AUSTRIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

AUSTRIA (V. p. 458; App. I, p. 196)

Elio MIGLIORINI
Luciano MIURIN

Proclamata il 13 marzo 1938 l'unione alla Germania (Anschluss), l'Austria - che dovette mutare il nome di Oesterreich in quello di Ostmark - diventò il secondo dei Länder per superficie e il terzo per popolazione.

L'Austria ottenne un ingrandimento territoriale a spese della Cecoslovacchia dopo il convegno di Monaco (settembre 1938) e a partire dal 15 ottobre 1938 la sua circoscrizione amministrativa subì alcune modificazioni. Le provincie della Bassa e dell'Alta Austria dovettero cambiar nome e vennero dette dell'Alto e del Basso Danubio (Ober- e NiederDonau). Il Burgenland venne soppresso e ripartito tra la Stiria e il Basso Danubio. Il Basso Danubio cedette all'Alto Danubio il distretto di Bad Aussee, mentre il Tirolo orientale (zona di Lienz) passò alla Carinzia. Porzioni della regione dei Sudeti sono venute a far parte del Basso e dell'Alto Danubio e infine Vienna si è ingrandita a spese della Bassa Austria e il suo comune (ripartito in 26 distretti) è diventato maggiore di quello di Berlino. Dopo queste modificazioni, la circoscrizione austriaca (censimento 17 maggio 1939) risultava la seguente:

Successivamente, sconfitta la Iugoslavia, la Germania acquistò la Slovenia settentrionale, che venne ripartita tra la Stiria (6500 kmq. e 564.000 ab.) e la Carinzia (2000 kmq. e 168.000 ab.).

Nel 1945 l'Austria è ritornata indipendente con le frontiere del 1937. Ma in base ai concordati della conferenza di Potsdam (dichiarazione dell'8 agosto 1945), essa fu divisa in 4 zone di occupazione tra le 4 maggiori potenze alleate; quadripartita fu pure la capitale.

La zona russa comprende la Bassa Austria, l'Alta Austria a sinistra del Danubio e il Burgenland; essa è stata inserita nel sistema sovietico, con occupazione delle fabbriche e internamento d'una parte delle attrezzature industriali. La zona americana comprende l'Alta Austria e il Salisburgo (regioni che la guerra ha poco provato). La zona inglese abbraccia la Stiria, il Tirolo orientale e la Carinzia (regioni che erano sede di molte industrie di guerra, ora inattive). Infine dalla Francia dipende il resto del Tirolo e il Vorarlberg.

Il problema delle minoranze si è aggravato in questi ultimi tempi in Austria per l'afflusso di circa 600.000 profughi, Polacchi, Ungheresi, Tedeschi dei Sudeti, Baltici. Sono rifluiti anche molti Ebrei (nel 1939: 191.000 di religione e 300.000 di razza).

Popolazione (V, p. 463; App. I, p. 196). - Rimessa in vigore nel 1945 la circoscrizione anteriore all'Anschluss, l'Austria è ripartita ora nel modo seguente:

Condizioni economiche (p. 467). - L'Austria si considera di solito come uno stato alpino, ma la parte rivolta al Danubio è assai importante, sia perché accoglie la maggior parte delle industrie, sia perché è sede delle principali città. L'Austria danubiana possiede una popolazione più mescolata (dati i frequenti rapporti con la Boemia e col bassopiano pannonico), che coltiva, di preferenza, cereali, barbabietole (grandi zuccherifici sono sorti dal 1920, dopo la separazione dalla Boemia, a Dürnkrut, Hohenau, Bruck, Suben, Leopoldsdorf) e viti, mentre l'Austria alpina, più chiusa in sé stessa, trae le principali risorse dal bestiame, dal legname (37% del suolo austriaco è coperto da boschi) e dalle miniere. Ora l'agricoltura, che assieme alle risorse forestali è alla base dell'economia austriaca soffre alquanto per la mancanza di fertilizzanti, ma un'importante fabbrica di concimi azotati è stata creata a Linz, dove già esistevano alcune fabbriche di alluminio. L'Austria ha una produzione sufficiente al bisogno per l'avena e nelle annate favorevoli per la segala e per le patate, mentre il frumento è lontano dal bastare ai bisogni dei suoi 7 milioni di ab. Soccorrono tuttavia all'alimentazione i prodotti dell'allevamento (latte, burro, formaggio) e la frutta (specialmente mele e pere). Alle risorse minerarie già sfruttate (ferro, sale, piombo, magnesite, lignite, ecc.) si è venuto aggiungendo in epoca recente il petrolio; i pozzi principali (nella zona di occupazione sovietica) si trovano presso Zistersdorf, nelle colline precarpatiche, a una ventina di km. dal confine con la Cecoslovacchia; essi hanno dato (sotto i Tedeschi) fino a 1,2 milioni di t. (ora 800: 900.000 t.), lavorate nella raffineria di Lobau. Sono state ravvivate le miniere di rame di Mitterberg nel Salisburgo, di piombo e zinco in Carinzia, di magnesite a Veitsch e Radenthein, di grafite nel Waldviertel e in Stiria.

