SCHÖNBERG, Arnold

Enciclopedia Italiana (1936)

SCHÖNBERG, Arnold

Guido Maria Gatti

Compositore di musica, nato a Vienna il 13 settembre 1874. Non ebbe insegnanti: nella vita e nell'arte può considerarsi, sin dalla giovinezza, come un isolato e come un ribelle. Studiò però sempre e a fondo i grandi maestri, consolidando sempre più la sua severa coscienza artistica. Spirito inquieto, lo Sch. d'altra parte s'avvicinò agli ambienti artistici e culturali più novatori, dove trovò comprensione e sostegno.

Ha avuto ed ha allievi e seguaci devoti, tra i quali A. Berg, E. Wellesz e A. v. Webern. Oggi il suo nome è tra i più celebri e la sua arte s'è ovunque imposta al rispetto, e talvolta all'ammirazione. Negli anni 1920-21 fu insegnante all'Accademia di Belle arti di Berlino, cattedra che occupò sino al 1932. Nel 1933 si trasferì negli Stati Uniti a Boston dove è docente nel conservatorio Malkin.

L'opera dello Sch. si può dividere in tre maniere corrispondenti a tre periodi della sua attività. Nella prima sono comprese le composizioni sino all'op. 10, cioè sino al II quartetto, in fa diesis minore. In esse è ancora sensibile, più o meno, l'influenza di Brahms e di Wagner (questa seconda specialmente nel sestetto d'archi Verklärte Nacht, op. 4): le forme caratteristiche del romanticismo sono sviluppate sino all'estremo e già s'intravvedono l'ansia e l'insoddisfazione dell'artista che cerca nuovi modi per la sua espressione. I tentativi d'introdurre le proprietà del poema sinfonico nella musica da camera (nel citato sestetto e nel I quartetto, in cui, a differenza del quartetto classico, i temi sono già tutti esposti nel primo tempo) preannunziano le maniere successive: il principio della variazione di tempo e di ritmo nella tematica, che sarà predominante nelle pagine posteriori, già impronta lo sviluppo del I quartetto. Il secondo periodo, che s'inizia con i 15 Lieder dell'op. 15 e termina con i 4 Lieder per orchestra op. 22, si può dire un periodo di transizione. In esso si riscontra l'abbandono definitivo dei principî tradizionali e delle leggi della classica tonalità: ma ancora non ha trovato la sua piena affermazione il nuovo sistema. Si nota soprattutto la crescente tendenza alla semplificazione e alla concentrazione: le complicazioni e frondosità della prima maniera cedono il passo a un'espressione asciutta ed ellittica, anche se affìorano qualche perplessità e accenni di ritorno al passato (nel II quartetto con voce). Il problema di creare forme musicali in un sistema tonale del tutto diverso da quello tradizionale (tonica e dominante) è risolto personalmente dallo Sch. nelle opere della terza maniera, che s'inizia con i Pezzi op. 23 per pianoforte e con la Serenata op. 24 per sette strumenti. Come ha scritto un allievo ed esegeta dello Sch., Erwin Stein, la soluzione consiste nel creare una tonalità particolare per ogni composizione. È bene avvertire subito che non ha alcuna ragione d'essere, a proposito dello Schönberg e d'altri suoi seguaci, l'espressione "atonalità" in quanto esiste sempre una tonalità; soltanto essa è differente da quella tradizionale nel senso cui ora accenneremo. Nella scala cromatica dello Sch. i dodici suoni hanno uguali diritti: nessuno ha valore e funzione di fondamentale e la successione di essi varia da una composizione all'altra. Il materiale sonoro, se così si può dire, di un'opera è costituito dunque da una serie di dodici suoni raggruppati in un certo ordine, che lo Sch. chiama Grundgestalt, ossia forma fondamentale: la "serie" non corrisponde al "tema" ma è da considerarsi come un complesso sonoro, con intervalli ricorrenti in combinazioni e successioni molteplici. Essa determina la struttura melodica e armonica, insieme con le sue tipiche trasformazioni che consistono nell'inversione, nella cancrizzazione (movimento a ritroso) e nell'inversione di quest'ultima.

