ATENA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

ATENA (᾿Αϑήνα, Athena)

A. de Franciscis*

Antichissima divinità greca le cui origini risalgono al periodo del Bronzo.

Appare nell'epos quale figlia di Zeus, generata, secondo la teogonia esiodea, dal cervello del re degli dèi, che aveva inghiottito Meti incinta, mentre più tardi sarà considerata soprattutto come frutto della mente sovrana del dio dell'Olimpo. La vergine glaucopide figlia di Zeus egioco balza, secondo il mito antico, già armata dal capo del padre, aperto dal colpo d'ascia di Efesto o dal Titano Prometeo, mentre trema l'Olimpo e si sconvolge la terra. Fin dalle origini è la dea che ama le opere di guerra e non si cura di quelle di Afrodite, ed appare in prima linea nella lotta contro i Giganti, vicino a Zeus, e da sola combatte contro il grande Encelado, afferrandolo per i capelli e trapassandolo con l'asta. Accanto alle armi risplende terrificante sul suo petto l'egida, ornata dalla Gorgone anguicrinita, la cui testa decora spesso anche il centro del suo scudo.

Ma è soprattutto con Atene che il mito la collega fin dall'arcaismo, sia narrando la sua gara con Posidone per il possesso dell'Attica, da lei vinta facendo nascere l'ulivo dall'asta vibrata nel terreno, sia mettendola in rapporto con l'autoctono Eretteo, nato dalla terra e allevato dalla dea, che lo accolse nel proprio santuario, oppure con Erittonio, che ne è uno sdoppiamento, e che da A. fu affidato alle Aglauridi in una cesta guardata da due serpenti. Essa veglia in armi su Atene ed a lei è sacra l'Acropoli con tutta la città, in suo onore si svolgono le feste dette panatenaiche.

Simbolo del valore guerriero e delle fortune militari di Atene le è compagna Nike, quasi come un suo attributo.

Dea delle armi e non dell'amore, essa è sconfitta da Afrodite nel giudizio di Paride a cui prende parte, e punisce con la cecità il giovinetto Tiresia che fatalmente l'aveva vista bagnarsi nel fiume.

Oltre che nelle armi, già nell'epos omerico appare esperta in tutte le arti; tesse i pepli variopinti, istruisce le fanciulle nei lavori femminili e insegua agli artefici a costruire e a decorare carri, a sbalzare il bronzo, a modellare le statue; è maestra nell'arte musicale e inventrice del flauto, che ella gettò via perché le deformava il volto e che sarà raccolto dal sileno Marsia.

La dea aiuta e conforta vari eroi, primi fra tutti Eracle, l'eroe dorico, e Teseo, l'eroe attico, da lei assistiti in molte imprese, così come insegna a Bellerofonte a imbrigliare Pegaso e a Perseo ad uccidere la Gorgone, e soccorre Ulisse e Diomede.

