AZZORRE

Enciclopedia Italiana (1930)

AZZORRE (portogh. Aåores o Ilhas Terceiras, ingl. Western Islands; A. T. 105-106)

R. A.
A. Bé.
G. Col.
R. A.

Arcipelago di nove isole maggiori e alcuni isolotti minori nell'Oceano Atlantico, fra 36°55′ e 39°44 lat. e fra 24°35′ e 31°20′ long., a circa 1380 km. dal Capo da Roca nel Portogallo e a 1900 km. dalla più vicina costa americana (Terranova). È formato da tre gruppi abbastanza ben distinti, su un allineamento che ha la direzione generale NO.-SE. Il gruppo centrale è il più numeroso, comprendendo le isole Terceira, San Giorgio, Pico, Fayal e Graciosa; il gruppo orientale comprende l'isola più grande, S. Michele, con S. Maria, più a S., e gli scogli detti Formiche; il gruppo nord-occidentale, il più lontano, comprende Flores e la piccola isola di Corvo. La superficie complessiva è di 2393 kmq.

Esplorazione. - Nonostante il silenzio assoluto delle fonti classiche, pare che già nell'antichità l'arcipelago, pur così isolato, fosse stato visitato dai Cartaginesi, come risulterebbe dal ritrovamento avvenuto nel 1749 nell'isola di Corvo di monete puniche e cirenaiche, ritrovamento che, fatto conoscere agli studiosi nel 1778 dallo svedese L. Podolyn, non sembra si possa revocare in dubbio (cfr. R. Hennig, Die Karthager auf den Azoren, in Peterm. Mitteil., 1927, pp. 208-10). Certo l'eventuale scoperta cartaginese, come uno o più casuali approdi per opera degli Arabi nel Medioevo, non lasciarono traccia se non forse nella localizzazione di talune leggende diffuse durante l'età di mezzo nella Penisola Iberica, come quella relativa all'isola delle Sette Città, ricetto misterioso di sette vescovi spagnoli fuggiti all'epoca dell'invasione araba; isola che fu talvolta identificata con S. Michele (cfr. la notissima Caldera delle Sette Città, nell'isola stessa).

L'arcipelago fu certamente toccato da navigatori italiani nella prima metà del sec. XIV, com'è attestato dal fatto che nel cosiddetto Atlante mediceo, di solito ascritto al 1351, sono figurati tutti e tre i gruppi principali, con nomi di evidente origine italiana, ripetuti poi anche in altre fonti dello stesso periodo (insule de cabrera il gruppo meridionale; insule de ventura o de columbis quello di mezzo; insule de corvis marinis quello settentrionale, dove l'isola maggiore conserva tuttora il nome Corvo). Ma anche questa scoperta non fu seguita da colonizzazione, anzi sembra che fosse pressoché dimenticata, sicché la definitiva presa di possesso dell'arcipelago avvenne solo nel sec. XV per opera di Portoghesi. S. Maria fu ritrovata il 15 agosto 1432 da Gonçalvo Velho Cabral (altri, con minor fondamento, attribuiscono il merito della scoperta al castigliano Diego da Siviglia, pilota al servizio del Portogallo, nel 1427 o 1432 o 1437), S. Michele solo l'8 maggio 1444, giorno di S. Michele, Terceira (la terza scoperta) e le altre fra il 1444 e il 1450. Furono chiamate Azzorre per la moltitudine d'uccelli di rapina che i primi coloni del sec. XV vi trovarono: veramente falchi, che essi confusero con avvoltoi (in portoghese aåores).

Morfologia. - L'arcipelago è in sostanza costituito dalle parti più elevate, e perciò emergenti dalle acque, d'una serie di grandi apparati vulcanici, dei quali parecchi altri meno elevati sono rimasti nascosti in forma di veri e proprî vulcani sottomarini; tutte le isole sono perciò costituite di rocce vulcaniche antiche o recenti, per quanto non sia escluso che queste possano ricoprire un'imbasatura di rocce sedimentarie, come avviene per le Canarie e le isole del Capo Verde; formazioni marine dell'Elveziano sono state finora segnalate a Santa Maria. Tutto l'arcipelago si leva da una piattaforma comune che ha la profondità di 1500-2000 m. e le cui condizioni batimetriche furono accuratamente esplorate in una serie di campagne idrografiche dirette dal principe di Monaco (soprattutto da quella della Hirondelle, nel 1903). Tale piattaforma appare straordinariamente accidentata da rilievi e da buche profonde e rappresenta una porzione delle più tormentate della crosta terrestre, che non ha forse riscontro altrove, almeno nell'Atlantico. A SO. di Fayal un grande rilievo sottomarino spinge le sue cime fino a 44 m. sotto il livello delle acque, fomando un banco (Banco Principessa Alice), che, per l'abbondanza di pesca, ha notevole importanza economica per gli abitanti; per contro, appena 120 km. più ad E., una ristretta buca si sprofonda a 3500 m.; fra S. Michele e Terceira una fossa allungata da NO. a SE. (Fossa della Hirondelle) scende anch'essa con margini ripidi fin sotto i 3500 m.; e lo stesso fenomeno si ripete fra Terceira e Graciosa, poi a O. di quest'ultima e anche fra S. Michele e le Formiche, ecc.

