CALCEOPULO, Attanasio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CALCEOPULO, Attanasio

Manoussos Manoussacas

Figlio di Filippo Calceopulo (il nome greco Chalkeopulos ha subito molte deformazioni: Calceopulus,Calceopilus,Calciopilus,Calceopilo,Calciophylus), apparteneva ad una famiglia originaria di Costantinopoli. Da giovane entrò nel convento di Vatopedi sul monte Athos, si fece monaco e più tardi fu ordinato prete. In Italia venne molto probabilmente per accompagnare Doroteo, superiore del convento di Vatopedi, che partecipò al concilio di Firenze e firmò il 6 luglio 1439 la bolla dell'unione delle Chiese. Sembra che così abbia fatto la conoscenza di Bessarione, che diventerà il suo grande protettore. Rimasto in Italia e introdotto alla Curia romana, si dedicò al servizio di Bessarione come suo cappellano, persona di fiducia e forse come uno dei suoi copisti di manoscritti. In una lettera di Bessarione a Michele Apostolio del 1448, il C. viene menzionato come avente l'incarico di evadere la corrispondenza del cardinale quando questi si assentava da Roma. Nel 1446-47 il C. copiò e firmò, probabilmente per conto di Bessarione, il manoscritto 210 della Biblioteca classense di Ravenna; la sua scrittura è chiara ed elegante. Nel 1448 Bessarione propose alla S. Sede di nominarlo archimandrita di S. Maria del Patire (diocesi di Rossano) al posto del titolare che si era dimesso. Così il C. divenne il 3 apr. 1448 superiore di uno dei più importanti monasteri basiliani di Calabria. Non si sa esattamente quando prese possesso di questo monastero. È un fatto che nel 1449 spediva da Roma a Giovanni Tortelli una versione latina, segno che egli dimorava ancora presso la Curia fra gli umanisti reclutati da papa Niccolò V. Verso il 1455 tradusse dal greco in latino due omelie di s. Basilio (Vat. lat. 4249); anche questo lavoro sembra sia stato eseguito a Roma.

Nel 1457 fu costretto ad abbandonare Roma e a recarsi in Calabria per unimportante missione. Bessarione era stato designato, da lettere successive dei papi Niccolò V e Callisto III, cardinale protettore dei monaci basiliani ed incaricato di far visitare e ispezionare i monasteri dell'Ordine nell'Italia meridionale. Con l'occasione progettò una riforma radicale. A tale scopo aveva bisogno di esaminare sui posto la condizione di questi monasteri un tempo fiorenti ed allora decaduti. Probabilmente su sua raccomandazione Callisto III incaricò di questa missione il C. con l'aiuto di Macario, archimandrita di S. Bartolomeo di Trigona : Essi dovevano visitare settantotto fra i più importanti monasteri della Calabria e della Campania.

Si trattava di una missione rilevante, che il C. compì con grande zelo ed efficacia. Nel settembre 1457 egli si trovava a Messina per passare a Reggio Calabria e il 10 ottobre cominciava la sua missione dal monastero di S. Giovanni Battista di Cataneto. Il diario di questo viaggio è contenuto nel prezioso Liber visitationis, conservato nel manoscritto greco 816 di Grottaferrata e pubblicato nel 1960 con un ampio commento da M. H. Laurent e André Guillou. La visita apostolica durò sei mesi. I due religiosi passarono in Calabria l'inverno 1457-1458 e quindi si spostarono in Campania agli inizi della primavera. Il 30 marzo 1458 visitarono S. Maria di Pattano e la missione si concluse il 5aprile, dopo di che ritornarono a Roma. Il Liber visitationis del C. costituisce una fonte ricchissima di informazioni sullo stato religioso, morale, finanziario dei monasteri basiliani, come pure sui libri e sui manoscritti che risultavano conservati in quell'epoca.

Poco dopo il C., con una bolla del nuovo papa Pio II del 2 ott. 1458, veniva nominato abate del monastero cisterciense di S. Maria dell'Arco (Siracusa), in seguito alla morte, dell'abate Andrga. Ma sembra che abbia incontrato difficoltà a prendere possesso di questa abbazia, come comunica in una sua lettera non datata e indirizzata al giovane principe di Viana, Carlo d'Aragona, cui inviava nello stesso tempo una sua traduzione di quarantuno lettere attribuite a Cratete e ad altri filosofi greci. Con un'altra lettera, egualmente non datata, il C. mandava al cardinale Niccolò Cusano la sua traduzione della lettera del pitagorico Liside ad Ipparco.

