Artigianato

Universo del Corpo (1999)

Artigianato

Elisabetta Silvestrini

Il termine, derivato di arte, in senso lato 'capacità di agire e produrre, in base a un particolare complesso di regole ed esperienze conoscitive e tecniche', designa un'attività economica volta alla produzione di beni e servizi non seriali, realizzati all'interno di un gruppo familiare o con un numero limitato di operai, secondo un ciclo lavorativo del tutto o parzialmente privo di macchinari. L'artigiano è infatti l'operatore economico che nella fase creativa di un oggetto e in quella successiva dello scambio si impegna in modo diretto con strumenti propri, ricorrendo in prevalenza alla manualità.

Artigianato e manualità

L'artigianato è legato, in modo imprescindibile, all'impiego del corpo, e in particolare alla manualità. Il nesso tra artigianato e manualità è così stretto da assumere talvolta, per gli artigiani da un lato, e per i fruitori-acquirenti dall'altro, valori contrastanti, addirittura opposti. Per gli artigiani, infatti, la manualità rappresenta, in molti casi, un'abilità che consente di realizzare prodotti il più possibile 'perfetti', cioè regolari, rifiniti, ben ornati, aderenti alle norme della simmetria. Nella tensione verso il raggiungimento dell'opera 'perfetta' sono implicite la cancellazione e l'invisibilità della mano che ha compiuto il lavoro, secondo una concezione già diffusa nel mondo antico e nell'epoca medievale, che vedeva nelle opere d'arte più importanti l'intervento di una mano divina piuttosto che umana. Dal canto loro, gli acquirenti-fruitori hanno generalmente condiviso questo stesso atteggiamento, soprattutto nelle società antiche e in quelle 'tradizionali', coerentemente strutturate; viceversa, da un'angolazione profondamente differente, nella società contemporanea si apprezzano quegli oggetti artigianali, pur malriusciti o asimmetrici, che meglio mostrano la manualità, offrendo garanzia di 'autenticità'. Dietro questa concezione si intravede una reazione alla produzione standardizzata di massa, seriale e dunque anonima, spersonalizzata, su cui sono fondate le economie capitalistiche: l'oggetto artigianale, che reca visibili i segni della mano umana, anche se imperfetto, è invece unico, personalizzato, 'firmato'.

I motivi della fioritura delle attività artigianali risiedono, generalmente, nelle necessità di natura economica, come la richiesta di determinati servizi e prodotti, creatasi storicamente all'interno delle diverse comunità; in passato, sono risultate indispensabili la disponibilità in loco delle materie prime e la presenza di artefici già addestrati o in grado di addestrarsi alla realizzazione artigianale. Nell'ambito dell'artigianato artistico, connesso alla creazione di oggetti più preziosi e ornati e affidato a maestranze altamente specializzate, l'origine di una produzione è talvolta legata a un'iniziativa dall'alto, da parte dei regnanti o dei governi, che hanno introdotto o incoraggiato, per motivi economici, o puramente estetici e di prestigio, una produzione fino a quel momento inesistente. Queste iniziative non hanno avuto sempre successo, perché nella fioritura o nell'estinguersi delle attività artigianali le motivazioni economiche (necessità di mercato e insieme disponibilità delle materie e delle maestranze) hanno generalmente prevalso su quelle estetiche o legate al prestigio e alla fama.

Una componente importante dell'artigianato, dal punto di vista economico, tecnologico e antropologico, è il ciclo produttivo, in cui sono coinvolti la divisione del lavoro, la trasmissione dei saperi tecnici, gli aspetti simbolici legati alle diverse fasi lavorative. Le tecniche della produzione artigianale, l'uso degli strumenti, investono non solo la storia della tecnologia e dell'evoluzione degli attrezzi, ma anche lo studio del corpo, che si rivela uno strumento esso stesso, del quale l'attrezzo costituisce l'estensione.

