ne ha compromesso i colori, che appaiono impastati e scuriti.L'abside è dominata da una Deesis, con il Cristo in trono tra la Vergine e s. Giovanni Battista. Il trono è sorretto da due serafini: quello di sinistra ha sei ali senza occhi e mani visibili (ma non presenta né piedi né ruote di fuoco), quello di destra ha sei ali coperte di occhi; ogni serafino tiene un labaro con iscritto il trisághion in siriaco. Agli angoli del trono sono posti invece i quattro animali dell'Apocalisse. Al di sotto della visione apocalittica si trovano i dodici apostoli.Sulla parete dell'arco trionfale, in basso compaiono due santi guerrieri; più in alto, sui lati dell'arco, è raffigurata l'Annunciazione, con l'arcangelo Gabriele a sinistra e la Madonna a destra, in atto di alzarsi dal seggio; al di sopra sono rappresentate due scene dell'Antico Testamento: a sinistra il Sacrificio di Isacco, con la figura dell'agnello che sconfina sulla volta, a destra Mosè che riceve le tavole della Legge. Tra queste due scene si trova un busto del Pantocratore entro una mandorla, tra le raffigurazioni del sole e della luna.A destra e a sinistra dell'arco trionfale, lungo la navata, compaiono due grandi figure di santi a cavallo, rivolti verso l'altare; a sinistra, su un cavallo bruno, è il santo titolare della chiesa, S. Teodoro, raffigurato con il mantello svolazzante e una spada nella mano sinistra, nell'atto di trafiggere un drago anguiforme posto ai suoi piedi. Sulla destra è rappresentato S. Giorgio, su un cavallo bianco, che pone la mano sinistra a proteggere un personaggio di dimensioni minori, posto sul suo stesso cavallo, alle sue spalle, con in mano una brocca e una tazza. Si tratta evidentemente del giovane che, secondo antiche leggende di cui esistono diverse versioni, s. Giorgio avrebbe miracolosamente salvato, dopo che era stato rapito e venduto come schiavo a un potente per fargli da coppiere e che rimase poi al servizio del santo; il giovane infatti è spesso rappresentato a cavallo al suo seguito. S. Giorgio è qui raffigurato mentre cavalca su un corso d'acqua tra le cui onde nuotano pesci; sotto la pancia del cavallo è situata la piccola effigie del donatore.Le figure sono identificate per la maggior parte da iscrizioni siriache disposte verticalmente. Non esiste documentazione utile a determinare la cronologia delle pitture, ma, secondo un manoscritto conservato nel vicino monastero di Daīr al-Shifā, un personaggio di nome Na῾ mān venne ordinato sacerdote giacobita a B. nel 1256 (de Tarrazi, 1948), data che può bene corrispondere allo stile del ciclo pittorico. I colori sono costituiti da rossi spenti, marroni, gialli ocra, blu indaco; le figure presentano marcati contorni in nero, con scarse ombreggiature o lumeggiature. Questa tavolozza e lo stile delle pitture ricordano altre opere del sec. 13°, come per es. le pitture di Moutallas a Cipro (1280) o quelle della chiesa della Mavriótissa a Kastoria (sec. 13°) e di S. Pantaleimone a Creta (inizi del sec. 13°).

Bibl.: M.E. Renan, Mission de Phénicie, Paris 1864, pp. 236-237; E. Rey, Les colonies franques de Syrie au XIIe et XIIIe siècles, Paris 1883, p. 79; H. Lammens, Tārīkh al-Absār [Storia dei più antichi monumenti], I, Beyrouth 1913, p. 87; C. Diehl, Peintures de Bhadeidat en Syrie, CRAI, 1927, pp. 328-330; R. Dussaud, Topographie historique de la Syrie antique et médiévale, Paris 1927, p. 70; J. Lauffray, Forums et monuments de Béryte, Bulletin du Musée de Beyrouth 8, 1946-1948, pp. 7-16: 14; P. de Tarrazi, Aṣdaq makan tārīkh Lubnān [Le fonti più affidabili della storia del Libano], Beyrouth 1948, p. 224; M. Tallon, Peintures byzantines au Liban. Inventaire, Mélanges de l'Université Saint-Joseph 38, 1962, pp. 279-294: 291.E. Cruikshank Dodd