COMTE, Auguste

Enciclopedia Italiana (1931)

COMTE, Auguste (propriamente Isidore-Auguste-Marie-François-Xavier)

Armando Carlini

Filosofo positivista, nato a Montpellier il 19 gennaio 1798, morto a Parigi il 5 settembre 1857. Di famiglia cattolica e realista, dopo aver frequentato il liceo e il politecnico a Montpellier, si recò nel 1816 a Parigi, e ivi diede lezioni private di matematica. In quegli anni si nutrì di forti studî scientifici, specialmente di matematica e di letture filosofiche (D'Alembert e gli enciclopedisti, Cabanis e Destutt de Tracy, Hume e la Scuola scozzese, i filosofi della storia Montesquieu, Turgot, Condorcet, i tradizionalisti De Bonald e De Maistre). Decisiva per il suo pensiero fu la conoscenza, nel 1818, di Saint-Simon, del quale fu entusiastico collaboratore per alcuni anni, rompendo poi clamorosamente con lui ogni rapporto. Il piano dei suoi lavori e l'indole della sua mente sono visibili già nell'opuscolo del 1822: Plan des travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la société. Nel 1826, in un corso pubblico, espose il primo abbozzo del suo sistema. Aveva preso moglie l'anno innanzi, e in questo tempo soffrì una crisi nervosa dovuta ai dissensi familiari e alla fatica mentale, ma molto anche al suo temperamento fortemente nevropatico. Nel 1830 uscì il primo volume del suo celebre Cours de philosophie positive, di cui il sesto e ultimo volume fu pubblicato nel 1842. In quest'anno si separò dalla moglie. Intanto, nel 1833, era stato nominato ripetitore di analisi trascendente e di meccanica razionale ed esaminatore dei candidati alla Scuola politecnica di Parigi. Ma nel 1845 perdette quel posto, e sino alla morte dovette contare sull'aiuto di amici e di scolari. In quest'anno conobbe Clotilde de Vaux, donna che viveva separata dal marito e morì l'anno seguente, da lui quasi divinizzata e circondata anche in seguito di mistica venerazione. Di qui comincia una nuova fase di pensiero del C., che ritornando alla sua originaria ispirazione rafforzata dall'influsso sansimoniano concepì il suo sistema filosofico come la premessa d'un vasto piano di riforma sociale, morale, politica e religiosa. Il suo Système de politique positive, ou Traité de sociologie instituant la religion de l'humanité (voll. 4, Parigi 1851-54) porta per epigrafe il motto: L'amour pour principe, l'ordre pour base, le progrès pour but. Nel 1848 fondò una società positivista e una specie di chiesa che riconosceva nell'umanità la divinità nuova e nel C. il suo maggior sacerdote. Fu pubblicato un Calendrier positiviste (1849) che ai nomi dei santi sostituiva quelli dei grandi uomini benefattori dell'umanità, e un curioso Catéchisme positiviste ou sommaire exposition de la réligion universelle (1852), da cui si può veder bene il complesso delle sue idee riformatrici in questa seconda fase. Dal 1849 al 1881 aveva tenuto corsi popolari al Palais Royal, terminati con la richiesta della direzione generale della società per i nuovi sacerdoti dell'Umanità. Nel 1856 pubblicò il Système de logique positive, ou Traité de philosophie mathématique, primo volume di un'opera dal titolo Synthèse subjective, ou Système universel des conceptions propres à l'état normal de l'humanité, che doveva contenere anche un trattato di morale. Non tutti gli amici e i discepoli vollero seguirlo in questa seconda fase: tra essi il Littré, che fu il suo maggiore scolaro, e il Mill (la corrispondenza con questo e col Valat fu edita nel 1877 su La critique philosophique). Stabilì per testamento che il suo appartamento restasse sede della nuova religione: ivi, infatti, è tuttora celebrato l'anniversario della sua morte dai superstiti suoi seguaci.

