DISEGUAGLIANZE, AUMENTO DELLE

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

DISEGUAGLIANZE, AUMENTO DELLE

Michele Raitano

Redditi disponibili e redditi di mercato. I super-ricchi. Bibliografia

Redditi disponibili e redditi di mercato. – Per valutare il benessere economico individuale e la diseguaglianza della sua distribuzione occorre guardare al reddito disponibile equivalente, ovvero alla somma di tutti i redditi di mercato, da ogni fonte (lavoro dipendente e autonomo, capitale, rendita), percepiti dai membri di un nucleo familiare, al netto delle imposte e al lordo dei trasferimenti pubblici, resi equivalenti, mediante le apposite scale, per tener conto della diversa dimensione dei nuclei.

Per comprendere il processo di creazione delle diseguaglianze bisogna osservare che i redditi disponibili sono l’ultimo anello di una catena del processo di formazione dei redditi che si compone di tre anelli: nel primo gli individui offrono lavoro sul mercato e dal contratto che ottengono dipendono salario e durata dell’impiego; nel secondo gli individui si organizzano in nuclei familiari il cui reddito complessivo dipende dalle retribuzioni dei suoi componenti (e, quindi, dal numero di occupati) e da altri eventuali redditi di mercato (per es., le rendite finanziarie); nel terzo emerge l’intervento redistributivo dello Stato, che si compie attraverso imposte e trasferimenti.

L’indice di diseguaglianza più usato è il coefficiente (o indice) di Gini, che varia fra 0 (equidistribuzione) e 1 (massima concentrazione). L’andamento dell’indice di Gini dei redditi disponibili nei principali Paesi OCSE nel periodo 1985-2010 segnala una crescita generalizzata della diseguaglianza, anche se le dinamiche temporali seguite nei vari Paesi sono differenti e i Paesi Bassi e l’Italia hanno registrato una lieve riduzione nello stesso periodo (v. tabella). I Paesi del Nord Europa sono i più egualitari, nonostante una chiara tendenza di crescita della diseguaglianza, mentre gli Stati Uniti e il Regno Unito risultano i più diseguali.

In Italia, contrariamente a una diffusa percezione, la diseguaglianza dei redditi disponibili non è aumentata dalla metà degli anni Novanta. L’indice di Gini, dopo un improvviso salto nel 1993, in seguito alla crisi del 1992 e alle politiche di bilancio restrittive che ne seguirono, è rimasto pressoché costante negli anni successivi. La stabilità del-l’indice è però compatibile con la presenza di opposti movimenti nella distribuzione dei redditi: al miglioramento di alcune categorie – dirigenti, pensionati, lavoratori autonomi e percettori di redditi da capitale – si contrappone, infatti, il peggioramento di altre (operai e impiegati, Brandolini 2005).

È inoltre presumibile che la diseguaglianza sia sottostimata: i dati campionari sui quali la si calcola non registrano con precisione ciò che accade nelle code estreme della distribuzione, dal momento che i più poveri e i più ricchi difficilmente sono oggetto di rilevazione. Alcune tendenze recenti hanno reso più grave questa carenza: da una parte, l’aumento dell’immigrazione tende a concentrare nella coda bassa individui che non sono correttamente rappresentati nelle indagini campionarie; dall’altra, la crescente concentrazione dei redditi più elevati nelle mani di pochissimi su-per-ricchi tende a sfuggire quasi del tutto in tali indagini.

tabella

Per interpretare le dinamiche della diseguaglianza è utile spostare l’attenzione dai redditi disponibili a quelli di mercato, escludendo dunque l’impatto redistributivo delle imposte dirette e dei trasferimenti monetari. Con l’eccezione dei Paesi Bassi, le diseguaglianze di mercato sono fortemente aumentate fra il 1985 e il 2010 in tutti i Paesi osservati, anche se l’aumento più forte si è registrato – tranne che in Germania – dalla metà degli anni Ottanta alla metà degli anni Novanta (v. tabella).

I redditi di mercato sono formati dai redditi lordi percepiti da tutti i membri del nucleo familiare e derivanti da ogni fonte (lavoro dipendente e autonomo, impresa, capitale, rendita). La loro distribuzione risente di una serie di fattori quali la distribuzione e il peso delle diverse fonti di reddito (l’aumento del ruolo dei redditi da capitale, tendenzialmente distribuiti in modo più diseguale, tende ad accrescere la diseguaglianza), la composizione dei nuclei familiari e il numero di percettori di reddito in ogni nucleo. Nei Paesi Bassi, per es., la riduzione della diseguaglianza di mercato è dipesa dalla crescita dell’occupazione delle donne appartenenti ai nuclei meno abbienti. Fra il 1985 e il 2010, l’Italia è stata caratterizzata dal maggiore aumento della diseguaglianza di mercato. In questa tendenza il principale ruolo è stato svolto dai redditi da lavoro e, in termini relativi, dai redditi da attività autonome (Fiorio, Leonardi, Scervini 2012).

