ARTI LIBERALI

Enciclopedia Italiana (1929)

ARTI LIBERALI

Giuseppe SAITTA
Paolo D'ANCONA

LIBERALI Le arti liberali che costituivano durante il Medioevo i due gradi dell'insegnamento, l'uno letterario, l'altro scientifico, comprendevano la grammatica, la retorica e la dialettica (il Trivio); l'aritmetica, la geometria, la musica, l'astronomia (il Quadrivio). Ma le origini del Trivio e del Quadrivio sono lontane. Negli ultimi tempi della Repubblica e sotto l'Impero il Trivio costituiva il ciclo di studî che gli alunni compivano nelle scuole dei grammatici e dei retori. Cicerone, prima di studiare la filosofia e il diritto civile, aveva imparato la grammatica e la dialettica. Sotto l'Impero, per testimonianza di Seneca e di Quintiliano, prima della retorica e della filosofia si studiava la litteratura (lettura e scrittura), poi la grammatica, la geometria (di cui l'aritmetica era una parte) e la musica. Questi studî da Seneca sono denominati artes liberales e da Quintiliano ἐνκυκλομαιδεῖα.

Alcuni fanno risalire l'origine delle arti liberali alla scuola pitagorica, dove si studiava l'aritmetica, la geometria e l'astronomia; altri a Platone, Aristotele e Filone. Cassiodoro nel suo quadro sinottico delle divisioni della filosofia presenta l'aritmetica, la musica, la geometria e l'astronomia come parti della filosofia chiamata dottrinale. Questa ripartizione riproduce esattamente Isidoro di Siviglia (Origin., lib. II). Ma una classificazione precisa delle sette arti liberali si trova soltanto in Marziano Capella, nel Satyricon o Nozze di Mercurio e della filologia (scritto dopo l'anno 410). Ma, prima di Capella, S. Agostino aveva cercato di dare una classificazione delle sette arti liberali non più artificiale, bensì scientifica. In varie sue opere (De ordine, lib. II; De doctrina christiana, lib. IV; De musica) si studia di mostrare come appunto le arti liberali corrispondano alle esigenze della conoscenza naturale dell'uomo, e come táli abbiano il compito di preparare alla conoscenza dell'anima e di Dio, la quale è la vera sapienza. Tuttavia senza l'opera di Cassiodoro il programma pedagogico contenuto nelle sette arti liberali non sarebbe divenuto la norma del Medioevo. I suoi due libri De institutione divinarum litterarum e De artibus et discipliniis liberalium litterarum tracciano nitidamente il programma di studî che è la creazione pedagogica del Medioevo. Sulle orme di Cassiosiodoro, Isidoro di Siviglia già ricordato scrisse l'opera Originum libri XX, che sebbene enumeri tutte le scienze dell'antichità, conserva e precisa la classificazione delle sette arti liberali. A Cassiodoro e Isidoro s'ispirò la scuola di York, dove insegnarono il venerabile Beda, Egberto, Alcuino. Anzi, quest' ultimo riprese con vigore l'idea propria di S. Agostino, che le arti liberali dovessero servire di fondamento a una scienza più alta, la scienza della religione.

Dopo Alcuino, il Trivio e il Quadrivio sono considerati come materiali di ogni propedeutica scientifica. Ma fra le scienze del Trivio quella che ottiene il predominio è la dialettica, perché tende a identificarsi con la stessa filosofia, di cui è la necessaria introduzione. Peraltro da Scoto Eriugena fino ad Abelardo e a Ugo da S. Vittore, la scolastica considerava le arti liberali come ottimi strumenti della filosofia. Questa loro funzione non fu scossa se non col trionfo dell'aristotelismo, il quale sviluppò una classificazione delle scienze più ampia, dove le relazioni della filosofia con le scienze particolari divengono più intime, tanto che l'organismo del sapere umano si costituisce come un tutto solidale e unico.

Bibl.: Ferrère, La division des sept arts libéraux, in Annales de philos. chrétienne, 1900, pp. 282 segg.; J. Mariétan, Problème de la classification des sciences, d'Aristote, à saint Thomas, Parigi 1901; Willmann, Didaktik, Brunswick 1903, I, p. 272; M. De Wulf, Introduction a la philosophie néo-scolastique, Lovanio-Parigi 1904, pp. 109 segg.

