CASTELNUOVO, Arturo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)

CASTELNUOVO, Arturo

Bruno Di Porto

Nacque a Livorno, il 5 sett. 1856, da Giacomo, patriota e medico del re Vittorio Emanuele II, che lo nominò barone, e da Rachele Herrera. Studente di chimica farmaceutica in Napoli, fu attratto dal giornalismo, esordendo con la collaborazione alla Riforma e al Masaniello, finché, per giovanile desiderio di avventurose esperienze, nel 1879 partì per l'Argentina. Redattore della Patria italiana, pubblicata nella capitale, si batté, anche in duello (scontando una breve reclusione), per Dardo Rocha, presidente dello Stato di Buenos Aires e fondatore di Città della Plata, di cui divenne segretario particolare.

Tornato in Italia nel 1886, il C. fu nominato dal ministro degli Esteri, Quirino Costa, viceconsole della Repubblica sudamericana a Civitavecchia. Per l'incremento dei rapporti italo-argentini, fondò nel 1888 la Repubblica argentina in Roma, un bisettimanale di quattro pagine, e tenne conferenze in varie città, prospettando i vantaggi dell'emigrazione e caldeggiando il mantenimento dei legami con la madrepatria, veicolo - tra l'altro - dell'espansione commerciale italiana oltreoceano: si veda La Repubblica argentina e l'Italia, testo della conferenza tenuta a Firenze (Genova 1889).

L'incarico diplomatico gli fu però revocato dal governo argentino per l'entusiastica accoglienza a Dardo Rocha, allora presidente del Senato, oppositore del governo, venuto in visita in Italia nel 1888.

Passato a Venezia, dove sposò Emilia Levi, Morenos, fondò nel 1895 e diresse il Todaro, un giornale politico-umoristico, con eleganti pagine a colori e varie rubriche (per es. il "Carro di Tespi" e le "Ciance politiche"), che, affiancato da un almanacco, stimolò e raccolse la letteratura dialettale veneta del tempo, promovendo inoltre nella città della laguna una serie di iniziative mondane, folkloristiche, musicali e di beneficenza. Curò pure corrispondenze da Venezia per giornali di altre città, tra cui il Popolo romano, e organizzo la locale Associazione fra giornalisti e pubblicisti, di cui fu vicepresidente.

Forse in seguito alla conoscenza del ministro delle Poste A. Pascolato, che presiedette tale associazione, ideò pubblicazioni specializzate nel settore delle informazioni postali e delle comunicazioni, fondando nel 1900 l'Indicatore Postale e telegrafico del Regno, che uscì per cinque anni, da lui diretto, e nel 1905 la Rivista delle comunicazioni, che affrontò le prime questioni di diritto automobilistico ed aeronautico, recando contributi ai congressi nazionali ed internazionali in materia. Nello stesso anno, per offrire il panorama dei problemi e delle iniziative municipali, fondò la rivista Il Comune, diretta da F. Clementi, che divenne poi organo dell'Associazione dei comuni italiani.

Nel 1908, per dare più larga diffusione alle pubbliche aste e gare d'appalto, fondò il Bollettino delle aste e forniture, che, oltre ad annunciare i pubblici incanti trattò le questioni fiscali, legali e credilie inerenti a questo genere di attività. Quando poi, nel 1912, fu istituita presso il ministero del Tesoro la commissione consultiva per il coordinamento degli approvvigionamenti e delle forniture, per integrarla con le rappresentanze dei corrispondenti interessi privati, organizzò in Roma un congresso delle ditte fornitrici e appaltatrici dello Stato e degli enti locali, che si costituirono in associazione.

Durante la guerra mondiale pubblicò l'album patriottico Il cuore d'Italia (Roma s. d.), contenente proclami ed immagini, e il volumetto Gallia Italiae novae salutem MCMXVI (Roma 1917). Il suo salotto romano di via Condotti gi divenne frattanto un centro di ritrovo tra intellettuali, uomini d'affari, politici e militari, dalle cui discussioni il C. traeva idee ed impulsi per la propria attività pubblicistica ed editoriale.