Ci si trova così di fronte a schemi piuttosto ideali, privi d'ogni indicazione ritmica, ma che costituiscono comunque la base di tutti gli atteggiamenti melodici della composizione. E di tali schemi se ne potrebbero trarre, più o meno chiaramente egemonici, da ciascuna delle altre opere, laddove il contrappunto rende possibile altre "serie" a funzioni melodiche. Si crea in tal modo una struttura rigorosa e unita pur nell'estrema varietà. Ma, come avviene per tutti gli artisti veri, i procedimenti tecnici cui s'è accennato sommariamente non esauriscono l'opera d'arte, anzi non ne sono che l'elemento estrinseco e per sé stessi non interesserebbero la storia né la critica. Nello Schönberg il problema tecnico si origina da un problema spirituale ed estetico: il procedimento tecnico nacque come necessità d'esprimere un mondo fantastico personale. Certo questo mondo fantastico schönberghiano non ha tale freschezza da autorizzare a parlare di uno sguardo profetico verso l'avvenire. Si tratta piuttosto di un mondo che vive dei rimasugli del romanticismo e dell'impressionismo decadentistico e nell'estrema disintegrazione s'illude di scoprire il segreto di una nuova effimera giovinezza. A questo anelito di liberazione non corrisponde, su un piano spirituale, una reale conquista, sì che si può parlare di fine di un'epoca piuttosto che d'inizio di una nuova.

Composizioni: Op. 1, 2 Gesänge, baritono e pianoforte; op. 2, 4 Lieder, una voce e pianoforte; op. 3, 6 Lieder, una voce e pianoforte; op. 4, Verklärte Nacht, per 2 violini, 2 viole e 2 celli; op. 5, Pelléas et Mélisande, poema sinfonico; op. 6, 8 Lieder, una voce e pianoforte; op. 7, Quartetto N. 1 in re minore, archi; op. 8, 6 Lieder, voce e orchestra; op. 9, Sinfonia da camera in mi maggiore, per 15 strumenti; op. 10, Quartetto N. 2 in fa diesis minore, per archi e una voce; op. 11, 3 Pezzi, pianoforte; op. 12, 2 Ballate, canto e pianoforte; op. 13, Friede auf Erden, coro; op. 14, 2 Lieder, una voce e pianoforte; op. 15, 15 Poesie dal "Buch der hangenden Gärten", una voce e pianoforte; op. 16, 5 Pezzi, orchestra; op. 17, Erwartung, monodramma; op. 18, Die glückliche Hand, dramma con musica; op. 19, 6 Piccoli pezzi, pianoforte; op. 20, Herzgewächse, una voce e 3 strumenti; op. 21, Pierrot lunaire (probabilmente il capolavoro dello Sch., e - anche in senso assoluto - opera tra le quattro o cinque più importanti dell'odierno periodo storico), zi poesie di A. Giraud per una voce parlata e 5 strumenti; op. 22, 4 Lieder, una voce e orchestra; op. 23, 5 Pezzi, pianoforte; op. 24, Serenata, una voce maschile e strumenti; op. 25, Suite, pianoforte; op. 26, Quartetto, per fiati; op. 27, 4 Pezzi, coro misto; op. 28, 3 Satire, coro; op. 29, Suite, pianoforte e strumenti; op. 30, Quartetto N. 3, archi; op. 31, Variazioni, orchestra; op. 32, Von Heute auf Morgen, opera in un atto; op. 33, Pezzo, pianoforte; op. 34, Musica d'accomp. per una scena comica; op. 35, 6 Pezzi, coro maschile; Gurre-Lieder, per soli, coro e orchestra. - Trascrizioni da Bach (2 Choralvorspiele, Preludio e juga in mi bem.), da Monn (Concerto, violoncello), da Händel (Concerto grosso) e altre. Ha pubblicato inoltre un Trattato di armonia (2ª ed., 1921), nel quale egli espone con metodo rigoroso la concezione e la sistemazione delle teorie armonistiche applicate nelle sue opere musicali.

E. Wellesz, A. Sch., Vienna 1921; P. Stefan, A. Sch., ivi 1924; G. Pannain, A. Sch., in Musicisti dei tempi nostri, Torino 1932; A. Sch. zum 60. Geburtstag, num. speciale d. riv. Anbruch di Vienna, settembre 1934.