ATTICA

Enciclopedia Italiana (1930)

ATTICA ('Αττική, probabilmente da ἀκτή "costa"; A. T., 82-83)

Elio MIGLIORINI
Giulio GIANNELLI

È la penisola triangolare con cui la Grecia centrale si protende verso oriente tra il golfo Saronico e il Petalion kólpos: punto estremo a SE. il capo Sunio. Il Citerone la divideva a N. dalla Beozia, la valle dello Iapis ad O. dalla Megaride. Nell'odierna Grecia, insieme con la Beozia, la Megaride, l'isola d'Egina, e parte della Focide, costituisce il νομὸς 'Αττικῆς καὶ Βοιωτίας con una popolazione di 623.399 ab. nel 1920 e 1.031.252 nel 1926 (aumento del 65,8%, dovuto ai profughi dell'Asia Minore).

Geologicamente possono distinguersi nell'Attica due regioni. Una, di formazione calcarea, si riconnette al resto della Grecia continentale: è attraversata da un grande fascio montuoso con direzione da O. ad E. (Citerone, Megálo Vounó, Skoũrta, Parnete, ecc.) e da altri minori con direzione prevalente da N. a S. (l'Egialeo, ora Skaramangá, l'Anchesmo, ora Tourkovoũni, culminante col Licabetto, e l'Imetto ora Trellovoũni). Il Pentelico ha una direzione che discorda con questo andamento generale. La parte sud-orientale invece, culminante col monte Laurio, è di natura cristallina, affine a quella delle Cicladi, con le quali costituiva un tempo la scomparsa Egeide. Quattro pianure (v. sotto) s'interpongono tra questi rilievi contribuendo ancor più al frastagliamento plastico della regione.

Il clima dell'Attica è naturalmente diverso da luogo a luogo a seconda della distanza dal mare e dell'altitudine. Nel complesso si hanno temperature invernali che per le zone costiere si aggirano sugli 8°, 5 in gennaio, 9°,5 in febbraio, 11°,9 in marzo, e temperature estive abbastanza elevate di 24°,4 in giugno, 27°,3 in luglio, 270 in agosto, con un'esecrsione mensile limitata conforme a quella di altre regioni mediterranee. Le precipitazioni, nel complesso piuttosto scarse, si aggirano sui 450-500 mm. annui, con una forte prevalenza nei mesi invernali (circa il 78 per cento del totale) e scarsezza nell'estate (in media 7% del totale nei mesi di giugno ed agosto). I giorni piovosi si raggruppano di solito in una serie di giornate successive. La neve cade eccezionalmente una o due volte durante gl'inverni più rigidi. Caratteristica è la trasparenza e serenità del cielo, specialmente al tramonto. Di frequente soffiano i venti di NE. e NO. (specie da luglio a settembre) e i venti di S. (da maggio a luglio), i quali sogliono sollevare e trasportare una quantità notevole di polvere.

La vegetazione spontanea dell'Attica, come quella di tutte le regioni costiere mediterranee, era piuttosto d'ostacolo agli abitanti che di giovamento per la loro alimentazione. La parte più alta era occupata dalla vegetazione caratteristica della macchia (frigana), un insieme di piante basse, sempreverdi, di arbusti spinosi, aggrovigliati, sparsi in modo irregolare. In qualche zona essa è stata tuttavia trasformata, sostituendo con piante utili le piante spontanee, oppure è stata distrutta per far posto al pascolo. Anche nella zona costiera questa stessa vegetazione ha spinto gli abitanti piuttosto alla vita marittima che all'agricoltura. Invece le pianure più vaste si prestano alla coltura dei cereali, dell'olivo, della vite, del fico.

Quanto a risorse minerarie, l'Attica è nota soprattutto per la grande quantità di cave di marmo, che non poco contribuirono allo splendore di Atene.

Dal Pentelico è tuttora (cave di Kokkinarãs) estratto e lavorato un bel marmo bianco; dal Licabetto e dall'Anchesmo deriva un calcare assai utilizzato nelle costruzioni di case private; nell'antichità si estraevano travertini dall'Imetto e dalla penisola d'Aktḗ calcari bluastri da Eleusi e da altre cave vicine.

Bibl.: C. Bursian, Geographie von Griechenland, I, Lipsia 1862; H. Kiepert, Lehrbuch der alten Geographie, Berlino 1878; H. G. Lolling, Hellenische Landeskunde und Topographie, Nördlingen 1889; Neumann-Partsch, Physikalische Geographie von Griechenland, Breslavia 1885; R. Lepsius, Geologie von Attika, Berlino 1894; O. Maull, Griech. Mittelmeergebiet, Breslavia 1921; G. Fougères, Grèce, Parigi 1911.