Il Cours si apre con l'enunciazione della celebrata "legge dei tre stati": teologico, metafisico, positivo (precedenti di questa idea si trovano in Vico, in D'Alembert, in Turgot, in Hegel divulgato in Francia dal Cousin). Nel primo periodo della civiltà, e di ogni scienza, l'uomo cerca fantasticamente la spiegazione dei fenomeni nell'intervento di agenti soprannaturali antropomorficamente concepiti: dalla rozza forma del feticismo al politeismo, da questo al monoteismo (si badi di non identificare questo teologismo con la religione in generale). Nel secondo periodo, agli agenti soprannaturali vengono sostituite forze o entità astratte che in ciascun gruppo di fenomeni si dànno come loro "cause produttrici" (essenze, forze occulte o vitali, ecc.). Nel periodo positivo lo spirito umano, riconosciuta la vacuità e inutilità di quelle nozioni, rinunzia alla ricerca dell'essenza e causa intima dei fenomeni, pago di constatare, mediante l'osservazione e il ragionamento, le "leggi effettive" dei fatti, cioè le loro relazioni invariabili di successione e di simiglianza, e soprattutto il rapporto esistente tra varî fenomeni particolari e certi "fatti generali". Non c'è una scienza dell'assoluto, ma solo del relativo: dei fenomeni, cioè, e dei loro rapporti. La costanza di questi fa del sapere un prevedere: savoir pour prévoir.

Ci sono alcune scienze fondamentali, tra le quali corre un rapporto corrispondente, storicamente, all'ordine di tempo in cui ciascuna è pervenuta allo stato positivo; logicamente, al criterio della semplicità e generalità maggiore o minore del loro oggetto. Vien qui la famosa serie gerarchica delle scienze formanti un sistema che dai fatti più semplici e generali, quali sono quelli matematici, va via via, per crescente complessità e decrescente generalità, a quelli astronomici, a quelli fisici e chimici, a quelli biologici, per sboccare infine in quelli sociali. La matematica fu la prima a raggiungere lo stato positivo. L'ultima, ancora da fondare, è la sociologia, la nuova scienza (anche qui c'è forse un ricordo vichiano) annunciata dal C., la quale, in quanto base e coronamento di tutto il sistema, diviene l'oggetto proprio della filosofia. Da un altro punto di vista, in quanto la sociologia viene dapprima definita come una "fisica sociale" (e cioè si libera da ogni residuo teologico e metafisico, e si riduce alla positività comune alle altre scienze), essa si presenta al suo posto particolare nel sistema totale della scienza, che diviene, esso, l'oggetto proprio della filosofia. La quale si distingue dalle singole scienze appunto perché le organizza tutte in una veduta sintetica oggettiva, dominata da un criterio unitario di metodo e di dottrina. Questa unità non è, tuttavia, da intendere nel senso di una deduzione da una legge unica, bensì nel senso di un'uniformità fondata su la coerenza e l'armonia analogica dell'insieme. Nella scala gerarchica delle scienze, infatti, mentre la matematica sembra riprendere su le altre scienze l'egemonia ch'ebbe già nella filosofia cartesiana, in realtà il rapporto tra un oggetto e l'altro nella serie delle scienze fondamentali non è concepito come ragione l'uno dell'altro (e però ogni a priori è bandito), ma soltanto come condizione di fatto per l'ulteriore complessità dei fenomeni, onde l'oggetto di ognuna presuppone quello della scienza precedente, ma non si riduce ad esso. Il caso tipico di questa irriducibilità è segnato dalla biologia col fatto della vita, dalla sociologia con quello della umana socievolezza. Il Cours si diffonde ampiamente nell'illustrazione dei principî e dei procedimenti delle varie scienze, dimostrando spesso molto acume, ma cadendo talvolta in affermazioni infondate. Lontano da ogni sospetto del criticismo trascendentale (di Kant conobbe solo l'esposizione fattane dal Cousin, di cui combatté fieramente il vago spiritualismo), il C. si trova, tuttavia, a coincidere con esso nella critica della vecchia metafisica, materialistica o spiritualistica, e nel conseguente immanentismo. Differenza capitale è che, mentre Kant istituisce la quaestio iuris della scienza e dell'esperienza, il C. si limita alla quaestio facti. Di qui anche la negazione della psicologia come scienza, intesa da lui come una nuova specie di metafisica: avendo dato per base alla vita psichica la vita organica, non aveva senso parlare di un organo che pensi e insieme osservi di pensare.