Tra i nomi di divinità che sono apparsi nei testi micenei di recente decifrazione si legge anche quello di A.: la scoperta costituisce una fonte scritta che conforta l'ipotesi secondo la quale alcune immagini divine del mondo protoellenico potrebbero venire identificate con la dea, e serve a rafforzare l'opinione che appunto in quell'area culturale affondi le sue radici il più antico tipo di simulacro, il Palladio. Rappresentazioni più tarde, specie su monete e sulle anfore panatenaiche (v.), mostrano il Palladio come un idolo di una divinità armata di lancia e scudo. Dalle fonti conosciamo il più noto tra questi simulacri, il Palladio di Troia, mentre sappiamo che altri erano ad Argo, Atene, Sparta, ecc. e che, anzi, ognuna di queste città si vantava di possedere appunto quello che, secondo la saga, era stato recuperato dopo la distruzione di Troia; oltre a ciò è molto probabile che anche l'antichissima immagine di culto sull'acropoli di Atene, cioè l'A. Poliàs, rientrasse nello stesso schema. Ma una chiara conoscenza della figura di A. in età protoellenica è data dalle recenti scoperte avvenute in Gortina, ove si è recuperata tra l'altro una statuetta fittile della dea, rappresentata stante, vestita di un lungo abito campanato e stretto alla vita da una cintura: con la destra impugnava una lancia e nella sinistra portava lo scudo, mentre sulla testa doveva essere un elmo. Si è ritrovato così un nuovo anello della catena che parte dalla dea minoica protettrice del palazzo reale e del re e, attraverso la sua trasformazione in divinità bellicosa nei tempi micenei, giunge alla formulazione ellenica classica. Né si arrestano qui le più antiche testimonianze. Infatti si attribuiva a Dedalo una statua di A. a Cnosso (Paus., ix, 40, 3) ed altre antichissime immagini della dea che si conservavano ancora in tempi storici erano collegate con eventi e persone del mito: tali erano la A. dedicata da Cadmo a Tebe (Paus., ix, 12, 2), quella che Procne portò da Atene a Daulis (Paus., x, 4, 9), quella che Ulisse dedicò a Sparta (Paus., iii, 12, 4), quella che era in Motone, dono di Diomede (Paus., iv, 35, 8). A queste discutibili testimonianze seguono, ed in qualche modo si riallacciano, le fonti che attribuiscono ai due scultori cretesi Dipoinos e Skyllis l'esecuzione di tre statue di A., l'una per Sicione, l'altra per Kleonai, ed una A. Lindia che, secondo una tarda notizia di Cedreno, venne poi trasferita a Costantinopoli. A Gitiades è poi ascritta l'A. Chalkiòikos di Sparta (Paus., iii, 17, 2) e più tardi lo scultore egineta Kalon esegui una A. a Trezene (Paus., ii, 32, 5), riprodotta poi su monete di quella città, e Diyllos, Amyklaios e Chionis composero a Delfi un gruppo rappresentante il ratto del tripode ove era effigiata anche A. (Paus., x, 13, 7). Su terreno più solido ci troviamo a proposito dello scultore Endoios, di cui sono ricordate ben quattro statue di A.: infatti la sua marmorea A. seduta della acropoli di Atene è, con ogni probabilità, pervenuta fino a noi, ma oltre a questa superstite immagine della dea creata -in età arcaica, ne restano altre cui conviene accennare, premettendo che il tipo della dea stante, armata e con l'egida, si fissa in questo momento e serve da modello per tutte le età avvenire. Ed accanto alla immagine isolata troviamo di frequente A. in consessi di divinità (Delfi, fregio E del Tesoro dei Sifni), oppure partecipe di cicli mitici. Ad esempio l'arte arcaica si è compiaciuta di rappresentare A. che atterra il gigante Encelado in grandiose scene di gigantomachia, come sul frontone dello Hekatòmpedon di Pisistrato, sulla acropoli di Atene, e sul frontone occidentale del tempio di Apollo a Delfi (cfr. Eurip., bn, vv. 209-21 i), e, più tardi, sopra una metopa del tempio E di Selinunte, oppure assistente alle imprese di Perseo sopra una metopa del tempio C di Selinunte, o a quelle di Teseo nella metopa del Tesoro degli Ateniesi a Delfi e, soprattutto, nel completo ciclo delle metope del tempio di Zeus ad Olimpia con le fatiche di Eracle, ove l'iconografia della dea ha raggiunto una insuperabile purezza di forma e contenuto. Ai primi del V sec. a. C. la dea campeggia maestosa nei frontoni di Egina, ove domina con tutta la persona sui combattenti che la attorniano. Ma oltre a ciò le narrazioni mitiche sono predilette nella decorazione di vasi, lamine di bronzo ecc., ove troviamo l'episodio della nascita di A. dal cranio di Zeus, la scena del giudizio di Paride, il mito di Erittonio, le imprese di Eracle e di Teseo, eroi che la dea assiste e conforta. La raffigurazione della nascita di A. è attestata da Pausania (iii, 17, 3) in una pittura arcaica corinzia e da Strabone (viii, 343) in un rilievo arcaico da Sparta e il tema ritorna nei rilievi bronzei di imbracciature di scudi da Olimpia della fine del sec. III a. C. attestando la diffusione e la popolarità del mito anche fuori dall'Attica. In Atene esso è spesso trattato dai ceramografi attici a figure nere che rappresentano varî momenti della nascita miracolosa, ora con Atena uscente, simile a piccolo èidolon armato, dal cranio di Zeus, ora, più grande, sulle ginocchia del padre, ora balzata in piedi a terra tutta in armi, brandendo l'asta. Rielaborazioni degli schemi dei vasi attici si hanno in specchi incisi etruschi del IV sec. a. C.