Essendosi, durante il conflitto, sottolineato in tale ambiente il ruolo dell'aeronautica in connessione strategica con la marina, fondò nel 1919 la Rassegna marittima aeronautica illustrata, che offrì una visione globale dei progressi delle due armi, attraverso la collaborazione dei massimi esperti e progettisti italiani, quali L. Crocco, G. Doubet, F. Eredia, F. Grutter, G. Pegna. La diressero, in ordine di tempo, P. Leonardi-Cattolica, il viceammir. Morino, l'ing. Pegna, i deputati R. De Vito e M. Vaccaro, l'ammiraglio Grassi e finalmente il comandante Grutter, cui il C. la cedette nel 1926, essendo assorbito dalla nuova iniziativa di Echi e commenti, rivista uscita ogni decade dal settembre 1920, per la quale costituì la società anonima L'Editoriale.

Con questo periodico, di cui affidò la direzione ad Achille Loria, culminò la sua vita giornalistica: applicando a un vasto ambito politico, economico e culturale la sua formula pubblicistica d'informazione e problematica, prima realizzata in chiave settoriale (e lasciando, pur sempre, nelle rubriche largo posto alle discussioni tecniche e specialistiche), presentò il quadro della situazione italiana nel dopoguerra, attraverso la rassegna della stampa estera ed una tribuna aperta agli esponenti delle varie forze, entro la cornice di un proprio indirizzo, genericamente nazionaIe e moderato, che, per consenso e per necessità, si portò poi sulle posizioni fasciste.

Redattore capo della rivista, precisò la sua competenza nel campo finanziario, su una rubrica spesso critica verso gli ultimi governi liberali, soprattutto in merito alla nominatività dei titoli, propugnando soluzioni in parte adottate dal fascismo.

Allineandosi il periodico con la disciplina del regime, scomparve dalle sue colonne il libero confronto politico, ma egli promosse in compenso una nutrita serie di referendum e discussioni tra esperti su problemi finanziari ed economico-sociali, di cui impostò ogni volta i termini, formulando proposte, e trasse le conclusioni. Una delle più impegnative campagne riguardò la specializzazione del credito, da conseguire sull'esempio dei sistemi bancari inglese e francese (si veda specialmente l'annata 1924), con distribuzione di funzioni ed impieghi dei depositi tra le banche, implicante diversità di operazioni e di rischi, a seconda delle caratteristiche ed entità, da realizzare nella concreta situazione italiana con riguardo alle rispettive esigenze di - finanziamento nei differenti settori della produzione. Di qui l'attenta analisi dello sviluppo economico nazionale, di fronte a grandi eventi e nuovi campi d'azione (crisi mondiale del 1929, bonifiche, Mezzogiorno, motorizzazione, elettrificazione, idrocarburi), condotta dall'angolazione del credito, quale fattore propulsivo, e l'insistenza per delimitare la sfera operativa dei medi e piccoli istituti bancari, che tuttavia difese dai severi provvedimenti fascisti di fusione e concentrazione, solo in parte approvati: si vedano gli articoli Concentramento bancario e istituti centrali (X [1929], 1, p. 14), Fusioni e controlli (ibid., 4, p. 4, con discussione nei numeri successivi), Grandi e piccole banche (XII[1931] 5, p. 8), Ancora delle grandi e piccole banche (ibid., 6, p. 4).