Topografia antica dell'Attica. - Alla naturale divisione del territorio dell'Attica in tre regioni, caratterizzate e distinte da affinità di clima, di natura del suolo, di forme di attività degli abitanti (la regione alpestre a nord e nord-est, povera di risorse, aspra di clima, adatta solo alla pastorizia; la regione della pianura intorno ad Atene, più doviziosa per feracità del suolo e condizioni favorevoli all'agricoltura; la regione costiera, abbondante d'insenature e di porti, atta allo sviluppo dei traffici marittimi), corrispose in antico la divisione dei partiti politici, nell'età di Solone e di Pisistrato, in Diacrî, Pediei e Paralî, sotto il qual nome si comprendevano però gli abitanti di tutto il resto dell'Attica, al di fuori della zona montuosa settentrionale e della pianura centrale. È noto che gli elementi topografici del territorio ateniese entrarono, come parte essenziale, nella riforma costituzionale di Clistene (v. Atene: Storia); questi divise il paese in una quantità di distretti di piccola estensione, o demi (δῆμοι), di cui ignoriamo il numero originario, che non dovette però esser di molto inferiore a quello di 174, datoci da Strabone (IX, 396); tutti i demi raccolse in trenta distretti più ampî, dieci nella pianura ateniese, dieci nella Diacria (cioè nella regione del Parnete e del Pentelico), dieci nella Paralia (cioè nella regione costiera, esclusi i porti di Atene e i dintorni); tali distretti chiamò trittie (τριππύες), perché, a gruppi di tre (uno per ciascuna delle suddette regioni), andarono a formare le dieci tribù territoriali, che egli sostituì alle antiche tribù gentilizie. Pare che Clistene abbia assegnato le trittie alle singole tribù per via di sorteggio; sicché soltanto in una (la Eneide) i tre distretti risultarono contigui, mentre in altre tribù confinarono due soli distretti e in altre ancora nessuno. Le dieci tribù (ϕυλαί) furono designate coi nomi dei più famosi eroi locali, e furono, nell'ordine ufficiale: Eretteide (1), Egeide (2), Pandionide (3), Leontide (4), Acamantide (5), Eneide (6), Cecropide (7), Ippotoontide (8), Eantide (9), Antiochide (10). Alle dieci tribù clisteniche furono aggiunte, nel 307 a. C., la tribù Antigonide e la Demetriade, poi abolite durante la seconda guerra macedonica, e più tardi tre altre che non si abolirono più: Tolemaide (11), Attalide (12), Adrianide (13). I demi corrispondevano ai singoli borghi o abitati dell'Attica: talvolta un demo, come i nostri comuni, comprendeva più frazioni; mentre i centri più ragguardevoli (come Atene e Braurone) compiendevano più demi. Oggi, specie dopo il rinvenimento della Costituzione di Atene di Aristotele, siamo in grado di ricostruire, quasi completa, la lista dei demi e anche la ripartizione di essi nelle tribù (e, in molti casi, anche nelle singole trittie), com'era almeno nel quarto secolo. Tale ricostruzione si è poi straordinariamente avvantaggiata dell'ingente materiale epigrafico restituitoci dal suolo dell'Attica e dall'accurato studio topografico della regione, i cui risultati si trovano raccolti nelle eccellenti Karten von Attika, disegnate a cura dello Stato maggiore prussiano.

Diamo ora la lista dei demi a noi noti, indicando col numero posto a lato del nome la tribù a cui ciascuno appartiene. Se i numeri sono due o più di due, un demo di quel nome appartiene a ciascuna tribù indicata dai numeri.