I ceramografi attici della tecnica a figure rosse dipingono anche il mito di Erittonio nell'atto in cui Ghe, emergente dal suolo, consegna nelle braccia di A. il fanciullino, come nello stàmnos di Hermonax e in una kỳlix da Tarquinia, a Berlino. Infine in una kỳlix del British Museum appare Erittonio dentro la cesta aperta guardato dai serpenti, in atto di rivolgersi verso la dea mentre le Cecropidi fuggono. Per altri motivi, anch'essi caratteristici, si ricorda una tavoletta fittile dipinta da Skythes con A. che monta sul carro (Atene, Museo Naz.) o l'anfora di Amasis con A. e Posidone (Parigi, Bibliothèque Nationale), il rilievo di "A. pensierosa" dell'acropoli di Atene, quello del Pal. Lanckorónski di Vienna o quello Lansdown di Londra; né bisogna omettere l'immagine della dea come si presenta sulle monete ateniesi e su quelle di altre città che riproducono, evidentemente, statue di culto. Ma sebbene A. fosse divinità antichissima, come si è detto, e il cui culto era largamente diffuso nel mondo greco, non possiamo non rilevare che essa incontrò maggior favore come dea eponima e protettrice di Atene, e quindi ha più o meno sollecitato l'attività degli artisti in relazione con lo sviluppo ed il predominio ateniese nel mondo della cultura e della poesia, oltre che in quello della politica e del commercio. Dopo la vittoria sui Persiani, col massimo splendore della storia di Atene, anche la dea si leva sempre più a simbolo di civiltà, di Vittoria, di pace, di benessere, e le sue immagini e le rappresentazioni dei miti a lei pertinenti si moltiplicano. Di qui la ricchezza iconografica nelle cosiddette arti minori, specialmente nella pittura vascolare, oltre che nella statuaria. Mirone scolpì per lo Heràion di Samo un gruppo con Zeus, A. ed Eracle (Strabo, xiv, p. 637 b) e della dea è stata riconosciuta una copia in una statua ora a Berlino; sull'acropoli di Atene si ammirava un gruppo di A. e Marsia (Plin., Nat. hist., xxxiv, 57; cfr. Paus., 1, 24, 1), anch'esso identificato attraverso una serie di riproduzioni e di repliche di età romana. La dea, in peplo e con l'elmo, ma senza egida, si volge d'improvviso verso il Sileno che è in atto di raccattare le tibie: il contrasto tra le due figure è qui elemento predominante. Ma l'artista che maggiormente ebbe occasione di raffigurare la dea protettrice di Atene è senza dubbio Fidia, e la sua attività si svolge nell'ambito di quella mirabile fioritura d'arte che è legata al nome di Pericle.