Espresse analogamente le sue riserve sul decreto relativo alle borse, del 26 febbr. 1925, che imponeva una forte cauzione agli agenti di cambio, limitandone il numero e le attività. Sostenne la presenza consultiva dei depositanti, accanto agli azionisti, nelle assemblee degli istituti (V [1924], 10, pp. 14 s.); combatté le degenerazioni affaristiche del credito cooperativo (VII [1926], 21, pp. 8 s., e 25, pp. 12 s.); sollecitò l'attrazione in Italia dei risparmi degli emigrati (XI [1928], 7, p. 7) e si occupò dei finanziamenti esteri (tra l'altro come segretario generale al congresso dell'apposito istituto, tenuto in Roma nel 1924), che proponeva di raccogliere mediante consorzi, emittenti obbligazioni all'estero: le ipoteche sui beni italiani si sarebbero così accese a favore di tali enti, sotto il controllo statale, e non direttamente a favore dei creditori stranieri (X [1929], 10, p. 4).

Di fronte agli indirizzi programmatici dell'economia fascista tenne un atteggiamento fondamentalmente pragmatico ed empiristico, propugnando in alcuni casi il protezionismo (specialmente per l'industria saccarifera) e temperando in altri il tono nazionalista dell'epoca a favore degli scambi e della collaborazione internazionale (cfr. sulla Società delle Nazioni, X [1929], 30, p. 2, e sulle banche internazionali, XI [1930], 28, p. 14).

Con simile elasticità valutò l'alternativa tra dirigismo e liberismo nella vita economica interna, consigliando gli interventi statali nei settori di carente iniziativa privata, a coronamento e sostituzione dei parassitistici salvataggi (cfr. la discussione sull'argomento nell'annata 1931).

Nel contesto del corporativismo inserì i temi della cooperazione (XI [1930], 25, p. 11 e successivi) e dell'ordinamento razionale della produzione (problema dibattuto sulla rivista nel 1931), anticipando qualche moderna veduta di programmazione industriale e, almeno sotto il profilo creditizio, di articolazione regionale (X [1929], 11, p. 9).

Suscitò discussioni sull'unificazione tributaria (annata 1929), sul concetto economicogiuridico di fido, di cui diede un'interpretazione estensiva, tendente ad allargarne le norme alle partecipazioni assunte dalle aziende di credito negli enti finanziati (1929), sul problema dei dirigenti (1930), sui prezzi all'ingrosso e al minuto (1930) e, con particolare slancio sociale, sulla ripartizione degli utili agli assicurati (1930), di cui fu un antesignano in Italia.

Il dibattito su questo complesso di temi, interessante pur nei limiti del totalitarismo e della retorica fascisti, ebbe come palestra, oltre le colonne della rivista, il centro culturale Casa del pensiero, fondato nel 1925 dal C. a Roma, e la collana di studi "Problemi dell'ora", che ordinò in volumi i testi delle discussioni.

I matrimoni dei principi Umberto e Giovanna di Savoia con Maria Josè e Boris III gli suggerirono lo spunto per due libri sui rapporti col Belgio e con la Bulgaria: Il centenario di un regno. Il Belgio (Roma 1931)e Dalla guerra senza odio all'idillio (ibid. 1930).

Fu compensato da questi paesi con onorificenze, che si aggiunsero agli altri suoi titoli italiani e stranieri: era, in particolare, dal 1925 grande ufficiale della Corona d'Italia e nel 1935, dopo la morte del fratello Ugo, gli venne confermato il titolo baronale paterno.

Echi e commenti si venne frattanto arricchendo di nuove rubriche, di argomento geologico, petrolifero, sociale-corporativo, editoriale; ma il nodo della restrizione autoritaria emerse pienamente nel 1928 col congedo di Achille Loria, forzato a dimettersi dalla direzione per il voto contrario in Senato alla legge che alterò la fisionomia e la struttura delle istituzioni parlamentari, già esautorate dal fascismo. Gli subentrò nella direzione Raniero Paulucci di Calboli, al quale, morto nel 1931, successe il sen. Alberto De Marinis. In quell'anno lo stesso C. si dimise dalla carica di redattore capo, in cui lo sostituì il genero G. Lovati.

