Astroboy

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Astroboy

Alfredo Castelli

Un piccolo robot con un messaggio di speranza

Nel 1945 due bombe atomiche sganciate sulle città di Hiroshima e Nagasaki posero fine alla Seconda guerra mondiale: il Giappone fu costretto alla resa e occupato da truppe straniere. Per i suoi abitanti quegli avvenimenti costituirono un terribile shock che si è riflesso nella loro letteratura, nei loro disegni animati e nei manga, i loro fumetti: Astroboy è il protagonista di uno di questi

Robot dagli occhi grandi

Come mai i protagonisti dei manga giapponesi sono rappresentati con occhi enormi? L'inventore di questa peculiare caratterizzazione è Tezuka Osamu (con il cognome prima del nome, come si usa scrivere in Giappone), il creatore della serie Astroboy (1952) e di tantissime altre serie a fumetti.

Tra il 1945 e il 1952 i militari americani occuparono il Giappone per assicurarsi che il paese venisse smilitarizzato e che fosse promulgata una nuova costituzione. Insieme ai soldati, giunsero dagli Stati Uniti molte novità; tra queste i disegni animati di Walt Disney e quelli con Braccio di Ferro.

Tezuka Osamu rimase affascinato dalla tecnica narrativa e dall'aspetto grafico dei protagonisti, che venivano disegnati con grossi occhi ovali. La ragione di questa scelta era di carattere pratico: la grandezza degli occhi rendeva possibile agli animatori tratteggiare con maggiore efficacia l'espressione dei personaggi. Nel disegnare Astroboy, l'autore giapponese decise di adottare anche lui questo accorgimento, e aumentò ulteriormente la dimensione degli occhi. L'espediente piacque e in breve tempo diventò una caratteristica della produzione giapponese.

Ottimismo nella catastrofe

Se seguiamo i cartoni giapponesi, noteremo alcuni temi ricorrenti: la presenza di orfani (come molti bambini di Hiroshima e Nagasaki); un certo sospetto nei confronti della scienza (che può 'impazzire', come quando costruì l'atomica); il timore di un'invasione aliena (l'occupazione); le mutazioni provocate dalle radiazioni. Questo pessimismo si riscontra anche in molte opere di Tezuka, compresa la parte iniziale del suo Tetsuwan Atom ("Atom dal pugno di ferro"), ribattezzato Astroboy in Occidente, ancora oggi famoso in tutto il mondo grazie anche alle serie televisive a lui ispirate.

Tobio, il figlio del dottor Tenma, direttore del ministero della scienza, muore in un incidente stradale; il padre, impazzito per il dolore, costruisce un robot con le sembianze del figlio, sperando di ritrovare la pace. Il piccolo automa, alimentato dall'energia atomica, può volare grazie a due reattori sistemati nelle gambe, parla sessanta lingue, possiede una forza spaventosa e molti altri poteri, ma non può crescere come gli altri bambini; così Tenma, in un accesso d'ira, lo vende a un circo equestre. A questo punto, però, la storia prende una piega ottimistica: Astroboy viene ritrovato da un certo dottor Ochanomizu, che lo prende con sé. Per lui inizia una nuova vita: frequenta la scuola come gli altri bambini e ha un padre e una madre robot appositamente costruiti per dargli una famiglia. Astroboy mette a frutto i suoi poteri lottando contro i molti nemici che minacciano l'umanità, ma la capacità che maggiormente lo avvicina ai lettori è quella di comprendere i sentimenti di chi lo circonda. Grazie alle sue passate sofferenze, il robot ha acquistato un cuore e un'anima ed è divenuto un essere umano a tutti gli effetti.

Perché proprio un robot?

È certo che i Giapponesi hanno sempre subito il fascino degli uomini meccanici: uno dei primi fumetti realizzati in quel paese fu Tank Tankuro, un robottino-guerriero creato nel 1934 da un disegnatore chiamato Gayo; molti anni dopo i robot si moltiplicarono e divennero i protagonisti di uno dei principali filoni dei disegni animati nipponici. C'è chi sostiene la teoria secondo la quale il robot rappresenta l'immagine del samurai ideale: i samurai erano guerrieri (la parola, però, significa "servitori") che combattevano seguendo un rigido codice di comportamento senza mai trasgredirlo e che portavano a termine la loro missione a ogni costo.

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