Già nel donano delfico per la vittoria di Maratona era rappresentata la dea (Paus., x, 10, 1) ed alla giovinezza dello scultore risale anche la A. criselefantina di Pellene (Paus., vii, 27, 2). Allo stesso periodo appartiene, all'incirca, la A. Pròmachos, colossale statua in bronzo eretta sull'acropoli di Atene col bottino di Maratona e forse, più tardi, portata a Costantinopoli. L'opera era celebrata per la sua bellezza, ma purtroppo oggi ben poco se ne può capire dalle incisioni monetali che ne tramandano l'aspetto. Della A. Lèmnia, invece, abbiamo la ricostruzione realizzata dal Furtwängler attraverso le repliche romane (specialmente di Dresda e di Bologna): la dea regge l'elmo con la mano destra e tiene nella sinistra la lancia, mentre l'egida è disposta obliquamente sul petto. L'originalità dello schema e la fresca e giovanile concezione della dea ne fanno un'opera particolarmente suggestiva. Un'altra creazione di stile fidiaco è l'A. del tipo Medici-Carpegna, vicina per tanti aspetti alla statua di culto del Partenone. Nulla sappiamo poi di un'altra A. fidiaca in bronzo che Paolo Emilio dedicò a Roma nel tempio della Fortuna Huiusce Diei (Plin., Nat. hist., xxxiv, 54; Procop., Beh. Goth., i, 15, 1), ma il capolavoro di questo maestro è giudicata la Parthènos, colossale statua in oro ed avorio, che si venerava e si ammirava nel Partenone. A. vestita del severo peplo portava sul capo l'elmo attico, nella mano destra, poggiata ad una colonna, recava una piccola Nike, e con la sinistra teneva la lancia e lo scudo in cui era raccolto il serpente Erittonio. Del perduto originale repliche di piccolo modulo come l'A. del Varvakeion e l'A. Lenormant, rielaborazioni tarde come l'A. di Pergamo, l'A. di Antiochos ecc. ed altri documenti minori (gemma di Aspasios, medaglione di Kul-Oba ecc.), nonché le numerose fonti letterarie, rendono solo una pallida idea e permettono di intravedere appena la concezione maestosa della figura divina, resa come un volume saldamente conchiuso del quale era però sottolineato lo slancio verticale. La statua, inoltre, sia per la materia di cui era fatta, sia per la decorazione pittorica ed a rilievo che animava le varie parti (scudo, sandali, base) doveva raggiungere anche un notevole effetto coloristico che ne accentuava il fascino. Dovette questa essere una delle opere più alte che abbia creato lo spirito ellenico. Infine, anche sui frontoni del Partenone dominava la figura di A., ad E nella scena della nascita, ad O nella gara con Posidone; ma, per la scena del frontone E dobbiamo accontentarci di una libera e tarda rielaborazione (puteale di Madrid), mentre la A. del frontone O è riconoscibile in un superstite rovinatissimo torso con una parte della testa, oltre che in vecchi disegni (Nointel, Carrey). Nonostante le gravi lacune della nostra documentazione sulle numerose immagini di A. create da Fidia, è lecito tuttavia ancora oggi riconoscere quale alto e duraturo contributo quell'artista abbia portato alla iconografia della dea e con quale impegno ed attenzione egli abbia risolto ogni volta con originalità un tema che rischiava di divenire monotono.