Dietro le "strettissime considerazioni personali", addotte nel congedo, si celava l'ingiunzione dei massimi gerarchi a desistere da campagne ed indagini che investivano cospicui interessi, specialmente nel campo assicurativo. Cedendo quindi la rivista, continuò nel suo impegno pubblicistico con la collana dei "Problemi dell'ora", tra cui spiccano, nell'ultimo periodo, i volumi Il problema della montagna (Roma 1932), La specializzazione del credito (ibid. 1933), La tutela dell'avviamento (ibid. 1934) e La Sicilia (ibid. 1934), tutti strutturati in tre parti: sua impostazione, intervento di esperti, sua conclusione.

Nel primo lamentava il decadimento e raccomandava l'incentivazione delle aree montane col rilancio dell'agricoltura e l'attenuazione del vincolismo forestale. Nel secondo riprendeva la campagna per la specializzazione del credito, sviluppandola sul piano storico-teorico e con l'analisi dei principali istituti e rami bancari italiani. Il terzo volume distingueva, in base all'evoluzione del concetto dì proprietà, dalla immobiliare quella commerciale, sostenendo un'acquisizione di diritti (e quindi d'indennizzo in caso di sfratto) sugli stabili locati da parte dei commercianti che li avessero valorizzati con l'avviamento dell'esercizio e la formazione della clientela. Il libro sulla Sicilia interessa specialmente per i modi in cui fu prospettata sotto il fascismo la questione meridionale, tra l'illusione trionfalistica di un facile superamento, discendente dalla rigida unità nazionale, e la tendenza a spostame i termini in chiave di rivendicazione (o anche di presa di coscienza) nazionale, mediterranea e sudeuropea nel confronto con un Nord europeo, anglosassone ed atlantico: si veda in proposito l'intervento di G. Frisella Vella, direttore di Problemi siciliani. L'impostazione del C. tendeva comunque, con puntuali quesiti, a contenere le elusioni, fissando tra l'altro l'attenzione sull'aspetto sociale dei contratti agrari, lì dove francamente chiedeva agli interlocutori di giudicarli al di là dell'espressione letterale, per stabilire se nella loro "sostanza vera e propria di rapporto tra capitale e lavoro" fossero ancora angarici ed oppressivi. L'imbarazzante quesito fu piuttosto disatteso, ma l'opera fornisce dati ed osservazioni ancora utili per la storia dell'economia siciliana.

Si ricordano inoltre le seguenti sue pubblicazioni: L'esportazione (Roma 1932), Elettrocultura (ibid. 1932), La situazione economica e gli istituti creditizi (ibid. 1933) Le casse di risparmio. Nuove funzioni creditizie e nuove funzioni assistenziali (ibid. 1933).

A riepilogo autobiografico delle sue esperienze, il C. pubblicò nel 1931 a Roma il libro Mezzo secolo di attività giornalistica. Decano dei giornalisti italiani, morì a Roma il 12 giugno 1938.

Il fratello Giulio, nato alla Goletta (Tunisi) il 28 nov. 1854, fu egualmente pubblicista, firmandosi perlopiù con lo pseudonimo di "Ulema". Corrispondente della Riforma dalla Tunisia, dove il padre aveva largamente operato, sostenne la presenza e le ragioni dell'Italia nella situazione creata dal protettorato francese sulla Reggenza, specialmente col libro Francia e Italia a Tunisi (Roma 1882), e fu, in un certo momento, sospettato da parte francese di contatti coi ribelli crumiri. S'interessò alle condizioni degli italiani all'estero, con missioni a Parigi e a Bruxelles, dove fondò le Camere di commercio italiane, e col libro Gliitaliani all'estero (Roma 1887), cui seguì, negli anni 1894-95, la direzione della rivista L'Italia nelle colonie. Dei problemi coloniali si occupò pure nei volumi L'abolizione delle capitolazioni (ibid. 1884) e Massaua e Tripoli (ibid. 1885); dei potenziamento marittimo in L'Accademia navale di Livorno e la marina italiana (ibid. 1883).