L'Austria, che è stata per qualche anno parte integrante del sistema economico del terzo Reich germanico, ha visto in quel periodo sorgere (specie nella parte orientale) grandi impianti siderurgici, metallurgici, meccanici, chimici, tessili (specie per le fibre artificiali), mentre d'altra parte vennero costruite e ampliate alcune centrali idroelettriche (nuovi impianti di Ybbs-Persenbeug e della Kaprunertal nei Tauri). Tale potenziamento dell'industria austriaca mirava in tempo di pace a dominare il mercato dei Balcani, mentre in tempo di guerra la posizione era favorevole per sfuggire agli attacchi aerei delle potenze occidentali. Dal punto di vista sociale, durante il periodo d'occupazione tedesca, i ceti operai e piccolo borghesi avevano preso la prevalenza sull'aristocrazia legittimista, l'alta finanza ebraica e il clero.

Ora l'industria dipende dalla politica delle potenze occupanti. L'Unione Sovietica si è appropriata d'una buona parte degli impianti (considerati beni tedeschi), ostacolando non poco la ricostruzione austriaca. In condizioni migliori delle altre regioni si trova il Vorarlberg, le cui fabbriche lavorano in parte per la Svizzera.

Il volume degli scambî con l'estero dell'Austria, intralciato dalla quadruplice occupazione, è ancora molto basso e può valutarsi (1946) sul 15% di quello prebellico. Molto sentita è soprattutto la penuria di carbone, tanto che il traffico ferroviario è stato sospeso su alcune linee; piccole quantità ne vengono importate dalla Germania, dalla Polonia e dalla Cecoslovacchia. L'Austria ha bisogno, oltre che di grano (il raccolto dei cereali che nel 1935 era di 945.000 t. è sceso nel 1946 a 480.000), di lana, di cotone e di cuoio. Anche il turismo, i cui proventi erano nel 1938 pari a un quinto delle esportazioni, è ora in declino. Per di più il bilancio è appesantito dal gran numero di pensionati di tutti i regimi e di tutte le guerre. Per l'Italia, l'Austria è un mercato importante di legno e di cellulosa, date le difficoltà di rifornimento dalla Iugoslavia e dalla Svezia.

Bibl.: H. Hassinger, Oesterreich, in Zeitschrift der Gesellschaft für Erdkunde, Berlino 1938, pp. 243-57; G. W. Hoffman, Austria: her raw materials and industrial potentialities, in Economic geography, XXIV (1948), pp. 45-52; J. Demandegot, Évolution récente de l'agriculture autrichienne, in Annales de géographie, LVII (1948), pp. 61-64.

Finanze (V, p. 478; App. I, p. 197). - La situazione finanziaria austriaca nel periodo postbellico è stata caratterizzata da molteplici fattori, più o meno intensamente negativi, fra i quali, in particolare, le spese eccezionali per la ricostruzione del paese, l'onere derivante dallo stato di occupazione e il notevole volume di moneta in circolazione.

Il bilancio, in sede di previsione, ha segnato il seguente sviluppo:

Le spese straordinarie, destinate a far fronte alle particolari esigenze della situazione determinatasi con la fine della guerra, sono state finanziate quasi esclusivamente dalla Banca nazionale, il cui credito nei confronti dello stato ammontava, alla fine del 1947, a 12,3 miliardi di scellini.

