ATTIS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

ATTIS (῎Αττις, anche ῎Αττης, Attis)

A. Brelich

Dio oriundo dell'Asia Minore, venerato insieme con la Grande Madre degli dèi (Cibele) nel mondo greco-romano.

Il suo mito, nella forma meno letteraria e meno contaminata in cui ci sia rimasto, parla dell'essere androgino Agdistis (dal monte Agdos; anche altri nomi della Gran Madre come Sipylene, Dindymene ecc., derivano da monti), che gli dèi decidono di domare, privandolo del sesso maschile: dal suo sesso perduto cresce una pianta, il cui frutto feconda Nana (altro nome della grande dea), figlia del fiume Sangarios, che lo ha raccolto: così nasce Attis. Secondo un mito più tardo, A., il pastore, è amato dalla Madre degli dèi; volendo sposare una mortale, è colpito da follia per opera della dea, si evira e muore. Pentitasi, la dea ottiene da Zeus, se non la resurrezione, almeno che il corpo di A. non marcisca e il suo dito mignolo continui a muoversi.

Predominio della figura della Grande Madre, follia orgiastica, evirazione e preoccupazioni relative alla morte e all'immortalità sono, parallelamente, aspetti caratteristici anche del culto, in cui A. è strettamente legato e subordinato a Cibele; i sacerdoti sono eunuchi (i galli) e i riti assumono carattere di misteri.

Formatasi da un sincretismo frigio-anatolico, la religione di Cibele e A. si diffonde nella Grecia continentale sin dal periodo classico: nel III sec. a. C. le due divinità hanno già un santuario al Pireo. Ma la loro venerazione resta ai margini della vita religiosa, limitata alla popolazione non greca e soggetta all'azione trasformatrice dell'ambiente. Accolta dietro suggerimento dei libri sibillini a Roma nel 204 a. C., Cibele assume il nome di Magna Mater Deum Idaea; accanto ad essa A. non figura - forse per silenzio dei documenti - e il culto, stabilitosi sul Palatino, resta isolato, affidato a sacerdoti frigi, fino all'età dell'imperatore Claudio, dopo la cui riforma esso sviluppa le sue forme complesse - il calendario di Filocalo ne registra il ciclo festivo in marzo - diffondendosi poi da un capo all'altro dell'orbe romanizzato.

Cronologicamente i primi monumenti a noi noti che raffigurino A. sono quelli greci del III sec. a. C. In una stele votiva attica, dedicata a Agdistis e ad A., si vede quest'ultimo seduto, con il berretto frigio, mentre la dea, in piedi, gli porge un fiore. Pur essendo di gran lunga posteriori, alcuni documenti di Cizico risalgono a tipi figurati molto più antichi. Si tratta, da una parte, di una serie di monete imperiali che sembrano riprodurre un'immagine cultuale: il dio è in posizione semisdraiata, vestito di tunica stellata e di anaxyrides. D'altra parte, nella stessa città, si sono rinvenute statue di A. appoggiate a pilastri: in quattro esemplari abbastanza simili, ma non uguali A. (tre volte alato, una volta aptero) è vestito in modo da lasciar scoperto il ventre e i genitali, per mostrare il suo carattere ermafroditico. Questo tipo sembra risalga fino al periodo ionico della città. Entrambi i tipi or menzionati hanno una lunga storia. L'A. semisdraiato riapparirà nella celebre statua proveniente da Ostia, del Museo Lateranense a Roma, che, risalendo al 130-140 d. C., è da considerarsi, secondo Raissa Calza, "come la più antica immagine (romana) di A.". Oltre al pileo (berretto frigio) e al pedum (bastone da pastore) nella sinistra, essa porta in testa spighe, corona di frutta, falce lunare e raggi (solari?), nella destra fiori; con il gomito poggia su una testa barbata. Il tipo dei pilastri sopravvive sia nella più comune posizione di A. in piedi, appoggiato ora a un cippo ora a un albero, sia nei particolari caratteristici del costume che mette in mostra i genitali (con allusione all'evirazione).