La maggiore isola, S. Michele, allungata da ovest a est e culminante all'estremità orientale nel Pico de Vara (1088 m.), ricorda eruzioni del 1444-45 (nella già ricordata Caldeira das Sete Cidades, 844 m.), del 1563 (nel Lago do Fogo) e altre del 1630 e 1652; nel 1720, poco a nord dell'isola, sotto 38°20′ lat., un'eruzione sottomarina formò un isolotto scomparso nel 1723; un altro se ne formò a circa un miglio da Ponta da Ferraria il 18 giugno 1811 (Sabrina); distrutto a poco a poco dall'abrasione marina, esso scomparve a metà ottobre dello stesso anno. La vicina Terceira (Caldeira da Santa Barbara. 1047 m.) ebbe un'eruzione nel 1761; nel mare fra Terceira e Graciosa si ebbe un'eruzione sottomarina neI 1867. A S. Giorgio si verificarono eruzioni nel 1580 e nel 1808; nel mare circostante eruzioni sottomarine nel 1691, 1757, 1880-81.

Il più imponente apparato vulcanico è quello di Pico, con un cono centrale (Pico Alto) alto 2284 m., a fianchi ripidi e con una serie di coni parassiti; eruzioni notevoli (di solito laterali) si ebbero nel 1512, nel 1572, nel 1718, nel 1720. Fayal, che ha un vulcano centrale (1006 m.), con grande cratere oggi occupato nell'interno da un lago, ricorda un'eruzione del 1672. Eruzioni sottomarine s'ebbero ancora nel 1857 a 39°57′. N. e a 25°50′ O., e nel 1867 a 38°45′ N. e 28°05′ O. Solo per le due isole più occidentali, Flores (927 m.) e Corvo (768 m.), e per la più meridionale, Santa Maria (Pico Alto 570 m.), non si ricordano eruzioni.

L'arcipelago è pure frequentemente visitato da terremoti, talora connessi coi fenomeni vulcanici (come il terremoto del 1867 a Terceira, che precedette di un mese l'eruzione sottomarina), più spesso indipendenti. Esso sembra appartenere alla stessa zona sismica che si prolunga a E. fino all'estuario del Tago nel Portogallo. Il paesaggio vulcanico si rivela chiaramente in tutte le isole: i coni dalle forme ardite, le caldeiras, spesso racchiudenti dei bacini lacustri, come quello delle Sette Città, già ricordato, a S. Michele, le colate di lave basaltiche con forme colonnari pittoresche, le sorgenti calde e le fumarole costituiscono particolari attrattive per i visitatori. Celebri sono le sorgenti della Valle di Furnas nell'isola di S. Michele, dove a breve distanza si hanno getti ad alta temperatura del tipo dei geysir, e polle d'acqua fredda. Anche le sorgenti minerali sono frequenti (Lombadas, Sierra do Trigo).

Clima. - Alla fertilità propria del suolo vulcanico, congiunta con l'abbondanza di acque prodotta dalle piogge invernali e la frequenza delle sorgenti, le Azzorre debbono anche la loro ricca vegetazione. Benché situate press' a poco alla stessa latitudine del Portogallo centrale, le Azzorre hanno un clima notevolmente differente, non soltanto perché si trovano isolate in mezzo all'Oceano, ma anche per la loro situazione al limite della zona degli alisei. Nel gruppo centrale e nell'occidentale predominano i venti di O. e SO., mentre il gruppo sud-orientale è invece quasi tutto l'anno sotto il dominio dell'aliseo di NE., sostituito solo in inverno da venti prevalenti di SO. All'epoca degli equinozî non sono rari i cicloni, provenienti da O., che qualche volta recano anche danni considerevoli. Le temperature sono, almeno nelle regioni prossime al mare, molto miti durante tutto l'anno, con lievi escursioni; le piogge mostrano una prevalenza invernale, ma i mesi estivi non sono assolutamente secchi, come a Madera, alle Canarie e anche nel Portogallo meridionale. La neve cade solo in alto; l'acuto cono di Pico è coperto d'un manto nevoso durante tutto l'inverno. Come esempio delle condizioni di temperatura e piovosità possono valere i dati di Ponta Delgada, che riportiamo qua sopra.