Alla confusa situazione monetaria determinatasi dopo la cessazione delle ostilità si è cercato di porre rimedio con la cosiddetta "legge dello scellino" del 30 novembre 1945, con la quale veniva ripristinata tale moneta quale mezzo legale di pagamento in Austria e venivano ritirati dalla circolazione il marco e la moneta di occupazione, esclusa quella di piccolo taglio. Il cambio con il marco fu fissato alla pari per importi fino a 150 scellini pro capite, mentre le somme eccedenti tale limite furono accreditate in conti bancarî. Vennero così tolti dalla circolazione 7.660,9 milioni di Rm. e circa un miliardo di scellini di occupazione. Contemporaneamente fu regolato l'utilizzo dei depositi bancarî, bloccando parte dei medesimi in relazione alla data della loro costituzione. I depositi aperti dopo l'introduzione della legge in parola furono, invece, dichiarati liberamente disponibili. Va ricordato che, in data 3 luglio 1945, era stata disposta la riapertura delle banche, compresa la Banca nazionale austriaca, che, nel 1938, era stata posta in liquidazione e sostituita dalla Reichsbank.

L'equilibrio portato al mercato da tali misure fu di breve durata. Al 31 marzo 1946, la circolazione per uso civile, escluse cioè le forniture di mezzi di pagamento alle autorità occupanti, era salita a 2 miliardi, vale a dire a una cifra pari al doppio di quella alla quale si ridusse la circolazione con il cambio della moneta. Nel luglio 1947 detta circolazione era salita a 2.622 milioni e nell'ottobre successivo a 3.189 milioni di scellini (i mezzi di pagamento forniti agli Alleati, ammontavano alle date anzidette rispettivamente a 2.973 ed a 3.030 milioni di scellini). La pressione esercitata sul mercato da tale crescente volume monetario può rilevarsi dal numero indice del costo della vita, passato da 145 nell'aprile 1946 a 318 nell'agosto 1947 (1939 = 100). Indispensabili divennero pertanto alcune modifiche al sistema dei prezzi. In relazione al diverso sviluppo segnato nei singoli settori economici, i prezzi dei prodotti agricoli furono aumentati del 100%, mentre i salarî subirono adeguamenti del 30 ÷ 50%. L'opera di riorganizzazione del mercato monetario fu infine completata da una nuova legge detta di protezione della moneta, approvata il 19 novembre 1947 in forza della quale le banconote emesse nel 1945 furono cambiate con nuovi biglietti: alla pari per importi fino a 150 scellini e nel rapporto di 3 scellini vecchi per uno nuovo per le somme eccedenti tale limite. Nel contempo, fu disposto l'incameramento a favore dello stato del 60% dei depositi bancarî bloccati nel novembre 1945 e la conversione in titoli dello stato del restante 40%; i depositi in conti liberi, e cioè quelli costituiti dopo la prima legge monetaria, furono sottoposti a una parziale moratoria.

Per effetto di tali provvedimenti, la circolazione monetaria scese a 1,6 miliardi di scellini, per risalire nel gennaio 1948 a 3,7 miliardi. Alla stassa epoca le riserve in oro e divise della Banca centrale ammontavano a 102 milioni di scellini.

Il commercio dei cambî e tutti i rapporti finanziarî con l'estero sono soggetti al controllo della Banca nazionale (legge del 25 luglio 1946). Nei confronti delle valute estere lo scellino è quotato ufficialmente sulla base del cambio con il dollaro, stabilito fin dal 1946, nella misura fissa di 10 scellini per un dollaro.

Danni di guerra alle opere d'arte.