Gli elementi iconografici più convenzionali per indicare che si tratta di A. sono i seguenti: tipo di giovinetto imberbe (a volte bambino); berretto frigio in testa; costume orientale, pantaloni aperti; un pedum in mano o accanto; eventualmente una syrinx. Ove vi sia luogo per elementi paesaggistici, si vedono un terreno roccioso e un pino. Cani e pecore spesso alludono alle funzioni pastorali del dio. Così A. appare nelle scene mitologiche, per es. nel bassorilievo della Villa Albani a Roma, altare eretto per commemorare un taurobolio: A., in tunica stellata, si nasconde dietro un pino, con un cembalo in mano, mentre Cibele gli si avvicina in un carro tirato da due leoni; o nel bassorilievo di Ostia che raffigura A. morto, sdraiato, in costume frigio, sotto un pino cui è appesa un'altra figura, più piccola, di A. che allude a un rito altrimenti non documentato; o nella serie di contorniati pubblicati da Robert, che presentano i varî momenti della vita mitologica del dio: A. pastore, incontro con Cibele, trionfo di A. e Cibele, A. davanti al tempio della dea.

Oppure, per rammentare alcune statue indipendenti, il berretto frigio e il pedum - insieme con il terreno roccioso e un montone accovacciato - bastano a contraddistinguere A. nella statua ricostruita di Sarsina; il costume frigio, la syrinx, una pigna, una doppia tibia e un paio di crotali nella statuetta semisdraiata del metroon di Ostia; il berretto, il pedum, il terreno roccioso e due animali nella statuetta della stessa provenienza.

Ma A. ha anche tipi ed attributi meno comuni. Gli attributi cosmici, notati già nella statua del Laterano, figurano anche altrove: la testa del dio, in alcune monete di Pessinunte, è ornata da un pileo stellato o da una falce lunare. A. può anche esser rappresentato solo da un pileo ornato da una stella e da una falce lunare, come nella base ritrovata a Ostia. Nel campo figurativo l'interpretazione cosmica della figura di A. raggiunge forse il suo massimo sviluppo in una patera d'argento di Brera, del IV sec. d. C.: essa raffigura il trionfo di A. e Cibele, su una quadriga di leoni: nella zona superiore della composizione si vede il carro solare che sale e il carro lunare che scende; davanti al carro, Atlante regge, in una cerchia zodiacale, la figura di Aion; intorno ad un obelisco si avvinghia un serpente; nella zona inferiore: Oceano, Terra e le quattro stagioni.

A. su un carro tirato da quattro arieti o a cavallo d'un ariete sono tipi che hanno origine nel culto (criobolio). D'interpretazione meno facile è la figura di A. che, in piedi, regge una maschera (di Cibele ?) sopra la propria testa.

Bisogna aggiungere ancora le raffigurazioni in cui il tipo di A. appare contaminato o sincretisticamente unito con tipi di altre divinità. Tra Men e A. la distinzione non è sempre agevole: essi, di comune origine frigia e in parte sostanzialmente affini, finiscono per fondersi nella figura di A. Menotyrannus; nei casi in cui la falce lunare orna la testa del dio, si può pensare a questa formazione sincretistica. Lievi ed instabili sono le differenze (pedum invece di fiaccole) tra il tipo di A. e quello dei dadofori mitriaci, mentre Mitra stesso - nella sua figura di tauroktònos - può apparire esattamente nelle sembianze di A., come in un bassorilievo di Kerč, dove egli porta i caratteristici pantaloni aperti di Attis. Anche A. cacciatore, a cavallo, - per es. in una terracotta dell'Ermitage - sembra una contaminazione con il dio cavaliere tracio. Ma si deve forse a una tendenza all'universalizzazione di A., se egli assume gli attributi di diverse altre divinità, come per es., quelli di Dioniso (A. seduto su un leone, con berretto frigio ornato di pampini) o di Apollo (omphalos, serpente, tripode - pedum).