Gli studi della fisica degli strumenti, con l'analisi delle parti del corpo usate come leve, evidenziano il rapporto diretto che si instaura tra il corpo e lo strumento impiegato: l'impugnatura, la parte agente, il peso stesso dello strumento sono in stretta relazione con le possibilità corporee dell'artigiano; nel rapporto di perfetta funzionalità tra la mano e lo strumento, nell'uso ripetuto che consolida i gesti e li rende quasi automatici, trova spiegazione l'attaccamento, anche di natura affettiva, che gli artigiani manifestano nei confronti dei propri strumenti, che generalmente cambiano o cedono assai malvolentieri.Nell'organizzazione del lavoro artigianale un posto importante, dal punto di vista sociale ed economico, occupa l'istituto dell'apprendistato, che soprattutto nei secoli passati nell'Europa occidentale veniva regolamentato sia da consuetudini sia da norme esplicite. Garzoni, apprendisti, giovani aiutanti hanno da sempre popolato le botteghe dei maestri artigiani, così come quelle dei grandi artisti, effettuando le lavorazioni preparatorie più semplici e ingrate, in attesa di poter essere ammessi a compiti più delicati. L'apprendistato nelle attività artigianali, anche se accompagnato da nozioni di carattere teorico, avveniva soprattutto attraverso il corpo; l'abilità e gli automatismi in un'esecuzione artigianale si raggiungevano, allora come oggi, attraverso l'addestramento corporeo, perché il sapere artigianale è soprattutto un 'sapere della mano'.

Il corpo come misura e come strumento della produzione artigianale

Nelle lavorazioni a mani nude il corpo diviene misura e limite della produzione, che può essere realizzata solo nelle forme e nelle dimensioni da esso consentite. I recipienti in terracotta, messi in opera con la lavorazione tradizionale al tornio, hanno una dimensione limitata dalla lunghezza del braccio e avambraccio del torniante, che 'tira su' il vaso sollevando progressivamente l'impasto di argilla. I vasai del Lazio, che nel secolo scorso e ancora nel Novecento producevano recipienti attraverso la modellatura al tornio, fabbricavano orci da olio di grandi dimensioni (vettìne o rettìne) lavorando al tornio, separatamente e in più tempi, le due parti, e sovrapponendole successivamente; in altri casi, alla prima parte modellata e fatta asciugare per darle consistenza, veniva poi sovrapposta quella superiore, sempre attraverso la rotazione sul tornio, con l'intervento di due vasai, uno in piedi su un alto sostegno, l'altro in piedi accanto al tornio, che faceva girare con le mani. Per le loro dimensioni, che superavano la lunghezza del braccio del vasaio, recipienti siffatti non avrebbero potuto essere costruiti con la tecnica consueta. Era pratica comune dei vasai, inoltre, far produrre ai bambini apprendisti oggetti di piccole dimensioni e di scarso valore economico, destinati per lo più a essere usati come giocattoli (campanelle, fischietti, recipienti d'uso domestico miniaturizzati): una produzione che, realizzata dalle mani dei vasai adulti, avrebbe richiesto un notevole dispendio di tempo e una non comune abilità. D'altro canto, i vasai pugliesi, soprattutto in area leccese, costruivano con le proprie mani recipienti miniaturizzati, a dimostrazione del virtuosismo della manualità.

Molte tecniche artigianali che richiedono una lavorazione minuta, come l'intrecciatura dei nodi nella produzione dei tappeti mediorientali, sono tradizionalmente affidate alle donne e ai bambini, che garantiscono una migliore esecuzione tecnica e costituiscono una manodopera a basso costo. Anche nella complessa realtà tecnologica attuale, per altro, il corpo è misura delle attività produttive: in alcune aziende che costruiscono componenti elettronici viene preferita, per alcune lavorazioni sui microcircuiti, la manodopera femminile, in virtù dell'agilità e delle dimensioni delle mani. Allo stesso modo, l'industria elettronica, perfettamente in grado, dal punto di vista tecnico, di costruire tastiere e segnali luminosi sempre più piccoli, deve arrestarsi di fronte ai limiti corporei dell'utenza (capacità visive ecc.). Nelle tecniche della produzione artigianale sono impiegate, oltre alle mani e alle braccia, molte parti del corpo, in un automatismo di posture e di movimenti frutto di un lungo apprendistato, spesso iniziato in età infantile: il corpo diventa una sorta di banco da lavoro.