Acharnai 6, Acherdus 8, Agnus 5, Agryle 1, Aigilia 10, Aithalidai 4, Aixone 7, Akyaieis 11, Alopeke 10, Amphitrope 10, Amymone 8, Anagyrus 1, Anakaia 8, Anaphlystos 10, Angele 3, Ankyle 2, Antinoeis 13, Aphidna 9, Apollonia 12, Araphen 2, Atene 10, Athmonon 7, Auridai 8, Azenia 8, Bate 2, Berenikidai 11, Besa 10, Butadai 6, Cholargos 5, Cholleidai 4, Daidalidai 7, Deiradiotai 4, Dekeleia 8, Diomeia 2, Eiresidai 5, Eitea 5 e 10, Elaius 8, Eleusis 8, Epieikidai 7, Epikephisioi 6, Erchia 2, Ergadeis 10, Erikeia 2, Eroiadai 8 e 10, Eunostidai 11, Euonymon 1, Eupyridai 4, Gargettos 2, Graes 3, Halai Aixonides 7, Hal ai Araphenides 2, Halimus 4, Hamaxanteia 8, Hekale 4, Hermos 5, Hestiaia 2, Hippotomadai 6, Hybadai 4, Hyporeia 11, Ikaria 2, Ionidai 2, Iphistiadai 5, Kedoi 1, Keiriadai 8, Kephale 5, Kephisia 1, Kerameikos 5, Kettioi 4, Kikynna 5, Koile 8, Kollytos 2, Kolonos 2 4 10, Konthyle 3, Kopros 8, Korydallos 8, Kothokidai 6, Krioa 10, Kropidai 4, Kydantidai 2, Kydathenaion 3, Kykala 9, Kyrteidai 5, Kytheros 3, Lakiadai 6, Lamptrai 1, Lekkon 10, Leukonoe 4, Leukopyra 10, Lusia 6, Marathon 9, Melainai 10, Melite 7, Myrrhinus 3, Myrrinutta 2, Oa 3, Oie 6, Oinoe 8 9, Oion Dekeleikon 8, Oion Kerameikon 4, Otryne 2, Paiania 3, Paionidai 4, Pallene 10, Pambotadai 1, Peiraieus 8, Pelekes 4, Pentele 10, Pergase 1, Perithoidai 6, Perrhidai 9, Phaleron 9, Phegaia 2 e 3, Phegus 1, Philaidai 2, Phlya 7, Phrearrioi 4, Phyle 6, Phyrrinesioi 10, Pithos 7, Plotheia 2, Porioi 5, Potamos 4, Prasiai 3, Probalinthos 3, Prospalta 5, Psaphis 9, Ptelea 6, Rhakidai 9, Rhamnus 9, Semachidai 10, Skambonidai 4, Sphendale 8, Sphettos 5, Steiria 3, Sunion 4, Sybridai 1, Sypalettos 7, Teithrasioi 2, Themakos 1, Thorai 10, Thorikos 5, Thria 6, Thymoitadai 8, Thyrgonidai 9, Titakidai 9, Trikorythos 9, Trinemeia 7, Tyrmeidai 6, Xypete 7.

Passiamo ora ad indicare le più notevoli particolarità topografiche dell'antica Attica, cominciando dalla regione settentrionale e procedendo verso ovest e quindi verso sud per risalire indi a nord, lungo la costa orientale.

Il Citerone e il Parnete con la pianura Triasia. - La linea del Citerone (ora Elatiãs) e del Parnete (Oziá) costituiva uno sbarramento fortificato di grande importanza militare, lungo il confine fra l'Attica e la Beozia. All'estremità orientale del Parnete, il passo di Oropia era guardato allo sbocco nella pianura, dalla forte posizione difensiva di Decelea (Dekeleia: oggi Tatói). La strada montana che correva in direzione di nord-ovest, tra il Parnete e il Megálo Vounó, era sbarrata dal famoso castello di Phyle; e più a nord, in posizione atta a dominare il pendio meridionale del pianoro di Skoũrta, dall'altro castello di Panakton. Sulla linea del Citerone, in corrispondenza del passo di Dryoskephalai, si trovava il posto fortificato di Eleutherai (presso l'od. Gyphto-Kástro), appartenente al vicino demo di Oinoe (della tribù Ippotoontide), pur esso fortificato: delle fortificazioni di Eleutherai e di Oinoe sussistono ancora resti notevoli.

Nell'arco formato, verso sud ed est, dalle ultime falde del Citerone, si apre sul mare la pianura di Eleusi, detta anche triasia (τὸ Θριάσιον πεδίον) dal nome del demo di Thria, e, nella parte più vicina ad Eleusi, chiamata pure Raria (τὸ ‛Ράριον πεδίον o ἡ ‛Ραρία), da Rharos, padre di Triptolemo: nella parte più interna del golfo, su un piccolo promontorio, sorgeva Eleusi ('Ελευσίς, oggi Levsína). La pianura è irrigata dalle acque del Cefiso eleusino (Kokkínēs o Sarandapótamos), e all'estremità sud-orientale di essa si trovano i due laghi salati, detti Rheitoi, dove soltanto i sacerdoti eleusini avevano diritto di pescare.