Le rappresentazioni figurative delle arti liberali e meccaniche. - Giova considerare il motivo delle arti liberali nel campo delle arti rappresentative e specialmente nei monumenti italiani dal sec. XII al XIV, sieno musaici, sculture o pitture. Non è senza significato che il nostro vecchio canone compaia nei tre massimi monumenti dell'arte nuova: nel pulpito eseguito da Nicola per la cattedrale di Siena, nella fontana maggiore di Perugia, e nel pulpito di Giovanni, ora ricostruito, nel duomo di Pisa. Il nostro Trecento ci ha lasciato importanti raffigurazioni delle arti anche in opere di pittura e di miniatura, ad esempio, nel noto affresco della sala capitolare di Santa Maria Novella, che raffigura la Vita contemplativa della chiesa, composto a gloria del massimo luminare della scolastica, S. Tommaso d'Aquino. In molte di queste figurazioni trecentesche le arti non si presentano da sole, bensì accompagnate dai loro più illustri rappresentanti: la grammatica da Prisciano, la dialettica da Aristotele, la retorica da Cicerone, l'aritmetica da Pitagora, la geometria da Euclide, la musica dal biblico Tubalcain, l'astronomia da Tolomeo. Merita poi un particolare accenno una figurazione delle arti, che appare non di rado specialmente nei testi del sec. XIV, quella cioè dell'albero delle arti, racchiudente nei rami sette dischi, in ognuno dei quali appare una diversa immagine delle discipline del Trivio e del Quadrivio.

Le arti meccaniche si possono considerare come sorelle minori e men nobili delle arti liberali, ma via via che c'inoltriamo nell'età del Rinascimento le vediamo assumere un'importanza sempre maggiore, come quelle che più direttamente rispecchiano la vita del popolo. La figurazione più interessante di queste allegorie, già definite da Vincenzo di Beauvais, si ha nei rilievi del campanile di Firenze, eseguiti con ogni probabilità su disegno di Giotto, ove ci appaiono non soltanto Armatura, Medicina, Venatio, Lanificium, Navigatio, Agricultura, Theatrica, ma Architettura e Pittura, rappresentate anch'esse non già da personificazioni, ma dagli artefici idealizzati nella nobiltà del lavoro.

Nel Rinascimento le immagini delle arti modificarono talora la loro fisonomia tradizionale trasformate dalla fantasia degli artisti creatori. Ricordiamo la serie del tempio malatestiano di Rimini, opera di Agostino di Duccio, quella di Antonio del Pollaiolo nel monumento di Sisto IV in San Pietro, la composizione affrescata del Botticelli, già a Villa Lemmi e ora al Louvre, le lunette del Pinturicchio nell'appartamento Borgia del Vaticano, e infine la Scuola d'Atene di Raffaello, ove vediamo fusi nell'unità di una scena reale gli elementi allegorici che per l'innanzi si presentavano a noi disgiunti e talora incompleti.

Quanto alle arti figurative, che nell'età moderna hanno avuto svariate rappresentazioni allegoriche o realistiche, ricordiamo che Michelangelo, a detta del Condivi - ottimamente da lui informato - aveva pensato di rappresentarle intorno alla tomba di Giulio II "ognuna con le sue note", come forse è accennato in uno degli Schiavi del Louvre. E il Vasari ideò le figure delle tre arti, intorno alla tomba del maestro (Firenze, S. Croce), che in sé le aveva riunite.

Bibl.: E. F. Corpet, Portraits des arts libéraux d'après les écrivains du Moyen-Âge, in Annales archéol., XVII (1857), p. 89-103; E. Mâle, L'art religieux du XIII siècle en France, Parigi 1898; J. von Schlosser, Giusto's Fresken in Padua u. die Vorläufer d. Stanza della Segnatura, in Jahrbuch der künstlichen Samml. d. allerhöckst. Kaiserhauses, XVII (1896), pp. 13-100; P. D'Ancona, Le rappresentazioni allegoriche delle arti liberali nel Medioevo e nel Rinascimento, in L'Arte, V (1902), pp. 137, 211, 269, 390; id., L'uomo e le sue opere nelle figurazioni italiane del Medioevo, Firenze 1923; L. Dorez, La canzone delle Virtù delle Scienze di Bartolomeo de Bartoli da Bologna, Bergamo 1904; E. Norden, Die antike Kunstprosa, 2ª ed., Lipsia-Berlino 1909.

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