I danni causati dalla seconda Guerra mondiale al patrimonio artistico dell'Austria sono particolarmente gravi a Vienna (v. in questa App.). Nell'Austria inferiore e nel Burgenland sono andati completamente distrutti i castelli di Weilburg (costruito nel 1820-23) a Baden; di Immendorf (costruzione medievale restaurata alla fine del sec. XIX), che serviva di deposito alle opere della Galleria austriaca del sec. XIX, fra le quali è da lamentare soprattutto la perdita di alcuni fra i più importanti quadri del Klimt; di Rechnitz (costruzione del Rinascimento). Sono rimasti gravemente danneggiati il castello, del tardo periodo barocco, di Inzersdorf e quello di Kittsee (costruito nel 1730-40), nonché la chiesa parrocchiale di Maria Lanzendorf, costruzione gotica rimaneggiata nel sec. XVIII il cui affresco nella cupola del Rottmayr (1730) è andato distrutto, e quella di Schwechat, del tardo periodo barocco, con importanti affreschi di F. A. Maulpertsch (1764), della quale rimangono soltanto la facciata e il campanile. A Wiener Neustadt è da lamentare la perdita totale di numerose case dell'epoca gotica e del Rinascimento e del castello con la chiesa di S. Giorgio (si sono salvati soltanto il sarcofago dell'imperatore Massimiliano, la parete degli stemmi e le volte a pianterreno); gravemente danneggiati l'arsenale, il palazzo vescovile, l'ospedale e il convento nuovo (Neukloster).

Nell'Austria superiore sono stati abbattuti il Castello nuovo (Neues Schloss) di Steyregg, del tardo periodo barocco, e molte case antiche, di importanza storica, a Linz e a Steyr.

In Carinzia i danni si limitano alla distruzione di numerose case nelle parti antiche delle città di Klagenfurt e di Villach.

Nella Stiria, a Graz è andata completamente distrutta la chiesa parrocchiale di S. Anna in Münzgraben (costruita nel 1673-1702); e gravemente danneggiato è stato il palazzo arcivescovile. Estesi sono i danni nella città vecchia; colpiti da bombe sono rimasti il castello e il coro, costruito verso il 1330, della chiesa parrocchiale dell'Assunzione. Il castello di Eggenberg, eretto dopo il 1625, ha perso buona parte del suo arredamento.

A Salisburgo hanno sofferto danni non indifferenti il duomo, che ha avuto la cupola distrutta, il castello Mirabell e il Museo Carolino, che ha perso un quarto delle sue collezioni. Gravi i danni nella città vecchia e quasi completamente abbattuta la casa di Leopoldo Mozart.

Nel Tirolo, a Innsbruck sono da registrare la distruzione di molte case d'importanza storica e artistica nella città vecchia e danni gravi alla chiesa parrocchiale di S. Giacomo, che ha avuto distrutti gli affreschi dell'Asam e alla chiesa dei Gesuiti. A Wilten la chiesa collegiale (romanica, rifatta nel 1651-65) è stata colpita da numerose bombe e gravemente danneggiato l'annesso Istituto. A Matrei sul Brennero è stato quasi interamente annientato il castello, medievale con aggiunte posteriori, di Trautson e sono andate distrutte anche numerose case antiche di questa località.

Storia (V, p. 481; App. I, p. 197).

I risultati ottenuti in Austria col plebiscito, indetto da Hitler, del 10 aprile 1938 e che diede il 99,73% di consensi, erano in gran parte dovuti alle speranze concepite dalla popolazione. La precaria situazione economica e politica, la soggezione internazionale del piccolo stato alle grandi potenze avevano attenuato negli animi il senso della patria austriaca, accentuando, invece, quello dell'appartenenza al più vasto e forte nucleo germanico. Si creava il mito dell'annessione come una promessa di benessere e di potenza: non bisogna dimenticare, d'altronde, che una delle prime richieste austriache, dopo la caduta della monarchia asburgica, era stata l'unione al Reich, impedita solo dall'opposizione delle potenze vincitrici. L'ideologia nazionalsocialista accarezzava inoltre l'orgoglio nazionalistico e, dopo la soppressione violenta dei partiti marxisti operata da E. Dollfuss nel febbraio 1934, si presentava come l'esponente di una politica sociale che il regime di Dollfuss e di Schuschnigg non era riuscito ad attuare. Infine, la parola d'ordine antisemita operava come un potente strumento demagogico in un paese dove gli elementi ebraici avevano un posto importante nella direzione della vita economica e politica, e servivano così da facile capro espiatorio per i veri o supposti errori commessi dal passato regime e da mira alle cupidige di quanti aspiravano a prendere le loro posizioni.