La piovosità e ancora maggiore ad Angra (1077 mm.) e ad Horta (1157), ma la distribuzione mensile è sensibilmente la stessa.

Flora. - Conta circa 550 specie vascolari delle quali una quarantina di endemiche, ciò che sorprende, data l'origine vulcanica delle Azzorre; ma d'altronde altrettanto e su scala anche più vasta fu constatato nelle altre isole atlantiche, e questo fatto, come pure la presenza d'un certo numero di tipi cosiddetti atlantici, in comune fra loro e con i prossimi territorî continentali bagnati dall'Atlantico, hanno condotto a supporre che tutte queste isole possano considerarsi come avanzi di un vasto zoccolo che le collegava e dal quale, prima d'inabissarsi, hanno ricevuto una parte della vegetazione che lo rivestiva. Fra tali tipi atlantici ricordiamo: Ilex perado Sol. in comune con Madera; Myrica faya Driand., Persea indica Spr. e Notolaea excelsa Webb. et Berth. con le Canarie; Vaccinium cylindraceum Sm. endemico, ma affine a V. maderense Link, Sibthorpia europaea L. e Daboecia poiyfolia Don in comune con le coste atlantiche dell'Europa, Prunus lusitanica L. con il Portogallo; Hedera canariensis Willd. con Madera, Canarie, Marocco, Algeria e Tripoli; Corema album Don con il Portogallo ma affine anche a C. Conradi Torr. ex Loud. dell'America Settentrionale; Euphorbia stygiana Wats. in Hook. endemica, ma affine a parecchie specie proprie delle Canarie, a una delle isole del Capo Verde e all'E. dendroides L., la sola specie arborescente della regione mediterranea, ecc. Sono, invece, tipi ad affinità tropicali Myrsine africana L., tre belle felci Balantium culcita L., Hymenophyllum e Woodwardia; accennano ad affinità nord-americane, oltre il citato Corema, due Habenaria (Orchidee) endemiche, una Sanicula (Ombrellifera) e qualche altra. Ma, a parte questo gruppo di specie del più alto interesse fitogeografico e genetico, tutto il resto della flora delle Azzorre è improntato a tipi europeo-circummediterranei e buona parte degli endemismi stessi si sono formatì a spese di generi nostrani, compresi i due presunti generi Microseris e Seubertia che s'inquadrano, il primo nel gen. Piris e il secondo nel gen. Bellis, quantunque la B. azorica ne sia uno degli elementi più aberranti.

Quanto alla composizione dei consorzî ed alla loro zonazione nelle isole più elevate si sa ancora poco. Pico, che è l'isola più alta, presenta fino a circa 600 m. una zona mediterranea occupata in grande parte dalla coltura della vite, di svariati alberi da frutta, di aranci e limoni; ma vi prosperano anche le erbacee, tra le quali predominano il grano, l'orzo, il mais, le patate; fra le colture tropicali sono estese quelle delle banane, dell'ananasso, delle batate, poco sviluppate quelle della canna da zucchero, del caffè e del tè. A questa zona sovrasta sino a 900 m., ma qua e là scende anche in piena zona precedente, la foresta delle Laurinee in comune con Madera e Canarie, nella quale dominano Persea indica e P. azorica Seub. (= Laurus canariensis Wats., ecc.), Notolaea excelsa, Myrica faya, con molte felci; al disopra si estende una zona caratterizzata da Juniperus brevifolia, la sola conifera dell'Arcipelago, e, oltre che dalla citata Myrica, da Myrsine africana, Erica azorica, Vaccinium cylindraceum, Ilex perado, Daboecia polyfolia, dall'europea Daphne laureola, insomma da una formazione a tipo di macchia, però abbastanza diversa dalla mediterranea, che si arresta verso i 1700 m. Da ultimo si ha una zona che ospita piante centroeuropee, tra cui la Calluna vulgaris frequente e caratteristica delle brughiere dell'Europa e specialmente dei settori atlantici della stessa.