La pianura e la costa ateniese. - Il piano triasio è separato da quello ateniese dal dorso montagnoso dell'Egialeo o Coridallo che s'abbassa però verso il mezzo, nel passo di Daphní, proprio a metà percorso dell'antica Via Sacra (ἱερά ὁδός) che congiungeva Atene con Eleusi: in vicinanza di esso sorge un grande monastero bizantino della fine del sec. XI, subentrato, come pare, al posto di un antico tempio di Apollo e rovinato dopo la guerra dell'indipendenza greca (v. G. Millet, Le monastère de Daphni, Parigi 1899).

L'Egialeo raggiunge il mare, in direzione di sud-ovest, col promontorio di Amphiale; in continuazione del quale si allunga, a poca distanza dalla costa, l'isola di Salamina (Σα, oggi volgarmente Koúlourē, nome del capoluogo: kmq. 93,5 con le isolette vicine). All'ingresso settentrionale del canale che divide l'isola dalla terra ferma, giacciono le due isolette di Léros e di Arpedóni; in mezzo al canale, l'isola di San Giorgio (Hágios Geórgios); all'uscita meridionale quella di Psyttaleia (oggi Lipsokoutáli): in questa parte del canale si svolse, nel 480 a. C., la famosa battaglia navale fra i Greci e i Persiani.

Appena a sud-est dell'isola di Lipsokoutáli, si protende in mare la penisoletta del Pireo (Πειραιεύς), con le due alture di Munichia (86 m.) e dell'Akte (57 m.); le quali disegnano i tre famosi porti, del Pireo propriamente detto ad est (chiuso, dal lato opposto dell'Akte, dalla penisoletta di Eetioneia), di Zea in mezzo, di Munichia ad ovest (v. pireo). Prima che Temistocle facesse del Pireo il porto e l'arsenale di Atene, il principale approdo ateniese era rappresentato dalla baia del Falero (Φάληρον), che s'apre a sud-est di Munichia, chiusa, verso sud, dal Capo Kolias, ove era (nel demo di Halimus) un famoso santuario di Afrodite.

Dal porto di Thymoitadai, situato poco a sud del Korydallos (nome che designava la porzione meridionale dell'Egaleo, ora Skaramangá) fino ad Halimus correva la regione costiera, aggregata - nella partizione clistenica - al territorio della città (τὸ περὶ τὸ ἄστυ; v. atene).

Il territorio clistenico della città comprendeva la parte inferiore della pianura, fra l'Egaleo e l'Imetto; la parte media e superiore rientrava invece nella Diacria. In questa regione sorgevano i due popolosi centri di Acarne ('Αχαρναί) e Cefisia (Κηϕισιά): il primo, situato a oriente della depressione fra l'Egaleo e il Parnete, in un territorio ricco di vigneti; il secondo, in una terra densamente popolata, su un affluente di sinistra del Cefiso. L'uno e l'altro costituivano, da soli, tutta, o quasi tutta, la trittia interna delle rispettive tribù (Eneide ed Eretteide): un altro notevole abitato, a nord di Acarne, era il demo di Paionidai, il cui nome si conserva nell'odierna Menídi (che sorge però nel sito dell'antica Acarne); esso apparteneva invece alla trittia interna della tribù Leontide, insieme alla vicina Hekale, nota per un episodio della saga di Teseo. Altri demi del territorio di Cefisia appartenevano invece alla trittia interna della Cecropide: tali Athmonon (oggi Maroúsi), col celebre santuario di Artemide Amarysia; e, più a sud e verso il Gargetto, probabilmente, Daidalidai e Pithos. Alla trittia paralica della stessa tribù appartenevano, invece, i numerosi demi della paralia a sud di Halimus (fra cui Aixone ed Halai Aixonides), confinante col distretto paralico dell'Asty. Siamo entrati così nella Paralia vera e propria.

La Paralia. - Gli ultimi contrafforti meridionali dell'Imetto, prima di rialzarsi nel Capo Zoster, sono solcati da una depressione, per la quale passava la strada che conduceva da Atene al Sunio. Su questo passo (non lungi dall'attuale villaggio di Várē) si trovava il territorio dell'importante demo di Anagyrus (ne esistono ancora rovine), col quale cominciava la trittia paralica della tribù Eretteide: di essa faceva parte anche il demo di Lamptrai, a nord-est. Presso l'odierno villaggio, si vede anche oggi la "Grotta di Várē", consacrata anticamente a Pane e ad Apollo, alle Ninfe e alle Grazie: vi si conservano ancora parecchi bassorilievi (con epigrafi) di Archedemo di Tera.