Una categoria distinta delle raffigurazioni di A. è costituita dai numerosissimi A. funerarî. Quale divinità misterica, A. ha naturalmente stretti rapporti con l'idea della morte e dell'immortalità: la sua figura melanconica orna spesso i due lati più stretti dei sarcofagi o inquadra la scena centrale del lato lungo. Diversa è la funzione del dio in un sarcofago, già, nel Palazzo Barberini ora nella Coll. Dumbarton Oaks, a Washington, nel cui bassorilievo frontale egli, contraddistinto dai pantaloni caratteristici e da una corona di pino, raffigura l'inverno tra le altre stagioni (v. Stagioni). Ma A. sulle tombe sembra una continuazione di A. nelle tombe: numerose figurine di terracotta rinvenute nelle tombe di Amphipolis - come pure altrove - assicurano al morto la presenza del dio. In questa connessione si può menzionare la singolare raffigurazione ostiense di A. morto: A. bambino, con costume frigio e pileo, giace quasi nella posizione di una persona crocifissa (Leipoldt, fig. 141).

Monumenti considerati: Stele votiva di A. e Agdistis: H. Leipoldt, op. cit. nella bibl., fig. 142; monete di Cizico: H. Fritze, op. cit. nella bibl., tav. III; statue di Cizico: Bull. Corr. Hell., xlv, 1921, tavv. 14-15; A. del Laterano: R. Calza, op. cit. nella bibl., fig. 17; bassorilievo di Villa Albani: Zoega, tav. 13; bassorilievo di Ostia: R. Calza, op. cit., fig. 25; statua di Sarsina: G. Mancini, op. cit. nella bibl., tav. xix; statuette del metroon di Ostia: R. Calza, op. cit., figg. 18, 23; monete di Pessinunte: F. Imhoof Blumer, op. cit. nella bibl., n. 748 (A. con pileo stellato), 753 (A. con falce lunare); base di Ostia: Not. Scavi, 1939, p. 66, fig. 9; patera di Brera: O. Brendel, op. cit. nella bibl., fig. 1; A. su carro trainato da 4 arieti: E. A. Visconti, p. 239; A. a cavallo di un ariete: H. Graillot, op. cit. nella bibl., p. 72; bassorilievo di Kerč: F. Saxl, op. cit. nella bibl., fig. 140; terracotta dell'Ermitage: ibidem, fig. 171; A. con attributi di Dioniso: R. Calza, op. cit., fig. 20; sarcofago già Barberini ora Dumbarton Oaks: F. Cumont, Rech., tav. 47, 3; G. Hanfmann, Season Sarcofage, Dumbarton Oaks, 1951; figurine di terracotta: Perdrizet, in Bull. Corr. Hell., xxi, 1897, pp. 517-528; H. Graillot, op. cit., pp. 369, 438, 478; A. morto: H. Leipoldt, op. cit., fig. 141.

Bibl.: F. Cumont, in Pauly-Wissowa, II, s. v.; H. Hepding, Attis, Giessen 1903; H. Graillot, Le culte de Cybele, Parigi 1912; F. Cumont, Les religions orientales, Parigi 1929; M. P. Nilsson, Gesch. der griech. Religion, II, Monaco 1950, p. 614 ss.; F. Imhoof Blumer, Griechische Münzen, Monaco 1890; F. Cumont, Textes et monuments rel. myst. Mithra, Bruxelles 1896; P. Perdrizet, in Bull. Corr. Hell., XXI, 1897, p. 517 ss.; H. v. Fritze, in Nomisma, IV, 1909, p. 33 ss.; Ch. Picard-Macridy Bey, in Bull. Corr. Hell., XLV, 1921, p. 436 ss.; H. Leipoldt, Die Religionen in der Umwelt des Urchristentums (Bilderatlas z. Rel.-gesch. 9-11), Lipsia 1926; F. Saxl, Mithras, Berlino 1931; O. Brendel, in Arch. Anz., 1935, c. 521 ss.; G. Mancini, in Studi Etr., XIV, 1940, p. 147 ss.; F. Cumont, Recherches sur le simbolisme funéraire des Romains, 1945; R. Calza, in Mem. Pont. Acc., ser. 3, vol. VI, parte II, 7, 1947, p. 257 ss.