Pure, quest'enciclopedia o sistema della scienza, proprio nel momento che più accentua il suo carattere oggettivistico confinante col materialismo, si rivela a un tratto come un soggettivismo confinante con lo spiritualismo. La scienza del mondo oggettivo è astratta e falsa se non viene riferita (e qui è un altro senso del suo relativismo) al soggetto concreto, l'uomo, per il quale soltanto ha un interesse e un significato: non, tuttavia, all'uomo della psicologia, ch'è un individuo irreale e inconcepibile fuori dell'ambiente storico-sociale, ma all'uomo, che trae da questo (di qui la celebrata teoria del milieu social) la ragione della sua attività intellettuale e morale, cosi come dall'ambiente fisico e dalla sua costituzione fisiologica trae le ragioni della sua esistenza materiale. L'incertezza del concetto di questa nuova scienza, per cui si reclama che venga considerata e trattata come le altre scienze dei fenomeni soggetti a leggi positive, e che nello stesso tempo si vuol fondare su una concezione dell'attività puramente umana in cui domina l'idea della civiltà e del progresso, ha fatto sì che la sociologia, nel C. e nella scuola fiorita in seguito, osciliasse tra la considerazione biologica e quella storica dell'umanità. L'uomo è il termine più alto nella serie animale e ha similmente una natura invariabile: il progresso è di evoluzione, non di trasformazione. L'intellettualismo della prima filosofia comtiana viene, invece, nettamente superato dal motivo romantico prevalente nella sua opera posteriore. L'elemento specificamente umano era dato, prima, dallo sviluppo dell'intelligenza e dall'egemonia della ragione, come attività teoretica e come attività pratica; ora è l'elemento affettivo, il sentimento, il cuore che diventa il principio primo della vita sociale dell'uomo.Vivre pour autrui diventa il motto di questa intuizione etico-religiosa, in apparenza schiettamente cristiana, dell'umanità. La religione è l'organo sociale per eccellenza, come quello ch'è vita di sentimento, amore, elevazione e santificazione degl'istinti proprî della natura umana, la quale porta, per sé, all'individualismo e all'egoismo, mentre il progresso morale è tutto nel superamento di essi e nella subordinazione della libertà individuale alle ragioni della vita comune. In quanto a questa vita comune vien attribuito un valore religioso, il C. ha ragione di respingere la concezione utilitaria ed economica di essa. Non l'individuo, ma la famiglia è il primo elemento della vita sociale: famiglia e patria sono forme di vita sociale mediatrici tra l'individuo e l'umanità. Questa è il Grande Essere, la divinità del positivismo sociologico comtiano, che promette, nel ricordo delle generazioni future, l'immortalità (soggettiva) a coloro che son vissuti, non "per produrre concime", ma per il progresso della civiltà. I sacerdoti di questa religione (i filosofi positivisti) costituiscono nella società il potere spirituale, che deve, non comandare, ma guidare, con la scienza e con l'esempio morale, il potere temporale. Di qui l'avversione del C. al protestantesimo ed all'illuminismo, e la sua ammirazione per il Medioevo e la tradizione cattolica. Nella rivoluzione francese egli vede il principio dell'anarchismo intellettuale e morale del suo tempo, e si oppone al movimento della borghesia come a sua derivazione. Ritorna qui la legge dei tre stati: dalla civiltà militare e teocratica l'umanità è passata al periodo borghese delle nazionalità popolari, in cui predomina la metafisica astratta dei diritti. La civiltà nuova non riconoscerà altro diritto che quello di fare il proprio dovere, e sarà una civiltà industriale, in cui le forze produttive della ricchezza saranno guidate dalla scienza, e l'uomo nel suo fondamento sociale sarà rappresentato dal proletariato, mentre la classe femminile, per l'elemento affettivo in essa predominante e per la funzione della maternità, avrà il compito sacro di tener desto nell'uomo il sentimento dell'umanità.

Bibl.: E. Caird, The social philosophy and religion of Comte, Glasgow 1885; L. Lévy-Bruhl, La philosophie d'A.C., Parigi 1900; 2ª ed., 1905.

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