L'influsso che Fidia esercitò nelle età successive fu grandissimo; già i suoi più vicini seguaci e discepoli ripresero amorosamente il tema, anzi una sospetta e tarda fonte narra addiritttira di una gara tra Fidia ed Alkamenes per una A. da porre sopra una alta colonna (Tzetz., Chil., viii, 353 ss.), la statua di A. in Elide è da Plinio (Nat. hist., xxxv, 54) attribuita a Kolotes e da Pausania (vi, 26, 3) a Fidia. Alkamenes inoltre scolpì una A. ed un Eracle, ex voto di Trasibulo a Tebe (Paus., ix, 11, 6); di Agorakritos era una A. Itònia a Coronea (Paus., ix, 3, 1). Tra i monumenti superstiti, conviene ricordare la A. di Velletri (Louvre) che è riportata ad un originale di Kresilas, la A. Albani all'incirca contemporanea (Villa Albani, testa forse non pertinente), e l'A. del tipo Hope-Farnese (Napoli, Deepdene ecc.) nella quale si suole riconoscere la A. Hygièia di Pyrrhos; sappiamo inoltre dalle fonti di una A. myctica opera di Demetrios di Mopece (Plin., Nat. hist., xxxiv, 76) e di una A. che era ad Olimpia, opera di Nikodemos di Mainalos (Paus., v, 26, 6). Un tipo di A. con elmo attico (Napoli, erma da Ercolano) appare vicino a Fidia, ma è stato attribuito anche a Kephisodotos. Con il IV sec. a. C. le testimonianze delle fonti intorno alle immagini della dea A., che rivestano un particolare interesse sia iconografico che estetico, si fanno sempre più rade e le opere superstiti, sebbene abbondanti, non sembrano uscire, per quanto concerne il programma iconografico, dagli schemi e dagli atteggiamenti che erano stati fissati in precedenza, specie nella cerchia fidiaca. Forse alla prima metà del IV sec. a. C. risale un Kephisodoros, autore di una A. in bronzo che si trovava al Pireo (Plin., Nat. hist., xxxiv, 76). A Tebe è ricordata una A. Prònaia di Skopas dinanzi al tempio di Apollo Ismenio (Paus., ix, 10, 2), e probabilmente da questo originale deriva il tipo della A. Rospigliosi (Berlino, Musei), che è stata attribuita anche a Timotheos, opera caratteristica sia per l'atteggiamento della testa rivolta vivacemente verso l'alto, sia per la concezione di tutta la svelta figura panneggiata nell'ampio himàtion. Di Prassitele era un gruppo di A. con Hera e con Ebe, a Mantinea (Paus., viii, 9, 3), ed allo stesso artista si fa risalire, con buona probabilità, il tipo della A. di Arezzo, noto attraverso molte repliche (Benevento, Firenze, Baia). Anche in questa scultura va notata la disposizione dello himàtion che avvolge la figura nel senso orizzontale creando un contrasto suggestivo di linee direttive e di piani; qualcosa di simile si nota anche nella figura della dea quale appare nel dodekàtheon ostiense che riproduce, sembra, il gruppo dei dodici dèi che Prassitele eseguì per Megara (Paus., i, 40, 3). Di Euphranor, poi, si ha notizia di una A. detta Catuliana che Q. Lutazio Catulo dedicò ai piedi del Campidoglio (Plin., Nat. hist., xxxiv, 77): il tentativo di identificare questa statua col tipo dell'A. Giustiniani oppure dell'A. di Velletri o in altre, non ha trovato sufficienti consensi. Sempre a Roma, nel tempio della Concordia, Plinio (Nat. hist., xxxiv, 90) ricorda un'A. eseguita da Sthennis. Naturalmente in tutto questo periodo i miti nei quali è presente A. continuano a fornire soggetti alla pittura, di cui, ad esempio, pare sia un eco il cratere di Orvieto (Parigi, Louvre), e alle arti minori, mentre A. appare ancora sulle monete di varie città. Sebbene ispirate alle grandi creazioni attiche del V sec., queste immagini della dea, specie nella pittura vascolare, tendono a perdere la loro solennità per cadere assai spesso nel generico e nel lezioso. Interessante è poi la figura di A. sulle testate di decreti, poiché qui la figura riecheggia evidentemente, motivi della grande arte, come spesso sui rilievi votivi.

Per il periodo ellenistico si possono ricordare altre statue di A.; nel clima del classicismo attico del II e I sec. a. C. Damophon di Messene ritrasse la dea con altre divinità a Megalopoli (Paus., viii, 31, 2), Euboulides scolpì una A. Paiònia (Paus., i, 2, 4) di cui è stata trovata la testa (Atene, Museo Naz.), Timarchides e Timokles eseguirono la statua di culto nel tempio di A. Krànaia ad Elatea (Paus., x, 34, 8), raffigurando la dea in atto di combattere, ed infine è forse A. una testa nel gruppo di sculture trovate a Calidone (Atene, Museo Nazionale). La dea è poi presente anche nella gigantomachia dell'altare di Pergamo, nell'atto di afferrare per i capelli il gigante Alcioneo. La figura di A. fu sovente rappresentata nelle forme leziose e convenzionali dei prodotti arcaistici insieme con le altre divinità dell'Olimpo ed inoltre essa appare anche nell'arte etrusca e romana in rappresentazioni di miti cui per lunga tradizione essa era partecipe, oltre, ovviamente, alle copie e rielaborazioni proprie dell'età romana delle più note creazioni greche: ma si tratta in genere di opere che non hanno originalità dal punto di vista dell'iconografia e valgono in quanto permettono di risalire in qualche modo al modello greco. Per la parte italica e romana v. Minerva.

Monumenti considerati. - Per le opere attribuite a determinati artisti si rimanda alle singole voci di questi e alla relativa bibliografia.

Statuetta fittile di Gortina: D. Levi, in La Parola del Passato, 1956, p. 285 ss.

Statua di Endoios: A. Rumpf, in La Critica d'Arte, iii, 1938, p. 41 ss.

Fregio dei Sifni: Fouilles de Delphes, iv, 2, Parigi 1928, pp. 85-86, 104, 131-134, 156, iv, 3, Parigi 1931, p. 17.

