APOSTOLIO, Arsenio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

APOSTOLIO ('GRECO), Arsenio (Aristobulo)

Alessandro Pratesi

Figlio dello scrittore bizantino Michele Apostolio e della seconda moglie di lui, che proveniva dalla fiuniglia del conte Teodosio Corinzio di Monembasia, nacque a Candia (Creta) nel 1465, e ricevette il nome di Aristobulo. In gioventù dovette affrontare il disagio della miseria nella quale era piombato il padre, che, esule da Costantinopoli dopo l'occupazione ottomana e già costretto a mendicare sussidi dai mecenati più generosi, primo tra tutti il Bessarione, era successivamente caduto in disgrazia del suo protettore, e, venuto via da Venezia, si era stabilito in Creta, vivendo tra gli stenti: questa circostan a dovette essere determinante nella formazione del carattere dell'A., scontroso e pronto alla lite, ma anche disposto alle adulazioni più scoperte pur di ottenere favori. Per guadagnarsi da vivere continuò rattività del genitore quale trascrittore di codici: il più antico che rechi la sua sottoscrizione ha la data del 31 marzo 1489.

Era già entrato nello stato ecclesiastico nell'aprile 1492, allorché sottoscrisse quale testimone un contratto relativo all'acquisto in Creta di alcuni manoscritti da parte di Giovanni Lascaris per conto di Lorenzo de' Medici, aggiungendo al proprio nome la qualifica di "êerodiÁkonoq". È probabile che allora abbia seguito il Lascaris a Firenze, se, circa trent'anni dopo, trovandosi in questa città, scriveva di esservi già stato in precedenza, chiamatovi da Lorenzo: comunque non poté giungervi se non dopo la morte del Magnifico e certamente dovette lasciare la città quando i Medici furono posti al bando nel 1494. Il 22 genn. 1496 era a Creta e di lì datava la trascrizione dei cod. Riccard. 77 (Sofocle con scolii).

Quando Aldo Manuzio il Vecchio si accinse alla pubblicazione di autori greci, tra i primi a prestare la propria opera per la revisione dei testi fu l'Apostolio.

Il suo nome è legato ad una tra le più antiche edizioni uscite dai torchi aldini, la Galeomyomachia di Teodoro Prodromo, pubblicata anonima e senza data con una prefazione dell'A., nella quale tra l'altro è annunciata l'intenzione di dare alle stampe una raccolta di precetti morali, proverbi e apoftegmi che suo padre Michele Apostolio aveva compilato dedicandola al vescovo di Osimo Gaspare Zacchi, già segretario del Bessarione. La raccolta, con il titolo 'IwniÁ, fu poi completata dal figlio e da lui trascritta, con una dedica al papa Leone X, in un codice (oggi alla Bibliothèque Nationale di Parigi) offerto al cardinale Egidio Colonna. Un epigramma di quattro versi l'A. compose pure per la raccolta di grammatici greci che Aldo Manuzio stampò nel 1496 con il titolo Thesaurus Cornucopiae et Horti Adonis. Lavorò poi ancora per il Manuzio, ma è dubbio se facesse anch'egli parte di quell'Accademia aldina il cui statuto era stato redatto in greco: certamente venne in lite con il famoso tipografo, ma non si può prestare fede alla giustificazione che egli ne dava in una lettera, di aver rotto con lui perché pretendeva indebitamente la restituzione di una somma.

Il 26 luglio 1500 l'A. era designato esecutore testamentario da Andrea Danioros arciprete di Canea (il porto dell'isola di Creta), che gli lasciava come legato un manoscritto del Commentario alle Epistole di s. Paolo di s. Giovanni Crisostomo: ma dovette alienarsi anche costui, perché un codicillo del 10 sett. 1503 lo privava del lascito. A Candia poté godere di un beneficio che Giorgio Gregoropoulos gli aveva conservato contro le mire di un usurpatore; e lì si trovava nel marzo 1513 quando Leone X fu eletto pontefice. Incontrollata è, invece, la notizia di un suo viaggio a Roma nel 1504 e della sua conversione al cattolicesimo (che dovette avvenire successivamente) in tale circostanza.

Probabilmente nel 1514 fu elevato da Leone X alla sede arcivescovile di Monembasia, con l'appoggio dei Veneziani che dominavano su quel territorio: in tale occasione egli assunse il nome di Arsenio, dando origine all'equivoco dei biografi i quali fecero di Aristobulo e di Arsenio due fratelli, figli di Michele Apostolio.