Procedendo da Lamptrai in direzione di sud-est, s'incontra un gruppo di demi della tribù Antiochide. Ricordiamo fra questi: Thorai e Anaphlystos (il cui nome si conserva nell'odienno Anávyso), il più importante di tutti, e che, insieme con Thorikos sulla costa orientale, formava una linea fortificata a nord del distretto minerario del Laurio; più ad oriente, nella regione delle miniere, Besa; alle falde del sollevamento del Paneion, Amphitrope e probabilmente anche Atene. A sud-ovest del sollevamento del Paneion si erge l'altro massiccio montagnoso dell'Olimpo, protendentesi in mare col promontorio di Astypalaia (oggi Hágios Nikólaos), di fronte al quale è l'isoletta di Elaiussa (oggi Lagonẽsi). All'estremità sud-occidentale di questa costa è da collocare probabilmente il demo di Azenia, appartenente alla trittia paralica della tribù Ippotoontide: di fronte, l'isola di Gaïdaronẽsi.

La metà orientale della punta meridionale dell'Attica era tutta occupata dal demo di Sunion (della tribù Leontide), a oriente del quale sporge nel mare il famoso promontorio omonimo (oggi Capo Kolónnes, m. 60), spesso difficile a doppiare dalle navi antiche, e perciò sede di un culto di Posidone e di Atena. Delle antiche fortificazioni si vedono tuttora resti notevoli. Procedendo verso il nord, lungo la costa orientale, s'incontra anzitutto il porto di Laurion (Ergasteria); poi il già ricordato demo di Thorikos (oggi Terikó), menzionato anche nella saga di Eretteo, con notevoli avanzi di un teatro e di altri edifici. Parallelamente a questo tratto di costa, si disegna, nel mare, l'isola di Makronẽsi, anticamente chiamata Helene. Presso Thorikos ha foce in mare il fiume Potámi, nella regione del quale sarà da collocare quel demo di Potamos, di cui parla Strabone (IX, 398) e quello di Deiradiotai. Si noti come questi due demi insieme con quello di Phrearrioi, risultano riuniti con quello di Sunio nella stessa trittia paralica della tribù Leontide, rinchiudendo, a guisa di enclave il territorio di Thorikos, che apparteneva invece alla tribù Acamantide, insieme col demo di Kephale (nella regione dell'odierna Keratéa) e con altri demi susseguentisi in direzione di nord-ovest, fino a Sphettos (escluso).

Ritornando sulla costa, troviamo la bella insenatura di Porto Ráphtēs, sbarrata da due isolette: la costa meridionale di essa era tenuta dal demo di Prasiai, donde partivano le teorie di Delo; quella settentrionale, dal demo di Steiria, dove aveva capo la strada che, attraverso la Mesogia e l'Imetto, portava ad Atene. Nella regione fra Prasiai e l'Imetto sono da collocare i demi di Angele ('Αγγέλη) e di Myrrhinus, sede del noto culto di Artemide Kolainis, ambedue della tribù Pandionide, mentre alla trittia paralica della tribù Egeide appartenevano i demi succedentisi, in direzione nord, lungo la costa: Philaidai, nel sito della più antica Braurone (oggi Vraóna), col famoso santuario di Artemide Brauronia; Halai Araphenides, sede del culto affine di Artemide Tauropolos; più nell'interno, Phegaia (presso l'odierna Velanidéza); e poi di nuovo sulla costa, più a nord, Araphen, Otryne, Myrrinutta.