I super-ricchi. – Un modo diverso di osservare la diseguaglianza di mercato consiste nel concentrarsi sulle top incomes shares, ovvero sulla quota di reddito nazionale detenuta dai segmenti più ricchi della popolazione (normalmente identificati con il top 1% o con segmenti ancora più ristretti, come il top 0,1% o 0,01%). Gli studi sui top incomes non utilizzano dati provenienti da indagini campionarie, ma si basano sulle statistiche ufficiali relative alle dichiarazioni dei redditi.

figura

La quota di reddito individuale lordo detenuta dal top 1% differisce sensibilmente tra Paesi: è massima nel Regno Unito e negli Stati Uniti, è minima nei Paesi Bassi e in Svezia (v. figura). A partire dall’inizio degli anni Ottanta tale quota è cresciuta in tutti i Paesi osservati, anche se a ritmi molto diversi: i più intensi si sono registrati nel Regno Unito e negli Stati Uniti. L’effetto di questo forte aumento è stato quello di riportare le quote di reddito del top 1% in questi due Paesi ai livelli che avevano all’inizio del 20° secolo. Ancora più marcata è stata la crescita della quota del reddito detenuta dal top 0,1%, che è quadruplicata nel periodo considerato e ha raggiunto il 6% nel Regno Unito e il 9% negli Stati Uniti (Alvaredo, Atkinson, Piketty et al. 2013). In Italia, le quote detenute dal top 1% e dal top 0,1% sono pari, rispettivamente, al 9,4% e al 2,7% e sono aumentate, rispettivamente, di 2,5 e 0,9 punti percentuali nel periodo 1980-2009.

Un aspetto particolarmente interessante riguarda la natura dei redditi dei super-ricchi. In passato tali redditi provenivano soprattutto dal rendimento del capitale e dalle rendite. Negli ultimi tre decenni, invece, tra i top incomes è molto aumentata la quota di lavoratori, i working superrich, ovvero liberi professionisti, top manager delle grandi imprese e della finanza, superstar dello sport e dello spettacolo. Negli Stati Uniti, dagli anni Settanta a oggi, la quota del reddito del top 0,1% che proviene da attività lavorative è cresciuta di 20 punti percentuali e attualmente è pari a circa il 45% (Alvaredo, Atkinson, Piketty et al. 2013). Anche in Italia, dal 1980 in poi, la composizione dei top incomes si è nettamente modificata: la quota di reddito da lavoro (autonomo e dipendente) dell’1% più ricco della popolazione è passata dal 46,4% al 70,9% e parallelamente si è ridotta quella del reddito da capitale o delle rendite. Nelle economie contemporanee il mercato del lavoro tende dunque a essere sempre più un luogo nel quale si creano enormi diseguaglianze.

Bibliografia: A. Brandolini, La diseguaglianza di reddito in Italia nell’ultimo decennio, «Stato e mercato», 2005, 2, pp. 207-230; A.B. Atkinson, T. Piketty, E. Saez, Top incomes in the long run of history, «Journal of economic literature», 2011, 49, 1, pp. 3-71 (http://eml.berkeley.edu/~saez/atkinson-piketty-saezJEL10.pdf); OECD, Divided we stand. Why inequality keeps rising, Parigi 2011 (http://www.oecd-ilibrary.org/deliver/fulltext?itemId=/content/book/9789264119536-en&mimeType=freepreview&redirecturl=http://www.keepeek.com/Digital-Asset-Management/ oecd/social-issues-migration-health/the-causes-of-growinginequalities-in-oecd-countries_9789264119536-en&isPre view=true); C. Fiorio, M. Leonardi, F. Scervini, La diseguaglianza dei redditi in Italia, in Diseguaglianze diverse, a cura di D. Checchi, Bologna 2012, pp 137-53; F. Alvaredo, A.B. Atkinson, T. Piketty et al., The top 1% in international and historical perspectives, «Journal of economic perspectives», 2013, 27, 3, pp. 3-20; M. Franzini, E. Granaglia, M. Raitano, Dobbiamo preoccuparci dei ricchi? Le diseguaglianze estreme nel capitalismo contemporaneo, Bologna 2014; T. Piketty, Il capitale nel XXI secolo, Milano 2014.

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