Il 21 ott. 1461, con un'altra lettera di Pio II, il C. veniva nominato vescovo di Gerace, come successore di Gregorio de Drosi e lasciò così l'abbazia di S. Maria dell'Arco, assegnata dal papa ad altra persona.

Egli prese possesso della sua sede episcopale indisturbato, nonostante le voci, rivelatesi poi infondate, di un suo arresto o uccisione mentre si accingeva ad entrare in Gerace, voci che misero in ansia il tessarione. Due lettere di Costantino Lascaris annunciavano poco dopo che il nuovo vescovo non era morto e viveva in compagnia d'un altro umanista greco, Teodoro di Gaza.

Il primo soggiorno del C. a Gerace durò pochi anni. Nel luglio 1465, infatti, si trovava a Roma accanto a Bessarione e così pure nel 1466, secondo le testimonianze di molti atti che portano la sua firma. Nella primavera del 1467 arrivò a Roma il chierico Guglielmo Goneme, inviato dal re di Cipro Giacomo di Lusignano per trattare il matrimonio di questo con Zoe, figlia di Tommaso Paleologo, già despota della Morea, tutelata da Bessarione.

Con diversi atti di Bessarione il C. venne incaricato di occuparsi di questo affare. Egli doveva recarsi anche a Nicosia, per intendersi direttamente con il re Giacomo. Sul suo viaggio a Cipro esistono scarse testimonianze. Sembra che il suo soggiorno sia stato di breve durata. Il C. tentò di convincere il re a sposare la figlia del Paleologo e nello stesso tempo cercò di ottenere l'estradizione per conto del papa Paolo II del famoso umanista Filippo Buonaccorsi, detto Callimaco Esperiente, che, perseguitato come cospiratore, si era rifugiato a Cipro. Ma non ottenne altro risultato che di far scacciare da Cipro il Buonaccorsi, che si rifugiò allora nell'isola di Chio. Quanto al matrimonio del re, questi invece che Zoe preferì sposare poco dopo, nel luglio 1468, la veneziana Caterina Corner. Così fallì la missione ed il C. fu costretto a ritornare a Roma. Nel maggio 1470 Paolo II, su richiesta di Bessarione, gli concesse il monastero di S. Gregorio di Staletti; forse per ringraziarlo il C. dedicò al papa la sua traduzione dell'opera De oratione dominica di Gregorio di Nissa(Vat. lat.256).

Sugli ultimi vent'anni della sua vita le informazioni divengono rare. Non si conosce la data della dedica ad Antonello Petrucci, primo segretario del re di Napoli Ferdinando I d'Aragona, della traduzione dell'opera Sulla danza di Luciano (Paris. gr. 3013); deve essere ad ogni modo anteriore al 1487, anno della morte del Petrucci. Il nuovo papa Sisto IV unì il 19 ag. 1472 la diocesi d'Oppido a quella di Gerace, ma nonostante ciò le rendite permettevano al C. di vivere appena modestamente. La morte del Bessarione (18 nov. 1472) privò il C. e gli altri umanisti del suo circolo di un potente protettore e di un generoso mecenate. Per otto anni non si sa nulla sulla sua attività. Risulta solo che ebbe una controversia con l'arcivescovo di Reggio Calabria, da cui dipendeva il suo vescovado, il quale intendeva intromettersi negli affari ecclesiastici della sua giurisdizione. Il C. fece ricorso al papa, che, con tre brevi del 2 dic. 1480, incaricò l'archimandrita di S. Maria de Rovito e Antonello Straccia, canonico di Mileto, di porre fine al litigio. Dopo una rapida inchiesta Sisto IV, con una lettera del 23 febbr. 1482, decise di sottrarre i due vescovadi di Gerace e d'Oppido alla giurisdizione dell'arcivescovo, di Calabria e di porli direttamente sotto l'autorità della S. Sede finché il C. fosse rimasto in vita. Poco prima, egli aveva sostituito nella diocesi di Gerace il rito greco con quello latino, mettendo così fine ad una tradizione secolare; è ignoto se questo cambiamento radicale si estese anche alla diocesi di Oppido. Durante questo periodo il C. si trova ora a Gerace e ora a Roma. Nel maggio 1482 egli dimorava a Gerace e traduceva in latino le bolle emanate dai conti normanni in favore dei monasteri basiliani di S. Filippo a Gerace e di S. Veneranda a Maida. Un altro contrasto oppose più tardi il C. ad Andrea di Sant'Agata, superiore di S. Nicola di Butramo. Quest'ultimo fece appello a Roma, come risulta dal mandato del re di Napoli Ferdinando I (16 maggio 1488) al vicerè di Calabria, concernente questo affare; non se ne conosce però l'esito.

