ASTARTE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi ASTARTE dell'anno: 1958 - 1994

ASTARΤE (v. vol. I, p. 748)

A. M. Bisi

I contributi alla iconografia di A. sono venuti dalle scoperte effettuate a partire dagli anni '60 nelle colonie fenicie di Cipro, della Spagna meridionale e della Sardegna, che hanno arricchito il già cospicuo anche se eterogeneo repertorio esistente, integrandolo con nuove testimonianze epigrafiche (dalle dediche ad A. del santuario di Tas Silg a Malta alla lamina fenicia di Pyrgi consacrata «alla signora Α.», alla placchetta in avorio con iscrizione fenicia di Sarepta, che reca la menzione di «Tanit-Astarte»).

All'articolazione del culto di A. a Cipro (ove un grandioso tempio alla dea sorge nella più antica colonia fenicia dell'isola, a Kition, nella prima metà del IX sec. a.C.) e nel mondo fenicio d'Occidente, non fa tuttavia riscontro un'altrettanto spiccata caratterizzazione di iconografie canoniche sicuramente riconducibili ad Α.: si tratta infatti, per lo più, dell'attardarsi, nel repertorio figurativo delle colonie, di quelle immagini di dee nude o vestite,

in veduta rigorosamente frontale con acconciatura ḥatḥorica e braccia ricondotte sul petto a reggere i seni, che fanno parte dell'imagerie siro-palestinese del Bronzo Recente (seconda metà del II millennio a.C.), nella quale confluiscono apporti egiziani e mesopotamici e che sembra applicarsi, con intercambiabilità difficilmente verificabile alla luce dell'evidenza fornita dai testi, sia ad A. che ad altre dee «cananaiche» come 'Anat e Ašerat. Un sigillo di diaspro fenicio, oggi ad Amburgo, perpetua nel VII sec. a.C. l'iconografia della dea guerriera del II millennio, seduta in trono con un'ascia fenestrata siriana sulla spalla, scettro fogliato e corona con il disco solare fra le corna di giovenca, in cui si assommano i tratti della A. siriana, della Ištar mesopotamica e della Iside-Hathor egiziana.

Anche altre immagini fenicie di età persiana di Α., provenienti dalla zona di Tiro (rilievo di Fi' a Istanbul) e da Biblo (stele di Yeḥawmilk) la caratterizzano, al pari della Ḥatḥor egiziana, come «signora del cielo», epiteto (nbt pt) che del resto appare già applicato alla A. siriana nella stele menfita di Merenptaḥ.

Altre rappresentazioni di A. si trovano sulle placche auree di Lapithos a Cipro (X-IX sec. a.C.), ove la dea è eretta su una rosetta fogliata, simbolo astrale, mentre in altre placche un poco più tarde da Idalion, Paphos e Amatunte, si preme i seni e poggia i piedi su due leoni addorsati. Quest'ultima iconografia riecheggia quella della A. siriana di Qadeš introdotta in Egitto all'epoca di Thutmosis IV (XV sec. a.C.) e si ripete in varie opere di toreutica nord-siriana del IX-VIII sec. a.C., come i frontali equini con dee nude, isolate o in triadi, da Teli Taynat, Salamina di Cipro, Samo, Mileto, ecc.

Sul versante occidentale, l'unico caso di correlazione fra la dedica ad A. e l'immagine che la rappresenta è offerto dalla statuetta bronzea dal villaggio tartessico di El Carambolo (Siviglia), in cui la dea è nuda seduta in trono, con parrucca egittizzante: l'analisi tipologica e stilistica la connota come un'opera fenicia dell'VIII sec. a.C., affine agli ori di Nimrud.

Nell'arte punica, assumendo come discriminante il V sec. a.C., allorché Tanit prende il sopravvento su A. nelle credenze e nel repertorio figurato, si tende convenzionalmente a considerare pertinenti ad A. tutte le rappresentazioni divine femminili che appaiono prima di tale data nelle terrecotte come nelle stele votive dei tofet, nelle oreficerie, negli amuleti, nella glittica, ecc. Particolarmente significativi in quanto elaborazioni originali dell'ambiente occidentale sono i pendenti in lamina aurea da Tharros con la dea sostenentesi i seni e con un'elaborata corona egizia sul capo, e la statuetta in pietra da Monte Sirai, colonia di Sulcis presso Carbonia, che riecheggia schemi della cultura nord-siriana della prima Età del Ferro.

Per quel che attiene all'età ellenistico-romana, la documentazione letteraria e iconografica relativa ad A. in Fenicia è stata riesaminata recentemente da M. Delcor che ha evidenziato i numerosi fenomeni di sincretismo propri del culto di Α., dal Libano a Palmira: essi hanno il loro riflesso nel repertorio figurato, ove il tipo della Venus lugens, piangente la morte di Adone nel simulacro sul monte Libano descritto da Macrobio, coesiste con quello della dea poliade delle monete delle città fenicie del II-III sec. d.C. Vi è poi il tipo della Venere di Heliopolis (Ba'albek), che riprende lo schema dell'A. fenicia in trono, fiancheggiata da sfingi alate o da leoni, ovvero appare come componente della triade eliopolitana, con Giove e Mercurio.

Bibl.: S. Moscati, Sulla diffusione del culto di Astarte ericina, in Orìens Antiquus, VII, 1968, pp. 91-94; V. Karageorghis, A Gold Ornament with a Representation of an «Astarte», in RStFen, III, 1975, pp. 31-35; J. Karageorghis, La grande déesse de Chypre et son culte, Lione-Parigi 1977; E. Gubel, An Essay on the Axe-Bearing Astarte and Her Role in a Phoenician «Triad», in RStFen, VIII, 1980, pp. 1-17; M. Delcor, in LIMC, III, 1, 1986, pp. 1077-1085, s.v.; A. M. Bisi, Per una riconsiderazione della «Astarte» di Monte Sirai, in Anales de la Universidad de Cádiz, III-IV, 1986-1987, pp. 107-121. (A. M. Bisi)