Anche gli umori del corpo possono essere usati, come elementi di non piccolo peso, nelle tecniche artigianali: in passato, la saliva era impiegata dai cordai nella preparazione delle corde, dai vasai come ingrediente segreto nell'impasto dell'argilla, dai panificatori nell'impasto del pane, dai sarti per umettare il filo da inserire nell'ago e così via. Il valore magico e sacrale della saliva è del resto documentato nelle mitologie e cosmogonie di molte civiltà del mondo mediterraneo. Il soffio e l'alito hanno un posto importante nei complessi mitico-religiosi delle religioni mediterranee, specialmente in rapporto alla costruzione della figura umana. La figura modellata prende vita dal soffio divino: come Pandora, plasmata in argilla da Efesto e resa vitale dal soffio dei Venti; come Adamo; come il Golem.

Altri umori del corpo, come il sangue mestruale, potevano essere considerati invece negativi o malefici per la realizzazione del lavoro artigianale; in Africa, nelle società di interesse etnologico alle donne mestruate era fatto divieto di tessere, di toccare il telaio o di rivolgere la parola al marito tessitore. Anche presso i gruppi maori della Nuova Zelanda la giovane tessitrice, che produceva il suo primo telo, era soggetta a prescrizioni e tabu, attinenti al corpo, come l'obbligo di assumere cibi particolari, il divieto di entrare in cucina o di mangiare accanto al telaio.

Nel generalizzato, spesso totale, coinvolgimento del corpo è evidente che alle mani e alle braccia è riservato il ruolo più importante, mentre alle altre parti del corpo è assegnato un compito minore, ma indispensabile alla riuscita della lavorazione artigianale: basti pensare, per es., alle ginocchia per appoggiare e tenere stretto l'oggetto da lavorare, ai piedi e alle gambe per far ruotare il tornio, girare la mola dell'arrotino, muovere il telaio, o, ancora, alla bocca e ai denti per conciare le pelli. In alcune produzioni il segno e l'impronta della mano che ha lavorato l'oggetto divengono elemento decorativo e funzionale, quasi ostentato dall'autore: nel caso dei vasai, le impronte dei pollici, usati per fissare e premere i manici contro la parete del vaso, sono anche un elemento ornamentale, così come lo sono esplicitamente le strisce di argilla, le cornici, le applicazioni, fissate con la medesima tecnica, di cui recano i segni evidenti. Alcune parti del corpo possono essere usate come misura del prodotto finito o in lavorazione. Nella confezione sartoriale, le lunghezze delle stoffe e degli orli venivano un tempo misurate a dita, a palmi, a braccia; analogamente, le tessitrici calabresi solevano misurare a braccia la tela tessuta, considerandone la circonferenza anziché il rapporto fra altezza e lunghezza.

Gli artigiani 'impuri'

Nelle società del passato, molte attività erano condannate dalla comunità, sia per motivi di ordine per così dire 'morale' (è il caso degli esattori delle tasse nel mondo classico), sia per altre ragioni attinenti a problematiche del corpo. Alcuni mestieri artigianali, che comportavano l'imbrattatura del corpo con le sostanze impiegate, venivano considerati 'impuri', socialmente detestabili; poiché le attività artigianali erano per lo più trasmesse per via familiare, si formavano nelle comunità caste di artigiani emarginati. è questo il caso dei fabbri africani, che occupavano, presso le società di interesse etnologico, una posizione particolare: questi artigiani, dalla pelle sempre annerita dal fumo e dalle scorie metalliche, da un lato venivano isolati e marginalizzati dalla comunità; dall'altro erano investiti di una sacralità e di un ruolo importante in campo sociale e religioso, connessi probabilmente alla padronanza del fuoco e delle tecniche ignee di lavorazione dei metalli. Nei miti africani delle origini, il primo fabbro, che arriva da lontano, ha caratteristiche corporee diverse da quelle degli altri esponenti della comunità: è peloso, nano o ermafrodita e così via.