Frontone dello Hekatòmpedon: H. Schrader, Die archaisclen Maorbildwerke der Akropolis, Francoforte 5. M. ‛939, p. 347 ss., tavv. 185-188.

Metopa del Tempio E di Selinunte: F. Gerke, Griechische Plastik, Zurigo-Berlino 1938, tav. 59.

Metopa del Tempio E di Selinunte: Ch. Picard, Manuel, ii, Parigi 1939, p. 128, fig. 62.

Metopa del Tesoro degli Ateniesi a Delfi: Ch. Picard, P. La Coste-Messelière, Sculptures grecques de Delphes, Parigi 1927, tav. xxxviii.

Metope del Tempio di Zeus ad Olimpia: G. Rodenwaldt W. Hege, Olympia, Berlino 1936, tavv. 66, 67, 68, 70, 74, 75, 76, 77.

Frontoni di Egina: A. Furtwängler, Aegina, das Heiligtum der Aphaia, Monaco 1906, pp.. 215-216, 239-241, tavv. 96, 104, 105, 1o6.

Vasi con il giudizio di Paride: Clairmont, Das Parisurteil in der antiken Kunst, Zurigo 1951, passim.

Vasi con la nascita di A.: R. Schneider, Die Geburt der Athena, in Jahrbücher für klass. Philol., vi, 1866, p. 289; Bergk, Die Geburt der Athena, in Abhandlungen Arch. Epigr. Seminares, Vienna, i, 188o.

Kỳlix con la nascita di Erittonio di Berlino: Mon. Inst., x, tav. 39; J. D. Beazley, Red-fig., p. 739, n. 2 (attribuito al Pittore di Codro).

Rilievi bronzei di Olimpia: E. Kunze, Olympische Forschungen, li, Archaische Schildbànder, Berlino 1950; nascita di A., pp. 77-82; lotta con Encelado, p. 89; Perseo e la Gorgone, p. 136; Aiace e Cassandra, p. 162 ss.

Pìnax di Skythes di Atene: G. E. Rizzo, Il ceramografo Skythes, in Mon. Piot, xx, 1913, p. 117, tav. viii, 2.

Rilievo di A. pensierosa dell'Acropoli: H. Schrader, Phidias, Francoforte S. M. 1924, p. 90, fig. 75.

Rilievo Lanckorónski di Vienna: H. Schrader, op. cit., p. 90, figg. 76-77, 79.

Rilievo Lansdown di Londra: H. Schrader, op. cit., p. 90, fig. 78.

Monete con testa di A.: K. Lange, Götter Griechenlands, Berlino 1941, tavv. 22-29.

Testate di decreti: H. K. Süsserott, Griechische Plastik des 4. Jahrhunderts vor Christus, Francoforte s. M. 1938, tav. i, nn. 2, 4; tav. li, n. 1; tav. iii, n. 2; tav. iv, n. 1; tav. v, nn. 1, 2, 3, 4; tav. ix, nn. 1, 3, 4; tav. xi, n. 1.

Rilievi votivi: H. K. Süsserott, op. cit., tav. xviii, n. 3.

Tipo statuario Rospigliosi: C. Blümel, Römische Kopien griechischer Skulpturen des vierten Jahrh. v. Chr., Berlino 1938, Katalog x, p. 25, k. 239.

Tipo statuario di Arezzo: M. Napoli, in Boll. di Storia d'Arte di Salerno, iii, 1953, p. 87 ss.

Rilievi arcaistici: G. Becatti, Lo stile arcaistico, in La Critica d'Arte, iv, 1941, pag. 32 ss.

Bibl.: O. Jahn, De antiquissimis Minervae simulacris Atticis, Bonn 1866; A. Baumeister, in Baumeister, Denkmäler, I, 1885, p. 209 ss.; A. Furtwängler, s. v. Athena, in Roscher, I, c. 786 ss.; F. Dümmler, s. v. Athena, in Pauly-Wissowa, II, c. 2008 ss.; L. Ziehen-G. Lippold, s. v. Palladion, in Pauly-Wissowa, XVIII, c. 171 ss.; A. Di Vita, A. Ergane, in Annuario Atene, XXX-XXXII (N. S. XXIV-XXVI), 1952-54, p. 141 ss.

(A. De Franciscis*)