Poco a nord di Araphen si allarga la pianura di Maratona, chiusa fra il mare e una corona di colli, oggi designati coi nomi (da sud a nord-est) di Agrielíki (m. 557), Kotrõni (m. 235), Stavrokoráki (m. 310), Drakonéra (m. 242), terminanti nel promontorio di Kynosura. La pianura ha un solo ingresso sufficientemente comodo, quello meridionale, rappresentato da un corridoio paludoso tra l'Agrielíki e il mare. Due valli sboccano nel piano: quella di Vraná, formata dalla congiunzione dei due valloni di Rapetósa e di Avlóna, e quella del torrente Charadra fra il Kotrõni e lo Stavrokoráki. A sud della foce del Charadra s'erge isolato nel piano il Σωρός, un monticello di terra dell'altezza di 10 metri e del perimetro di circa 185, che la tradizione (confemiata dai risultati degli scavi ivi intrapresi nel 1890 a cura dell'eforato generale greco) designa come la tomba degli Ateniesi caduti nella famosa battaglia vinta da Milziade nell'anno 490 (v. maratona). All'estremità nord-occidentale della pianura, ove si trova ora una fondazione marmorea chiamata Pyrgos, dové sorgere il santuario dionisiaco dei Tetrapoliti, cioè dei cittadini delle quattro comunità della nota tetrapoli di Maratona: Marathon, Probalinthos, Oinoe, Trikorythos. Dopo la riforma clistenica, la parte centrale della pianura, ricca di oliveti e di vigneti, spettava al demo di Marathon, mentre il demo di Oinoe dominava la valle del Charadra (nella parte superiore della quale giace l'odierno villaggio di Marathõna); i territorî di Trikorythos e di Probalinthos si stendevano rispettivamente a nord-est e a sud di Maratona. Di questi demi, i primi tre appartenevano alla paralia della tribù Eantide, il quarto alla paralia della Pandionide.

Da Trikorithos una strada, adorna di monumenti funerarî, conduceva a Ramnunte, che conserva le rovine del celebre santuario di Nemesi.

La Diacria del Pentelico e la regione di Oropo. - Tutta la larga depressione fra l'Imetto (Trellovoũni) e il Pentelico (Mendéli) era occupata dal grosso demo di Gargettos, mentre il margine settentrionale della Mesogia era occupato dall'altro notevole demo di Erchia; ambedue della trittia diacrica della Egeide. Lungo il piede orientale dell'Imetto si trovavano disposti, da nord a sud, i tre notevolissimi demi di Pallene (della tribù Antiochide), col santuario di Atena Pallenide, di Paiania (della tribù Pandianide) e di Sphettos (dell'Acamantide).

Da Vraná, ai due lati dell'Aphorismos, due sentieri conducevano verso l'ovest: quello meridionale, verso Ikaria; quello settentrionale verso Plotheia e la valle del Cefiso. A nord-ovest di Ikaria, al di là del passo di Katēphóri, sorgeva il demo di Oion Dekeleikon, appartenente alla trittia di Decelea (diacria dell'Ippotoontide). Il nominato passo di Katēphóri mette in comunicazione il bacino del Cefiso con l'alto corso del Charadra: sulla riva sinistra del quale sorge l'acropoli di Aphidna, con i resti del muro di cinta.

Parecchi demi minori - non sicuramente localizzabili - erano siti in questa regione: dalla parte settentrionale della quale partiva una strada (ancora qua e là riconoscibile) in direzione di Oropos. Il conteso territorio dell'Oropia si stendeva appunto a nord del demo di Psaphis (della tribù Eantide), corrispondente all'odierno Kálamos. Oropos stessa giaceva nel sito dell'odierna Skala Ōrōpoũe, a sud-est, sulla strada verso Kálamos, sorgeva il famoso Amphiareion (scavi greci del 1884): fra le due località, a 20 stadî da Oropo, si apriva sulla costa il "porto sacro" del Delphinion.

Bibl.: Per la topografia dell'Attica in generale, vedi specialmente: Lolling, Griechische Landeskunde und Topographie, in Müller, Handbuch der Altertumswiss., III, ii, i Monaco 1889; Busolt, Griechische Geschichte, 2ª ed., II, pagine 2, 62 segg.; Milchhöfer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, coll. 2184-2207. Per la topografia dei demi e delle trittie, vedi le ricerche, sostanzialmente concordi nelle conclusioni, di A. Milchhöfer, Die Demenordnung des Kleisthenes, in Abhandlungen der Berl. Akad., 1892 (cfr. Athen. Mittheilungen, XVIII, 1893, p. 277 segg.), e di R. Loeper, Die Trittyen und Demen Attikas, in Athenische Mittheilungen, XVII (1892), p. 318 segg. Deve anche consultarsi la magistrale opera del Wilamowitz, Aristoteles und Athen, Berlino 1893, specie II, p. 145 segg., e utilissima riesce sempre la consultazione di una guida della Grecia, o quella del Baedeker, o quelle del Fougères, nella collezione delle Guides Joannes. Preziose riescono le Karten von Attika, edite per iniziativa dell'Istituto Archeologico Germanico e a cura di E. Curtius e J. A. Kaupert, con testo dichiarativo del Curtius e del Milchhöfer, in fascicoli separati, cominciati a pubblicare nell'anno 1881.

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