Interventista, accorse sessantenne dalla Francia per arruolarsi volontario nella prima guerra mondiale e a quest'esperienza s'ispirò nell'ultimo volume Per la grandezza d'Italia (Milano 1917). Morì a Parigi intorno al 1923.

Ugo, altro fratello, nato a Firenze il 2 dic. 1867, fu avvocato (esordendo a Tunisi in difesa degli interessi italiani), giornalista, professore di lingua e letteratura francese. Politicamente impegnato nel movimento nazionalista, prese parte nel primo corpo di spedizione, col grado di tenente, alla guerra italo-turca, durante la quale giovò ai comandi per la conoscenza della lingua araba, e per un atto di valore nel combattimento di Sciaraesc Sciat fu promosso capitano. Fu quindi inviato in missione dal ministero della Guerra in Algeria e Marocco.

Compose un Dizionario della lingua araba parlata con grammatica sintetica (Roma 1912) e trattò su vari giornali (si veda, in particolare La Tribuna, del 27 dic. 1912) i problemi sorti dalla conquista della Libia, per il cui consolidamento progettò un corpo militare sul tipo della legione straniera francese, ma con arruolamento di italiani (salvo un contingente di indigeni fino alla misura di un quinto degli effettivi) e con più spiccata tendenza alla colonizzazione agricola: La legione libica - Storia delle legioni - La lègion etrangère - Studi, considerazioni e proposte per la costituzione di truppe coloniali, raccolti in seguito ed editi con pref. di G. B. Avallone, Roma 1913. Pubblicò nello stesso anno a Roma Il nazionalismo musulmano. Combattè nella prima guerra mondiale, conseguendo la promozione a maggiore ed avanzò in seguito fino al grado di tenente colonnello nell'arma della fanteria. Nel dopoguerra confluì dal nazionalismo nelle file fasciste e militò nella squadra C. Battisti a Torino, dove insegnava.

Pubblicò a Roma, nel 1919, il romanzo Signore solo... e a Livorno, nel 1935, il volumetto Nobiltà di nostra gente. Per conto dì Arturo, interessò alla fondazione di Echi e commenti Achille Loria, suo professore di un tempo, che ne assunse la direzione. Fu tra i fondatori, nel 1925, dell'Associazione marinara fascista e poi capo dell'Ufficio stampa e propaganda della Confederazione nazionale della gente di mare e dell'aria. Nel 1928 gli venne confermato il titolo baronale paterno.

Morì a Livorno il 23 ott. 1935.

Fonti e Bibl.: Necr. in Il Messaggero di Roma, 13 giugno 1938, p. 2; Echi e commenti (1938), 17, p. 514; Ospitalità ital., n. 3 del 1938, pp. s s.; La Comunità israelitica di Roma, settembre 1938, p. 9; G. Bedarida, Ebrei d'Italia, Livorno 1950, p. 207; B. Di Porto, Sul periodico Echi e commenti. G. Conti: previsioni senza presunz. profetica, in La Voce repubblicana, 1° ag. 1973. Per il retroscena delle dimissioni dalla redazione di Echi e commenti si ètenuto conto delle memorie familiari. Per il fratello Giulio cfr. O. Majolo Molinari, La stampa period. romana dell'Ottocento, I, Roma 1963, p. 515; e L. Del Piano, La penetrazione ital. in Tunisia (1861-1881), Padova 1964, p. 168. Per il fratello Ugo cfr. Giornale d'Italia, 12 genn. 1912, servizio in prima pagina dalla Libia; Bibliografia della Libia, a cura di U. Ceccherini, Roma 1915, pp. 107, 113; G. A. Chiurco, Storia della rivol. fascista, 1919-1922, I, Firenze 1929, p. 401;. Almanacco azzurro statistico-marittimo-aeronautico, a cura di F. di Castelnuovo, Genova 1935-36, p. 746.

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