Tuttavia, i risultati del plebiscito non si spiegano senza il riflesso psicologico del crollo dell'indipendenza e la pressione, per lo meno indiretta, dell'occupazione germanica. Larghi strati della popolazione, soprattutto nelle campagne, erano attaccati alla tradizione austriaca e a quella cattolica. La dichiarazione dell'episcopato (21 marzo), seguita da quella delle chiese evangeliche (1° aprile), che sconfessava ogni preconcetta ostilità al nazionalsocialismo, aveva contribuito a calmare le apprensioni: restavano però, nel campo cattolico, i fermenti di una opposizione che non doveva tardare a manifestarsi, come non doveva tardare ad organizzarsi l'opposizione marxista, i cui capi si erano rifugiati nei paesi confinanti. Negli ambienti intellettuali, che avevano sostenuto l'Anschluss nella speranza che l'Austria potesse recitare una parte autonoma nel complesso germanico, si venivano frattanto manifestando i primi chiari sintomi di delusione in seguito alla politica di assorbimento perseguita da Hitler.

Nel periodo immediatamente seguente all'annessione, erano rimasti a Vienna organi di governo dotati di una certa autonomia, sotto la guida del governatore (Staathalter) A. Seyss-Inquart, esponente delle forze naziste locali. Subito dopo il plebiscito, era stato nominato commissario per l'unificazione (Wiedervereinigung) dell'Austria al Reich il Gauleiter renano J. Bürckel (25 aprile). Nelle direttive da questo impartite ai Gauleiter, veniva fissato come scopo preciso della riorganizzazione "la diretta dipendenza dei Gaue dagli uffici centrali del Reich e quindi il venir meno degli organi di governo di Vienna". L'opera trovò il suo coronamento in due leggi, emanate il 20 gennaio 1940 dal ministro degli Interni del Reich, per cui i poteri dell'antico governo di Vienna venivano trasmessi in parte ai ministeri di Berlino, in parte ai Gauleiter dei diversi Gaue. Il 1° aprile 1940 l'ufficio di commissario per la riunione al Reich veniva soppresso, e il commissario Bürckel veniva nominato Gauleiter di Vienna, mentre Seyss-Inquart era inviato come governatore in Olanda. In settembre, Bürckel venne sostituito da Baldur von Schirach, già capo della gioventù hitleriana. L'unificazione amministrativa era stata via via accompagnata dall'estensione all'Austria delle leggi del Reich, mentre il 14 marzo 1939 venivano confiscati i beni degli Asburgo.

Questa politica, che annullava ogni residuo dell'autonomia austriaca e metteva ai posti direttivi elementi estranei all'ambiente locale, resuscitava l'avversione radicata nell'anima popolare verso la Prussia e il germanesimo nordico, mentre nella campagna la massa contadina, profondamente religiosa, era vivamente contrariata per lo scioglimento della lega cattolica (Bund der Katholiken) avvenuto il 23 agosto 1938, e per l'aggressione subita dal cardinale Innitzer, arcivescovo di Vienna, in occasione di un'adunata di giovani cattolici, cui seguì l'invasione dell'arcivescovado da parte dei manifestanti nazionalsocialisti (ottobre 1938). Accrebbe l'irritazione la soppressione dei conventi, che vennero conservati solamente nella Bassa Austria.

La guerra venne a peggiorar la situazione, con l'accrescersi delle restrizioni e delle misure di polizia che davano sempre più all'annessione l'aspetto di una occupazione militare. Tuttavia, se ciò creava il terreno favorevole al sorgere di una opposizione clandestina all'interno, scarse furono le ripercussioni nei reparti austriaci inquadrati nell'esercito germanico, che anzi si distinsero nella campagna di Norvegia. Solo nella fase finale del conflitto, il dissolvimento della potenza tedesca incoraggiò una reazione più aperta, che giunse sino a manifestazioni di vera guerriglia partigiana nei territorî periferici (come nel Tirolo).