Nessuna informazione è rimasta sugli ultimi anni del Calceopulo. Egli morì il 4 nov. 1497 all'età di quasi novant'anni, durante una visita pastorale a Oppido. La salma venne trasportata a Gerace e sepolta nella vecchia cattedrale. Nel 1584 il vescovo di Gerace Ottaviano Pasca fece aprire la tomba del C. per identificarne la salma e la richiuse, facendovi incidere una iscrizione che esaltava le virtù dell'antico monaco greco e ricordava rabolizione da lui attuata del rito greco a favore di quello latino.

Il C. stabilì relazioni con i re di Napoli Alfonso I, Alfonso II, Ferdinando I e Ferdinando II, dai quali ottenne favori.

Opere: M. H. Laurent-A. Guillou, Le"Liber Visitationis" d'Athanase Chalkéopoulos (1457-1458). Contribution à l'histoire du monachisme grec en Italie méridionale, Città del Vaticano 1960; una lettera a Giovanni Aretino (Tortelli) datata 25 giugno (1449) è stata edita da Laurent-Guillou, cit., p. 180 e tav. I, 2; (Phalaridis, Bruti et Cratis cynici Epistolae), un volume di 82 ff. senza titolo né data, stampato a Parigi verso il 1471 da Ulrich Gering: le lettere di Cratete occupano quasi 9 ff. e sono precedute dalla lettera dedicatoria del traduttore: "Atanasius Constantinopolitanus, Archensis abbas, ad divum principem Karolum Aragonum, primogenitum"; attestazione di aver tradotto dal greco in latino un documento relativo al monastero di S. Filippo d'Agira a Gerace (Gerace, 6 maggio 1482) in Laurent-Guillou, cit., p. 226 e tav. II, 2-5; traduzione in latino di un atto di Ruggero conte di Calabria e di Sicilia (settembre 1119) a favore del monastero di S. Filippo a Gerace, in L. R. Ménager, Notes et documents sur quelques monastères de Calabre à l'époque normande, in Byzantinische Zeitschrift, L(1957), pp. 15-16; traduzione in latino di un documento (6 maggio 1098) a favore del monastero di S. Veneranda di Maida, in V. Capialbi, Illustrazioni di un diploma donato al monastero di S. Veneranda di Maida, in Opuscoli varii del dott. Vito Capialbi, Napoli 1840, I, pp. 2-4; traduzione in latino della lettera di Liside a Ipparco (cod. Bruxell.9144, ff. 124 ss.), preceduta da una lettera dedicatoria al cardinale Niccolò Cusano, pubblicata da Laurent-Guillou, cit., pp. 188-189; traduzione in latino dell'opera De oratione dominica di Gregorio di Nissa (cod. Vat. lat.256), preceduta da una lettera dedicatoria a Paolo II, in Laurent-Guillou, cit., pp. 218-220; traduzione in latino dell'opera Περὶ ὀρχήσεως (De saltatione)attribuita a Luciano (cod. Paris. graec.3013)preceduta da una lettera dedicatoria a Antonello Petrucci, in Laurent-Guillou, cit., pp. 228-231.

Si ricorda inoltre la traduzione in latino di due omelie di s. Basilio (cod. Vat. lat.4249, ff. 93-125, autografo).

Bibl.: E. Legrand, Bibliographie hellénique XVe-XVIe siècles, III, Paris 1903, pp. 21 s., 36, 58, 132; A. F. Pisani, I monasteri basiliani dell'interno di Catanzaro, in Arch. stor. per le prov. napoletane, n.s., XXXVI (1957), pp. 189-194.

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