Paleocristiana, arte

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Arte risalente ai primi secoli del cristianesimo, dalle origini al 6° sec. circa, nei territori di tradizione figurativa classica. L’arte p. si pone infatti nell’ambito e in sostanziale continuità con l’arte tardo-antica; tuttavia vi fu nel periodo p. un’intensa elaborazione artistica relativa alla produzione cristiana. Questa fu sensibile soprattutto nel settore dell’iconografia, dove si passò all’elaborazione di temi specificamente legati alla nuova fede, dapprima attingendo al repertorio giudaico, poi creando scene e motivi del tutto originali. La pace della Chiesa, con la rapida assimilazione dell’arte antica incoraggiata dall’imperatore, segna il momento classico dell’arte p. che dopo la morte di Costantino, con la fase teodosiana (fine 4°- 5° sec.) e poi con la fase giustinianea (6° sec.) cede al passaggio verso l’arte bizantina.

Un notevole esempio di scultura p. è costituito dalla produzione dei sarcofagi, inizialmente realizzati negli stessi laboratori di quelli pagani, e in seguito occasione di elaborazione di tipiche e complesse soluzioni iconografiche e compositive. Le prime figurazioni simboliche (il filosofo, l’orante, il buon pastore) inserite accanto a raffigurazioni cristiane (Giona, il battesimo) tendono a organizzarsi, ponendosi al centro di una composizione allusiva alla salvezza; la figura centrale si va identificando con il ritratto del defunto, talvolta inserito in un clipeo. Dalla disposizione di scene in un fregio continuo nel 4° sec. si passa a nuovi tipi, con l’introduzione della figura del Cristo e la spartizione del rilievo tramite motivi architettonici.

Le più antiche testimonianze della pittura p. sono quelle delle catacombe, con rielaborazione di temi pagani e raffigurazioni simboliche accanto a soggetti delle Sacre Scritture. Il naturalismo classico si evolve, con il 4° sec., verso una tendenza all’astrazione e alla semplificazione. Notevoli esempi di decorazione monumentale sono costituiti dai mosaici (Roma: S. Costanza, 4° sec.; S. Pudenziana, fine 4° sec.; S. Maria Maggiore, 5° sec.).

In architettura si registra l’assunzione e l’adattamento, per gli edifici di culto, di tipi edilizi già sperimentati in età romana, come l’uso di strutture basilicali per chiese, accanto all’introduzione di edifici a pianta centrale. L’architettura ecclesiale a Roma e nelle province sviluppa tipi vari e differenziati, a simmetria longitudinale o centrale; ad aula unica, a più navate, con e senza transetto, cruciformi, ottagonali, quadrati o circolari, con absidi, ambulacri e cupole, in cui l’implicito simbolismo planimetrico si sviluppa in basiliche, cattedrali, martyria e mausolei.

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