Il crollo del fronte austriaco fu provocato dall'invasione delle armate russe dei generali Tolbukin e Malinovskij, che premevano dall'Ungheria. Entrata in territorio austriaco il 30 marzo 1945, l'armata Tolbukin raggiunse il Semmering, spingendosi sino ai confini meridionali di Vienna. L'armata Malinovskij, proveniente dalla Slovacchia, compiva intanto un largo aggiramento della capitale, attestandosi nei sobborghi viennesi oltre il Danubio. La città cadde il 13 aprile. All'inizio del maggio penetravano nel territorio austriaco anche la prima armata francese (J. de Lattre de Tassigny) nella zona di Bregenz, la prima americaria (A. Patch) nella zona di Innsbruck, e la terza americana (G. Patton) nella zona di Linz. Il regime d'occupazione fu definito nel convegno interalleato di Potsdam, con una dichiarazione emanata l'8 agosto 1945.

L'Austria fu divisa in quattro zone d'occupazione, Vienna sottoposta ad una amministrazione quadripartita. Organo centrale il consiglio alleato (Allied Council), formato dai quattro comandanti dell'esercito di occupazione, assistito da un comitato esecutivo. Il consiglio tenne la sua prima riunione a Vienna l'11 settembre 1945.

Il principio dell'indipendenza austriaca era stato formalmente proclamato dalle tre potenze (S. U., Gran Bretagna, URSS) già nella dichiarazione finale della conferenza di Mosca del 19-30 ottobre 1943. Il 20 ottobre 1945, le quattro potenze occupanti davano il loro riconoscimento al governo provvisorio, costituito all'indomani dell'occupazione, il 29 aprile, dal leader socialista Karl Renner, con la collaborazione dei comunisti e del nuovo partito popolare cattolico che aveva assunto l'eredità dell'antico partito cristiano-sociale.

Il 25 novembre 1945 ebbero luogo le elezioni per il parlamento: il partito popolare si affermava in netta maggioranza con il 51% dei voti e 85 seggi in parlamento; i socialisti ottenevano il 44% dei voti e 76 seggi; i comunisti il 5% con 4 seggi. Venne costituito un governo di coalizione: il cancellierato fu assunto dal popolare Leopoldo Figl, la presidenza della- Repubblica dal socialista Karl Renner. Ma se l'Austria disponeva di un parlamento e di un governo, deliberazioni del parlamento e atti del governo non avevano efficacia senza l'approvazione del consiglio alleato. Solo ad un anno di distanza dalla dichiarazione di Potsdam, il 28 giugno 1946, si arrivò ad una revisione: la proposta fu avanzata dagli S. U. e vi aderirono, nell'ordine, Gran Bretagna, Francia, Russia. Il consiglio alleato restrinse le sue funzioni a favore del governo austriaco: nello stesso tempo furono abolite le frontiere fra le diverse zone, permettendo la libera circolazione delle merci e dei viaggiatori. Tuttavia, fra la zona russa e quelle anglo-franco-americane rimase e si approfondì la separazione, man mano che le politiche dei due gruppi si differenziavano.

L'attrito fra la Russia e le potenze occidentali è una delle principali cause del protrarsi della conclusione del trattato di pace. Uno solo dei problemi in questione ha trovato soluzione: quello dei rapporti con l'Italia a proposito dell'Alto Adige (v. in questa App.).

Già il 19 dicembre 1945, il presidente K. Renner aveva impostato le rivendicazioni austriache sull'Alto Adige. Alla fine di maggio del 1946, il ministro degli Esteri Gruber si recò a Parigi e a Londra, a concertare la sua azione: in agosto, venne chiamato a sostenere la tesi austriaca dinanzi alla conferenza radunata a Parigi per il trattato di pace con l'Italia. Più che esplicite rivendicazioni, egli avanzò la richiesta di una soluzione che aprisse la via ad una "serena collaborazione" con l'Italia. Si intavolarono quindi trattative dirette: il 5 settembre i governi italiano ed austriaco firmavano una convenzione che regolava la questione, con larghe autonomie e garanzie ai cittadini di lingua tedesca dell'Alto Adige. L'accento dell'accordo gravava sui problemi etnici e linguistici ma non mancavano le clausole economiche: l'impegno a "regolare il libero transito delle merci e delle persone fra il Tirolo settentrionale e meridionale", e a facilitare "un più esteso traffico di frontiera e scambî locali di prodotti caratteristici fra l'Austria e l'Italia". L'accordo che venne in seguito inserito nel trattato di pace fra le potenze e l'Italia suscitò qualche allarme nel campo interno e internazionale. Il ministro inglese Bevin aveva accennato ad un possibile Anschluss economico fra l'Austria e l'Italia, quasi a saldare l'Austria con l'economia occidentale, destando così l'immediata reazione russa. In una intervista all'United Press, Gruber si affrettò a dichiarare che l'accordo non significava una presa di posizione verso Occidente più che verso Oriente. All'interno, le reazioni sorsero dallo spirito nazionalistico, volto ad una rivendicazione integrale del territorio altoatesino. La stessa commissìone parlamentare degli Esteri tenne a sottolineare che l'intesa con l'Italia non costituiva una rinuncia: arrivò anzi ad auspicare che "una mutata situazione internazionale potesse dare ai Tirolesi del sud la possibilità di decidere a quale stato intendessero appartenere".