Il Trelease, che un trentennio fa ha riunito tutto quanto si conosceva sulla flora dell'Arcipelago (Boianical observations on the Azores, 1897), annovera inoltre circa 480 crittogame cellulari, e il Béguinot, a proposito di Seubertia e Bellis sopra ricordati, ha discusso l'origine della flora di queste isole in confronto con le altre atlantiche e vicini territorî (in Atti Accad. Ven.-Trent.-Istr., ser. 3ª, IX, 1917).

Fauna. - Nel gruppo delle Azzorre non vive alcun mammifero indigeno, salvo un pipistrello; gli anfibî sono del tutto assenti. Di una cìnquantina di uccelli presenti nelle isole, solo una specie, Pyrrhula murina, è loro particolare; le altre specie si ritrovano in Europa o nell'Africa settentrionale. Della grande classe degl'insetti, i lepidotteri e gl'imenotteri, scarsamente rappresentati, hanno carattere europeo; su poco più di 200 specie di coleotteri circa 175 sono comuni con l'Europa e 14 sono particolari. Sopra una settantina di specie di molluschi terrestri, quasi la metà è costituita da forme proprie delle Azzorre.

Condizioni economiche. - Popolazione. - Le risorse principali del l'arcipelago sono offerte dall'agricoltura. Il terreno è in generale come si è detto, molto fertile, specialmente nelle regioni basse o di media altezza. La vite, che dava un tempo prodotti eccellenti, è stata rovinata dalla crittogama e la sua coltura non è più risorta. Anche gli aranci, che alimentavano una larga esportazione diretta soprattutto in Inghilterra, hanno sofferto per una malattia, la cosiddetta lacrima, e soltanto in questi ultimi anni vanno risorgendo in modo da dar luogo nuovamente a una corrente di esportazione. Ma le due principali colture arboree sono il banano e l'ananas. La canna da zucchero è del pari coltivata, e accanto ad essa la barbabietola, che ha sostituito la patata dolce, prima molto diffusa e utilizzata per la distillazione dell'alcool; vi sono pure piantagioni di tè e di tabacco. Dei cereali sono coltivati il mais e il grano, il primo per alimentazione degli abitanti, il secondo anche per esportazione.

Nelle regioni di media altezza vi sono praterie naturali, pingui e rigogliose, che permettono l'allevamento del bestiame in larga scala; caratteristici sono i buoi dalla bassa statura, di poco superiore a quella di un grosso montone; numerose le capre, e diffusi anche gli asini che costituiscono la cavalcatura più in uso. Si è già fatto cenno dei ricchi prodotti della pesca, nel banco Principessa Alice e altrove; essi sono pure in parte esportati in Europa.

Gli abitanti sono in massima parte discendenti dagli antichi coloni portoghesi, venuti, a partire dalla metà del sec. XV, principalmente dall'Algarve e dalla regione del Minho; ma nel primo periodo della colonizzazione migrarono nell'arcipelago anche molti fiamminghi, che si sono mescolati con il resto della popolazione. Questa è, almeno da mezzo secolo, in diminuzione. Il censimento del 1881 noverava infatti nelle Azzorre 269.401 ab., ridotti a 256.291 nel 1900 e a 232.012 ab. nel 1920. Tale diminuzione è dovuta alla forte emigrazione, diretta soprattutto all'America del Nord, e anche, in passato, alle isole Hawaii; parte degli emigranti fanno tuttavia ritorno dopo aver raccolto in America un piccolo patrimonio. Tuttavia la densità della popolazione (97 ab. per kmq. in media) è assai notevole, superiore a quella di quasi tutte le provincie portoghesi di terraferma; essa si avvicina a 150 ab. per kmq. a S. Michele, a 160 a S. Giorgio e supera i 170 a Graciosa.

A causa del loro clima mite e salubre, dell'abbondanza dell'acqua ed anche per la bellezza del paesaggio, le Azzorre sono visitate da forestieri, soprattutto dell'Europa occidentale, e hanno importanza specialmente come stazione climatica invernale per persone sofferenti o di salute delicata. Le Azzorre costituiscono una provincia portoghese, divisa in tre distretti (Ponta Delgada, comprendente le isole S. Maria e S. Michele; Angra, comprendente Terceira, Graciosa e S. Giorgio; Horta, comprendente Fayal, Pico, Flores e Corvo) e inviano otto deputati alle Cortes portoghesi (quattro per il distretto di Ponta Delgada e due per ciascuno degli altri due distretti).