Presso le società tradizionali, in Asia e nell'Africa orientale e occidentale, i conciatori di pelli, considerati impuri a causa delle sostanze impiegate, venivano emarginati come paria. Nelle stesse aree, un atteggiamento analogo era riservato ai fabbri, ai tessitori e ai vasai. Per quanto riguarda i conciapelli, il disprezzo e l'emarginazione sociale potevano forse trovare una giustificazione nel fatto che questi lavoravano a contatto con corpi morti, generatori di impurità; per ammorbidire le pelli, si usavano, per di più, sostanze di origine animale, come cervello di animali presso gli indiani americani, urina presso gli eschimesi, uova di pesci e di uccelli presso i popoli siberiani, latte acido di equini presso i nomadi dell'Asia e così via. Presso gli antichi ebrei, ai conciapelli era vietato lavorare all'interno delle mura cittadine.In età medievale e postmedievale, nell'Europa cristiana, carpentieri, macellatori di animali, sarti, conciatori, venivano collocati, come peccatori, nelle regioni infernali, insieme ad altre categorie reiette: osti, soldati, attori, prostitute, turchi ecc. La legge del contrappasso prevedeva supplizi infernali inferti con gli strumenti del mestiere. è possibile che, anche nel mondo cristiano occidentale, allo stesso modo che presso le società di interesse etnologico, gli artigiani fossero accompagnati sempre da una certa aura di mistero, sia perché praticavano un'abilità per molti inaccessibile, sia perché la necessità economica di difendere il mestiere li costringeva a tenere segreti numerosi procedimenti tecnici; questi venivano tramandati di nascosto dal maestro all'allievo, che riceveva una 'investitura' di mestiere.

Eroi culturali, santi protettori, confraternite e corporazioni

Molte attività artigianali annoverano, per la loro origine, miti di fondazione, generalmente legati alla presenza di un 'eroe culturale' al quale vengono attribuiti l'invenzione di un procedimento artigianale e il compito di insegnare agli uomini le tecniche per la sopravvivenza, cioè come procreare, coltivare i campi, costruire case, accendere il fuoco ed eseguire lavorazioni artigianali. Nella maggior parte dei casi, l'identità dell'eroe culturale coincide strettamente con gli aspetti simbolici o funzionali di una o più fasi tecniche. Nell'Europa cristiana, all'eroe culturale di origine classica viene progressivamente sostituito il santo protettore, che diviene oggetto di culto attraverso l'istituto di organismi con finalità religiose ed economiche, quali le confraternite e le corporazioni. La scelta dei santi protettori delle diverse attività artigianali, o l'assegnazione di una chiesa come sede della confraternita, poteva in molti casi essere casuale; a volte, gli attributi del santo o episodi della sua vita o le circostanze del martirio presentano una certa coerenza con il mestiere praticato. Al santo protettore era attribuita la capacità di difendere dalle malattie professionali.

Le malattie professionali

Le attività artigianali, per il massiccio impiego del corpo, soprattutto nelle lavorazioni a mani nude, hanno sempre minato la salute degli esecutori, specialmente in passato, quando le precauzioni e la prevenzione erano ignote o scarsamente praticate. I vasai sviluppavano malattie reumatiche alle mani, per il contatto continuo con l'argilla umida, e alle gambe, impegnate a far ruotare il tornio; i maestri vetrai, che modellavano il vetro soffiandolo a caldo con gli appositi strumenti rischiavano di incorrere in malattie respiratorie; lo stesso accadeva per i conciatori e i lavoratori delle pelli, a causa delle sostanze tossiche che erano costretti a inalare; a patologie respiratorie erano e sono tuttora soggetti donne e bambini che intrecciano tappeti, i tintori e i cardatori; i sarti e le ricamatrici sono esposti a una progressiva perdita della capacità visiva.

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