Insoluti rimasero invece altri gravi problemi che il trattato di pace austriaco implicava. Così il problema della frontiera iugoslava. La Iugoslavia avanzava la richiesta di gran parte della Carinzia meridionale con Klagenfurt e Villach e i due salienti della frontiera a nord-ovest di Maribor (Marburgo) e intorno alla città di Radkersburg, entrambi nella Stiria meridionale. Da una soluzione favorevole alle richieste iugoslave deriverebbe il taglio delle comunicazioni fra l'Italia e l'Austria al valico di Tarvisio.

Inoltre, alla conclusione del trattato di pace si oppongono anche controversie di carattere economico.

Così la diversa interpretazione data dal governo austriaco e da quello russo al termine "beni tedeschi", passibili di confisca da parte del vincitore. Le potenze occidentali appoggiarono la interpretazione restrittiva del governo austriaco, cioè la valutazione come beni tedeschi solo di quelli che erano tali prima dell'Anschluss. Ciò importava un limite notevole alle confische russe. Inoltre, il governo austriaco, appoggiandosi sulle rinunce americane, avanzava richieste di riduzione delle riparazioni da effettuarsi all'URSS, e di proroga al termine di consegna. Una parte importante di tali beni è costituita dai pozzi di petrolio di Zistersdorf, che con una produzione di 1.213.000 t. annue (dati del 1944), fanno dell'Austria il terzo produttore europeo, dopo la Polonia e la Romania.

Tutti questi problemi restano ancor oggi insoluti, nonostante l'assiduo lavoro svolto dai ministri degli Esteri e dai loro sostituti per la formulazione del trattato di pace con l'Austria. La conferenza di Mosca dell'aprile 1947 decise la sostituzione di una commissione di esperti, con sede a Vienna, per l'esame dei punti controversi. Ma tale commissione, riunitasi il 12 maggio, dopo sei mesi di lavoro non aveva compiuto ancora alcun progresso. Tuttavia le trattative non sono state rotte, poiché l'URSS ha accettato in extremis - alla conferenza di Londra del dicembre 1947 - di discutere una proposta francese di compromesso sul problema delle riparazioni. Successive discussioni, riprese nel febbraio 1948, non hanno finora portato ad alcun tangibile risultato.

Il problema si inquadra d'altronde nel più vasto piano dei rapporti internazionali fra la Russia e gli Alleati. La forte pressione russa si ripercuote sulla politica interna, dove i comunisti , hanno assunto un atteggiamento intransigente abbandonando il ministero di coalizione in seguito alla legge sulla rivalutazione dello scellino, da essi giudicata contraria all'interesse del popolo. La scarsa consistenza parlamentare del partito comunista e le ripercussioni sull'opinione pubblica degli avvenimenti cecoslovacchi, si fanno sentire sull'orientamento austriaco: tanto più che da parte occidentale, soprattutto americana, si accentua la politica di assistenza e di credito, culminata nel piano Marshall, cui il governo austriaco, unico fra i governi dell'Europa centro-orientale, ha dato la sua adesione. L'Austria è divenuta così uno dei principali punti d'attrito fra l'URSS e le potenze occidentali: la soluzione dei suoi problemi si presenta in funzione della grande politica internazionale.

TAG

Seconda guerra mondiale

Centrali idroelettriche

Baldur von schirach

Monarchia asburgica

Economia austriaca