Le Azzorre, per la loro posizione, sono fuori delle grandi rotte dei piroscafi attraverso l'Atlantico settentrionale, mentre sono abitualmente toccate dalle linee che uniscono i porti dell'Europa di nord-ovest con le Indie Occidentali e con Panamá. Esse sono allacciate da linee regolari anche al Portogallo e a Madera. Anche alcune linee che fanno servizio da Boston e da New York ai porti del Mediterraneo toccano le Azzorre. L'arcipelago è anche fuori del corso ordinario dei velieri che fanno rotta dai porti della Manica al Capo di Buona Speranza, i quali passano di solito ad oriente di esso nel viaggio di andata e a occidente nel viaggio di ritorno. Le coste, in genere elevate, talora scoscese o precipitanti in mare con ripe a picco, non offrono che un numero limitato di approdi ben riparati. Il porto di maggior movimento è Ponta Delgada sulla costa meridionale dell'isola di S. Michele (15.000 ab.); ma approdo migliore è Angra do Heroismo (10.000 ab.) sulla costa meridionale di Terceira; frequentata è anche Horta (5800 ab.) sulla costa sud-est di Fayal, nello stretto che divide quest'isola da Pico. S. Michele ha qualche altro centro notevole, come Ribeira Grande (7500 ab.), Furnas, Vila Franca, ecc.

Per maggiori particolari sulle singole isole dell'arcipelago si vedano le rispettive voci.

Storia. - Poco dopo la scoperta portoghese (per l'antichità e il Medioevo v. sopra), le Azzorre furono rapidamente popolate dai Portoghesi, a cui succedettero in un secondo tempo, dopo cioè che Alfonso V di Portogallo ebbe ceduto Fayal a sua zia, Isabella duchessa di Borgogna, coloni fiamminghi. Le isole ebbero allora anche il nome di Ilhas Flamengas. Naturalmente le Azzorre rimasero a levante della raya segnata da papa Alessandro VI, nel 1493, a dividere i dominî portoghesi da quelli spagnoli, continuando così ad appartenere alla corona portoghese. Ma quando Filippo II s'impadronì del Portogallo (1580), anche le Azzorre passarono alla Spagna; e vanamente il pretendente Antonio priore di Crato, con una flotta raccogliticcia partita da Nantes, cercò di contrastarne il possesso al re spagnolo. Benché favorito dalla popolazione delle isole, che si mantennero ribelli a Filippo II, egli, vinto in battaglia all'isola S. Michele (27 luglio 1582), dovette abbandonare l'impresa, e le Azzorre poterono essere sottomesse dalle forze spagnole (1582-1583). Solo nel 1640 le Azzorre ritornarono al Portogallo, ricostituitosi regno indipendente. Per vero, il dominio portoghese non apportò alcun miglioramento alle isole; che anzi, mentre prima erano state frequentata base navale per i viaggi alle Indie Occidentali, nel corso dei secoli XVII e XVIII decaddero sempre più, commercialmente ed economicamente, nonostante l'opera del marchese di Pombal che cercò di risollevarne le condizioni. Nelle lotte dinastiche portoghesi, nel 1828, gli abitanti delle Azzorre rimasero fedeli a don Pedro di Braganza (l'imperatore del Brasile) contro don Michele di Braganza, e aiutarono don Pedro nella sua spedizione in Portogallo nel 1833.

Bibl.: I. Thoulet, Océanographie de la région des Açores, in Comptes-Rendus Acad. Sciences Paris, CXXXVIII (1904); G. Hartung, Die Azoren in ihrer äusseren Erscheinung und nach ihrer geographischen Natur geschildert, Lipsia 1860, i vol. e atlante; C. Goodman, Natural History of the Azores, Londra 1871; W. F. Walker, The Azores or Western Islands, Londra 1886; E. A. D'Albertis, la crociera del "Corsaro" alle Azzorre, Milano 1888; A. Boid, Description of the Azores, Londra 1835; J. De Guerne, Escursions géologiques dans les îles de Fayal et de Saint-Miguel, Parigi 1888; Th. Barrois, Recherches sur la faune des eaux douces des Açores, in Mém. Soc. des Sciences de Lille, 1896, con carte; C. Gagel, Die mittelatlantsichen Vulkaninseln, in Handb. d. region. Geologie, IV, Heidelberg 1910, con ricca bibliografia; I. Hann, Handbuch der Klimatologie, 3ª ed., III, Stoccarda 1911, pp. 121-24.

Per l storia della scoperta vedi J. Mees, Histoire de la découverte des îles Azores et de l'origine de leur dénomination d'îles flamandes, Gand 1901. Per gli avvenimenti del 1582-83: C. Fernández Duro, La conquista de las Azores en 1583, Madrid 1886.

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