Il patriarca costantinopolitano Pacomio ritenne canonicamente invalida la consacrazione dell'A. e lo invitò con una lettera ad abbandonare la sede usurpata; alla replica del nuovo arcivescovo, Pacomio rispose con la scomunica, determinando nel paese un movimento ostile all'A., che fu costretto a lasciare Monembasia e a subire anche lo scorno di vedere eletto al suo posto il compatriota Marco Musuris. Lamentandosi con Leone X di questo affronto, il vescovo deposto cercava di farsi chiamare a Roma presso la corte pontificia, ma invano, così come inutilmente tentò di sollecitare, nel 1517, i buoni uffici di Giovanni Lascaris per ottenere di succedere al Musuris. Tornò quindi in Creta e vi aprì una scuola.

Il pontefice si ricordò tuttavia di lui quando, dietro suggerimento del Lascaris, fondò il Collegio greco di Firenze e chiamò l'A. a dirigerlo. Tale ufficio egli ricopriva ancora nel 1521, ma non più nel febbraio del 1525, data dell'edizione giuntina delle Commedie di Aristofane a cura di Antonio Franchini, poiché nell'epistola dedicatoria quest'ultimo ricorda il contributo che l'A. aveva dato alla costituzione del testo allorquando si trovava a Firenze nel Collegio greco.

Forse aveva riottenuto proprio in quegli anni l'ambita metropolia di Monembasia, dove sedeva certamente nel 1527, allorché si recò a Venezia per sostenere presso il Senato i diritti dei suoi fedeli. Il 30 marzo 1534 ottenne dal Consiglio dei Dieci, con l'appoggio della S. Sede, un decreto di nomina a predicatore nella chiesa di S. Giorgio dei Greci a Venezia, e di questa posizione si avvalse per strappare allo, stesso Consiglio, appena due mesi dopo, un nuovo decreto che lo autorizzava ad eleggere due preti cattolici per il servizio religioso in quella chiesa, suscitando così presso la comunità greca di Venezia un'agitazione che doveva sopirsi soltanto con la sua morte, sopraggiunta il 30 apr. 1535. Fu sepolto in S. Giorgio dei Greci, dove il nipote, conte Giorgio Corinzio, gli fece erigere un monumento.

Oltre all'attività di calligrafo, documentata da numerosi manoscritti - se ne conoscono circa cinquanta, dei quali, però, soltanto tre datati - l'A. ha legato il suo nome a varie prefazioni dedicatorie delle edizioni per le quali ebbe a curare i testi, a un dialogo metrico di ventidue versi nel quale intervengono un bibliofilo, un libraio e il libro personificato, pubblicato in appendice a una parte della raccolta patema (i soli apoftegmi) in una edizione uscita a Roma nel 1519, nonché a un certo numero di epistole conservate in diversi manoscritti da eruditi che amarono servirsene come modelli di stile.

Edizioni: per le dediche, il dialogo e una scelta di epistole, v. E. Legrand, Bibliographie hellénique ou description raisonnée des ouvrages publiés en grec par des grecs au XVe et XVIe siècles, Paris 1885, I, pp.18s., 166-171, 209-225; II, pp. 337-346; una lettera anche in A-F. Didot, Alde Manuce et l'hellénisme à Venise, Paris 1875, pp. 531-533. Molti studiosi hanno attribuito senz'altro all'A. la 'IwniÁ del padre: tra questi anche l'editore del testo greco (una traduzione latina era apparsa a Leida nel 1619), Chr. Walz, che lo pubblicò a Stoccarda nel 1832 col titolo Arsenii Violetum.

Fonti e Bibl.: Oltre gli scritti dell'A., cfr. Anonimo, Historia patriarchica seu ecclesiastica, in M. Crusius, Turcograeciae libri octo, Basileae s.d. [ma 1584], pp. 146-151; K. N. Sathas, Documents inédits relatifs à l'histoire de la Grèce au moyen âge,  IV, Paris 1883, pp. 228-235; A-F. Didot, op.cit.,pp.534-537; E. Legrand, op. cit., II, pp. 156 s.

Le ediz. di testi greci curate dall'A. sono elencate da K. N. Sathas, Neoellgnikñ zilolocéa. Biocrazéai tÃn Ën toÌq crÁmmasi dialayÁntwn ‚Ellònwn... (1453-1821), Ën 'AVònaiq 1868, pp. 126-130; i codici da lui trascritti sono enumerati da V. Gardthausen, Griechische Palaeographie, Leipzig 1879, p. 315 (manca questa parte nella 2 ediz.) e più ampiamente da M. Vogel e V. Gardthausen, Die griechischen Schreiber des Mittelalters und der Renaissance, Leipzig 1909, pp. 4244. Cfr. A-F. Didot, op. cit., pp. 57 s., 83, 150, 500 s., 569-573; E. Legrand, op. cit., I, pp.clxv-clxxiv; H.Omont, Fac-similés de manuscrits grecs des XVe et XVIe siècles... d'après les originaux de la Bibliothèque nationale, Paris 1887, p. 5; K. Krumbacher, Geschichte der byzantinischen Literatur,  München 1897, pp. 603 s.

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